LA   BELLEZZA

 

 

Ben poco di carminio ha la sua faccia -

è di smeraldo povera la gonna -

la sua Bellezza è l'amore che dà

E' proprio ciò che la rivela mia.

                             Emily Dickinson

 

La società ed i media ci portano a pensare che la Bellezza sia un valore assoluto ed abbia canoni ben precisi, giunti fino a noi dalla notte dei tempi.

In primo luogo si può discutere sul fatto che la Bellezza sia o meno un valore. E’ indubbio che il primo impatto che si ha di una persona sia quello legato al suo aspetto fisico, ma poi emergano gradualmente nuove caratteristiche che vanno ad aggiungersi a quella prima superficiale impressione, a volte capovolgendola completamente.

Per questo la bellezza non ci pare un vero valore.

Ma ancora di più siamo convinti che non esista un ideale di bellezza e tanto meno esso coincida con quello che la moda ci propone come tale.

Per questo faremo un breve viaggio nella "Storia della Bellezza" e nei suoi canoni, dalla notte dei tempi al oggi, per mostrare quanto essi siano sempre stati influenzati dalla cultura e dalla società dell’epoca e, in particolare per quanto riguarda quella femminile, quanto essa sia legata alla posizione della donna nella collettività.

LA VENERE PRIMITIVA

Avetvenere primitiva min.jpg (12131 byte)e senz’altro visto, nei libri di storia, le statuette che rappresentavano l’ideale di bellezza per l’uomo primitivo. Il volto della donna era appena abbozzato, il massimo dell’evidenza era dato alle forme tipiche della femminilità, il seno e soprattutto i fianchi ed il ventre, esageratamente rigonfi.

Ma la venere primitiva rappresentava la donna – madre, la donna incinta. Infatti era quello il suo compito nella società, partorire figli per la comunità, poiché la mortalità era altissima. I piccoli villaggi vivevano sempre il rischio dell’estinzione ed occorrevano braccia maschili per procacciare il cibo e difendere dagli attacchi di altri gruppi limitrofi e ventri femminili per assicurare nuove generazioni.

LA BELLEZZA FARAONICA

Nell’Antico Egitto si davo notevole importanza alla cura del proprio corpo, prerogativa delle caste superiori.

La pulizie iniziava con un bagno profumato, durante il quale gli uomini e le donne si frizionavano con il natron ( fango del Nilo) , si proseguiva poi con una esfoliazione di suabu ( impasto di ceneri ed argilla, una specie di maschera per la pelle dei giorni d’oggi) e con un massaggio a base di oli profumati). Il trucco veniva usato per sottolineegiziani 2 miniat.jpg (17489 byte)are gli occhi e le vene delle tempie e del seno per esaltare il magnetismo d’insieme del viso e corpo sapevano emanare.

Le rappresentazioni che sono giunte fino a noi rappresentano una figura snella, ma non emaciata, in cui le curve tipiche del corpo maschile (spalle accentuate) e femminile ( seno ed anche i fianchi) sono ben disegnate, infatti siamo ancora in una società in cui il ruolo rilevante femminile era quello della maternità.

Gli antropologi ne hanno dedotto che gli antichi egizi amavano il loro corpo e lo curavano regolarmente. Non si evidenziano rigidi canoni di bellezza relativi alla struttura fisica.

I PALLORI DEL GINECEO

Nella Grecia di Omero (XII – VIII a. C.) l’ideale di bellezza risiede nell’armonioso accordo fra le parti ed il tutto. Se in corpo è imperfetto per migliorarlo si ricorre agli esercizi ginnici, gli unici in grado di restituirgrecia min.jpg (13015 byte)e la bellezza naturale, non viziata da artifici o trucchi.

Ciò nonostante la bellezza femminile gode della tutela della dea Afrodite, armoniosa e dolce, e di Pandora, traditrice e fatale. Per questo le donne che si truccano distruggono, come Pandora le armoniose leggi della natura. Non va dimenticato che quella greca è una società maschilista, considerazione confermata dalla presenza dei ginecei.

A Sparta, Licurgo aveva bandito i cosmetici e vietato l’uso dei belletti per il corpo, ritenuti responsabili della corruzione della morale femminile. Ad Atene le donne sono confinate nei ginecei e la loro carnagione viene apprezzata solo se è di un pallore estremo. Alla moglie è vietato di uscire e di partecipare ai ricevimenti, la sua bellezza ed il suo corpo sono considerate quasi una proprietà personale del marito.

Malgrado quella greca fosse una società così evoluta dal punto di vista politico e culturale, relegava la donna tra le mura domestiche ed al ruolo di proprietà del marito, la sua bellezza era un attributo per compiacerlo.

LA MATRONA DELL’ANTICA ROMA

A rigidità dei costumi femminili della Gecia, si contrappone la liberalità romana.

Se la donna dell’epoca repubblicana ( V – I secolo a. C.) era semplice e riservata, la matrona dell’Impero ( a partire dal 29 a. C.) utilizza copiosamente creme e cosmetici.

La cura della persona inizia sempre col bagno ed i massaggi, ad opera degli schiavi, ma non viene disdegnato alcun tipo di artificio che possa migliorare l’aspetto, come l’infoltimento della capigliatura con inserzioni di capelli indiani (scuri) o germanici ( biondi o rossi) anche di colore diverso rispetto a quelli naturali – esempi di toupet o meches dell’epoca -.

La matrona dell’impero è opulenta nelle forme, carica di trucco e di gioielli, vestitaaffresco IdC min.jpg (17382 byte) in modo ricco e sfarzoso, come opulenta, ricca e sfarzosa era la Roma imperiale.

Non per niente il termine "forme matronali" viene indicato per indicare un corpo femminile con le curve molto accentuate ed anche un po’ appesantite.

La moglie di un nobile romano doveva rappresentare la ricchezza e la generosità del marito. Chi meglio di una donna, matronale ed ingioiellata, che si mostrava ai clientes ed alla gente comune in una preziosa lettiga trasportata da schiavi, meglio se esoticamente nubiani, poteva essere uno valido status symbol ?

LA MADONNA MEDIOEVALEGentile Da Fabriano Maddalena Polittico di Valle Romita min.jpg (16705 byte)

Il progressivo declino del paganesimo e la caduta dell’Impero romano comportano un cambiamento nel rapporto dell’uomo con il proprio corpo e nel concetto di Bellezza.

In tutto il Medioevo, il peccato di Eva è destinato a gravare sul destino delle donne ed a condannare i loro corpi come fonte di peccato. Il processo di cristianizzazione coincide con il trionfo del pudore e dell’austerità. I Padri della Chiesa condannano bagni e belletti; inoltre l’invasione dei barbari crea un clima di paura ed incertezze, che lasciano poco spazio alla cura del proprio corpo e dell'aspetto.

La donna perde il suo ruolo di status symbol, perché ogni mondanità è considerata peccato e torna al suo precedente compito di perpetuatrice della specie.

E come tale, solo la bellezza virginale viene ammessa, bellezza pura e casta, perché è tra le giovani vergini che l’uomo deve scegliere la propria sposa.

Una volta maritata, la bellezza femminile sparisce; deve sparire perché sarebbe solo fonte di peccato.

La concezione dell’epoca si rispecchia nei canoni di bellezza: il corpo deve essere acerbo ed esile, per dimostrarne la casta immaturità di bambina ( le ragazze venivano sposate giovanissime, appena adolescenti), con il seno appena abbozzato ( per questo la moda proponeva abiti che lo nascondessero fino a farlo quasi scomparire), ma il ventre sporgente, prospettiva di un futuro fecondo come madre.

LA BELLEZZA NEL RINASCIMENTO

La nuova apertura culturale tipica del Rinascimento modifica notevolmente il concetto di Bellezza, che non viene più considerata una vanità che allontana l’uomo dalla salvezza eterna. Al contrario Agnolo Firenzuola scrisse nel 1578: "La bellezza è il dono più grande concesso da Dio all’umana creatura, poiché grazie alla la primavera, pertic min.jpg (17246 byte)bellezza eleviamo lo spirito alla contemplazione…"

Si ha anche una rivalutazione della donna, prima con la "donna angelicata" del Dolce Stil Nuovo, poi con la Signora ammessa a partecipare alle riunioni delle corti, in cui intervenivamo letterati e poeti.

Il Rinascimento è anche il periodo dei grandi architetti e dei grandi pittori. Il corpo diventa un frammento architettonico, la bellezza si configura in base a canoni geometrici, a rapporti proporzionali, sequenze matematiche e simboliche. Il corpo della donna deve possedere tre attributi bianchi (carnagione, denti e mani), tre rossi (labbra guance e unghie) e tre neri (occhi, ciglia e sopracciglia). La bellezza sta nell’armonia segreta delle parti.

Boccaccio, Ariosto e Tasso descrivono le loro eroine secondo tali canoni, mentre Raffaello e Tiziano li dipingono nei loro volti femminili.

L’ECCESSO BAROCCO

L’armoniosa eleganza rinascimentale si gonfia sempre di più, sino alle esagerazioni del Barocco. Questo accade in tutti i canoni estetiTIZIANO donna al trucco min.jpg (14459 byte)ci, non solo quelli architettonici.

Il Rosso diviene il colore dominante, nel trucco e negli abiti, impreziositi sino all’eccesso dalla raffinatezza dei tessuti ( velluti, broccati…), troppo carichi di trine e dorature.

Le forme femminili sono procaci e provocanti, evidenziate da scollature generose, bustini strettissimi a sottolineare la vita, imbottiture ad arrotondare i fianchi.

La bellezza barocca è una bellezza matura, piena e maliziosa, la cui femminilità non è volta al ruolo di moglie o madre, ma a quello di dama corteggiata e disinibita

L’esatto contrario della fanciulla medioevale.

 

L’OTTOCENTO, DUE CONCEZIONI A CONFRONTO: ROMANTICOSMO E BORGHESIA

L’ideale romantico

L’ideale di bellezza proposto dal romanzo gotico di fine Settecento e poi ripreso dal RomanticismoHayez Francesco Pensiero malinconico min.jpg (14577 byte) coinvolge uomini e donne degli ambienti artistici.

La "musa romantica" rivela la dimensione occulta di questa corrente, secondo la quale al mondo reale se ne affianca un altro, parallelo ed infernale. Nei salotti letterari dell’epoca sono molto apprezzati i volti pallidi ed affilati. La tisi è infatti la malattia che determinava la maggior mortalità nel periodo, soprattutto in quella parte della popolazione che viveva in case malsane e mal riscaldate. Gli artisti vivevano ai margini della ricca società borghese, e ne disprezzavano gli agi ed i privilegi. Nacque così la stretta relazione tra artista e malato, per cui la "musa romantica" era pallida, dagli occhi enormi e febbricitanti, le labbra coralline a contrastare con il biancore del volto, ma soprattutto la caratterizzava l’espressione sofferta ed ispirata. Un chiaro esempio di tale ideale si ritrova in Mimì, la sfortunata protagonista de "La traviata" che muore di tisi tra le braccia dell’amato.

La ricca signora borghese

Questo secolo registra, dal punto di vista economico e politico, l’affermazione definitiva della Borghesia, come classe più dinamica eLa Signora Monet con il figlio in giardino min.jpg (22038 byte) rampante nella scalata al potere.

Positiva, pratica, efficiente perno della famiglia è l’ideale di donna borghese. Graziosamente paffuta, senza nulla di mascolino, appare il ritratto della femminilità e della salute. Ha le spalle rotonde e piene, la schiena pesante, mani piccole e paffute, il volto tranquillo e sorridente. A trionfare è la sua carne, simbolo di benessere sociale e di maternità riuscita. La sua bellezza è un dovere, come pure quella dei figli, spesso ritratti accanto alla madre, anch’essi sereni e paffuti come lei, un riconoscimento del successo economico del marito.

Non manca però di libertà ed è ben valorizzata nella società: è mediamente istruita, si dedica ad azioni di beneficenza, accompagna il marito a teatro ed ai riceventi, i figli in villeggiatura nelle stazioni termali.

IL NOVECENTO: IL CORPO CHE VERRA’

Il nuovo ideale estetico di inizio secolo

Con l’avvento del nuovo secolo, cadono molti dei pudori che avevano sino ad allora nascosto il corpo femminile, che inizia a scoprirsi non solo nell’intimità della camera nuziale.

Il democratizzarsi della vacanze, i bagni al mare, le cure termali, e le attività sportive, vugue min.jpg (14197 byte)portano la donna a mostrarsi in pubblico meno coperta; inoltre, assieme alle riviste femminili, avvicinano la donna ad una vita più dinamica ed alla pratica dello sport, sia per il benessere fisico che per migliorare l’aspetto. Se fino ad allora nei canoni di bellezza femminile erano banditi i muscoli, indici di mascolinità o di lavoro manuale, ma le forme dovevano essere morbide e rotonde, ora invece inizia ad essere apprezzato il fisico atletico anche nelle donne.

La borghese sedentaria e pienotta, lascia il posto ad una femmina scattante, autonoma, pronta a lottare per i propri diritti civili e politici e per una libera scelta della maternità. Appaiono le donne-liana, con i corpi flessuosi come giunchi ed i muscoli tonificati dall’esercizio fisico.

E’ proprio in questo periodo, gli anni trenta, che si inizia ad identificare magrezza con bellezza e successo sociale. Attenzione però che la "magrezza" dell’era dei telefoni bianchi e delle dive del cinema muto, non è né eccessiva né scheletrica, è piuttosto morbida ed elegante.

La maggiorata

Non sarà comunque il canone della donna-giunco l’unico del secolo. Negli anni della seconda guerra mondiale e nell’immediato dopo-guerra, anni di grande povertà, distruzioni e lutti, torna (e non a caso) l’ideale della donna piena e maggiorata, estremamente femminile.

Questo ideale, con alti e bassi è arrivato sino ai giorni nostri anche se ad esso si è affiancato quello della modella.

La modella

Altissima, sottmario ceroli tuttofare min.jpg (7981 byte)ilissima, elegantissima, la modella incarna l’ideale di molte ragazze, anche se non pare riscuotere lo stesso successo nel pubblico maschile, messo in crisi da una donna che lo sovrasti di mezza testa, troppo eterea ed impersonale.

Eppure è quello il modello che molte ragazze si prefiggono di raggiungere con la dieta e soprattutto e quello il modello che le riviste patinate ed i media forniscono spesso come rappresentante la donna di successo, la donna che ha vinto nella vita.

Modello quanto mai falso.

Esistono molti altri modi, ben più durevoli nel tempo, per affermarsi nella vita, pensate alle menagers il cui aspetto fisico non corrisponde certo a quello proposto nelle copertine patinate delle riviste femminili. Oppure ai ritratti della donne che hanno lasciato un segno indelebile della loro esistenza, scienziate, letterate, donne fortemente impegnate in politica o nel sociale, sono tutte caratterizzate da una notevole personalità, magnetismo, non sempre eleganza. Non hanno nulla in comune con ciò che ci viene proposto da certe riviste e trasmissioni televisive. Sono volti vissuti, che portano le tracce di un’esistenza intensa, non immagini di belle bambole.

CONSIDERAZIONI FINALI

Abbiamo visto che non esiste un canone di Bellezza Assoluta, in ideale che abbia attraversato i tempi, immutabile ed al di sopra della consuetudini e del modo di vivere.

Al contrario, ci siamo accorti che i canoni di bellezza sono strettamente legati alle epoche ed alla situazione economica e sociale di un popolo.

Nei periodi più poveri, in cui la mortalità era alta, l’ideale di bellezza femminile richiama sempre la maternità, perché è questa l’unica che può assicurare la sopravvivenza della comunità nelle generazioni. Ecco quindi l’ideale di donna robusta e dalle curve femminili fortemente accentuate.

Lo stesso ideale caratterizza quelle società in cui la donna è considerata soprattutto moglie e madre, o addirittura una proprietà del marito, la sua pienezza nelle forme diventa status symbol del successo economico del capo famiglia.

 

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