Una fiction dedicata ai leggendari difensori di Gerusalemme su Rai 1 porta in primo piano un Ordine controverso, sul quale si sono dette parecchie menzogne (e forse si ripetono): quest'ordine ebbe un ruolo importantissimo all'ombra del Torrazzo ed ecco un eccezionale studio ripreso per "Il Vascello" dal benemerito Bollettico Storico Cremonese nella edizione VI dell'ormai lontano 1999

Mons. Franco Tantardini: "Vi racconto io la storia dei templari a Cremona, ai tempi dei vescovi Sicardo e Rainerio



Con i loro simboli, i templari sulla facciata settentrionale (la più antica) della Cattedrale: hanno contribuito alla sua costruzione? - "In realtà - chiarisce Tantardini - In varie parti della Cattedrale di Cremona, nei sotterranei, all’interno e all’esterno Nord, si trovano le tipiche croci a otto punte del sec. XIII e altri segni templari, ma non conosciamo documenti su un eventuale apporto tecnico finanziario del Tempio, che però avrebbe potuto essere determinante nella sorprendente fase conclusiva della costruzione dell’immensa mole". Non ci sono, dunque, documenti che confermano ma neppure escludono

Altre notizie

Le verità storiche e il ruolo di Cremona nell'ordine dei templari sono splendidamente esaminate nei serviziche "Il Vascello" è orgoglioso di offrire ai suoi lettori. Con un ulteriore contributo di Gianfranco Taglietti in cultura dove ugualmente si parla dell'ordine in relazione alla cremonese via Porta del Tempio.
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I Templari, ruvidi guerrieri: troppe fantasie e bugie, da smentire

 di Luigi Silla

 

In questi ultimi tempi si parla spesso dell’Ordine dei Templari. Continuamente appaiono in libreria volumi sulla storia di questi monaci-guerrieri.

Alcuni sono libri rigorosi della storia dell’Ordine, altri sono scritti solo per gratificare il desiderio di esoterismo dei lettori, inventandosi di sana pianta i fatti. Spesso anche la televisione ha trasmesso programmi che esaltano l’esoterismo dei Templari, senza chiedersi chi fossero veramente questi monaci, dimenticando volutamente la storia ed il periodo in cui crebbe tale Ordine.

Esaminando i centocinquanta anni circa di tale Ordine, vediamo che i componenti erano costituiti per la quasi totalità dai figli cadetti di nobili provenienti soprattutto dalla Francia. Questi nobili, addestrati all’uso delle armi, non potevano aspirare alla successione dei feudi paterni in quanto era vigente in tutto l’occidente la legge salica che prevedeva la trasmissione del feudi solo ai primogeniti maschi, per cui, terminato il periodo dei Cavalieri Erranti in cerca di feudi retti da una erede femmina da sposare, i nobili cadetti entrarono nell’Ordine del Tempio di Gerusalemme quali difensori della Cristianità.

La quasi totalità dei Templari erano formato da ruvidi guerrieri, bravissimi nel maneggiare le armi ma, come era normale in quel periodo,  analfabeti; la Regola dettata da San Benedetto veniva portata a conoscenza dei Novizi per via orale.

Il compito principale di tale Ordine era la difesa dei pellegrini che si recavano in Terra Santa; successivamente estesero la difesa dei fedeli verso i grandi percorsi di pellegrinaggio: Satiago di Compostela e Roma. Su questi percorsi sorsero le mansioni templari a distanze regolari. Nelle altre mansioni sparse nella Cristianità si provvedeva solo alla raccolta dei fondi da inviare in Terra Santa per garantire ai Monaci-soldati il necessario approvvigionamento di cavalli, armi, viveri.

 Ad ogno Cavaliere del Tempio era permesso di tenere un cavallo pesante da battaglia, uno leggero, muli e ronzini per il trasporto di merci e vettovaglie.

Oltre ai cavalieri templari, nelle fortezze-convento vivevano i soldati che affiancavano i Templari (i cavalieri turcopoli provenienti dalla Siria), armieri, stallieri, maniscalchi, inservienti, medici, cuochi, servi, muratori e scalpellini per la costruzione delle fortezze e delle chiese. Tali lavoratori potevano essere anche di religione mussulmana. L’accumulo quindi di ricchezze era giustificato da queste ingenti spese che dovevano sopportare in Terra Santa.

Le fortezze in Terra Santa all’esterno sembravano castelli imprendibili, ma all’interno erano come monasteri.

La vita dei Templari, quando non erano impegnati sul campo di battaglia, era scandita dalla Regola e seguivano lo stesso orario dei monaci Benedettini o Cistercensi. Si alzavano alle quattro per i mattutini, dopo di che andavano a prendersi cura dei cavalli prima di ritornare a letto. Gli altri uffici di Prima, Terza e Sesta precedevano la colazione che, come tutti gli altri pasti, era consumata in silenzio mentre si ascoltava le letture della Bibbia. Alle 2,30 del pomeriggio c’era la Nona e il pasto serale seguito dai Vespri delle 6,00. Andavano a dormire dopo la Compieta e rimanevano in silenzio fino al giorno successivo.

Ai Cavalieri era vietata la proprietà. “tutte le cose della casa sono comuni, e che si sappia che né il Maestro né nessun altro ha l’autorità di dare il permesso ad un fratello di possedere qualcosa…..” Se alla morte di un confratello fosse stato trovato del denaro in suo possesso, non sarebbe stato sepolto in terra consacrata. 

Quando cadde la fortezza di Acri , l’ultimo baluardo Templare in Palestina, i pochi monaci sopravvissuti si rifugiarono prima a Cipro e successivamente ritornarono in Francia portando con loro il tesoro del Tempio.  Errore gravissimo in quanto il re di Francia Filippo il Bello sempre assetato di denaro, dopo aver spogliato gli ebrei francesi ed i banchieri lombardi di tutti i loro averi, volse la sua attenzione su chi poteva offrirgli la possibilità di approvvigionamento di fondi: i Templari.

Da qui discese tutta la tribolata fine di questi eroi.

Dalle carte processuali scopriamo soprattutto la debolezza intelletuale dei capi templari, a partire dall’ultimo Grande Maestro, Jaques De Molay.

Quando viene interrogato dai frati Domenicani, il De Molay non risponde perché non conosce  il latino, non sa difendersi e soprattutto non sa difendere l’Ordine del Tempio; esso stesso si definì “un cavaliere illetterato e povero”

Molti Templari sotto tortura ammettono colpe che non hanno mai commesso e, successivamente, quando ritrattano, vengono condannati al rogo in quanto, ritrattando, ricadono nel peccato.  Bisogna a questo punto ricordare che sia le torture che le esecuzioni erano affidate al Braccio secolare della legge ed erano pratiche normali di crudeltà del periodo di cui parliamo.

Resoconto dei beni Templari a Cremona

Il 23 novembre, nel duomo di Cremona, il canonico Marcello dei Benedetti, “doctor decretorum” e vicario del vescovo Rainerio, procedeva alla solenne pubblicazione delle bolle papali sui processi contro i Templari e contemporaneamente l’inquisitore Cigala consegnava a Giovanni da Castiglione ed a Rainerio Gatti il rendiconto ed i beni dell’Ordine; il giorno successivo, provvedeva in modo analogo per i beni piacentini.

Dal resoconto dei frati inquisitori, sappiamo che le Mansioni in terra Lombarda, ormai sono in stato quasi di abbandono. La gestione degli affari viene spesso affidata ad un Commendatario  ( l’attuale Via Malombra, prima si chiamava Via Commenda) . Questi resoconti sono molto importanti sia per la storia della fine dell’Ordine Templare sia per conoscere la vita quotidiana all’inizio del 300.

Risulta dal rendiconto cremonese  che gli introiti derivanti soprattutto  da affitti, avevano superato in un anno la somma di 59 lire; cui si aggiungono 75 lire, ricevute “de pecunia comendatori cremonensis”; altre entrate portano il totale a 189 lire e 6 denari, con un saldo attivo di 10 lire e 6 soldi.

Molto più interessante il capitolo delle spese; è opportuno sintetizzare tutte le voci in due categorie riguardanti rispettivamente l’amministrazione dei beni, vera e propria, e le somme spese per i processi e la custodia dei Templari catturati. Dalla prima, che è una minuta descrizione delle spese della vendemmia e per la riparazione della casa, il salario dei lavoranti e soprattutto, del denaro versato di volta in volta al “commendator” per le sue spese giornaliere.

In questo  monotono elenco, sono inserite note preziose: 56 soldi “pro fodris legatorum”; 20 lire, 4 soldi e 6 denari “notariis, advocatis, procuratoribus et sapientibus” la cui presenza e il cui consiglio erano evidentemente richiesti dalla complessità degli interessi in gioco e dall’importanza della questione; per lo stesso inquisitore ed i suoi viaggi, troviamo segnati 10 soldi “pro faciendo expensas in navi et in hospicio veniendo de Cremona Placentiam pro me Inquisitore”; 4 soldi e 4 denari “in navi veniendo de Placentia Cremonam”;

altri  30 soldi “in pluribus diebus quibus steti Cremone pro me, socio et famulo”

ancora 4 soldi “in navi de Cremone Placentiam”;

e infine 39 soldi e 4 denari “in navi veniendo de Placentia Cremonam, cum dominis Johanni et Raynerio et in alia navi que portavit equos, et in prandio et in partituram rerum”.

Solo poche voci riguardano la custodia dei prigionieri:

30 soldi “custodibus carcerum” ove erano senza dubbio custoditi quei frati;

altre 2 lire e 5 soldi “pro Templariis domus et Ecclesie poderis”;

e 27 soldi e 3 denari “duobus fratribus quos misi Pergamum”

I prigionieri erano trattati con generosità:

27 soldi e 4 denari erano stati destinati “conventu fratum in festo nativitatis” e ben 20 lire “pro reparando domum ubi stant et Cochinam et in pignolato et tilla et aliis necessitatibus Templariorum”.

Altre 8 lire e 5 soldi erano “pro vestimenis fratutm de Templo”; 6 soldi e 2 denari “per suas calzas, et duos calzarios”, e 19 denari “per cosituram mantelli Fratris Bernabonis” Un servitore dei Templari ebbe 16 soldi, ed un altro un soldo. 

Non si tratta di una vicenda locale, in quel momento la città esercitava una influenza in tutta Europa, sul Papato e in Medio Oriente attraverso questi due grandissimi personaggi, richiamando quindi attenzioni e presenze dell'Ordine che la città ebbe il coraggio di rappresentare anche di fronte a al debole papa Clemente ed al re di Francia Filippo il Bello - La fine dei Cavalieri dai Bianchi mantelli con la Croce Rossa

C'è persino una piccola via a Cremona dedicata ai templari: Porta del Tempi. E su questo argomento ed in genere sulla storia dei Templari si esprime anche Gianfranco Taglietti. Leggi


di Franco Tantardini



Premessa

A Cremona già sui finire del sec. XVIII il conte Gian Battista Biffi si era valso della collaborazione del camaldolese Isidoro Bianchi per condurre ricerche sistematiche sulla storia dei Templari; ricerche andate perdute. La ricerca torna stimolante in questi tempi di grandi revisioni storiche, di «purificazioni della memoria», mentre Massoneria, Graal, Rosa Croce e altri ne rivendicano l'eredità. Devo premettere che per quanto riguarda i Templari a Cremona, è molto arduo reperire documenti, perché per regola, i Templari conferivano gli atti alla Provincia Templare, presso il «precettore», o «maestro».

Origine del Tempio

Circa l'anno 1118 a Gerusalemme, presso il luogo della attuale moschea ElAqsa, due crociati francesi, Ugo di Payns (o Ugo de Paganis) e Goffredo di Saint-Omer, allo scopo di difendere militarmente i Luoghi Santi e i pellegrini, fondano la Sacra Milizia di S. Maria del Tempio (Pauperes commilitones Christi Templique Salomonis, secondo la denominazione canonica) in riferimento all'antico tempio di Salomone.

San Bernardo di Chiaravalle, anche lui francese, scriverà per loro la regola, e prescriverà l'abito bianco (dal 1145 fregiato di grande croce rossa). I monasteri di quei frati-guerrieri di Gerusalemme, Templari e Giovanniti, si denominano con voce romana, mansiones (mansioni); erano piccoli e strettamente funzionali, solitamente con annessa una domus hospitalis (ospizio, ospedale), gestita per lo più da un diacono.

I Templari a Cremona e il vescovo Sicardo

Il Tempio (sia come Ordine sia come mansione), figura a Cremona già presente nel 1164: è documentata la proprietà di un fondo a Mezule nell'O1tre Po (il Mezzano). E' possibile che san Bernardo stesso (morto nel 1153) nelle sue venute da Milano a Cremona per consolidare la fedeltà al papa legittimo Eugenio III, suo fedele discepolo, con il quale vagheggiava una nuova crociata, favorisse anche a Cremona un insediamento di Templari.

Quando nel 1193 il vescovo Sicardo erige in vicinìa la chiesa del Tempio (ecclesia Templi), la distacca dalla vicinìa di Ognissanti (nell'attuale via Luigi Voghera) e le assegna i privilegi; però il documento in questione non precisa il «titolo» (il nome) di questa chiesa, se S. Maria del Tempio o S. Giovanni del Tempio.

Nel 1303 sono citati la porta «del Tempio» e la strada «del Tempio», senza altri riferimenti.

Pellegrino Merula nel 1627 non conosce già più il sito esatto del Tempio di Cremona, e cita l'ipotesi di alcuni «di qualche giudizio», che per molto tempo i Templari avessero sede alla chiesa degli ospedalieri di Sant'Antonio del Fuoco (attuale area del Centro Pastorale Diocesano) «ma» dice «non si può con autorevole scrittura proporre». Ancora il Merula” cita la vicinìa della chiesa di Ognissanti. Il Vairani” non riporta alcuna epigrafe tombale di Templari in nessuna chiesa di Cremona. Lorenzo Astegiano localizza la mansione templare genericamente «fuori le mura» di porta Ognissanti, ma queste nel sec. XII subirono un’allargamento.

Agostino Cavalcabò ipotizza la porta del Tempio verso l’attuale via Bernardino Gatti, ma trasferita poi ove fu aperta la porta Venezia. Al presente, l’ultima breve via a sinistra del viale Trento e Trieste, sboccante in via Dante, si chiama via Porta del Tempio: memoria storica. Si potrebbe forse ammettere una prima mansione nella zona ipotizzata dal Cavalcabò e una sede successiva a San Giovanni Vecchio in piazza San Michele, dove nel 1659 viene ancora descritta la «Casa Grande» di un impianto monastico antico passato ai Giovanniti (Cavalieri di Malta).

In diocesi di Cremona non figurano altre sedi templari.

Il rude stile di vita militare dei Templari negli edifici non comportava neppure l’austerità elegante dell’ordine fratello, i Cistercensi.

La Regola contemplava le comunità templari in Occidente formate da tre membri nelle mansioni maggiori, e da due soli membri nelle minori: un «maestro» detto anche «precettore», un «commendatore», come economo specialmente per gli interessi agricoli (poteva essere ancora lo stesso maestro), un cappellano, qualche frate, con uno o due domestici della mansione (i quali presso i Cistercensi erano detti «conversi»). Al tempo della requisizione finale del 1309, come si vedrà, a Cremona i Templari erano tre. A Cremona nella mansione non erano presenti elementi femminili, come invece altrove. La Regola non ammetteva gli «oblati», cioè giovinetti o ragazzi, come invece presso i Benedettini (si ricordi il caso di san Tomaso d’Aquino a Monte Cassino) o presso le Canoniche Capitolari (si veda il caso di san Giovanni Sordi presso i Canonici della Cattedrale a Cremona); la Regola voleva solo uomini d’arme.

Dei vari membri che si sono succeduti nella mansione di Cremona, conosciamo nel tempo cinque nomi: fra’ Alberto da Brescia commendatore nel 1165, fra’ Ugo Gori precettore o maestro nel 1224, fra’ Bartolomeo da Cremona e fra’ Genesio da Cremona nel 1297 e, nella chiusura del 1309, fra’ Bernabò.

Attività dei Templari

I Templari, come ordine religioso, erano innanzi tutto dediti alle pratiche religiose, a tal punto da esternare una certa invidia per gli altri monaci che erano esclusivamente dediti alla vita ascetica e alla disciplina dell’ufficiatura corale, come per esempio i Cistercensi; come i Cistercensi avevano ricevuto da san Bernardo l’impegno di una particolare devozione e culto per la Ss.ma Vergine, tanto che le loro chiese si intitolavano a S. Maria «del Tempio», forse a memoria del mysterium (avvenimento) della Presentazione di Maria Bambina al Tempio, in quanto la loro originaria sede in Gerusalemme era stata l’antica basilica (trasformata poi nella mosche El-Aqsa) dedicata alla Presentazione di Maria, oggetto di antica e grandissima venerazione in Oriente; comunque l’attività tipica dei Templari in Occidente era quella di fare da supporto ai loro «fratelli» di Outremer (Oltremare), mandando con scrupolo granaglie, vino, cavalli, pellami, denaro e uomini; a questo scopo il Tempio si era addirittura organizzato con navigli propri sui fiumi e sui mari.

Era regola di non trattenere in Occidente anche un solo granellino di frumento qui non necessario.

Il titolo di «commenda» era conseguito appena il Tempio era in grado di garantire aiuti di sussistenza «oltremare».

Per questo la prima testimonianza del Tempio a Cremona è un documento del 1164 dove si parla di una campagna «aratoria» (non «silvestre») sulla destra del Po a Mezùle, confinante con altra aratoria del Comune di Cremona. Questa proprietà templare è documentata ancora nel 1180.

Il 23 novembre 1165, Enrico Capra con la moglie Belviso vende a fra’ Alberto da Brescia missus (economo, «commendatore») del Tempio di Cremona, cinque pertiche «vidate», in clausis Cremonae (la circonvallazione esterna) presso la chiesa della mansione; l’atto è rogato alla chiesa di Ognissanti.

Nel 1278 in un inventario è documentata la commenda di San Giovanni del Tempio (prima via Commenda, ora via Malombra, lato est) con cappellano, una casa a Livrasco: «caminata, copata, cum una tegate impalcata et cum duobus broliis et uno orto,. ..fictalicia» della chiesa di San Giovanni del Tempio.

Nel 1284 il Tempio di Cremona, pur esente dalle «decime» ordinarie, e il più recente sul territorio degli insediamenti monastici a Cremona, è in grado di concorrere con il vescovo e gli altri frati, al pagamento in solido di una imposta di 420 formi d’oro a Bernardo vescovo di Porto e legato pontificio in Lombardia.

Per regola, un templare colpito da lebbra doveva uscire dal Tempio, per cui a Gerusalemme era stato costruito un ospedale apposito intitolato a Sant’Antonio abate. Così a Cremona nel 1213 certa Belacara de Gadio e altre dodici pie donne avevano donato al vescovo Sicardo una pecia di terra nelle chiuse fuori città, presso la chiesa di San Lazzaro Mendico, fuori l’attuale porta Romana, per costruirvi una nuova chiesa in onore di Cristo Risorto e di Sant’Antonio abate; certo con annesso ospedale. E' facile congetturare che tutto ciò sia avvenuto con qualche intervento dei Templari.

In genere i Templari aiutavano con prestiti la categoria emergente proprio nei secoli XII-XIII dei lavoratori della terra come loro e davano aiuti alla costruzione di nuove chiese. Pertanto il Tempio riscosse subito ampio favore popolare, meno invece quello degli altri frati. In varie parti della Cattedrale di Cremona, nei sotterranei, all’interno e all’esterno Nord, si trovano le tipiche croci a otto punte del sec. XIII e altri segni templari, ma non conosciamo documenti su un eventuale apporto tecnico finanziario del Tempio, che avrebbe potuto essere determinante nella sorprendente fase conclusiva della costruzione dell’immensa mole.

Così non è documentato il peso della presenza templare (ben nota per la dimestichezza «oltremare» con il mondo islamico) a vantaggio del nuovo clima culturale a Cremona nei riguardi degli autori arabi, e che ebbe il suo più illustre rappresentante in Gerardo da Cremona (1114-1187).

A nessuno può sfuggire che la tipica attività template a Cremona abbia influito fortemente ad accendere a Cremona quel grande interesse per il pellegrinaggio di Terra Santa e per le Crociate, che rese possibile l’iter crociatum del vescovo Sicardo (1202) e i numerosi pellegrinaggi in Terrasanta del beato Alberto da Villa d’Ogna (1279). Il fatto stesso dell’aggiunta del titolo del Santo Sepolcro all’antica chiesa di San Siro, nelle vicinanze del Tempio, dimostra quanto fosse familiare e cara nel popolo la memoria di un ospedale-chiesa di questa denominazione che si trovava nella parrocchia, poi soppresso.

Abbiamo già notato sopra che nel 1193 il vescovo Sicardo erige la chiesa del Tempio in vicinìa, staccandola dalla vicinìa di Ognissanti. Dal 1202 al 1205 ancora Sicardo va «oltremare» (quarta Crociata) con i due cardinali legati pontifici Goffredo del titolo di Santa Prassede e Pietro da Capua; questi prelati prendono residenza nel castello-fortezza templare di San Giovanni d’Acri.


Tramonto e fine dei Templari e il vescovo Rainerio Porrina

La stagione dei Templari è breve.

Nel 1291 i Turchi invadono la Terra Santa e il i maggio capitola eroicamente la fortezza-castello templare San Giovanni d’Acri; alla Torre Maledetta soccombe anche il gran maestro, si salvano solo diciotto Templari che riparano a Cipro, portando con sé il mitico tesoro del Tempio.

Nel 1292 a Cipro è eletto gran maestro Giacomo de Molay.

Nel 1303 va posto 1’«oltraggio di Anagni» contro il papa Bonifacio VITI a opera di Guglielmo Nogaret, mandato da Filippo IV re di Francia, e di Sciarra, uno dei Colonna.

Filippo IV di Valois, detto il bello, bello pio e casto, ma quanto a soldi incredibilmente avido e rapace, concepisce il disegno di impadronirsi anche del tesoro e di tutti i beni dei Templari.

Nel 1307 il papa di Avignone, Clemente V, creatura del re, chiama a sé Giacomo de Molay, e questi chiede, da cavaliere, di aprire un’inchiesta sul suo Ordine.

Il 14 agosto il papa ordina l’inchiesta, inquisitio, Filippo V invece si precipita ad anticipare da parte civile carcerazioni, inquisizioni e orribili torture; cento Templari finiscono subito sul rogo. Il re fa quindi pressione sui papa perché sopprima senz’altro l’Ordine e condanni solennemente l’operato e la memoria di papa Bonifacio, sempre suo odiatissimo nemico anche dopo morto.

All’alba del venerdì 13i ottobre, Filippo IV con Guglielmo Nogaret e Guglielmo Imbert di Parigi, frate domenicano suo confessore di palazzo, senza neppure informare il papa, dà assalto simultaneo a tutte le mansioni templari di Francia e mette in opera torture. Il papa, paventando la sorte di Bonifacio VIII, si tiene ben appartato.

L’8 luglio 1308 Clemente V istituisce una speciale commissione pontificia d’inchiesta, affidando ai singoli vescovi locali di inquisire i Templari del loro territorio.

L’8 agosto il papa emana la bolla Regnans in coelis dove indice il Concilio generale di Vienne, nel Delfinato, per l’ottobre 1311.

Il 12, agosto il papa spedisce da Poitiers la bolla Faciens misericordiam, dove racconta gli antefatti con le prime confessioni estorte sotto tortura e incarica espressamente quattro vescovi, Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna, il domenicano fra Giovanni arcivescovo di Pisa, Lotterio della Tosa vescovo di Firenze e Rainerio vescovo di Cremona, di procedere alle inquisizioni canoniche in Italia e di portarsi personalmente anche a Zara, città e diocesi, per convocare tutti quei Templari, interrogarli, verbalizzando le deposizioni da rimandare poi allo stesso papa in Francia. Nella bolla vanno sottolineati due incisi che affermano come della «circospezione» di questi vescovi il papa nutra «speciale fiducia» e «che le azioni che essi compiranno le eseguiranno con la sua autorità». Alla bolla era annesso un minuto questionario di 124 articoli; se i quattro non potranno muoversi tutti assieme, partano almeno in tre, o anche almeno due, o anche uno solo. La bolla vieta espressamente l’impiego di avvocati difensori.

Rinaldo da Concorezzo, nato a Milano nel 1240, aveva dimestichezza con lo Studio di Bologna, per esservi stato studente o forse anche «maestro di leggi»; papa Bonifacio VIII l’aveva nominato vescovo di Vicenza nel 1296 e impiegato anche in delicate missioni diplomatiche presso la corte di Filippo IV nel 1299; uomo di capacità, equilibrio e somma rettitudine, in questa occasione Rinaldo conobbe direttamente la personalità e i fatti del re. Gli storici ipotizzano anche che Rinaldo in questa missione abbia conosciuto i Templari di Francia. Nel 1303 Bonifacio VIII promuove Rinaldo alla prestigiosa sede di Ravenna.

Gli altri tre nomi sono di area toscana, Pisa e Firenze, ma anche Rainerio vescovo di Cremona, spesso fuori sede per incarichi pontifici, gravitava frequentemente presso Casole Val d’Elsa sua patria.

Rainerio dunque, «dottore in Decreti», era stato canonico in Volterra, assunto cappellano alla corte pontificia (la Curia) di Bonifacio VIII, da questi era stato nominato vescovo di Cremona, cassando la elezione legittima operata secondo gli antichi privilegi e consuetudini dai canonici di Cremona, che avevano già eletto vescovo il loro collega Guiscardo Persico.

Rainerio Porrina risiedette a Cremona dal 12,97 al 1 giugno 1298; nei giorni 18-21 febbraio 1298 celebrò il primo Sinodo cremonese della storia, ma poi fu quasi sempre fuori sede «a cagione forse dell’ostilità del clero»; governava la diocesi a mezzo di vicari generali di sua fiducia; rimase sempre fedele al «suo» papa Bonifacio VIII, decisamente ostile alla Francia, al Nogaret e a Filippo IV, benevolo verso i Templari, che ad Anagni erano, con i Giovanniti, le guardie del corpo del papa. Secondo le date, Rainerio potrebbe essere stato testimone dell’oltraggio di Anagni del 7 settembre 1303.

Intanto il 23 agosto 1308 fra Guglielmo (chiamato anche Lanfranco) Cigala da Genova, domenicano, inquisitore ordinario di Cremona e Piacenza, non perde tempo e convoca subito a Milano l’arcivescovo Rinaldo e i vescovi di Cremona e di Piacenza, consegna loro copia della bolla papale Faciens misericordiam e passa subito ai primi arresti e sequestri e precisamente: il 23 agosto a Cremona, il 24 agosto a Fiorenzuola d’Arda, il 29 agosto a Piacenza, onde trae in arresto tre Templari che porta in carcere a Cremona.

A Cremona il Cigala sequestra il vigneto fuori porta, acquistato dal Capra nel 1165, a Livrasco presso Cremona la casa caminata, copata... etfictalicia della chiesa di San Giovanni del Tempio, già vista sopra, ora provvista di proprio cappellano, una borsa piena di documenti e inoltre trova tre Templari, di cui due li spedisce in prigione a Bergamo, trattenedo nella mansione il terzo, fra Bernabò, troppo vecchio, con i due domestici o conversi.

Invece i vescovi della speciale commissione pontificia, Rinaldo e i vescovi di Firenze e Cremona, temporeggiano e tanto meno si sentono di por mano alle torture.



Il 3 gennaio Clemente V con nuova bolla, Ad perpetuam, dichiara i Templari «sospetti di eresia» (accusa facile e terribile) e ne ordina l’arresto presso le carceri vescovili. Nel marzo il papa fissa la sua residenza ad Avignone. Rinaldo, l’arcivescovo di Pisa e il vescovo di Cremona (la sede di Firenze è vacante) cominciano a mettersi in moto e il 15 giugno 1309 si radunano a Ravenna in Concilio provinciale, aboliscono l’uso della tortura e assolvono tutti i Templari già indagati singolarmente, riconoscendone l’innocenza. Si manda la relazione al papa.

Il 27 giugno il papa monta su tutte le furie e manda ai vescovi, tra cui quello di Cremona, (ora il vescovo di Firenze è Antonio) la bolla Dudum ad elicendum. Con aspri rimproveri ordina di ripetere l’inchiesta usando anche la tortura. Rinaldo e Rainerio non intendono piegarsi, ma dal 13 al 22 settembre i vescovi si radunano a Bologna e scrivono agli altri vescovi di mandare loro i Templari delle loro diocesi. A Bologna è presente anche Enrico de’ Casalorzi, vescovo di Reggio nell’Emilia.

Il 20 novembre i due procuratori dei vescovi riuniti a Bologna, domenicani, scorazzano in fretta nell’Italia superiore; il 20 novembre vengono a Cremona per verificare l’operato dell’inquisitore fra Cigala, nel medesimo giorno in Cattedrale a Cremona il vicario generale Marcello Benedetti «pubblica» la bolla del 3 gennaio 1309 contro i Templari; due Templari di Cremona vengono nuovamente spediti in prigione a Bergamo, fra Bernabò invece viene lasciato a custodia della mansione; sono nominati anche due domestici del convento, forse lasciati liberi; notaio degli atti è Petrezolo de Mozanica Sacrii Palatii notarius.

Fra Cigala, nel convento dei domenicani di Cremona, rende conto ai procuratori del suo operato interinale il 24 novembre a Piacenza, il 29 a Pavia, infine a Crema. Da Bergamo viene spedita relazione al papa. In Toscana invece, dalle nuove confessioni estorte con torture emergono dichiarazioni orribili; l’arcivescovo di Pisa, fra Giovanni, domenicano, è coadiuvato da quel Tancredi da Monte Rinaldi che era stato il primo vicario generale del vescovo Rainerio a Cremona.

Nel 1311 cala in Italia Enrico VII di Lussemburgo, il 6 gennaio riceve a Milano la corona di re d’Italia. Sono presenti numerosi vescovi e cavalieri; da Cremona è presente il vescovo Rainerio con i capi guelfi Guglielmo e Giacomo Cavalcabò. E' presente anche l’arcivescovo Rinaldo da Concorezzo, che assume il compito di consigliere imperiale. Il 19 aprile Enrico VII viene anche a Cremona, ma con animo ghibellino; la vicenda è terribile: Enrico vuole distruggere Cremona, Giovanni Villani (in Cronaca, I.IX.15), attribuisce a Rinaldo il merito di ammansire Enrico; Cremona è risparmiata, ma vescovo e guelfi devono mettersi in salvo.

Nel medesimo 1311 il vescovo Rainerio viene mandato dal papa tra i monti del ducato di Spoleto negli Stati della Chiesa, a sottomettere gli ultimi seguaci del famoso eretico fra Dolcino da Novara, già condannato al rogo a Parma nel 1307. Da allora Rainerio non compare più a Cremona, ritiratosi definitavamente in patria a Casole Val d’Elsa, dove muore la vigilia di Natale del 1312 dopo aver incaricato il vicario generale fra Giovanni di San Geminiano, eremitano (agostiniano), il 12 luglio 1312, nel giardino di casa, di un atto di giurisdizione vescovile in diocesi di Cremona.

Rainerio vescovo di Cremona capeggia l'opposizione al papa

Riprendendo il corso degli avvenimenti generali, troviamo che finalmente il 16 ottobre 1311 a Vienne Clemente V apre il Concilio. Molti documenti di quel Concilio sono andati perduti, tra cui le firme di presenza dei padri conciliari.’ In Concilio Rinaldo coraggiosamente capeggia la corrente dei vescovi oppositori al papa, i quali negano che sia obbligatorio obbedire sempre e in tutto alle volontà del papa, e specialmente contestano l’impiego della tortura.

Il successivo 22 marzo 1312 Clemente V in Concilio promulga la bolla Vox in excelso, con la quale sopprime la milizia del Tempio, non però con sentenza «definitiva», ma per «via amministrativa».

Quattro quinti dei padri conciliari frettolosamente approvano. Questa soluzione risparmia l’altra richiesta di Filippo IV, di una solenne condanna del papa Bonifacio VIII.

Il 2 maggio 1312, con altra bolla Ad providam Christi Vicarii, Clemente V provvede alla liquidazione dei beni dei Templari, altro provvedimento voluto dal re. Fuori di Francia i beni templari passano ai Giovanniti (cavalieri di Malta); così a Cremona. Qui i Giovanniti tengono quei beni fino alla soppressione generale operata dalla Repubblica Cisalpina nel 1797, quando tutto fu disperso. Non possiamo documentare se anche a Cremona, come altrove, i tre Templari rimasti passarono nei Ciovanniti pur dimorando nella loro mansione.

Restava ancora da processare i Templari singoli indiziati di eresia o di altri crimini. Clemente V si riserva di giudicare i quattro superiori maggiori dell’Ordine, dei quali i primi due sono Giacomo de Molay e Goffredo de Charnay. Segue la tragedia del processo di Parigi il 18 marzo 1314, con il rogo dei due Templari e la morte del papa il 14 aprile successivo e del re il 29 novembre.

Giudizio finale

I Templari, questi monaci-soldati, in genere di stirpe francese, forti di una fede travolgente, incredibili eroi in battaglia, non furono nè migliori né peggiori degli altri del loro tempo. Dopo la caduta di Acri essi non ebbero la fortuna di una guida intelligente adeguata all’ora tremenda, o almeno umile verso i ripetuti inviti dei papi; la necessità di accumulare in vista delle Crociate, ideale supremo, fu la loro tragica insidia. La cupidigia di un re, la debolezza di un papa limitato e malaticcio fecero il resto, privando in tal modo di una originale e grande esperienza la Chiesa e il mondo.

I bellissimi disegni sono di Dario Trama e sono tratti dall'esemplare sito: www.collezioni-f.it/ museoeurpa/mon/mon.html



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