Migranti - L'Emigrazione Ionico Etnea in Australia

Un'iniziativa, promossa dal Coordinamento Associazioni Siciliane di Sydney, guidato dal dott. Francesco Giacobbe, docente presso la University of Technology di Sydney, si è svolta a Tully, Brisbane e Sydney.

    Hanno partecipato alla ricerca studenti del quarto e quinto anno del corso sperimentale linguistico, accompagnati dalle docenti Angela Cavallaro, Grazia Messina, Carmela Turnaturi. Il calendario dei lavori, ha consentito, dal 16 febbraio al 1 marzo 2009, di illustrare il progetto e i volumi “Migranti”, “L’emigrazione dalla costa ionica siciliana”, “European Migration in the XXth century”, e di proiettare il documentario “Mediterraneo Migrante”.

     E’ stata allestita nelle tre località la mostra fotografico-documentaria Migranti, emigrazione ionico-etnea in Australia, composta da 12  nuovi pannelli con dati storici e statistici ma soprattutto testimonianze degli emigrati in Australia. Storie raccolte da alunni, docenti, sono state restituite ai protagonisti dell’esperienza. Il gruppo ha incontrato le scuole locali, sindaci e rappresentanti di istituzioni ed associazioni, il Console di Brisbane Dott. Francesco Capecchi, il Console Generale D'Italia Dott. Benedetto Latteri, la Dott.ssa Anna Maria Lelli, direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura.

    Il progetto ha comportato un coordinamento complesso ed articolato, curato con estrema attenzione in Australia dal sig. Vince Silvestro ( per Tully), dai signori Joe e Sarina Turrisi e dalla  Sicilian Association of Queensland presieduta dal sig. Joe Politi (per Brisbane), dal C.A.S. di Sydney e dall’Istituto Italiano di Cultura  ma soprattutto dal dott. Francesco Giacobbe, promotore dell’intera iniziativa.

    La mostra fotografico-documentaria è adesso esposta al Museo Etneo delle Migrazioni di Giarre, sotto la supervisione scientifica del prof. Marcello Saija, direttore della Rete regionale dei Musei dell’emigrazione siciliana.

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Un'importante testimonianza 

Il racconto di Italia Picardi Romeo

Pannello mostrato a Sydney il 27 febbraio 2009

    Italia Picardi Romeo ha voluto ricostruire la partenza dalla Sicilia, alla fine dell’Ottocento, dei suoi nonni paterni e materni. I tanti ricordi si snodano fitti e stretti l’un l’altro come in pagine di diario, consegnandoci così una storia dai toni vivaci e dalle pennellate efficaci, una sorta di ampio affresco, prima della società siciliana a cavallo tra i due secoli, e poi di quella egiziana, cosmopolita e dinamica, del primo Novecento, per concludersi con l’approdo in Australia.

    La ragione e la decisione di emigrare nel 1966 in Australia furono dovute all’instabilità politica del Sudan dove mio marito Vahram Palayan, nostro figlio Pierre ed io siamo stati residenti in quel paese per motivi di lavoro. Tutti gli europei presenti furano costretti a lasciare il paese.

    In Australia, a Melbourne, viveva già un mio cugino fin dal 1952, il quale descriveva l'Australia come il paese del futuro, e questo fu un grande appoggio per noi che volevamo dare un avvenire sicuro a nostro figlio Pierre che aveva solo dodici anni.

    A Melbourne mio marito che tutti chiamavano Vic, essendo un tecnico elettronico specializzato lavorò con due grandi società, la Ericsson e la Sun Electric. Io, invece, lavorai con l'Istituto Italiano Commercio Estero di Melbourne chiamato ‘Italian Trade Commission’ la cui sede centrale si trova a Roma (I.C.E.) all’Eur. In seguito al trasferimento di questo Istituto a Sydney, lavorai per la Camera di Commercio Italiana di Melbourne, fino al 1994. Mio figlio Pierre si laureò in biochimica all’Università.

    L’ambiente tra l’Egitto e l’Australia è molto diverso. L'Egitto, situato geograficamente nel bacino del mediterraneo, ha sempre risentito dell’influenza dei paesi europei, soprattutto dell’Italia. Un secolo d’immigrazione italiana vide l’Egitto fiorire in modo eccezionale e ci fece sentire che gli italiani e gli europei erano considerati cittadini di primo rilievo e di grande considerazione. Nacque cosi la società cosmopolita ricca di simpatia e calore umano.

    L’Australia è considerata il paese dalle grandi opportunità di lavoro, dando alle giovani generazioni l’incentivo a studiare in modo egualitario e dare a tutti un grande senso di stabilità, ma nello stesso tempo, l’ Australia appartiene ad una società anglo – sassone che tiene molto alla riservatezza personale. Col tempo l’Australia si è evoluta, ha accettato molte nazionalità, ma ogni individuo ha saputo rispettare questa diversità, senza rinunciare alla propria tradizione, alla propria educazione e alla propria cultura.

    Il tessuto è una trama d’intrecci sottili in cui motivazioni economiche, politiche, sociali si legano e si richiamano. Su questo sfondo scorrono, quasi a tracciarne le forme e suggerirne le tinte, le vicende dei Romeo e dei Picardi. Dopo una prima emigrazione in Egitto, dove la stessa Italia ha trascorso l’infanzia, ci sarà, per alcuni membri della famiglia, il ritorno in Italia. Italia e il marito Vahram Palayan si trasferiranno invece nel 1966 in Australia, a Melbourne.

     “Ricordare- sottolinea Italia significa rivivere, significa far riemergere episodi e avvenimenti forse un po' sbiaditi nel tempo, ma sempre radicati in me stessa”. Una storia di radici, insomma, le radici di un lungo secolo di migrazioni tra Europa, Africa e Australia, e dei tanti e complessi cambiamenti da esse scaturite.

I nonni paterni

    La famiglia Romeo era composta dal padre Francesco con la moglie Assunta Canicatti e sette figli: Lucia, Vincenzo, Rosa, Carmela, Michele, Antonio e Concetta.

    I miei nonni paterni, Francesco (il cui nome ufficiale pare fosse Michele) e Assunta, unitamente alla loro prole in tenera età, decisero di lasciare l'Italia verso la metà dell’Ottocento, abbandonando per sempre la città natale di Siracusa per sbarcare sulle sponde africane dell'Egitto. Si sistemarono nella capitale egiziana il Cairo vicino al palazzo di Abdine, residenza della famiglia reale egiziana. Non è noto il motivo per il quale nonno Francesco scelse l'Egitto, né ho notizia del loro primo impatto nel nuovo paese né, tantomeno, del lavoro che svolgeva.  Si sa tuttavia che il nonno, per motivi economici, ebbe bisogno ben presto dell'aiuto lavorativo dei figli maschi, e ciò non appena finirono le elementari nelle scuole italiane del Cairo.

    La nonna Assunta Canicatti era una donna minuta dal viso grazioso. Era sottomessa alla volontà di nonno Francesco, il suo dovere era accudire alla casa e crescere, vestire e educare i figli: un'impresa da non sottovalutare che fece con estremo spirito di sacrificio senza mai lamentarsi.

    Mentre nonno Francesco seguiva ed educava i maschi, nonna Assunta s'impegnò ad insegnare alle femmine l'arte di cucire, ricamare, fare la maglia, ritenute doti essenziali in quell'epoca. Nel 1928 morì nonno Francesco. Nonna Assunta si trovò sola e senza sostegno economico, anche perché nel frattempo tutti i figli si erano sposati. Dopo una prima accoglienza nelle famiglie dei figli, per difficoltà legate alla convivenza si decise per lei il ricovero in un luogo per anziani, dove morì all’età di 93 anni. Mio padre Michele era il quinto figlio della coppia. Anche lui terminò gli studi primari alla scuola italiana di Bulacco. Il suo maestro insistette presso nonno Francesco per fargli continuare gli studi secondari perché il ragazzo dimostrava alte qualità di apprendimento della matematica, ma il nonno disse che aveva già imparato a leggere e scrivere, era giunto il momento di dover imparare il "mestiere"! Così papà studiò e si qualificò nella meccanica.

    All'età di venti anni conobbe Maria Picardi, una sedicenne che abitava con sua madre Pasqua, il fratello Vincenzo e la sorella Esterina vicino a Piazza Abdine al Cairo. La madre di Maria conobbe Assunta ed i suoi figli che abitavano nelle vicinanze. Succedeva che si scambiavano parole tra loro, come capita tra persone della stessa origine in un paese straniero. Fu così che i due giovani si conobbero e attesero sette anni prima di sposarsi.

    Maria lavorava già in un'industria tessile, avendo perso precocemente il padre, colpito dall'influenza "Spagnola".  D'accordo con Michele, decisero di risparmiare mettendo soldi da parte per poter pagare, quando si sarebbero sposati, i mobili che sarebbero stati fabbricati dal fratello Vincenzo, esperto ebanista.

    A ventitré anni Michele fu richiamato in Italia per adempiere il suo servizio di leva. Egli rispose all'appello perché era il dovere di ogni cittadino italiano, anche se residente all'estero. Fu assegnato a Bengasi, in Libia, allora colonia italiana.

    Da Bengasi Michele scriveva delle bellissime lettere d'amore alla sua Maria, e quando rientrò al Cairo, si sposarono. Era il 31 luglio del 1926. Scelsero di vivere a Heliopolis, un nascente sobborgo del Cairo, voluto dall'imprenditore belga, il barone Edouard Empain. Il primo appartamento era sito in Rue Damanhour e fu in quell'appartamento che io nacqui, il 21 aprile del 1927: poiché era la data della fondazione della città di Roma, mi fu dato il nome Italia.

    Un anno dopo, il 23 aprile del 1928, nacque mia sorella Bianca, che tutti chiamavamo Bianchina. Era graziosa, con occhi dolci e capelli castano – chiari, al contrario di me che avevo occhi e capelli neri. 

    Per quasi quindici anni papà lavorò dalle sette del mattino alle diciassette presso una società belga nel dipartimento di meccanica ad Almazah, un quartiere poco distante da Heliopolis. La sua vita era dedicata completamente al lavoro ed a noi. Era lui il capo-famiglia, anche se molte decisioni le prendeva la mamma. Il suo unico diversivo era quello di recarsi al dopolavoro italiano, una specie di club, un punto d'incontro degli italiani per leggere i giornali o scambiare qualche parola o ascoltare notizie. Papà non aveva vizi, non beveva non fumava e non giocava. Per lui la famiglia era tutto. Aveva la passione per la lettura, si interessava di tutto. I quotidiani che leggeva erano scritti in francese, in arabo ed inglese.

    Dopo qualche anno mia sorella Bianchina si ammalò di tifo. A quel tempo le cure erano minime ed inefficaci, non esistevano né penicillina né antibiotici. Il 4 maggio del 1934 Bianchina, ad appena sei anni, spirò tra le braccia di mia madre. La morte di mia sorella fu un trauma che sconvolse tutti in famiglia ed in particolare modo mia madre: dimagrì fino ad arrivare a quarantaquattro chili, era straziante vedere la sua disperazione, il suo dolore. Per fortuna l’arrivo di una nuova sorellina le ridiede il sorriso. Papà lavorava sempre in compagnia, mamma si occupava interamente della casa, andava al mercato tutti i giorni per la spesa (allora non esistevano frigoriferi e, per conservare il cibo, quello che comperava doveva essere consumato nella stessa giornata), cucinava, puliva, lavava, stirava, cuciva i vestiti per me e per lei e sapeva confezionare con molta abilità giacche e cappotti.  Aveva un carattere energico, sapeva amministrare, risolvere da sola qualsiasi problema o inconveniente.

     La mia vita ebbe uno scossone positivo nel 1936 quando, insieme con altre ragazze di Alessandria e Porto Said, ci imbarcammo sull’Esperia per trascorrere le vacanze in colonia in Italia.  Ripetei l’esperienza delle colonie nel 1938, questa volta in Val d’Aosta, e ancora il 4 giugno 1940, quando avevo tredici anni. Ma il 16 giugno, anche prima dell’entrata in guerra dell’Italia, mio padre fu arrestato, insieme a più di 12.000 altri italiani civili, e internato per quasi cinque anni nei campi di concentramento egiziani diretti dagli inglesi.

    Mamma si trovò senza papà e senza me e dovette cavarsela da sola badando alla mia nuova sorellina e cercare di rendere meno triste la permanenza in prigionia di Papà. Io rimasi in Italia, bloccata dagli eventi per oltre sei anni con scarsissime e sporadiche notizie dei miei. Vissi a Roma, a Tirrenia e, per il maggior tempo, a Firenze, dove ottenni il diploma di tecnico commerciale. La mia vita fu molto difficile lontana dalla mia casa e dai miei affetti familiari, ma tramite la Croce Rossa potevo corrispondere con mio padre, anche se la frequenza era mensile e le righe trasmesse non potevano essere più di dieci.  Papà fu liberato dopo quattro anni e mezzo, io invece tornai a casa nel febbraio del 1946.

    La vita riprese con grande sacrificio di tutti, molto lavoro e molta abnegazione, iniziai a lavorare anch’io fino alla forzata partenza dalla terra d’Egitto che avevamo amato e ci aveva allevato con generosità anche nei momenti difficili.

I nonni materni

    Nonna Pasqua Caruso nacque a Bronte in Sicilia nel 1879 ed appena ventenne conobbe Cono Picardi, nato ad Aderno in provincia di Catania. Prima di conoscere Cono, la nonna, che doveva essere stata una bella ragazza, aveva avuto sette pretendenti che desideravano sposarla. A lei, però, non piaceva nessuno dei sette: uno era troppo basso, uno troppo grasso, uno troppo baffuto. Poi arrivò Cono, alto, dai lineamenti classici, portamento distinto, che tutti chiamavano il "Forestiero", poiché nato ad Aderno, e fu amore a prima vista, il classico colpo di fulmine. Dopo il loro matrimonio, il 5 ottobre del 1905, nacque la primogenita Maria a Motta Sant'Anastasia. Nonna raccontava che a quel tempo in Sicilia scarseggiava il lavoro, vi erano troppe tasse incluse quella sul sale, monopolio di Stato, l'affitto delle case era esorbitante.  Cono e Pasqua Picardi decisero così di emigrare in Egitto che all’epoca aveva necessità di manodopera, di persone capaci atte a contribuire al progresso di quel paese. Con la figlia Maria di appena due anni s’imbarcarono da Marsiglia, in Francia, e la nonna raccontava spesso come durante la traversata la piccola Maria aveva perso la bambola, cadutale in mare. Era il 1907.

    Giunti in Egitto sbarcarono in Alessandria, e lì rimasero per cinque anni. Qui nacque Vincenzo, l’unico figlio maschio, il 27 aprile del 1912. In seguito si trasferirono al Cairo, dove nonno Cono aprì un negozio di generi alimentari per mantenere la sua famiglia, al quale si era aggiunta un'altra figlia, Esterina, nata nel 1916.

    Nonna Pasqua era una persona gioviale, parlava con toni pacati, non alzava mai la voce. Le piaceva anche ridere se qualcuno se ne usciva con una battuta spiritosa.  Purtroppo nonno Cono si spense alla giovane età di trentotto anni a causa della “Spagnola”, lasciando Nonna Pasqua devastata dal dolore e con tre figli da crescere. Un cognato la invitò a rientrare in Italia per poterle essere d’aiuto ma la nonna declinò l'invito e decise che avrebbe pensato lei stessa ai propri figli.  Rimase così al Cairo con i tre figli Maria, Vincenzo e Esterina.

    La mia mamma Maria aveva quattordici anni quando morì il padre e dovette abbandonare la scuola San Carlo Borromeo per trovare un lavoro presso un’azienda tessile di proprietà di tre fratelli italiani ebrei. Fabbricavano camicie di seta e di lusso e Maria rimase lì per ben sette anni, fino a quando conobbe Michele Romeo, che sposò, all’età di ventuno anni, nella Chiesa Cattolica di el Muski il 31 luglio 1926. A Maria non furono risparmiate le sofferenze: la morte del padre prima, della piccola figlia dopo, la lunga separazione dal marito e dalla primogenita durante la guerra. Dimostrò sempre, tuttavia, un forte coraggio supportato da una profonda fede cristiana. Era molto generosa verso gli amici e verso le persone indigenti. Bravissima nel confezionare fiori artificiali e capi di abbigliamento, li regalava spesso ai parenti e alle persone che necessitavano aiuto.  Sempre in movimento, puliva, cucinava, sferruzzava, stirava, non stava mai ferma un attimo. Rimase in Egitto fino al 1968.

    Io e mio marito andammo a Melbourne, in Australia, mia madre, mio padre e mia sorella Silvana decisero di ritornare in Italia. Papa lavoro per due anni in Siria, a Damasco, ma poi ritorno a Roma. Papà morì nel 1979 e mamma nel 1994. Ricorderò sempre un desiderio che espresse l’ultima volta che la vidi: “Sai, Italia, quando dopo più di sessanta anni lasciammo l’Egitto, avevo in me un grande desiderio, un desiderio che tenevo segreto nel mio intimo. Avrei voluto andare a vedere Motta Sant’Anastasia in Sicilia, il paese ove sono nata e che non ho mai conosciuto”.

27 febbraio 2009, Italia Romeo Palayan, Grazia Messina, Diana e Katerine Palayan

Testimonianza di Italia Picardi Romeo (da adattamento dell’originale)

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