Egizio Panetti

Racconta il figlio Ezio nato a Suez nel 1929.

Mio padre possedeva un cantiere di riparazioni navali a Port-Tewfick, uno scalo di alaggio a El Shat ed un pastificio a Suez.

Papà fu arrestato assieme a mio fratello il 10.06.1940 e rinchiuso nel campo di Fayed zona desertica vicina ad Ismailia. La loro colpa era di essere italiani. I beni furono sequestrati; a guerra finita nel 1948 ci fu detto che quanto sequestrato andava a parziale pagamento dei debiti italiani versi l’Egitto. Mio padre morì nel 1943, mio fratello allora scappò dalla prigionia e non fu mai più ripreso (caso unico). Sotto falso nome lavorò e creò molte iniziative . A guerra finita riprese il suo vero nome (fu più facile cambiare nome che riprendere il vero), continuò a lavorare sino al 1957 quando la vita, diventata impossibile in Egitto, lo costrinse ad abbandonare tutto. Si trasferì a Ginevra dove tuttora vive (età 91 anni). Tralascio di raccontare le mie avventure, vivo a Venezia dove ho fondato due aziende. Dico solo di essere fiero del mio passato, della storia dei miei genitori e di essere un Italiano d’Egitto. Grazie per l’ospitalità

Alberigo Egizio Panetti 

Mia madre Renata Campagna in Panetti, mia cognata Gilda Mafera in Panetti, mia sorella Vittorina Panetti 

***

1955 - Riapre il Cantiere Navale Italiano a Suez

Ricordi 

 Rovistando tra una montagna di carte, ho ritrovato per caso, l’articolo di un giornale italiano del Cairo (Oriente), che descrive la riapertura nel 1955, dell’officina di ripa-razioni navali che papà aveva fondato nel 1925 credo, e che si chiamava allora “La Metallurgica Italo Egiziana” sequestrata nel Giugno 1940 dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Nel 1955, mio fratello Romolo ed io decidemmo la riapertura del cantiere, ricostruendo il tutto con l’annessa fonderia e lo scalo di alaggio in zona “El Shatt”. Acquistammo in Italia tutte le macchine utensili, saldatrici, cesoie, attrezzi (un viaggio esaltante per l’impresa e la voglia di rinascita). In quel viaggio ebbi la fortuna di conoscere Dora. Non immaginavamo però che poco dopo avremmo nuovamente perso tutto con la nazionalizzazione del cantiere nel 1956 a seguito del conflitto e la chiusura del canale di Suez.

***

Primo urlo di sirena a Suez!

Stralci dell’articolo dell’Oriente

Rivive, nel moderno cantiere di riparazioni navali di Romolo Panetti, la gigantesca figura del padre Alberigo. Dopo 15 anni si riaprono i battenti di un cantiere che ha l’impronta del lavoro italiano in un’atmosfera di cordiale collaborazione con l’Egitto.

Port Tewfik.

L’arrivo dei cronisti: Ci troviamo nella cittadina che attende dal nuovo regime i mezzi per fare toeletta, per cambiare il vestito che ha indosso fin dai tempi del Khedive… Non ci sono i neon sulle porte dei negozi e bot-teghe ma scritte pitturate grottescamente sui muri… case basse e tetti rossi, case eguali e tetti unici per centinaia di metri, quadrati e quadrilateri abitati, finestre basse e porte uguali… arriviamo all’Hotel Sinai. Il proprietario, ex Pascià, ex comandante della polizia in città, assomiglia a un ufficiale dell’esercito di S. Maestà la Regina… calzoni cachi… capelli tagliati a spazzola… Siamo alla ricerca del cantiere, primo ritorno in grande stile della bandiera del lavoro italiano a Suez: il “Port Said Engineering Work & Romolo Panetti”.

Imbocchiamo la strada lungo un canale che ci ricorda quello di Ancona, rifugio delle vele arancione dell’Adriatico, e manco a credere alla coincidenza, la stirpe dei Panetti è originaria di Ancona! ”mare lì, mare qui” mi dice il giovane Ezio Panetti che si dimena come un forsennato… non si regge in piedi, sono due giorni che non dorme per mettere a punto la grossa macchina tecnica e meccanica del cantiere, perché tutto sia pronto a funzionare al primo urlo di sirena stasera. I baffetti biondi spioventi, gli occhi chiari e buoni, quegli stessi che conobbi tanti anni fa sui banchi di scuola, quando sognavamo cose grandi sull’esempio dei nostri padri… Ancora vestito di una tuta blu, Ezio corre a casa a cambiarsi… 

Tendoni arabeschi, gonfiati dal vento della sera che arriva lentamente, macchiata di rosso sangue del sole che muore, accolgono autorità, giornalisti, amici e connazionali venuti a curiosare, alcuni a dare il crisma dell’ufficialità, altri a complimentarsi, noi tutti a commuoverci come bambini: da queste parti, questa è la psiche di tutti, quando si vede una pietra italiana, o un mercantile italiano passare con poppa il tricolore magari sgualcito dal vento o sporco di nafta, ci si commuove alle la-crime… E l’aria, il mal d’Italia…

Mentre il Vice Governatore di Suez, il Direttore della Shell Mister Wood, l’Ing. Capo della terza sezione della compagnia del Canale Monsieur Konig, ed altri rappresentanti del Governo Egiziano giungono ai battenti del Cantiere, la sirena emette il suo primo urlo quasi a salutare, nel vivo e presente ricordo, il padre di Romolo ed Ezio, Alberigo Panetti pioniere di un cantiere navale che vide tutto distruggersi, senza avere la gioia di rivedere il suo pontile di nuovo in vita. Sino al 1940 Panetti era presente con la sua bandiera in rada di Suez, poi la guerra!: il cantiere requisito e smantellato, il materiale asportato dai militari inglesi e tutto quello che rimase è un muricciolo di un metro per due a ricordo della prima pietra che pose Alberigo Panetti alcuni decenni orsono.

“Mai abbandonammo l’idea di riprendere il lavoro di papà, ed è in suo ricordo, perché lui lo avrebbe voluto così, che riprendiamo il suo lavoro”, così mi dice Ezio offrendomi da bere per nascondere l’enorme emozione che lo assale….

Torna all'indice

Home page