Bruno Spadavecchia

    Anch’io sono di Porto Said in quanto i miei nonni si stabilirono là agli inizi del 1900.

    Mio nonno paterno, Mauro Spadavecchia, approdò in Egitto dopo un viaggio rocambolesco intrapreso insieme con la giovane moglie Angela Caputo; il viaggio iniziò nelle Puglie nel 1897, lo portò attraverso i paesi dell’Est sino ad Istanbul proprio mentre era in corso una sommossa popolare e poi da lì in Egitto. Nel 1902 partecipò alla costruzione della prima diga di Assuan, per poi trasferirsi a Porto Said dove morì ancora giovane nel 1914 ,lasciando sette figli in tenera età con un futuro assai incerto.

    Mio nonno materno, Luigi Roccheggiani, originario di Castel d’Emilio (Ancona), si trasferì in Egitto attorno al 1920 con la moglie Amelia Grilli e la figlia Adelina, dopo aver combattuto la prima guerra mondiale contro gli austriaci nel Trentino; era stato chiamato lì dal fratello Ugo che, qualche tempo prima, era emigrato a Porto Said cogliendo discreti successi nel settore dell’edilizia e acquisendo in proprio importanti commesse sia con la società del Canale, sia con privati: ciò gli permise di crearsi un’invidiabile posizione economica con svariate proprietà immobiliari a Porto Said, ad Ismailia e a Suez. Mio nonno Luigi fu meno fortunato in quanto si limitò a lavorare alle dipendenze del fratello.

    Port Said fu fondata ufficialmente con l’avvio dei lavori del Canale di Suez nel 1859 e il nome le deriva dal viceré Said Pascià, discendente di Mohammed Ali e rappresentante del governo turco. La cittadina, in realtà, esisteva già con il nome di Pelusio sin dal tempo dei faraoni e fungeva da porto per collegare l’entroterra del Delta con il mare. Mantenne questa funzione anche sotto i Persiani, i Greci ed i Romani, finché all’invasione araba (620 d.C.) quando declinò definitivamente.

    Con l’apertura della via d’acqua, che funge da cerniera tra l’Africa e l’Asia, la città conobbe un rapido sviluppo industriale e commerciale richiamando molte ditte estere (tra cui la società italiana Almagià di Ancona che partecipò agli scavi del Canale) oltre a numerose comunità straniere che fecero di Porto Said una cittadina cosmopolita, ricca e vitale, con un tocco di internazionalità alimentata dall’allegria portata da numerosi viaggiatori in transito. 

    La situazione idilliaca e di benessere, venutasi a creare nel tempo, subì un primo arresto con l’inizio della II guerra mondiale: i cittadini italiani, essendo l’Egitto un protettorato inglese di fatto, oltre a perdere il lavoro (molti erano alle dipendenze della Compagnia del Canale), subirono quattro duri anni di internamento nei campi del Fayed e Geneifa vicino a Suez (1940-1944). Al termine del conflitto molti di loro tornarono nuovamente a Port-Said, altri emigrarono all’estero ed altri ancora si trasferirono in altre città dell’Egitto. La mia famiglia, ad esempio, si trasferì al Cairo, ma negli anni a seguire io tornai puntualmente a Port-Said per trascorrere le vacanze estive e godere della sua meravigliosa spiaggia (e qui vorrei ricordare anche Ismailia con il suo bel lago Timsah e Suez con il noto stabilimento del Cabanon sul mar Rosso). Ma, nel 1956 un nuovo conflitto tra Israele ed Egitto e la chiusura del Canale furono la causa di un lungo periodo di decadenza per la città di Port-Said e l’esodo quasi totale da parte della comunità italiana (solo nel 1975 la riapertura del canale di Suez, segnò una ripresa della città).

    E’ doveroso informare tutta la ex colonia Italiana di Porto Said che il rev. padre Quirino Stella ex parroco in Porto Said fa parte della grande famiglia "AIDE". In un Suo scritto, che ho ricevuto tramite l'amico Scalfarotto, ci informa, che la chiesa di S.Eugenia continua ad essere officiata dagli indigeni assistiti dai confratelli di rito Copto, il circolo della Gioventù Antoniana é stato sciolto e la locale Società di Beneficenza di cui era presidente, dovrà dipendere da quella di Alessandria. Il cimitero esiste ancora, non dipende dalla chiesa, ma è sotto la giurisdizione civile ed é mal tenuto (io aggiungo: “Le nostre autorità brillano per la loro assenza”). La cattedrale francese é gestita dai Copti Ortodossi, ed i locali del nostro consolato sono in vendita.

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