Al Presidente e ai membri dell’11ª Commissione del Senato.

 

L’amianto è una sostanza micidiale, noi l’abbiamo respirato per anni. I padroni ci hanno fatto i soldi, noi ci siamo presi le malattie. Non lo sapevamo, e forse eravamo gli unici a non saperlo. Voi che avete cultura e il tempo per affinarla sicuramente lo sapevate. Gli scienziati l’avevano denunciato fin dal 1960. I padroni come al solito hanno fatto i furbi e hanno nascosto la realtà dei fatti. Per accorgerci della fregatura abbiamo dovuto aspettare i morti, i nostri compagni che si ammalavano di asbestosi e di mesotelioma, a decine. Ce ne siamo accorti quando abbiamo cominciato a dubitare degli “specialisti” che ci volevano convincere che le nostre malattie erano il frutto della modernità, del progresso, ed erano comuni a tutta la società. Ce ne siamo accorti quando abbiamo cominciato a fare la conta dei morti e tra i nostri e quelli delle altre classi non c’era pareggio.Dopo che l’abbiamo capito, i nostri problemi non sono finiti, sono passati altri anni per eliminare definitivamente l’amianto dalle lavorazioni e questo è avvenuto non perché era diventata improvvisamente importante la nostra salute per la “società civile”, ma perché l’amianto non era più una materia a basso costo e le fabbriche che la utilizzavano andavano in crisi. Con la 257 è iniziata la via crucis dei riconoscimenti per usufruire della miseria dei benefici pensionistici. Ci siamo trovati tutti contro: INPS, INAIL, sindacalisti, politici, industriali. Prima ci hanno avvelenato e poi ci hanno scaricato. Si saranno lamentati sicuramente del fatto che il mesotelioma abbia un’incubazione così lunga, avrebbero sperato in un esito più veloce.

La vostra commissione in questo compito ingrato è stata particolarmente zelante. Quando ci avvelenavano è stata muta come una tomba. Quando poi le richieste di riconoscimento del nostro avvelenamento sono cresciute troppo, si è attivata. Avete cercato la scappatoia per evitare anche gli indennizzi minimi nei nostri confronti. Con la scusa della spesa statale da contenere, avete discusso con noncuranza dei soldi da risparmiare sulla nostra pelle. Non ve lo nascondiamo, ma avremmo preferito ruoli invertiti: voi avvelenati e noi a discutere dei risparmi sulla vostra salute malandata. Così, sfortunatamente per noi non è stato. Oggi siamo costretti ancora una volta a fare i conti con una proposta di legge da voi partorita. Un altro pessimo testo contro di noi. Il relatore è un altro tizio che di amianto ne ha sentito parlare solo a riguardo di guai passati da altri. Anche lui sostiene i risparmi di spesa da attuare sulla nostra pelle e ne parla con la determinazione e la prosopopea di uno che sta facendo una grande campagna morale. Fabbri è il suo nome.

La scienza medica dice che il limite di dieci anni di esposizione è un’idiozia, perché bastano esposizioni per un tempo minore e per quantità minime per contrarre gravi malattie e lui, invece, riconferma i dieci anni e stabilisce che l’esposizione debba essere avvenuta per quantità “non inferiori a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno”.

Chi ha lavorato in reparti dove si utilizzava l’amianto è stato avvelenato: l’operaio direttamente in produzione come l’operaio che puliva i locali, entrambi. Ebbene Fabbri prevede invece che l’esposizione sia “diretta ed abituale”, escludendo in questo modo tutti coloro che pur lavorando in ambienti inquinati non erano direttamente addetti alla produzione.

La scienza medica stabilisce che chi ha l’organismo minato dall’amianto può contrarre più facilmente gravi malattie se rimane a contatto di “cause scatenanti”: polveri, fumi, esalazioni. Fabbri per farci rimanere di più in fabbrica e farci morire prima, stabilisce che i periodi da prendere in considerazione per il calcolo dei benefici pensionistici debbano riguardare periodi in cui le attività con l’amianto siano state “effettivamente svolte”, quindi tutti i periodi non lavorativi e quelli in cui l’amianto è stato dismesso, ma era ancora presente in fabbrica, vengono esclusi.

Gli operai rappresentano la parte lesa e i soggetti deboli rispetto alle aziende e perciò il nostro Fabbri si schiera con le aziende. Devono essere gli operai a dimostrare di essere stati avvelenati presentando un “curriculum lavorativo rilasciato dal datore di lavoro”, ben sapendo che i padroni questa “documentazione” l’hanno sempre e sistematicamente nascosta, adducendo mille scuse.

La suddetta esposizione deve essere poi accertata dall’INAIL, che, come tutti gli operai sanno, è organo di parte che, come ha dimostrato in passato, tende a restringere strumentalmente il più possibile la platea degli esposti. 

Il nostro Fabbri mostra attenzione particolare anche per i nostri compagni già in pensione e, come c’era da aspettarsi, anche per costoro ha un occhio malevolo escludendo dai benefici pensionistici quelli già in pensione nel 1992 e quelli che hanno già accumulato quaranta anni di contributi. In questo modo, un grande numero di operai oltre al danno subito con l’avvelenamento e a quello per aver lavorato senza usufruire di nessuno sconto pensionistico, subirà anche al beffa di vedersi negato qualsiasi indennizzo.

Per gli operai danneggiati in molti modi, Fabbri stabilisce che avranno diritto ad un solo tipo di beneficio come “risarcimento”, cioè non potranno essere cumulati benefici pensionistici diversi.

Ma la vera ossessione del nostro senatore della Repubblica è che le porte ai benefici pensionistici debbano essere chiuse definitivamente e non debbano più riaprirsi. Per raggiungere questo scopo stabilisce che, dopo l’entrata in vigore della legge, si avranno solo 180 giorni di tempo per poter presentare le domande di riconoscimento. 

In questo modo migliaia di nostri compagni che ancora non sanno di essere stati avvelenati, trascorsi questi 180 giorni, non avranno più la possibilità di chiedere di usufruire dei benefici pensionistici.

Fabbri non dimentica nemmeno quelli tra noi gia riconosciuti avvelenati e stabilisce che, per essere confermati, dovranno conformarsi alle nuove regole.

Ma dove supera se stesso è quando passa alle proposte che riguardano gli ammalati e i morti.

Per i morti per amianto riconosciuti, stabilisce un indennizzo di circa 40.000 euro. Mentre per i vivi, malati di tumore, un terzo di questa somma all’anno come assegno vitalizio. Inoltre “l’erogazione delle provvidenze economiche (su citate) esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per le neoplasie professionali causate dall’amianto” e limita quella penale solo alle situazioni, impossibili da provare dopo tanti anni, di “violazione di norme di prevenzione”, che erano inadeguate ed insuficienti.

In pratica lo Stato si fa carico delle spese dei padroni, riducendole drasticamente, e li libera sia della responsabilità civile che penale per l’avvelenamento degli operai. Così, il nostro Fabbri, partendo dal grande scopo morale di eliminare la 257 per gli aggravi di spesa che causa alle casse dello Stato, giunge alla fine ad un aumento di detta spesa a favore dei padroni!

Al nostro Fabbri cosa dobbiamo dire? Quello che abbaimo detto nella sostanza a quelli che l’hanno preceduto: che la sua legge è per noi una vera schifezza e non può essere emendata perché è tutto l’impianto che per noi non va. Per aiutarlo a cestinarla ci impegneremo a fondo affinché la mobilitazione degli operai esposti sia il più possibile fastidiosa, tanto da arrivare fino alle stanze austere della XI commissione del senato.