Nei ricordi del Prof. Arnaldo Moschi

A Carla, Silvia, Elda e ... nipotini, buon inizio di millennio.

    Mi sento sereno nello scrivere i ricordi del “tempo d’Alessandria”, ossia degli anni più sereni della mia formazione quando, con un gruppo d’amici ed amiche, vivevamo spensierati in un mondo crepuscolare, ovattato, che, senza che ce n’accorgessimo, ci dava formazione.  Formazione che ha permesso a molti di noi di emergere grazie a due fattori, allora misconosciuti ed oggi considerati essenziali:

    Scrivo  questi ricordi per voi figlie, descrivendo i miei cari, ossia la famiglia di mia madre, così come li “vedo”. Molti di loro non ci sono più e, per quasi tutti coloro che leggeranno, non esistono più neanche quale vago ricordo storico. Mi sembrerebbe farli morire due volte se parlassi di loro in modo agiografico, presentandone solo gli aspetti migliori. Così li vedevo da diciottenne, così li descrivo, pensando a voi, ora che sono sessantenne.

    A voi ragazze il compito di non dimenticare le vostre radici e di trasmetterle ai vostri figli, di leggere nei volti mai visti, se non nelle foto di famiglia,  i sentimenti di coloro per  i quali, oggi,  voi siete il frutto più importante.



Famiglia Calù

ossia la parte materna della mia famiglia vissuta in Alessandria d’Egitto tra la fine dell’800 e il periodo della diaspora di tutti gli “europei” da Alessandria, ossia dopo la fine della guerra per il canale di Suez, 1956-58. Il resto è cronaca o vita vissuta, indirettamente, anche da voi le mie figlie.

Voi non lo sapete, ma io non ho dubbi sul fatto che, se ho potuto darvi una vita agiata e di conoscenze internazionali, lo devo proprio al mio periodo Alessandrino. Lo devo agli insegnanti, agli amici ed alle amiche, al mondo che mi circondava in quello che allora (me innocente!) consideravo “marca di provincia” !


Mia madre Elda Calù è nata in Alessandria d’Egitto il 25 novembre 1920 in via Moschea Attarin, duecento metri, in linea d’aria, dalla chiesa di Santa Caterina, tuttora sede del vescovato cattolico d’Alessandria, all’epoca quartiere residenziale, “nobile”, della comunità italiana.

In Egitto vi erano cinque comunità maggiori:



Schema genealogico della famiglia

Genitori di Elda Calù

Leopoldo Calù e Iside Maurizio

Genitori di Leopoldo Calù

Luigi Calù e Maria Marzovillo

Genitori di Iside Maurizio

Astorre Maurizio e Maria Gandolfi

 

Sorelle di Luigi Calù

Amelie

Cornelia

Emma

Figlie di Astorre Maurizio

Lidia sposata con Pisani

Iside sposata con Leopoldo Calù

 

Figlie di Amelie sposata con Buttazzoni

Ilda sposata con Athos Catraro

Nelly

 

Fratelli di Leopoldo Calù

Armando sposato con Olga Lopez

Gino sposato con Elda Calloud

Emilio sposato con Reine

e poi con Magdelene

Fernando sposato con Caterina

Clara sposata con Michele Gaeta

Figli di Fernando Calù

Lea

Nelly sposata con Manos Savidis

(figlie: Anna Maria e Giorgia)

Luigia

Luigi (figlio: Pier Luigi)

 

 

 

Figli di Clara

Laura sposata con René Aghar

Mirella sposata con Veniero Ippolito

Figlie di Michele Gaeta sposato con

Magda Allegiani

Adriana sposata con Vito Indiveri

(figlie: Stefania, Raffaella)

Silvana sposata con Dimitri Zaniel

(figlia: Federica)

 

Ramo milanese della famiglia Calloud de Rolland

Elda sposata con Gino Calù

Bianca

Renata sposata con Tavella 

(figli: Gianni sposato con Eliana Pesarini e Gilberto)

 



Genitori di Elda:

Leopoldo Calù ed Iside Maurizio.

Genitori di Leopoldo:

Luigi (1871-1933) e Maria Marzovillo (1873-1940), ambedue nati in Alessandria d’Egitto. I loro genitori venivano dall’Italia. Nonno Luigi era milanese ma d’origine Francese.

In origine il cognome della famiglia era Calloud de Rolland (cognome rimasto graficamente invariato nel ramo della famiglia rimasto a Milano) che italianizzarono in Calù, perché più “italiano” e graficamente più facile da scrivere. Erano veri nazionalisti, allora si diceva “patrioti”.

Tanto nonno Luigi che il padre di Iside Maurizio, nonno Astorre, lavoravano in Alessandria ai grandi magazzini Challon situati in piazza Santa Caterina angolo via Cherif, ossia la parallela di via Moschea Attarin dove nonna Elda è nata nel 1920. Nonno Luigi si occupava di oggetti di abbigliamento di lusso e di oggetti ricamati, dalle sottovesti alle tovaglie. Di stoffe importate, di stoffe preziose tipo damaschi e tendaggi. Era l’unico uomo, NON parente della famiglia del re Fouad d’Egitto, che poteva entrare nella abitazione della regina Nasli, moglie di Fouad e madre di Farouk. Logicamente entrava nel gineceo reale in abito da cerimonia (tight giacca corta il mattino, con code il pomeriggio) e guanti bianchi per presentare stoffe, vestiti, intimo femminile o quanto la regina riteneva opportuno. E’ per questa sua dimestichezza con i palazzi reali che abbiamo il dipinto di  Didone abbandonata da Enea che arredava un palazzo reale di Alessandria, quello detto d’oriente, poi distrutto da un incendio, palazzo dove il vostra antenato era “di casa” anche perché costruita da architetti ed artisti italiani.

Nonno Astorre Maurizio era il direttore del settore casalinghi, soprattutto porcellane. Quindi i due “nonni “ lavoravano nello stesso negozio, Challon.  Erano i due dei direttori dei servizi  più importanti, abbigliamento femminile - stoffe, porcellane - casalinghi.  Durante la seconda guerra mondiale, quando tutti i figli erano in campo di concentramento per cittadini italiani, le famiglie (mogli e figli) sono potuto sopravvivere vendendo quanto avevano ricevuto in eredità dai nonni. I Limoges del nonno Astorre ed i tovagliati, damaschi e stoffe del nonno Luigi.

Erano dei veri esperti nel loro lavoro, per questo viaggiavano in Europa per acquistare trine, merletti, tovaglie ricamate, porcellane casalinghi di lusso ecc. I grandi magazzini Challon, di proprietà francese, erano considerati i magazzini più forniti del bacino del Mediterraneo. Si, avete capito bene, del bacino del Mediterraneo perché solo a Parigi si trovavano magazzini di pari ricchezza.  Allora, tra il 1910 ed il 1940, Alessandria d’Egitto e Beirut erano le due città più ricche del bacino del Mediterraneo, più ricche di Barcellona, Marsiglia, Napoli ed Atene. In quell’epoca anche Algeri viveva momenti di splendore, ma non paragonabili con quelli di Alessandria.

Questi vostri due avi, nonno Luigi Calù e nonno Astorre Maurizio, nella loro epoca erano dei veri manager al servizio della aristocrazia economica che amava vestire bene le proprie mogli ed abbellire, con un tocco di raffinata personalità, le proprie case. I grandi magazzini Challon erano collocati nel cuore economico di Alessandria, sulla piazza, dove vi è la basilica Santa Caterina, la monumentale chiesa dei cattolici di Alessandria d’Egitto, all’angolo tra la via Cherif e la via Moschea Attarin. Per fare un paragone, come la Rinascente a piazza del Duomo a Milano.

Vostra nonna Elda è nata in una casa di via Moschea Attarin e, nell’albo delle foto fatte in Egitto nel 1996, si vede il portone della casa dei genitori di nonna Elda. La prima casa, in famiglia, ad avere l’ascensore, parliamo del 1918-19, forse la prima casa della via Moschea Attarin, allora strada abitata dai “vip” di origine italiana ed israelita, ad avere un ascensore. La grande Sinagoga di Alessandria dista100 metri da Santa Caterina. Spesso nell’800 le comunità si formavano attorno ai loro luoghi di culto, chiese o sinagoghe. Ad Alessandria anche il teatro dell’Opera, il più grande in nord Africa dopo quello del Cairo, è stato un centro di aggregazione per le comunità Europee. Quando la nonna Elda vi racconta che le sue nonne andavano in chiesa in carrozza, percorrevano, in carrozza, non più di mezzo chilometro, coperte di trine e merletti.

Il mercato ed i negozi erano nel contesto del quartiere, famosi i negozi di giocattoli ed i laboratori di pasticceria (specialmente cioccolato), celebratissime le gelaterie. La lingua d’uso, come per tutte le attività commerciali, era il francese, che tutti parlavano correntemente.

Luigi, nonno Luigi, ebbe tre sorelle. Forse di queste solo una ebbe la possibilità di avere figli , la sorella di nome Amelie che sposò un Buttazoni. Fu la mamma di Nelly, nubile, ed Ilda, sposata con Athos Catraro, poi giornalista, cronista a Roma, de “il Giorno”. Ilda era una donna di grandissima classe che ricordo come una diva. Nelly dimostrò di essere un genio, quale segretaria, di attività imprenditoriali. A 80 anni continua a lavorare, ricercatissima nel suo giro imprenditoriale.

Cornelia sposò un greco e poi morì, Emma  forse non raggiunse l’adolescenza.

Fratelli e sorelle di Leopoldo con relative consorti:

Zio Armando (1893-1971) sposato con Olga Lopez vivevano ad Alessandria senza figli in una casa molto luminosa in cui mi colpiva molto la radio.  Una vecchia radio grande più di un televisore a 17 pollici con cui, e se ne vantavano molto, riuscivano a captare, solo di notte, la radio Italiana.  Io li ho conosciuti negli anni 1950 ed erano una deliziosa coppia, già allora, di altri tempi.  Il loro mondo si era fermato alla vigilia della seconda guerra mondiale, ossia alla fine del fascismo in cui credevano fermamente.  Non ricordo con piacere la loro tavolo perché, per me, si mangiava troppo poco. Gli amici di famiglia asserivano che la zia Olga era molto brava in cucina. Forse!

Lo zio Armando, durante le prima guerra mondiale, era stato un brillante e valoroso ufficiale di fanteria, pluridecorato.  Dovrebbe esserci a casa una sua foto in divisa.

Zio Fernando (1896-1978) sposato con Rina (Caterina 1899-1968), lui era uno spassoso ubriacone, sempre fatto di birra e qualsiasi altro alcolico.   Aveva preso l’abitudine di bere tra gli alpini nella guerra sul monte Grappa e sul Carso, dove si era comportato eroicamente. Era stato anche decorato al valore sul campo.  Veramente un gran bell’uomo, forte, alto, allegro, sempre sorridente anche quando ubriaco.  Durante il servizio militare, ossia durante la prima guerra mondiale, era considerato l’uomo più forte del suo plotone, faceva il presenta armi con l’affusto di un cannone pesante più di 100 chili.

La zia Rina, grossa a dismisura, pesava più di 100 kg, la ricordo bellissima, sembra che da giovani, lei e lo zio Fernando, fossero la più bella coppia del Cairo, dove lo zio lavorava.  Anche lei beveva birra, quantità mica da ridere, e giocava a carte tutto il giorno.  Sembra giocasse molto bene ed era una vincente, tutto serviva a mandare avanti la famiglia.  Avevano tre figlie ed un figlio, Gigi o Luigi:

Lea, la prima figlia, si sposò più volte. La considero la donna più bella che abbia mai visto.

Nelly si sposò almeno due volte, ho conosciuto solo suo marito Manos Savidis.  Ebbe due figlie Anna Maria e Giorgia.

Luigia, non ricordo di lei quasi nulla, si sposò e partì, se non sbaglio, per il Canada o la Grecia, la ricordo molto sportiva, sempre con la racchetta in mano.

Luigi, il più giovane dei figli, oggi settantenne, si sposò tre volte e solo con la terza moglie ebbe un figlio, Pier Luigi, molto più giovane di me.  Credo vivano ancora in Grecia.

Zia Clara (1899-1933) sposata con Michele Gaeta, zia Clara mori di peritonite all’ospedale Italiano di Alessandria, una morte atroce che ha lasciato un indelebile segno in mia madre.  La zia lasciò due figlie giovanissime, Laura e Mirella. Zio Miche (Michele) si risposò con Magda Allegiani di cui dirò dopo, ed ebbe altre due figlie Adriana e Silvana, che oggi vivono a Roma. A differenza di zio Fernando, che, al quarto tentativo, ebbe un maschio, zio Miche concepì solo quattro femmine di cui:

Laura, sposata con René  Aghar, non ha avuto figli ed è morta a Roma nel 1997.

Mirella, sposata con Veniero Ippolito, due figli, abita prevalentemente negli USA.

Adriana, sposata con Vito Indiveri, due figlie, Stefania e Raffaella, abita a  Roma

Silvana sposata con Dimitri  Zaniel, generale di aeronautica, una figlia, Federica, abitano a Roma.

Zio Gino (1901-1981) e zia Elda, zio Gino lo avete conosciuto da piccole.  Adorava vostra nonna Elda ma era un tipo che, per forma mentis, rompeva le scatole al mondo intero, per la sua troppa precisione. Veniva spesso a trovare la nonna Elda a Pavia, diceva sempre che non aveva fame e che non voleva mangiare niente, per poi abboffarsi di malo modo. Tale zio tale nipote. Da giovane aveva lavorato in banca per poi passare alla Pirelli dove non fece carriera per il suo carattere chiuso e dogmatico.  In realtà aveva sempre ragione, ed era un eccellente e stimatissimo funzionario versato e competente soprattutto in campo “estero”, così importante per la Pirelli ma non sapeva trattare le persone che lo circondavano. Inclusa la moglie. Sua moglie, la zia Elda, chiamava Eldina sua nipote Elda (ossia vostra nonna) che amava più di una figlia. E’ per questo ricordo, per me un ricordo dolcissimo, che chiamo istintivamente “ Eldina “ le vostre figlie. La zia era un’elegante e signorile madama Milanese, bionda, sempre perfetta in tutto, nell’abbigliamento, nei modi di comportarsi, nel preparare e servire a tavola, era una gran signora nell’animo e nei modi.  Soprattutto la ricordo con immenso affetto perché amava vostra nonna Elda e, questo, ai miei occhi, la rendeva la persona più bella, adorabile, della famiglia. Con lei stavo benissimo, mi raccontava le storie delle famiglie Calloud e Calù, questo avveniva la sera prima di addormentarmi per cui ricordo ben poco di quello che mi diceva. Non ebbe figli, per fortuna perché lo zio avrebbe reso loro impossibile la vita. Lo zio, dopo la morte della zia Elda, negli anni ’80, lasciò Milano per vivere in una casa di riposo a Piacenza. Aveva perso un patrimonio con il fallimento del Banco Ambrosiano, di cui era un facoltoso azionista, banca in cui credeva come in un dogma. Pensare che anni prima aveva perso un bel po’ di soldi con la Edison di cui aveva un significativo, per un  dipendente, pacchetto azionario. Morì improvvisamente, una notte, ricoverato presso la Pneumologia del Policlinico San Matteo a Pavia, il  05 maggio 1982.

Elda accompagnò nonna Elda, la sera in cui morì, in Policlinico.

Zio Emilio (1906-1975) sposato in prime nozze con Reine (francese di Francia) ed in seconde nozze con Magdelene, sempre francese di Francia: lo zio Emilio era un bell’uomo, sempre un filo sovrappeso, 10 chili, sempre sorridente. Tra i fratelli del nonno Leo due sorridevano e ridevano sempre, forse senza molto sale in zucca, Fernando ed Emilio, due erano rompi all’ennesima potenza, zio Armando e zio Gino, per fortuna nessuno dei brontoloni ebbe figli. Uno solo era veramente intelligente, eccezionale, nonno Leo, ossia mio nonno Leopoldo o il vostro bisnonno. Di lui e di nonne Iside dirò a parte.

La prima moglie dello zio lo concupì portandogli da mangiare, al campo di concentramento per civili italiani in Egitto; gli portò settimanalmente da mangiare per cinque anni.  Era la donna più brutta di tutto l’Egitto ciononostante il poveretto per gratitudine la sposò e, si dice, consumò anche il matrimonio.  Certamente nel buio più profondo ed aiutato dall’alcool; anche lui alzava il gomito ma con moderazione.  

La seconda moglie, Magdelene, per fortuna meno brutta, è una vera signora francese di provincia, donna d’altri tempi, rigorosa , molto rigorosa soprattutto verso se stessa. Di una profonda e vissuta cultura umanistica. Molto attenta alle cose della comunità francese a Milano di cui è stata una colta animatrice, in altri termini una francese di animo calvinista e religione cattolica.  Oggi, 2000, vive ancora in Normandia dove si occupa di beneficenza nel volontariato cattolico.

Genitori della “bis” Iside Maurizio.

Astorre Maurizio e Maria Gandolfi, lei di origini emiliana.

Astorre e Maria ebbero due figlie:

Lidia, che sposò un Pisani, ebbe un figlio, che ho conosciuto in Egitto, ed a sua volta dei nipoti visti a Roma negli anni 60, che poi ho completamente perso di vista pur avendoli frequentati a singhiozzo negli anni dell’università.

Iside, che sposò nonno Leo.

Oltre a quello che ho descritto parlando dei magazzini Challon, e di quello che dirò dopo di nonno Leo e di nonna Iside, della famiglia Maurizio non ho molti ricordi.

Il nonno Astorre, originario di Lucca, l’ho visto solo nelle foto. Tondo, rubicondo, gilet con catena d’oro, doveva essere una persona affabile, comprensiva, un buon padre di famiglia, un forte  onesto lavoratore.

Mia bisnonna Maria l’ho conosciuta bene nei suoi tardi anni quando era ospite della casa di riposo per italiani anziani ad Alessandria, casa di riposo ancora esistente e di cui avete le foto nell’album del 1996, viaggio in Egitto. Le stesse foto in cui troverete che nonno Lillo era un benefattore della suddetta casa di riposo, vedi foto della lapide marmorea.

La mia bis era una donna elegantissima, dignitosissima, molto attenta alla sostanza oltre che alle forme. Dio mi perdoni, esattamente l’opposto di sua figlia, nonna Iside, fin troppo appariscente. Mi recavo da lei una volta la settimana, se non sbaglio il giovedì, all’ora di pranzo perché lei non mangiava il pollo ed io ne mangiavo per due. Tutti, nella casa di riposo, mi conoscevano ed era per loro uno spasso avere tra i piedi un marmocchio che andava a trovare la bisnonna per mangiarle il pollo, che per di più mi facevano avere in doppia porzione. Dopo il pranzo mi offriva sempre dei pasticcini che teneva per me (forse anche per altri ospiti) in un bel piatto d’argento.

La stanza della mia bisnonna era tutta in “legno di rose“, sembra venisse dalla Francia importata da suo marito, era di sua proprietà ed ho rivisto l’armadio nel 1996.

Quando ero piccolo la consideravo la stanza più bella mai vista, l’aveva portata con se nella casa di riposo che aveva inaugurato, essendone una delle prime ospiti. Aveva l’armadio, il letto, i comodini, le sedie e due poltrone; la toilette aveva grandi specchi. Molto bello anche il lampadario. Non sapeva usare bene il telefono perciò, a volte, ero io a telefonare per lei.

Di lei ho il ricordo più dolce, era molto attenta alla mia formazione che seguiva con competenza facendomi domande che mi stupivano per l’appropriatezza, mi portava con se in Oratorio a pregare prima di uscire dalla casa di riposo. Lo faceva con molta naturalezza. Ricordi teneri e costruttivi, era una donna religiosa, certamente non una bigotta, che sapeva contagiare i propri sentimenti.

Morì a più di 95 anni per una frattura del collo di femore, ossia uccisa dai medici.

I Maurizio erano originari del Gran Ducato di Toscana, forse di Livorno, anche se Astorre era nato a  Lucca. I due quadri degli antenati che possediamo a casa, lui con la cambiale e lei con il guanto, appartenevano ai Maurizio di Livorno. Alcuni Maurizio migrarono a Lucca e nonna Elda, in una parrocchia di Lucca, ha trovato atti battesimali che si riferivano ai Maurizio. Che un lucchese abbia sposato un’emiliana non deve sorprendere molto. I due piccoli stati confinanti, Gran Ducato di Toscana e Ducato di Parma e Piacenza, erano divisi solo dagli Appennini, tanto dolci da attraversare quanto d’incomparabile bellezza in primavera ed autunno.

Ramo milanese della famiglia Calloud de Rolland

Un nobiluomo francese, Calloud de Rolland, migrò a Milano, forse a seguito delle armate Napoleoniche, quando la Lombardia, repubblica e poi regno Cisalpino, gravitava nell’orbita francese. A Milano i Calloud de Rolland vissero, forse felici e contenti, sino a quando un esaltato, nazionalista e patriottardo, decise che il suo cognome era troppo francofilo o peggio, per questo s’italianizzò in Calù. Come se chiamarsi Calù fosse un atto d’amore per la patria! Per fortuna un altro ramo della stessa famiglia decise, con molto buon senso, di continuare a chiamarsi come si era sempre chiamato perciò a Milano finirono col convivere i Calù ed i Calloud, ambedue della stessa schiatta, i primi con la testa tra le nuvole, gli altri con i piedi per terra.

La zia Elda Calloud, sposò un suo lontano cugino “egiziano”, ossia lo zio Gino Calù, pertanto erano certamente consanguinei. Zia Elda  aveva due sorelle, Bianca e Renata. Bianca, pur essendo sposata con un uomo molto ricco, non ebbe figli. Renata sposò un  povero travet, il Tavella, che ho conosciuto negli anni ’60 a Milano, da lui ebbe due figli, Gianni e Gilberto. Gianni sposo Eliana Pesarini, grande amica  (anche in senso volumetrico dato che ha le dimensioni di una botte) di vostra nonna Elda con cui passò l’infanzia ad Alessandria. Non hanno avuto figli. Al funerale di  Gianni, in famiglia noto come “il comunista”, a Milano fine anni 80, ebbe l’onore di presenziare il capocellula del partito comunista ed anche, ospite della moglie, il parroco. Logicamente la spuntò il parroco che benedisse e precedette la bara, il capocellula, più compagni e compagne, fecero da corteo partecipando alla benedizione (forse subendola). Gilberto si è sposato due volte ed ha tre figli, una quarantenne e due adolescenti. L’ultimo è nato lui già ultra sessantenne. Vivono a Milano.

Nonno Leo.

(Leopoldo, 1896-1956). Sarebbe troppo lungo e senza significato raccontarvi tutto di lui. Vi dirò solo quello che penso abbia influito sul mio carattere, sulla mia formazione.

Era un uomo che somigliava molto a Paolo VI, una grande intelligenza difficilmente classificabile in stereotipi. Era un commerciante nato per dilapidare quello che costruiva. Prima della guerra aveva creato una fortuna vendendo Linotypes, ossia macchine per la stampa soprattutto di giornali, ed a sua volta era proprietario di un giornale economico d’Alessandria. La guerra lo mise in ginocchio e ricominciò creando un commercio d’oggetti ricamati a Firenze, per più precisione a Grassina, indirizzati prevalentemente al mercato Americano.   Fu il primo al mondo ad importare prodotti, lenzuola e tovaglie, ricamate in Cina e per più precisione dalle ragazze cinesi prima ospiti delle scuole cattoliche poi ricamatrici per il governo comunista che, con il loro lavoro, importava valuta estera.

Amava molto Venezia, con lui ho conosciuto Venezia ed il Lido dove spesso avevamo una cabina vicino a quella di Winston Churcil. Conosceva bene Venezia poiché lavorava con le ricamatrici di Murano.

Durante la prima guerra mondiale fu ufficiale di collegamento con le truppe francesi ed inglesi, parlava perfettamente le due lingue, francese ed inglese.   Per sua sfortuna, proprio durante la guerra, sposò per procura nonna Iside.  Lei fu accompagnata all’altare dal suo migliore amico un tale  Alfredo Misrahi,  sposato con Frine, che ho conosciuto in Egitto. Erano israeliti e nella loro casa, che frequentavo quasi fosse la mia casa, fui iniziato ai riti ed alle celebrazioni israelite che diventarono per me, come per tutta la nostra famiglia, un secondo modo di essere ossia festeggiavamo con loro le feste israelitiche e loro festeggiavano con noi le feste cattoliche. Avevano una stupenda collezione di dischi di musica operistica di cui erano attenti cultori. Vivevano a pochi metri dal Teatro dell’Opera.

Merita di essere ricordato questo fatto: nonna Iside e nonno Leo si sposarono per procura, lei in Egitto, lui in Italia. Nonna Iside per raggiungere lo sposo (dico io per essere sicura che non fuggisse) fece parte della traversata del Mediterraneo in sommergibile. Si stabilirono in Piemonte, a Casale Monferrato, dove lui prestava servizio militare quale ufficiale di collegamento con le truppe francesi, apparteneva alla 10° Compagnia di Artiglieria Pesante da Campagna.

Quando passava lei tutta Casale si voltava, doveva essere una donna molto appariscente.

Ho passato con lui periodi molto interessanti, costruttivi per il mio carattere, posso affermare che è da lui che ho preso l’abitudine di leggere. Leggeva moltissimo, tutte le notti, ricordava tutto, non faceva pesare nulla della sua cultura, poliedrica ma enciclopedica.

Genio e sregolatezza calcolata. Era buono ma troppo legato ad un suo mondo, che io consideravo, e continuo a considerare, privo di contenuto, credeva nella parapsicologia, nello spiritismo, nell’esoterismo e, grave controsenso, nel primato della cultura. Non riusciva a capire che solo nella concretezza di una fede vissuta si possono costruire cose durature per i propri figli, il resto è fumo. Sfortunatamente ha lasciato un gran vuoto, perché era eccezionale, un vuoto però pieno di fumo, giacché costruiva sulla sabbia di una brillante intelligenza non vincolata ad una realtà. Posso tranquillamente dire che è stata la persona più intelligente della famiglia, in assoluto.

Morì per un tumore al rene, dopo una lunga malattia sopportata con gran dignità. Nonna Elda gli fu vicina, con infinito affetto ed abnegazione, sino all’ultimo istante.

Non lo vidi più, da malato, per questo lo ricordo vitale e volitivo, gran camminatore sui lungarno fiorentini.

Portava sempre il cappello, con vero charme di signore nato. In effetti era uno charmeur, un tombeur de femmes alla D’Annunzio. La sua ultima casa era a Firenze, in lungarno Seristori, sotto i tetti. Una vera bohème.

Morì a Firenze il 12 aprile 1956, a poco più di 60 anni.

Nonna Iside

Nonna Iside la ricordate ancora. Di lei ricordo, ed ancora mi vergogno, i vestiti eccentrici, e gonne corte, il trucco pesante. Forse il tutto figlio della sua epoca che vedeva nell’operetta il clou della vita. Molto buona, troppo buona, null’altro.  Con me è stata di un affetto più che materno, mi adorava, per questo non posso esserle che estremamente grato. Ho vissuto con lei gli anni di Alessandria, anni in cui mi lasciò la più assoluta libertà mentale, non mi stimolò come nonno Leo ma mi lasciò libero. Bene impagabile di cui penso di non avere abusato e di cui le sarò eternamente grato. Non ricordo d’averla mai vista con un libro in mano che non fosse un libro di preghiere. Non saprei dire se fosse credente o bigotta. Penso bigotta. Come lei ne ho conosciute molte in Alessandria, tutte figlie della stessa cultura che non lasciava spazio alla fantasia delle figlie, che non vedeva in loro soggetti per la cultura che invece era imposta, e con che brillanti risultati, ai loro fratelli.

Morì a 92 anni, da poco compiuti, tra le braccia di Carla, in casa di cura Morelli, il 10 febbraio del 1987. Non poté morire nella sua casa perché c’erano i muratori per ristrutturare proprio il suo bagno, il bagno di nonna Iside.

Nonna Elda visse per lei e con lei gli ultimi anni della sua vita.

Lei nonna Iside, nonno Leo e zio Gino sono sepolti nel vecchio cimitero di GRASSINA, (uscita Firenze sud dell’autostrada del sole, seguire la direzione Antella, poi Grassina, poi golf club), davanti al golf club si vedono i cipressi del cimitero. Al cimitero, in cima ai colli medicei, nella più rinomata valle del Chianti, si arriva con un viale polveroso fiancheggiato da cipressi. I loculi sono in fondo, all’estrema destra del cimitero, sempre rispetto all’ingresso.

I nomi sui loculi sono: Calù e Maurizio.

Nel cimitero cattolico di Alessandria d’Egitto (entrando dalla porta principale del cimitero si gira a destra sino ad arrivare alla fine del viale, poi si prosegue a sinistra e sulla destra del viale, addossata al muro di cinta, dopo circa 50-100 metri si trova una tomba CALU’). E’ la tomba della famiglia Calù dove sono sepolti tutti, eccetto uno, i vostri ascendenti vissuti in Egitto sino al 1980. Foscolo scrisse “sol chi non lascia eredità d’affetti poche gioie ha dell’urne”, ogni volta che sono entrato in quel cimitero, così come a Predappio, ho avuto la gioia di “non sentirmi solo”, di sentirmi un ramo di un albero buono ed indimenticabile.

Finito di scrivere il 28.12.99, sia questo per voi il mio regalo di buon anno 2000!!!  Un viatico per il nuovo millennio, papà.

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