PROGRAMMA DEL COORDINAMENTO OPERAIO CONTRO L'AMIANTO

 

Nonostante la sua pericolosità per la salute fosse già conosciuta, l’amianto è stato utilizzato massicciamente nelle produzioni. Il motivo fondamentale del suo uso è un motivo economico. Esso ha rappresentato fino agli anni ottanta in Italia una materia prima a basso costo. La duttilità, la resistenza al calore, l’indistruttibilità ne ha reso possibile l’utilizzo in moltissime produzioni: dal settore dell’amianto cemento a quello dei materiali ferroviari, dal settore automobilistico a quello tessile; addirittura una grossa presenza di amianto, individuata attraverso la scoperta dei danni da esso causati sulla salute degli operai che vi lavoravano, si è avuta nel settore alimentare. Un alto tasso di malattie amianto correlate è stato riscontrato tra gli addetti agli zuccherifici, dove gli impianti di lavorazione erano pieni di amianto.

Dal 1960, in una conferenza mondiale della sanità, viene denunciato l’amianto come causa di malattie letali: l’asbestosi, alcune forme di carcinoma e il mesotelioma, un tumore tipico amianto connesso.

Gli industriali sapevano a cosa condannavano gli operai. Ciononostante, la loro sete di guadagno li ha spinti ad utilizzare lo stesso questo minerale micidiale. E’ stato un omicidio premeditato e costantemente perpetrato da parte di una classe nei confronti di un’altra, degli industriali nei confronti degli operai.

Una volta prodotte,  le merci contenenti amianto, sono state vendute e conseguentemente utilizzate. Il danno ambientale che ne è derivato è stato enorme e per molti decenni tutti ne pagheremo gli effetti. L’opera di sensibilizzazione compiuta da varie associazioni ambientaliste su questo tema è da noi vista con simpatia. L’individuazione dei motivi di classe che hanno determinato l’utilizzo dell’amianto è però fondamentale. Le responsabilità degli industriali, il loro meschino motivo economico, il disprezzo della vita degli operai, devono essere costantemente sottolineate. Non è stato l’uomo, senza altra accezione, che nel suo costante rapporto sbagliato con la natura ha determinato questa tragedia. E’ stato un uomo particolare, definito in termini economici come imprenditore, che lo ha fatto. E lo ha fatto perché dall’utilizzo del lavoro di altri uomini trae la ricchezza materiale per poter vivere nel privilegio.

Dopo aver subito il danno, agli operai è toccata anche la beffa. Dopo essere stati avvelenati e dopo che finalmente lo si è scoperto, si è cercato in mille modi di contenere i miseri indennizzi che lo stato ha stabilito per gli esposti. E’ la storia della 257, legge che doveva assicurare almeno un beneficio di tipo pensionistico agli operai esposti e che neanche questo ha fatto. Dopo essere stati avvelenati, gli operai sono stati sottoposti alla umiliante pratica del riconoscimento dell’esposizione, che nella maggior parte dei casi si è trasformata in un lungo contenzioso giudiziario con l’INAIL.

Con la scusa che la manciata di anni di abbuono dati agli esposti gravano considerevolmente sulle casse pubbliche, si è cercato in ogni modo di limitare l’accesso ai benefici pensionistici previsti dalla 257.

Oggi il Parlamento,  sostenuto apertamente dalla CONFINDUSTRIA, dall’INAIL, dall’INPS e dal sindacato, sta cercando di chiudere definitivamente la questione. Il mezzo utilizzato è una proposta di legge, il testo Tapparo, frutto di un lungo lavoro di mediazione tra tutte le forze politiche. Questa nuova legge tende a ridurre ulteriormente la platea degli esposti riconosciuti e ad azzerare il problema dei contenziosi giudiziari. Se passerà il testo Tapparo le cause diventeranno semplicemente inutili. Addirittura diritti pensionistici già acquisiti verranno rimessi in discussione.

Gli operai stanno dando battaglia da almeno vent’anni sull’amianto. Sia contro la sua lavorazione, sia per essere indennizzati. Questa battaglia è costellata da migliaia di morti e gravi malattie. Il fatto che nonostante tutto questo gli industriali, non solo non sono finiti in galera, ma sono addirittura sostenuti dallo stato e dalle istituzioni nel tentativo di scaricarsi delle loro responsabilità e ancora una volta di risparmiare soldi, la dice lunga sulla nostra società “civile”.

Gli operai nella loro battaglia sono soli. La continuazione della lotta grava quasi tutta sulle loro spalle. Se riusciranno a spuntarla, di questo ne beneficeranno anche altri.

All’interno delle fabbriche esiste una gerarchia intermedia non operaia con un ruolo di controllo sul lavoro operaio, o di supporto amministrativo e tecnico alla gestione d’impresa, che ha subito a sua volta l’esposizione indiretta all’amianto, essendo questo minerale composto di fibre facilmente disperdibili nell’ambiente circostante. Costoro normalmente sono esclusi dai benefici pensionistici della 257. Gli operai, nella loro lotta contro l’amianto, devono diventare punto di riferimento e di dirigenza di questi soggetti spingendoli alla mobilitazione, facendo loro capire che se si riesce a costruire un forte movimento degli operai contro l’amianto, conseguentemente anche gli esposti appartenenti alla gerarchia intermedia di fabbrica ne trarranno benefici.

La stessa battaglia ambientalista, fatta dai “cittadini” contro l’amianto, dalla lotta degli operai potrà trovare a sua volta nuovo vigore.

Il percorso è quello di organizzarsi in quanto operai esposti. Darsi strumenti di lotta e obbiettivi. Il coordinamento operaio che ha costruito l’assemblea del 26 giugno a Napoli, dove hanno partecipato decine di realtà di fabbrica, ha dimostrato che su questa strada è possibile mobilitarsi.

 

OBBIETTIVI

Il coordinamento operaio come primo momento organizzativo pone un obbiettivo programmatico, cioè quello che vogliamo raggiungere. Non è un testo nuovo, ma la ripresa di buona parte degli emendamenti che gli operai della SOFER di Pozzuoli, fabbrica storica per il problema dell’amianto, mandarono alla XI commissione del Senato dove si discuteva il primo testo Tapparo. Di quegli emendamenti all’epoca se ne fregarono, riprendendone solo aspetti marginali. Oggi noi rilanciamo, ne facciamo il nostro programma come coordinamento di fabbriche per la lotta contro l’amianto.

1.     Nessun limite temporale di esposizione per beneficiare dell’abbuono pensionistico previsto dalla 257.

2.     La quantità di fibre di amianto presente nell’ambiente di lavoro, per definire quell’ambiente sicuro rispetto all’amianto, deve essere uguale a zero.

3.     L’operaio esposto all’amianto, in modo diretto o indiretto, deve vedersi riconosciuto tutto il periodo lavorativo, anche dopo che l’amianto è stato dismesso dalle lavorazioni a cui è interessato, ai fini del calcolo dei benefici pensionistici. Quindi, tutto il tempo della sua vita lavorativa deve essere moltiplicato per il coefficiente 1,5.

4.     Tenendo presente che l’operaio non può conoscere i materiali che manipola e con cui entra in contatto, conoscenza che invece l’azienda possiede, si stabilisce che l’operaio produca domanda di riconoscimento per l’esposizione subita senza alcuna certificazione da parte dell’azienda. Tocca allora all’azienda presentare la documentazione a dimostrazione del contrario.

5.    Gli operai esposti all'amianto che ancora lavorano devono essere sottoposti sistematicamente, a spese delle aziende, a visite mediche di controllo presso strutture adeguate, scelte direttamente dagli operai.

6.     Per gli operai esposti all’amianto già pensionati, lo stato, attraverso le proprie strutture interessate, deve predisporre l’assistenza medica, psicologica e sociale adeguata e gratuita per sostenerli nella tragedia immane che li ha colpiti. E per coloro che sono andati in pensione prima della entrata in vigore della 257 i benefici previdenziali devono essere retroattivi e valere anche per loro.

7.     Siccome l’amianto è composto da fibre che facilmente si aereodisperdono nell’ambiente circostante, sicuramente altre persone, che non svolgevano mansioni operaie, all’interno della fabbrica le hanno respirate. L’accesso ai benefici pensionistici e ai controlli sanitari deve essere assicurato anche per loro.

8.     Le amministrazioni locali hanno l’obbligo, attraverso delega alle ASL competenti, di svolgere minuziose indagini epidemiologiche sia sugli operai e gli altri lavoratori di fabbrica , sia sui loro familiari sia nei territori circostanti i luoghi di ubicazione degli stabilimenti che hanno manipolato l’amianto. In base a queste indagini si deve redigere una mappa nazionale esaustiva sull’incidenza delle malattie amianto correlate sulla popolazione.

9.     Gli imprenditori che hanno fatto utilizzare l’amianto devono essere condannati penalmente. Per i danni biologici causati devono pagare gli indennizzi dovuti agli ammalati, o, in caso di morte, ai parenti delle vittime. Se gli imprenditori sono stati dichiarati falliti, o non sono più perseguibili, perché ad es. deceduti, l’onere dell’indennizzo deve ricadere sulle casse dello stato. Le cause penali e civili devono avere tempi rapidi, concludendosi in maniera definitiva in un massimo di tre anni.

 

ORGANIZZAZIONE E FORME DI LOTTA

Il coordinamento operaio deve intensificare il lavoro di informazione e mobilitazione all’interno delle fabbriche dove è presente, per coinvolgere tutti gli operai esposti all’amianto. Nelle realtà dove non siamo presenti bisogna attivarsi per contattare gli operai più sensibili attraverso l’organizzazione di volantinaggi e riunioni.

L’obbiettivo è quello di creare una vasta rete di operai disposti a mobilitarsi nella battaglia contro l’amianto.

In ogni fabbrica i compagni del coordinamento devono attivarsi per attuare una vera e propria indagine epidemiologica tra gli operai. Devono essere individuate le malattie e le morti. Questo è un lavoro che solo gli operai stessi possono fare, constatata negli anni l’inadempienza delle istituzioni pubbliche preposte. Dove si riscontrano malattie e morti, il coordinamento deve spingere e sostenere gli operai nelle cause penali e per il danno biologico. Bisogna incastrare i padroni e i dirigenti aziendali per i danni causati e le istituzioni pubbliche per le loro complici inadempienze. Dobbiamo fare pressione affinché queste cause abbiano tempi rapidi.

Conoscendo la particolare sensibilità del padronato per la produzione, dobbiamo organizzarci per arrivare a fermare la produzione dove siamo presenti. Lo sciopero è l’arma principale che gli operai hanno a disposizione e quella più temuta dalla controparte. Dobbiamo far si che in concomitanza di qualche scadenza importante sul problema amianto (discussioni sul testo Tapparo, per es.), un certo numero di fabbriche significative proclamino uno sciopero.

Un’altra forma di lotta da utilizzare è quella della manifestazione. Essa incide meno sugli interessi fondamentali del padronato, ma assume grande importanza propagandistica. Il coordinamento deve cominciare a lavorare per arrivare ad una scadenza nazionale.

Il problema delle cause per il riconoscimento dell’esposizione e per l'applicazione del coefficiente 1,5 a tutto il periodo lavorativo è un altro motivo di mobilitazione. La magistratura, in attesa dei cambiamenti di legge perseguiti dal parlamento, ritarda costantemente le udienze ed allunga i tempi delle cause. La mobilitazione presso le Preture in concomitanza di cause significative rappresenta un segnale importante che gli operai possono dare.

 

BOLLETTINO

L’organizzazione del coordinamento su scala nazionale impone l’utilizzo di uno strumento informativo. La forma che deve assumere deve essere agile, fatta di poche pagine che possono essere facilmente faxate. Il bollettino diventa fondamentale per costruire una rete di operai contro l’amianto. Attraverso il bollettino possiamo far circolare notizie, coordinare le varie realtà organizzare scadenze di lotta.

 

Ricordiamo, nello stilare questo programma di mobilitazione operaia, non solo le migliaia di compagni morti ed ammalati per l'amianto, ma anche le centinaia di migliaia di operai esposti come noi che subiscono costantemente un danno meno appariscente ma non meno grave: le paure, le tensioni, le angosce che il sapere di essere soggetti a rischio di gravi malattie determina. E' arrivato il momento di presentare il conto anche per questo!