In Vetta all'Emilius 
 

 Amici carissimi,
 voglio buttar giù di getto questo resoconto della ascensione al M.te Emilius del 3 e 4 luglio fintanto che perdura il dolore alle gambe, così che possa ricordarmi per benino cosa ho fatto in compagnia di 4 del 113°e di un nutrito gruppo di ex AUC.

Come probabilmente sapete si è voluto commemorare il 70° anniversario della S.M.Alp. che oramai non esiste più.
E quale migliore impresa se non salire sul monte che per cinque lunghissimi mesi ci ha sovrastato, nero ed imponente, mentre, di corsa o implotonati, passavamo per i famigerati cortili della Cesare Battisti??.
Noi, come tutti gli altri corsi invernali, siamo stati graziati dallo scarpinare sulle alte quote, anche se ciò è stati compensato dalle temperature che abbiamo sopportato.
Comunque vengo al sodo.
Venerdì 2 luglio mi sono ritrovato con Ognibeni, Caporin, Giuliano Albo, Maselli, Nasi, Moracchioli, Costi e Pastrone a Caluso per una cena. Giuli
ano Albo ci ha accolto a casa sua in perfetta tenuta da Ufficiale di picchetto:SCBT, fascia azzurra, cappello alpino, vibram, cinturone e fodero della Beretta; dopo un accurato controllo dei documenti e dell'efficienza del mezzo, ci ha dato l'autorizzazione all'ingresso e, rigorosamente a piedi, siamo andati al ristorante. La mattina successiva Ognibeni, Caporin, Giulinao Albo ed il sottoscritto siamo partiti per Pila, dove era prevista l'adunata per la spedizione.
Dall'arrivo della seggiovia Chamole ( 2.309 m) al rifugio Arbole (bellissimo e con ottima cucina), situato a 2.507 m. abbiamo avuto un assaggino di quello che avremmo affrontato l'indomani: infatti per raggiungere il passo Chamole ( 2.641 m.) che porta alla vallata del rifugio bisogna affrontare, dopo un invitante sentiero ombreggiato che porta al bel lago Chamole, pieno di villeggianti, una salitina che però è nulla in confronto alla discesa sull'altro versante. Comunque siamo arrivati al rifugio. Il gruppo complessivamente era di una ventina di persone, quasi tutti sconosciuti se non per quanto scritto e letto sulla mailing list Smalp, e il pranzo al rifugio ha permesso una prima amalgama.  Erano rappresentati corsi dal 43° al 164° e come sempre il nostro ha fatto la figura del leone ed è stato invidiato per la folta rappresentanza.
Il prode Giuliano Albo ci ha poi lasciato per rientrare a casa.
Il pomeriggio ha visto un gruppetto affrontare le vie attrezzate su alcune paretine nei pressi del rifugio, sotto il controllo di Fabio, mentre il resto della compagnia ha bighellonato al sole sulle rive del laghetto nei pressi del rifugio.
La sera a cena abbiamo avuto modo ancora una volta di apprezzare l'ottima cucina. Il dopo cena, come tradizione comanda, è passato tra un bicchiere di acqua(vite) ed un canto.
Alloggio consisteva in una camerata da 24: quasi tutti russavano, per fortuna le 5 son arrivate abbastanza in fretta.
Siamo partiti alle 6, in colonna, all'ombra, mentre il sole cominciava ad illuminare le cime più alte. Il percorso non è particolarmente affascinante, un pò monotono, poi all'improvviso si vede il Colle dei Tre Cappuccini a 3.241 m.: la nostra meta prima dell'attacco finale alla vetta.
Il sentiero comincia a snodarsi tra macchie di neve, rocce, pietrame e l'ultimo tratto prima del colle si fa faticoso.
Dopo una breve sosta al colle si attaccano gli ultimi 318 metri di dislivello.
E lì diventa un casino, dato che spesso e volentieri è necessario usare le mani, non c'è un vero sentiero, casomai una traccia, il terreno è infido, si cammina sul pietrame: insomma bisogna stare ben attenti e concentrati. Comunque si arriva in vetta: la vista è magnifica, si ammirano le cime dal Cervino al Gran Paradiso, laggiù in basso Aosta e la caserma. Dopo foto di rito ed il tentativo di Trisci di dar fondo al bottiglione da due litri che si era portato, con fatica, là in alto, siamo ridiscesi. Grazie a Fabio che stava in testa il percorso fino ai Tre Cappuccini è stato abbastanza agevole, pur con tutte le difficoltà date dal terreno e la stanchezza che cominciava farsi sentire.
Il rientro al rifugio è stato lungo e noioso, ma, dopo 7 ore siamo arrivati. Ci attendeva ancora il percorso per la seggiovia con la salitina al colle Chamole: e lì ho trovato lungo!!! Sguardo basso sugli scarponi di Fabio, un passo dopo l'alto: la salita tira terribilmente e le gambe urlavano per il dolore.
La meritata birra al bar della seggiovia, in attesa degli ultimi, ha permesso di ritemprarci un pochino.
Alle 18 eravamo di nuovo nei pressi di Moncrivello per recuperare l'auto di Fabio.
A parte tutta la tiritera del resoconto voglio dire solo questo: sono contento di averlo fatto, di averlo fatto con degli ex AUC e di aver ritrovato lo spirito di gruppo che c'era alla scuola. Mai nessuno è stato lasciato solo, qualcuno si fermava sempre ad aspettare i ritardatari.   sono contento soprattutto di non dover correre in città per allenarmi,almeno per qualche tempo. Comunque io e Fredy ci siamo ripromessi di fare qualche gitarella di tanto in tanto.
La vista della corona di montagne innevate è stata emozionante, l'essere là in cima a 3560 metri mi ha reimpito il cuore di gioia. Abbiamo posato una semplice lapide in legno a ricordo di Edo, Mario e Marco. Lo abbiamo fatto anche per loro, ci sarebbero stati sicuramente.
Matteo



Sono Roberto Caporin del 113° corso, uno degli ‘ascensori dell’Emilius’ e visto l’interesse che l’iniziativa ha suscitato ho deciso di scrivere qualche riga per parteciparvi le intense emozioni che ho provato.

 Quando mesi or sono qualcuno propose l’ascensione, capii subito che avrei dovuto esserci. Per diversi motivi. Perché l’Emilius, per chi come noi ha fatto la Smalp, rappresenta un simbolo e anche per vedere se ero in grado di riuscirvi.

Le emozioni sono cominciate con le piccole cose, piccoli gesti ma molto simbolici. Per esempio il fatto che ci fossero al rifugio Arbollé anche ragazzi che non sarebbero poi saliti fin sull’Emilius, ma lì semplicemente per il piacere di stare insieme. Oppure il fatto che Paolo Zanzi si sia cacciato nello zaino la bozza di ‘In punta di Vibram’ per farcelo apprezzare in anteprima.

Tralascio  la cronaca della salita  perché già altri hanno scritto. La mia cronaca delle emozioni riprende in vetta.

Ad un certo punto alzo gli occhi e mi trovo in cima. La tensione è ancora forte perché durante la salita non ho potuto nascondermi il fatto che la discesa sarà ancora più ardua, perché il fondo è a tratti inconsistente e le gambe sono già appesantite. Ma intanto penso a godermi quel momento. E’ la mia cima Coppi. Provo una commozione che inizialmente è molto intima, ma poi mi accorgo che tutti sono euforici almeno quanto me, segno che anche per loro non è stato banale, e mentre ci stringiamo le mani contenti come se avessimo scalato un ottomila, mi emoziono sul serio, ma do la colpa al vento che soffia freddo e ti riempie gli occhi di lacrime.

Rimaniamo in vetta una decina di minuti e prima di congedarmi dall’Emilius sento il bisogno di toccare la tabellina di legno che Ognibeni ha legato alla croce in vetta. E’ un piccolo pezzo di legno delle sue montagne nel quale ha impresso una dedica a tre nostri compagni di corso che sono andati avanti. Pochi secondi per una preghiera, poco più di un pensiero, e poi passo i polpastrelli sui loro nomi, e sento qualcuno da dietro che mi chiede di che si tratta. Vorrei raccontargli tutto, ma riesco solo a dirgli che è in ricordo di tre amici che non ci sono più, ma non riesco a terminare la frase perché l’emozione è forte, allora mi defilo verso lo zaino e quando sento che esclama ‘che bella cosa’ mi viene un groppo in gola.

 

Al pomeriggio rientriamo verso Pila. Partiamo con un buon passo e già questo non è tanto sano, ma quando inizia la discesa in testa aumentano l’andatura ed in breve, nel più puro stile Smalp, stiamo scendendo a rotta di collo. Mi viene da pensare ai rientri da Clou Nef; non è cambiata una virgola e so che la pagherò nei prossimi giorni, ma tengo duro.

Incrociamo un papà che scosta la figlioletta dal sentiero e le spiega che ‘questi sono alpini’. Il capitano Graziano avrebbe voluto uno sguardo fiero e sprezzante, invece tento un sorriso ma esce solo una smorfia di fatica.

Sono convinto che tutti stiamo pensando la stessa cosa. E’ pieno di turisti, e vogliamo offrire loro, nostro occasionale pubblico, lo spettacolo degli alpini in marcia. Forse loro non lo sanno ma andature così non se ne vedono più, perché c’è la 626, perché c’è il comitato delle mamme dei soldati, e perché gli alpini, quelli veri, pare non servano più. E allora giù a manetta, perché la gente possa dire : Però, gli Alpini !

Sono sfinito, e so che lo sarò ancora di più nei prossimi giorni, ma mi sento leggero e incredibilmente soddisfatto. Ero partito quasi più per una sfida personale, ma adesso che è finita ho capito che nel nostro piccolo abbiamo fatto rivivere, seppure per poco, la Smalp.

 Roberto Caporin 113° corso



Carissimi voi eroi del113° che avete celebrato al meglio il 70° di Mamma SMALP con l'ascensione al Monte che ci vedeva tutti i giorni trovare lungo sotto i suoi occhi di ghiaccio e avete ritrovato tutte le sensazioni e i profumi di quei lontani cinque mesi ( anche le sensazioni ..mistiche) , lasciate che virtualmente vi abbracci tutti:
Dio vi benedica per quello che avete fatto per tutti noi , e soprattutto perchè avete portato in vetta quella targa che ricordava che lì con voi c'era tutto il Mitico 113° Corso , con in prima fila Edo, Zen e Marco.
Vi amo virilmente e vi saluto al cappello, sperando in altre occasioni che mi vedano un pò più in forma e che non cadano al mio anniversario di matrimonio!
 
                       Viva Gli Alpini , viva la benemerita SMALP  e viva il 113!
 
                                              Guido Rota Baldini


Carissimi del 113,

vorrei mettervi al corrente di un piccolo fatto che mi è capitato oggi, 16 luglio:

SI E' CICATRIZZATA L'ULTIMA VESCICA DELL'EMILIUS !!!

Commosso dal resoconto di Matteo e dalle parole di Caporin, vi mando un abbraccio

Trisci




ufficiale visto da dietro
ufficiale vista da davanti