Gli esercizi diurni
Devo dire che per come era organizzata la giornata, ho capito che non
importa la nazione o il luogo, tanto la mentalità dei militari
è
la stessa in tutto il mondo:
sveglia alle 3, colazione, partenza in pulmann con l'equipaggiamento
per la Franz-Juseph Kaserne (FJK). Là, nel piazzale, alle 5.00
circa
veniamo inquadrati e salutati dal comandante delle 6°JgB. Sono
presenti
63 squadre di riservisti di tutta Europa, inglesi, ciprioti, russi,
estoni,
polacchi, cechi, tedeschi, ungheresi, olandesi ecc.
La rappresentanza italiana è la più numerosa, 21 squadre,
secondi gli austriaci con 19, terzi i tedeschi con 13.
Finito il saluto, i comandanti di squadra vengono riuniti per il
briefing:
scopo
dell'esercitazione, tipi di esercizi ecc, il tutto in tedesco e
inglese,
per fortuna erano disponibili stampati in quattro lingue riportanti le
stesse informazioni.
Finito il briefing viene comunicato il nominativo e gli orari di
partenza
di ogni squadra: la mia, Bravo 7, inizierà ale 10.30 circa!!!
Quindi si rientra in HK e ci si svacca completamente.
All'ora stabilita di nuovo in Pulmann, viaggio fino alla FJK dove
abbiamo
il primo degli intermezzi a base di tè caldo che spezzeranno il
ritmo delle esercitazioni diurne.
Le prove di tiro
Dalla FJK veniamo portati all'area addestartiva, completa di poligono
per pistola e fucile fino a 250 metri, con rilevatori elettronici per
il
controllo del tiro e del punteggio, insomma quanto di pù
avanzato
possibile. Naturalmente prima dei tiri altra sosta nel locale di
ristoro
per un tè ed una banana, breve briefing squadra per squadra
sulle
procedure di tiro e poi spostamento alle piazzole. La procedura
è
di routine, 8 colpi con la pistola in piedi a 25 metri e 8 con il
fucile,
da coricati, sempre a 25 metri, causa la nebbia. Fortunatamete i
miei tre compagni sono abituali frequentatori di poligoni e sparano
proprio
con la Glock, la pistola di ordinanza, perchè se fosse stato per
le mie capacità di tiro con la pistola, sarebbe stata una
figuraccia.
Con il fucile il risultato è stato molto migliore, sia per la
precisione
dell'arma che per la vicinanza del bersaglio.
Finiti i tiri, altra pausetta a base di tè caldo e partenza
per il primo esercizio tattico.
Il recupero del Ferito
Veniamo portati in una baracca, da lì prelevati da un soldato
austriaco e di corsa ci precipitiamo in una tenda, dove una conciso
biglietto
in un italiano un pò approssimativo ci spiega che dovremo
scortare
una altro militare lungo un percorso nel bosco ed effettuare una prova
di pronto soccorso con trasporto in barella.
Tenete presente che la valutazione per ogni prova veniva fatta sia
sul comportamento e lo solgimento della pratica, sia sulla mia
capacità
di comprendere gli ordini e di trasmetterli al resto della squadra,
sull'atteggiamento
tattico durante il movmento, sulla copertura reciproca ecc.
Comunque partiamo, io e Aguzzi in testa, Pertile, il medico, e Cattaneo
di scorta al soldato. Facciamo tre passi, si ode una raffica e "il
pacco"
cade a terra" ferito ad una gamba.
Subito i due davanti di piazzano a copertura cercando il cecchino,
mentre quelli dietro si danno da fare. Bendaggio di fortuna con una
sciarpa,
preparazione della barella con le giacche e due bastoni disposti allo
scopo,
arretramento di qualche metro e bendaggio definitivo con il
pacchetto
di First-Aid che fortunatamente avevo con me.
Fine della prova.
Il Campo Minato
Veniamo prelevati da una altro accompagnatore e trasferiti in un'altra
zona dell'area, dove, da solo, vengo informato della prova successiva,
comportamento in campo minato. Si presuppone che, durante il movimento
in area ostile, veniamo contattai da un guerrigliero che ci informa
della
presenza di un campo minato che è rimasto incostodito per
qualche
tempo, per cui il passagio aperto non può essere considerato
sicuro.
Qui faccio il primo errore, dovuto essenzialmente alla assoluta
mancanza
di esperienza sui campi minati. Infatti, arrivati tatticamente al
corridoio,
mando i miei uominia sminare il campo invece di controllare il
corridoio
esistente. La scenografia era perfetta: filo spinato, cartelli, mine
anticarro
e antiuomo oramai disinnescate ed accataste, altre solamente rivelate e
segnalate con le apposiute bandierine, un guerrigliero morto nel
tentativo
di sminamento (da notare che il "morto" era rappresentato da un soldato
vero, che se ne stava coricato per terra con un freddo notevole, fino
alla
fine della prova). Comunque il punteggio è stato abbastanza
scarso,
contrariamente a quello della prova di pronto soccorso dove abbiamo
preso
il massimo.
KombatBahn
Dopo il campo minato veniamo spostati per la terza prova, il
KombatBahn:
il giudice arbitro ci consegna una decina di colpi a salve a testa, mi
prende da parte e mi spiega che un ufficiale superiore è stato
attaccato
ed è riparato in un edificio: dobbiamo andare a prenderlo.
C'è
la possibilità di un attacco chimico. Poi come sempre mi chiede
se ho qualche domanda da fare in proposito: chiedo quale è il
segnale
per l'attacco chimico, quanto è distante la casa, se è
prevista
resistenza. Ricevute le spiegazioni, raduno la squadra spiego il tutto,
dico di preparare le maschere NBC, assegno le posizioni e si parte,
tempo
disponibile 15 minuti.
Partiamo in copertura, il terreno è vario, con vegetazione,
ostacoli, trincee. Ad un tratto sento il colpo di una lanciarazzi: il
segnale
è quello giusto, urlo "attacco chimico" e mi infilo la maschera.
Notare che io sono miope, non proprio allo stato terminale, ma vedo un
poco annebbiato. Appena infilata la maschera, senza occhiali
ovviamente,
gli oculari si annebbiano per la condensa data dal sudore del mio corpo
e la temperatura esterna, per cui non vedevo una beata fava di niente.
Intuivo solamente la posizione degli altri e gli ostacoli sul terreno.
Ogni tanto si udiva una raffica a cui si rispondeva economizzando i
colpi.
Dopo circa 200 metri di corsa si arriva all'edificio. Cattaneo era
già
arrivato, aveva sparato ad uno dei nemici appostati ed aveva subito il
fuoco da parte di un altro. Gli chiedo perchè non aveva
aspettato
il suom compagno di sezione e mi risponde che vedeve qualcuno che lo
seguiva,
peccato che fosse il giudice. Comunque percorso in 9 minuti, con un
punteggio
soddisfaciente.
L'Arrampicata
Con questa prova terminano le prove tattiche. Sono oramai le 15.00,
breve pausa per il tè e trasferimento in caserma FJK. Lì
ci attende un'altro tè caldo con banane e ci prepariamo per
l'arrampicata
su parete artificiale: la caserma è dotata di palestra di roccia
molto varia e la prova consiste nell'affrontare una torre di circa 15
metri,
ogni membro della squadra su di un lato, cercando di salire il
più
possibile nel tempo massimo di un minuto. Là in cima si scorge
una
campana, il cui suono darebbe un buon bonus in termine di punti. A
parte
il sottoscritto, che aveva fatto un pò di arrampicata prima dei
20 anni, gli altri sono assolutamente digiuni. Trasmetto a loro
quel
poco che so, qualche consiglio. ci imbraghiamo e ci prepariamo. Al
colpo
di fischietto partiamo, il minuto sembra non finire mai, comunque ci
comportiamo
abbastanza bene, circa 7 metri di media vengono superati dalla squadra,
senza infamia nè lode. Gli appigli sono gelidi, la temperatura
è
intorno allo zero e abbiamo tutti fatto del nostro meglio.
Con l'arrampicata termina la parte diurna.
Rientramo e ci prepariamo per la pattuglia di ricognizione della notte.
La Pattuglia
Il programma prevede la consegna delle mappe e degli obbiettivi alla
19.20 e la partenza per la FJK per la 20.20, mentre il trasferimento al
punto di inizio è previsto per le 20.30. Quindi ci svacchiamo
per
qualche ora, prepariamo l'equipaggiamento, i viveri, l'acqua, decidiamo
come vestirci per affrontare la notte. La luna è piena, si vede
come di giorno, il cielo è sereno, solo un pò di foschia
e nebbia, è previsto nevischio sul fare del mattino.
Alle 19.20 vengono consegnate le mappe. al 50.000, con l'indicazione
del punto di sbarco, del punto di ocntrollo iniziale, dell'obbiettivo e
del punto di raccolta; ci vengono date informazioni sulle carte per la
taratura del GPS, sui limiti del territorio nemico. Mi precipito in
camerata,
studio il terreno, decido una via di approccio che eviti le strade
più
battute. L'obbiettivo è situato sul fondo di una valletta
laterale,
orienetata Nord-Sud, della Valle della DRAVA, 15 km. a ovest di Lienz,
verso l'Italia. Convergono 3 strade, sicuramente non passeremo di
lì
ma cercheremo un approccio da Nord, per avere il vantaggio della quota.
I dislivelli non sono forti, circa 400 - 500 metri. Abbiamo 8 ore di
tempo
per rientrare. Ci mimetizziamo, controlliamo l'equipaggiamento, che
rendiamo
il più leggero possibile, prendiamo con noi anche una corda da
40
metri. Alle 20.20, facce annerite, zainetti in spalla, fucile e GPS
prendiamo
il mezzo e veniamo riportati alla FJK, dove veniamo sottoposti al check
finale: prima di tutto vengo interrogato sulla disposizione dei punti
di
sbarco e controllo, sulla posizione dell'obbiettivo e sul punto di
ritrovo,
a memoria, senza guardare la carte; mi viene chiesto di indicare la
strada
che seguirò per avvicinarmi alla posizione nemica, le via di
fuga,
le procedure di sganciamento in caso di contatto. Tenete presente che
contro
di noi ci sono gruppetti di soldati austriaci, ben nascosti, dotati di
visori notturni potentissimi, ci sono automezzi che pattugliano le
strade,
insomma siamo ricercati. In caso di intercettazione ognuno di noi ha
una
cartoncino sul quale verranno segnate luogo e ora della cattura e il
passaggio
da tutti i punti di controllo. Dopo la cattura si deve riprendere la
missione.
Non sono ammessi Corpo a Corpo con il nemico.
I menbri della squadra vengono interrogati sulla missione e sulle
procedure,
poi subiamo il controllo del materiale: uniformità
dell'abbigliamento,
mimetizzazione, bussola, acqua, carta e penna, cartina topografica,
busta
trasparente di protezione delle carte, pronto soccorso. Ultimi
consigli,
ci dicono che dal punto din sbarco al punto di controllo siamo in
territorio
amico, per cui possiamo andare in sicurezza e tranquillità, dato
che dobbiamo percorrere la statale di notte.
Partenza, in otto su una jeep, noi e Alfa 7, alias Gallarate 1, i
nostri
compagni di Camerata, con i quali condividiamo il punto di sbarco e di
recupero.
Dopo dieci minuti di viaggio ci scaricano nel piazzale di una
stazioncina;
accendiamo e tariamo il GPS e partiamo, ogni squadra per la sua strada.
Dopo neanche 200 metri una vettura militare inchioda e ci chiede
di consegnare il cartoncino, l'ufficiale ci segna la prima cattura.
Rimaniamo
esterefatti, dovremmo essere in territorio amico, senza pericolo di
cattivi
incontri. Protesto, in un italo-inglese maccheronico, l'ufficiale
austriaco,
con un sorrisetto da spaccargli la faccia, dice che siamo stati presi,
protesto maggiormente, riferendo quanto assicuratomi al briefing, lui
telefona
al comando e dice che c'è stato un'errore, solo che, data la
difficoltà
a comunicare, non capisco se l'errore è nostro o suo.
Per cui riprendiamo la strada, questa volta con movimento tattico verso
il check-point. Questo contrattempo ci fa perdere tempo, ci mettiamo
quasi
un'ora per fare 1 km e trovare la tenda. Qui ci viene segnata l'ora di
passaggio e veniamo informati che stiamo per entrare in territorio
nemico.
Faccio presente l'inconveniente accaduto prima, altra telefonata
e
ricevo assicurazione che l'errore è stato del nemico, per cui
non
verrà tenuto conto della cattura.
Quindi partiamo, nel chiarore lunare, davanti noi una pratone bianco
e ghiacciato, sullo sfondo, verso nord, le prime propagini di una bosco
nel quale voglio nascondermi.
Mando avanti un esploratore, che spazza il terreno con il suo visore
cercando il nemico, il resto della squadra segue leggermente sgranato.
Facciamo 300 metri, siamo acquattati dietro un cespuglio, si vede come
di giorno; Aguzzi mi segnala allarmato la presenza di una gruppo di
persone
che vengono verso di noi. E' un attimo, ci precipitiamo nel bosco poco
distante. Il terreno è ripido, ostacolato da rami bassi; ci
inoltriamo
qualche metro e osserviamo gli intrusi. Non sembra ci abbiano
visto,
sono lontani circa 300 metri, non si capisce chi siano, sicuramente non
sono una pattuglia amica, dato che si muovono in fila indiana lungo la
strada.
Faccio passare 10 minuti, e ordino di risalire la scarpata, il
più
silenziosamente possibile. La salita è dura, i miei compagni non
sono abituati e scoppiano tutti e tre.
Aguzzi ha una vescica nei piedi, Pertile ha picchiato l'alluce di un
piede mentre ci muovavamo lungo la ferrovia, Cattaneo ha 20 kg. di
ciccia
di troppo e si muove sempre in macchina.
Sprono i miei compagni, saliamo lentamente, arriviamo ad una strada
agricola: è passata neanche un'ora e stanno per gettare la
spugna,
vogliono muoversi lungo le strade ed in piano!!!!
Faccio il punto e spiego la situazione, faccio vedere la strada che
voglio seguire, sopra di noi ci sono degli agglomerati di case ed una
strada
asfaltata che si inerpica. Voglio raggiungerla, superarla e portarmi
più
in alto dell'obiettivo, che dista circa 3 km in linea d'aria verso
Ovest.
Dovremo attraversare tre valloncelli e poi calarci dall'alto.
Li guido attraverso una altro bosco, cercando la strada più
agevole e meno faticosa, ma muoversi in salita, tra rami bassi, tronchi
abbattuti con scarsa visibilità taglia la gambe.
Comunque saliamo ancora di 70-80 metri.
Faccio un'altra pausa, Cattaneo ha forti crampi. Pertile, lo sten.,
protesta, atteggiamento tattico pari a zero. Siamo acquattati sotto una
paio di alberi, sopra di noi, dopo un pratone abbastanza ripido, sembra
che il pendio si faccia più dolce. Grazie ad una carta al 25.000
comprata il giorno prima riesco ad avere una visione un pò
più
chiara del terreno e dei sentieri esistenti. Si tratta solo di superare
questo pendio. Mando avandi Aguzzi, gli chiedo di salire e controllare
con il visore, poi invito Cattaneo e Pertile a salire, distanziati.
Cattaneo
è in crisi nera, le gambe gli tremano, non riesce più
nè
a salire nè a scendere, vuole ritirarsi. Mi affianco a lui,
cerco
di fargli coraggio "ancora un passo, ancora un passo, e siamo in cima"
gli ripeto, è la stessa cantilena che ripetevo mentalmente a me
stesso quando ero in marcia alla S.M.Alp. Niente da fare, allora gli
lancio
la corda e riesce a superare l'ostacolo. Ci troviamo di fronte un
pratone, qualche casa all'orizzonte, potrebbe esserci nascosto un
battaglione.
Costeggiando il margine del bosco arriviamo alle case. Ogni tanto
l'esploratore
lancia un'allarme: "Ho visto muovere, ho visto un'ombra, una luce, un
bagliore".
Allora ci fermiamo, ascoltiamo, scrutiamo. Con la luce che c'è e
l'attrezzatura notturna che hanno gli austriaci possiamo essere
scoperti
ad un km allo scoperto. C'è poco da stare allegri.
Comunque
Cattaneo ha bruciato le ultime goccie di benzina. Vuole lasciarci
andare
e rientrare da solo, però deve cercare una postazione nemica per
farsi recupera in macchina, perchè non è in grado di
camminare
a lungo. Gli dico che la squadra va avanti unita o si ritira. Non
voglio
perdere uomini.
Per cui decidiamo di metterci sulla strada asfaltata che abbiamo
finalmente
incrociato e camminiamo allo scoperto cercando il nemico. Alla malora
la
gara.
Cattaneo ogni tre passi, in piano, si ferma per i crampi, trascina
le gambe. Dopo circa 15 minuti entriamo in un paesino, sono le 2 di
notte.
Scorgiamo delle luci e ci acquattiamo, non vogliamo morire così
facilmente. Cattaneo ci dice di andare e concludere la missione, io
chiedo
ai miei compagni, che non sono messi molto meglio di prendere una
decisione:
chi vuole proseguire deve essere conscio che lo fa di propria spontanea
volontà, consapevole del fatto che abbandoneremo le strade e i
sentieri
e ci inerpicheremo in posti abbastanza ripidi. Dico loro che
sarà
dura e difficile.
Decidiamo di separarci, Cattaneo rientra, noi tagliamo per i prati.
Abbiamo circa 2 ore e mezza per concludere, circa 2 km in linea d'aria
per l'obbiettivo e poi altrettanti per il punto di raccolta. Il
movimento
è un pò più veloce, ma sempre attento, siamo circa
100 - 150 metri più alti dell'obbiettivo, sfiliamo per campi,
saltiamo
recinti, ci infiliamo in boschi. Avanziamo, silenziosi, osserviamo,
sostiamo
per un sorso d'acqua, devo conservare la concentrazione e le energie
dei
miei compagni per l'atto finale.
Ad un tratto, il GPS ci segnala una distanza di 800 metri
dall'obbiettivo,
vediamo in lontananza quattro sagome squadrate e scure. Aguzzi esplora
con il visore e mi dice che sono camion nemici. Non sono convinto,
avvicinarci
per controllare è impossibile, troppo terreno scoperto; siamo
ancora
troppo distanti dalla zona segnata sulla carta, non corrispondono i
riferimenti
topografici, decido che sono probabilmente cataste di legna.
Proseguiamo ancora, è giunto il momento di cominciare scendere
e calare sul target. Ci infiliamo in un boschetto di giovani abeti alti
un paio di metri, il terreno è in discesa ma facile, molto
sfagno
e acqua, gli scarponi in goretex tengono bene, siamo abbastanza caldi,
durante la sosta precedente abbiamo mangiato qualcosa, ma sono oramai
quasi
le 4 ed il tempo stringe.
Passiamo lontani da una baita isolata, il terreno si fà
più
ripido, si sente un generatore, si vedono delle luci sotto di noi,
passano
degli automezzi, la distanza è di circa 300 metri, il dislivello
di 100-120 metri. Tra gli alberi vedo una luce, capisco che è il
nostro obbiettivo, si tratta di raggiungerlo senza farsi vedere e senza
farsi male. Dopo i primi metri nel bosco capisco che scendere in
maniera
convenzionale sarebe un massacro, terreno troppo rotto e ripido, rami
bassi,
si vede poco, sia perchè siamo nel folto della vegetazione sia
perchè
tra poco la luna tramonterà. Per cui mi metto in testa, mi siedo
e comincio a scivolare, lentamente, facendo attenzione e non urtare il
fucile, a non prendere velocità e non picchiare le parti del
corpo.
Sento, più che vedere, i miei compagni che mi seguono. Il casino
è notevole, ma il rumore del generatore ci copre. Man mano che
scendiamo
e ci avviciniamo aumenta la pendenza, non abbiamo attraversato sentieri
quindi è improbabile che qualcuno salga; comincio a distinguere
la zona dell'obbiettivo, vedo le tre strade, il ponte che attravesa la
valletta, il generatore ed una abitazione proprio sotto di noi, sul
versante
orientale della valle. Non riesco a vedere chiaramente, il successo
della
missione dipende dal numero di particolari che riuscirò a
scoprire,
per cui scendo ancora. Siamo in fila indiana, di risalire non se ne
parla,
per cui deciderò la via di fuga più tardi. Passo di
fianco
ad un posto di osservazione mimetizzato e praticamente invisibile sia
dall'alto
che da sotto. Per fortuna è vuoto.
Oramai sono a 40 metri dal generatore, vedo delle persone che si
muovono,
sono armate, sono le sentinelle.
Scendiamo ancora fino alla terrazza dell'abitazione, oramai siamo fuori
dal bosco, protetti solo dalla oscurità in aumento, dal rumore
del
motore e dalla staccionata che chiude la terrazza. Davanti a me a 25
metri
l'obbiettivo, a destra la casa, dietro il bosco, troppo ripido per
risalire
senza essere visti (inoltre non c'è più tempo per lunghi
giri), a sinistra si snoda, in leggera salita, la strada asfaltata che
arriva dal fondo valle, la nostra via di fuga. Sul fondo della valletta
scorre una torrente costeggiato da un'altra strada diretta al fondo
valle.Osservo
con il visore, vedo tre automezzi parcheggiati, un cartellone che
indica
la prensenza di sauna e mensa, altre indicazioni che non riesco a
leggere
per l'oscurità. Ad un tratto due soldati si staccano dal
generatore,
e si avviano verso di noi, ci appiattiamo, siamo più in alto di
qualche metro, impossibile che ci vedano, ma non si sa mai.
Attraversano
il ponte e si infilano sotto, riemerge un'altro militare, c'è
stato
il cambio della guardia: quindi c'è una sentinella sulla strada
lungo il torrente. Prendo nota mentalmente e comincio a pormi il
problema
della evasione.
L'unica possibiltà è scendere dal terrazzo e correre
lungo la strada sulla nostra sinistra, per poi infilarci nel primo
boschetto
che ci permetta di scendere a valle.
Il salto non è un scherzo, saranno più di due metri e
poi siamo proprio in faccia alle sentinelle, per cui percorriamo la
ripa
per qualche metro e saltiamo sulla strada. Adesso siamo in balia della
fortuna: a sinistra una massicciata alta 2 metri o più con un
terreno
ripidissimo soprastante: impossibile arrampicarsi velocemente; a destra
guard-rail e precipzio di 10-15 metri sul torrente: impossibile
saltare.
Percorriamo la strada incrociando le dita. Le otto ore sono quasi
trascorse
ed abbiamo ancora qualche km da percorrere. Ad un tratto si ode il
rombo
di un motore alle nostre spalle. Aguzzi si accuccia in un canale di
scolo,
Pertile di "fonde" con la massicciata, io continuo imperterrito a
camminare.
Nevischia da qualche minuto, c'è un pò di nebbia, la luna
è tramontata, la jeep rallenata e prosegue, senza fermarsi e
catturarci.
Scampato pericolo.
Andiamo avanti il più velocemente possibile, riposiamo sulla
banchina stradale, nascosti da alberi sparuti, 5 minuti, sorso d'acqua
e via di nuovo. Incrociamo alcune case. Devo trovare la strada per
scendere
più velocemente, altrimenti avremo un ritardo di ore. Ad un
tratto
un rumore e saltano fuori due nemici acquattati sotto un balcone. Siamo
fatti! Essere catturati comporta talmente tanti punti negativi da farci
precipitare nella classifica. Allora tento il bluff: sono due militari
sui 20 anni, la faccia mascherata da un passamontagna. Non ci chiedono
il cartellino, chiedo loro se parlano inglese, e tento di spegare che
siamo
fuori tempo massimo, che la gara è finita. Loro si guardano, ci
chiedono se siamo italiani e poi ci lasciano andare.
Ci allontaniamo velocemente, scorgo dei segni di carri su un prato
in discesa e percorro la strada. Pertile è cotto ed ha i crampi,
devo assolutamente trovare una sentiero che mi faccia scendre
velocemente,
la carta ne riporta uno e dovrei essere nei pressi. Oramai non abbiamo
più ritegno, non si vede più niente e accendiamo le
lampade
mascherate. Si avvicinano le propagini del bosco, c'è una linea
ad alta tensione che taglia il bosco, sicuramente dalla parte opposta
intercetta
la strada asfaltata, mi accingo a seguirla ma trovo il sentiero, bello
comodo, abbastanza largo.
Adesso si tratta solo di muoversi abbastanza velocemente, oramai il
GPS mi dice che siamo a 500 metri di distanza dal punto raccolta, circa
100 metri più in alto.
Il sentiero intercetta una zona in corso di disboscamento: tronchi
e rami frondosi dappertutto, difficile e pericoloso muoversi, Pertile
proteta
sempre più, vuole fermarsi. Altra sosta, oramai siamo fuori
dalla
zona disboscata, il sentiero ritorna agevole, dietro una curva vedo la
strada asfaltata.
Il più velocemente possibile attraversiamo una zona abitata,
cerco la tenda del punto di controllo, il buio è pesto. Si
avvicina
un autocarro militare che si infila in un piazzale, lo seguo e vedo la
tenda. Gli ufficiali presenti sono super assonnati, mi marcano il
biglietto
e ci fanno salire sull'autocarro. Trovo altre squadre italiane, un
membro
delle quali mi comunica che Cattaneo è stato recuperato. Sapremo
poi che il tapino si è fatto, lungo la strada asfaltata, tutto
il
percorso che noi abbiamo fatto fuori strada, ha raggiunto l'area
dell'obbiettivo
e
finalmente è stato trasportato alla base, dove è giunto
alla
5.00, dopo aver fatto una decina di km a piedi!!!.
Il Rientro
Finalmente rientriamo alla FJK, dove io, essendo il comandante, devo
fare rapporto, dopo aver schizzato in scala adeguata l'area
dell'obbiettivo
con l'indicazione di tutto ciò che ho visto. Alla fine del
rapporto
comunico anche l'incidente col nemico avvenuto al'inizio della
pattuglia
e il fatto che un membro della squadra si è ritirato.
Alla fine, sono le 7 del mattino rientriamo alla HK, ci sistemiamo.
Alfa 7 è già in branda e russa talmente forte che
è
impossibile prendere sonno.
L'attività riprende verso le 11 del mattino, bisogna prepararsi
per la sfilata e la premiazione. Quindi dopo pranzo, alle 14 adunata in
piazzale, suddivisi per nazionalità, l'S3 del 24 JgB ci spiega
in
italiano i quattro comandi che saranno necessari: attenti, riposo,
fianco
dest e sinist; poi, in colonna, ogni fila una squadra, marciamo, in
modo
abbastanza rilassato, verso la piazza principale di Lienz. Colà
giunti ci inquadriamo con il resto delle squadre che pernottavano alla
FJK, veniamo allineati e sistemati.
Arrivano fanfara e bandiere di guerra della Brigata e dei Btg
impegnati,
poi inzia la serie di discorsi di prammatica e finalmente la
premiazione.
La Premiazione e la
Festa
Le squadre vengono chiamate dell'ultima alla prima, la tensione sale
fino a che, al 21° posto, vengo chiamato a ritirare la medaglia di
partecipazione: ho battuto le altre due squadre di Gallarate e sono il
quinto tra le squadre italiane. Non male per un principiante, ma non
per
niente sono del 113° AUC, 2° compagnia S.M.Alp.
Finita la premiazione che ha visto al primo e terzo posto due squadre
austriache ed al secondo una squadra tedesca, miglior italiani la
squadra
UNUCI Monza-Brianza giunta quinta, tutti implotonati marciamo fino ad
un
teatro dove avrà luogo il Gran Buffet, birra e cibo a
volontà
allietati dalle Country Ladies, 7 ragazzotte in abbigliamento
simil
Far West che cantano canzoni Country. Immaginate l'ambiente tipicamente
maschile e militare.
Ho avuto occasione di ammirare la squadra Olandese, quasi 300 anni
in 4, e la squadra russa, con la classica maglietta righe bianca e
azzurra
dei paracadutisti, un sacco di medaglie sul petto e l'aria di chi si
è
fatto Afghanistan e Cecenia. C'è pure stata la foto di gruppo
dell'ex
Patto di Varsavia, alias russi, ungheresi, cechi e polacchi.
Alle 20 mi sono esclissato, breve giro per Lienz e rientro per
preparare
lo zaino.
La notte il tentativo di dormire è stato vano, visto il russare
ancora più forte di alcuni dei miei compagni di camerata.
Sabato 1 dicembre la partenza per il rientro.
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