Appuntamento rimandato per la Superlega.
In attesa di varare la Nba o
la Nfl del
pallone, le grandi d’Europa rinviano a denti stretti la nascita
del campionato europeo di club sul
modello americano, e sanciscono la “tregua
armata” con l’Uefa.
Via libera, intanto, alla nuova
Champions League. Venerdì, a Nyon, sono stati comunicati i
dettagli del nuovo format della Champions, che verrà posto in vigore
dall’edizione
del 2018-2019.
La Champions
League 2.0, come qualcuno già l’ha ribattezzata, sarà formata
da 8
gruppi da 4 squadre (32), con 26
squadre direttamente ai gruppi (quattro
a testa Inghilterra,
Spagna, Germania e Italia; due a testa Francia
e Russia; una per Portogallo,
Ucraina, Belgio e Turchia più
le vincitrici di Europa League e Champions) alle quali aggiungere
quattro squadre dai playoff per campioni e due dai playoff per “non” campioni.
Poi i premi, 2.4
miliardi di euro che
verranno così suddivisi: 15% market pool; 30% partecipazione; 25%
risultati stagionali; 25% ranking storico.
In buona sostanza, l’Italia
avrà quattro posti, ma il fattore determinante sarà sempre e
comunque il ranking: dovesse
scendere al quinto posto, i posti per il nostro Paese si
dimezzerebbero e tornerebbero ad essere 3. Ecco perché la nuova
Champions League non
nasce sotto i migliori auspici ed
anzi rimangono forti le perplessità di federazioni di primo piano come
la Liga
spagnola e la Premier
League inglese,
secondo le quali la nuova formula non
garantisce la svolta auspicata.
L’Inghilterra voleva e vorrebbe una formula in grado di portare nella
competizione Manchester
United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, senza dimenticare
il Liverpool, mentre
il rischio è quello di tornare ad avere due o tre di questi top club
fuori dai giochi a vantaggio del Leicester di
turno che evidentemente non
ha lo stesso appeal mediatico né
tanto-meno simile spessore “politico”. Analogo
malumore è stato palesato dalla Spagna, dove Real
Madrid e Barcellona spingono per la Superlega ritenendo
che le potenzialità economiche e i fatturati realizzabili siano
nettamente superiori alla Champions League attuale o anche a quella
rivisitata.
Nonostante, in definitiva, non si sia ancora concretizzato il piano
per la Superlega le
liste d’accesso per le piccole si faranno sempre più restrittive ed è
questo il segnale forte che la Uefa ha voluto dare alle grandi del
calcio europeo per convincerle ad archiviare, o per meglio dire a
rimandare, il progetto di un mega-torneo
a compartimento chiuso. Ma Inghilterra e Spagna restano in
trincea e la sensazione è che anche Germania e Italia nei
prossimi mesi torneranno a ripensare gli scenari. La Superlega per
adesso va nel congelatore, ma saranno i numeri e gli incassi che saprà
determinare la nuova formula a dire quanta vita avrà la Champions
League 2.0. In caso di flop, dal 2020 i
giochi potrebbero riaprirsi: l’American
dream del pallone è
una tentazione che resta forte.
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