La famiglia Flavetta

racconta Giovanni figlio di Gaetano Giudice e di Concetta Flavetta

Pugni e baci

    Marta Arena nacque a Catania il 23 gennaio 1880. Si trovò ad essere l'unica femmina di una famiglia con cinque figli e per di più la maggiore, cioè a tutti gli effetti madre suppletiva di Filippo, Alfredo, Giuseppe, Carmelo. Nonostante la medicina allora non riuscisse a tenere in vita tutti i bambini, questo nucleo familiare si mantenne integro fino all'influenza "spagnola", che facendo più vittime di quante ne cagionò la Grande Guerra, si portò via Giuseppe.

    Brava formichina tutta casa e chiesa lo fu sempre, e, quando raggiunse la maggiore età e il padre Salvatore, in perfetto accordo con la madre Lucia D'Amico (ma era lei che comandava in famiglia), decise che avrebbe sposato il figlio degli amici Salvatore Flavetta (figlio di Mario e di Concetta Carnazza, a sua volta figlia di un "carbonaro" patriota sfuggito per miracolo alla cattura da parte della polizia borbonica) e Concetta Cocco (nella foto), famiglia molto rispettabile visti i trascorsi patriottici, accondiscese felice di poter uscire da quel ruolo di mamma "aggiunta" per i numerosi fratelli impostole dalle tradizioni. Doppia fu la sua gioia quando vide "il figlio di Salvatore". Mario era nato a Catania l'8 settembre del 1877 ed era proprio un bel ragazzo, alto, snello, allegro ed elegante, ottimo ballerino amante della musica e in particolare della lirica, un vero "charmeur"; ciò che Marta non sapeva ancora era che Mario era anche un gran "tombeur de femmes", ma se n’accorse più tardi.

    Il matrimonio avvenne a Catania nel 1899 e nel 1903 lì nacque il maschio primogenito che, con due nonni di nome Salvatore non si poteva esimere dal portare anche lui quel nome.

    Mario svolgeva lavori saltuari ed era un problema arrivare alla fine del mese, quindi, quando i fratelli di Marta, Filippo ed Alfredo lo invitarono a raggiungerli in Egitto offrendogli un lavoro stabile nel loro negozio e calzaturificio, partì con entusiasmo, lasciando Marta nell’attesa di notizie.

    Marta rimase con la madre Lucia sempre nell’attesa di notizie, ma Mario si divertiva e, pur sapendo che alla fine gli stessi cognati lo avrebbero richiamato al dovere, cercò di prolungare il più possibile quel magico periodo con soldi in tasca e gentildonne disponibili ma, soprattutto senza nessuno che gli chiedesse conto delle sue avventure.

    Nel 1905 Marta decise (poche erano le decisioni che prendeva, ma quando le prendeva erano assolutamente irrevocabili): lo avrebbe raggiunto in Alessandria. Brava a fare la sarta, mentre mamma Lucia badava al piccolo Turi, tagliò, cucì, imbastì per tante ore il giorno fino a non poter più tenere gli occhi aperti, ma riuscì finalmente a guadagnare una parte del denaro per il biglietto suo e della madre fino ad Alessandria. Un baule al porto, un abbraccio alla famiglia con la promessa "verrete a stare tutti da me non appena mi sistemo" e salì sul "vapore" che la doveva trasportare in Alessandria.

    Tre lunghi giorni nei quali l'ansia e la paura l'attanagliavano solo mitigate dai sorrisi di Turi, "gli fa bene l'aria di mare" pensava, e dalle rassicurazioni della madre. Poi, un mattino su in coperta con tantissimi altri a cercare l'Egitto che non si vedeva; poi d'un tratto ecco lì una macchiolina che si faceva sempre più grande a vista d'occhio: "Il faro, il faro" gridavano tutti, mentre la nave entrava gloriosamente nel porto d’Alessandria.

    Quasi tutti salutavano dal ponte amici o parenti piangendo di commozione; Marta voleva piangere, ma di rabbia. Non avendo potuto pagare l'intero costo dei biglietti, aveva concordato con il capitano che sarebbe andata in cerca del marito e gli avrebbe lasciato in pegno i suoi averi: il baule.

    L'unico sorriso le fu rivolto da un arbaghi (un cocchiere) che in un italiano stentato le chiese dove volevano andare, "Rue Attarine" rispose sapendo che Mario ed i fratelli lavoravano lì vicino. Mario si era ben guardato da darle un indirizzo, così come i fratelli che, sì scrivevano alla madre, ma preferivano rimanere molto sul generico.

    E l'arbaghi, lì giunto, le chiese dove fermarsi, ma forse non si stupì, quando lei lo fece andare su e giù un numero interminabile di volte. Marta e la madre Lucia guardavano fuori, cercavano Mario, Filippo o Alfredo, mentre dovevano anche provvedere al piccolo Turi, Avevano fame, erano stanche, impaurite da questo nuovo mondo ed incominciavano a temere della loro audacia, ma oramai non avevano altre scelte, dovevano trovarli. Il miracolo si compì nel primo pomeriggio: eccolo lì il bel Mario mentre usciva dal laboratorio insieme ai cognati, quanti pugni e quanti baci!

    E così si concluse la grande avventura di mia nonna materna Marta.

    Mia nonna era la tipica donna di casa della prima metà del secolo scorso, dedicata completamente alla famiglia.  Ero il suo nipote preferito e mi chiamava Ninuzzo con il suo spiccato accento siciliano. Ho ancora un anello acquistato con i suoi risparmi, ma dato che non bastavano ho aggiunto i miei risparmi senza dirglielo, visto che era così fiera del regalo che mi voleva fare. Una sua raccomandazione tipica mi indirizzava sempre era "stai attento quando attraversi le strade", anche quando, a 23 anni, sono andato a fare il militare nei carri armati della Cavalleria.

Mario Flavetta

    So poco di mio nonno Mario, è nato a Catania l'8 settembre del 1877 ed è deceduto in Alessandria nel 1952; la sua tomba è ancora lì nel cimitero latino. E' sepolto insieme con un mio zio acquisito Gennaro De martino, deceduto qualche anno più tardi.

    Era un artigiano di calzature, aveva un carattere aperto, gioviale ed amava moltissimo l'opera. Fu internato dagli inglesi durante la guerra, ma dato che aveva più di 60 anni, fu rilasciato dopo pochi mesi. Badò a tutti noi nel periodo 1940/1945.

 

Salvatore Flavetta

    Figlio maggiore di Mario e di Marta Arena. Nasce a Catania nel 1903. Due anni dopo si trova a viaggiare per Alessandria insieme con la madre e la nonna Lucia D'Amico. Carattere riservato, cresce bene in famiglia e nelle scuole di computisteria che frequenta. Va a lavorare alla Salt and Soda e, praticamente, rimane lì fino alla partenza per l'Italia. Sposa Leonarda Di Tondo (famiglia di origine pugliese, da Trani) e ha due figli nati in Alessandria: Marta (Tina) nel 1932 e Mario nel 1934.

   

Internato durante la guerra, insieme con il fratello Sebastiano, viene liberato alla fine del conflitto e riprende faticosamente la ricostruzione della sua vita. (Nella foto: la moglie Leonarda, Salvatore, la madre Marta, il fratello Sebastiano, mia madre Tina, in prima fila mia sorella Mimì, mio cugino paterno Lorenzo De Martino, io). Parte nel 1956 per Genova, dove, grazie alle sue capacità, trova velocemente lavoro e può richiamare la famiglia. Viene insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro della Repubblica italiana. Muore a Genova il 26 febbraio (giorno del compleanno della figlia) del 1999. Vent'anni prima era morta la moglie Leonarda.

 

 

Concetta (Tina) Flavetta

    Seconda figlia di Mario Flavetta e di Marta Arena, nacque in Alessandria il 4 luglio 1911 (un piccolo inciso: nel 1976 si trovava in visita da me negli Stati Uniti ed era proprio in coincidenza con il 4 luglio allora bicentenario della rivoluzione americana; era felicissima sentiva che tutte quelle campane, quei fuochi d'artificio, quelle canzoni in qualche modo festeggiavano anche lei che visitava il figlio nel giorno del suo compleanno). Personalità spumeggiante ed allegra, positiva estroversa e sempre disponibile ad aiutare il prossimo. Sposata il 12 giugno 1937 con Gaetano Giudice, ha avuto due figli: Carmela (Mimì) e Giovanni (Nino). Gaetano, dipendente del Ministero degli Affari Esteri, deve rientrare in Italia allo scoppio della guerra nel 1940, ma una malattia del figlio costringe lei ed i figli a rimanere in Alessandria e lì vive insieme con i genitori. In quel periodo dava lezioni di pianoforte e lavorava di maglia per mandare avanti la famiglia. Nel dicembre 1946 Gaetano ritorna a prendere tutta la famiglia per andare a Beirut nel Libano, sua nuova destinazione. Anni belli e spensierati fino al 1952. Poi Gaetano lascia la Legazione italiana e, dopo poco, rientra in Alessandria alla ricerca di un nuovo lavoro. Tina è nuovamente costretta a darsi da fare per mandare avanti la famiglia. Nel 1953 Gaetano ha grande successo in Egitto e la famiglia ritorna in Alessandria. Di nuovo bella vita fino al 1957 quando le circostanze costringono gli europei a lasciare l'Egitto. Nuova sfida per Tina che deve nuovamente ricominciare a pensare lei a provvedere per la famiglia. Dinamica e intraprendente non si da per vinta e si butta a capofitto nel lavoro fino all'età della quiescenza nel 1976. 

    Nel 1958 a Roma, dopo il rientro dall'Egitto, ha dedicato tutto il suo tempo libero ad aiutare i profughi italiani che rientravano senza prospettive, senza lavoro e, soprattutto, senza denari, ad inserirsi nella società italiana. Era vice presidente dell'ANPIE (Associazione Nazionale Profughi Italiani d'Egitto) ed ha lavorato in tale funzione fino al 1992 quando compiva i suoi 81 anni e lo scopo sociale dell'associazione era completamente esaurito.

    Il fratello maggiore, Salvatore (Turi), era nato a Catania, mentre il fratello minore, Sebastiano (Iano), nacque anche lui in Alessandria nel 1913.

Nelle foto: a sinistra Iano e Tina (1915), a destra , prima comunione di Tina con Iano e la madre Marta (1919).

    Sotto a sinistra, nel 1922 Tina con Iano, il fratello minore, e a destra Tina ai suoi diciannove anni nel 1930.

   

     A scuola dalla Suore Francescane, come tutte le ragazze di buona famiglia, nel febbraio del 1926 si iscrive al Liceo Musicale Giuseppe Verdi, fondato dal Maestro Ettore Cordone. Il primo giorno di scuola conosce Iris Carpani (oggi 96nne a Montreal in Canada) e ne diviene buona amica. Iris, poi maestra di pianoforte, è uno dei pilastri della storia musicale di Alessandria. La sua migliore amica è la coetanea Mena Noto. 

Una foto di gruppo con il Maestro Cordone ed una pagella. Il piemontese Maestro Ettore Cordone, organista e direttore di coro, con l'aiuto di facoltosi membri della comunità italiana aprì il Liceo musicale Giuseppe Verdi in Alessandria che, più tardi, venne parificato dal Santa Cecilia di Roma.

    Con amiche al mare a Chatby che è la prima spiaggia della lunga corniche di Alessandria, 18 km, costruita dalla ditta Dentamaro. Nella seconda foto Tina posa sorridente con Mena Noto.

 

Sebastiano Flavetta

    Mio zio Sebastiano (Iano), figlio di Mario e di Marta Arena, nasce in Alessandria nel 1913. So poco della sua gioventù, ma mia madre ne parlava sempre come di una ragazzo serio e di buona compagnia, aveva un solo difetto: a 18 anni iniziò ad essere stempiato e, pochi anni dopo, era calvo. Si sposò con Margherita Di Pietro (persona dolcissima e una di nove fratelli) ed ebbero due figli maschi: Roberto (nel 1945) che vive a Roma e Silvio, un paio di anni dopo, che vive a Melbourne in Australia. Fu internato insieme con il fratello Salvatore e rimase in prigionia fino alla fine della guerra. La prigionia nel deserto gli procurò una serie di problemi fisici che culminarono nella sclerosi multipla. E' deceduto a Roma alla fine degli anni 80. Gli volevo molto bene ed andavo perfettamente d'accordo con lui. Non eravamo zio e nipote ma due veri grandi amici.

 

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