Provenienza: allegato alla VHS "La settima donna"
collana THRILLER EROTICO ALL'ITALIANA edizioni NOCTURNO.
Il tuo nome, Raymond Lovelock, non sembra italiano eppure tu sei
italianissimo, vero?
Al cento per cento, sono nato a Roma, da padre inglese e madre italiana,
e ho sempre vissuto in Italia.
Dopo un film come Plagio e Banditi a Milano, sentivi di aver raggiunto
una tua dimensione d'artista, cioè, pensavi seriamente di intraprendere
la carriera di attore o eri ancora titubante?
Che ti posso dire... Erano anni frenetici, dove prendevo tutto un
po' come capitava. Anche con mia moglie: ci siamo conosciuti nel 1968
e nel '70, visto che stavamo bene insieme, ci siamo sposati senza
pensarci su. troppo. Adesso sono ventinove anni che siamo una coppia.
Ho avuto molta fortuna, ma anche quella poteva essere una scelta azzardata.
Prendevo un po' tutto così alla leggera. In questo c'entra
molto anche Tomas Milian, che per me è stato un fratello maggiore
e io facevo tutto quello che lui diceva.
A differenza di un Maurizio Merli, che ha fatto tutto quello che
era possibile fare di poliziesco in Italia, rimanendo poi inevitabilmente
legato al filone, tu hai attraversato un po' tutti i generi senza
lasciare che la tua immagine venisse inflazionata...
Sono questioni di scelte. lo, poi, ho avuto la fortuna di avere alfianco
una compagna che la pensava in una certa maniera... cioè, non
ce nè mai fregato più di tanto dei soldi. Soprattutto
all'epoca, perchè poi, maturando, cominci a dare la giusta
proporzione alle cose, ma il soldo non è mai stato il mio scopo
di vita. Quindi il mio modo di affrontare le cose era questo: "Adesso
giro un film, poi con i soldi guadagnati mi amministro e finchè
posso dire di no alle cose che non mi piacciono lo faccio". E
così è stato per molti anni. Poi non è che io
avessi una vita particolarmente dispendiosa. Alla fine, però,
quando mi ritrovavo ad avere cinquanta mila lire in banca ho dovuto
fare meno lo schizzinoso e accettare per sopravvivenza anche cose
meno belle di quelle che avevo riflutato.
Questa però mi sembra si sia rivelata la strategia vincente
per una carriera che doveva durare a lungo nel tempo...
Sono valutazioni, queste, che sinceramente non so fare. Se avessi
avuto un carattere diverso e un atteggiamento più morbido verso
certe cose forse avrei potuto fare molto di più. Me ne rendo
conto soprattutto adesso... avrei privilegiato altre cose. Pensa che
a un certo punto ho avuto anche l'occasione di trasferirmi in America
e fare cinema 1ì. Stavo girando Il Grande attacco di Umberto
Lenzi e mi chiamò la signora Sala, una venditrice estera di
film, che mi disse che c'era un avvocato americano che mi aveva visto
in alcune pellicole e mi voleva nella sua agenzia cinematografia.
Era una piccola agenzia con tre attori americani e il resto europei.
Andai a incontrare questo avvocato perchè Il Grande attacco
lo girammo a Los Angeles per due settimane. Questo qui non mi garantiva
niente, ma mi disse che potenzialmente avrei potuto riuscire a lavorare
nello star system americano; L'unica cosa, mi dovevo trasferire per
almeno un anno negli Stati Uniti. Mia moglie mi disse subito che per
lei non c'erano problemi, ma sapevo bene che avrei dovuto fare i conti
con il mio carattere. So bene come sono fatto: sono molto apprensivo,
molto attaccato alle mie radici, al quartiere, alle cose... Insomma
lasciai perdere. Mi affascinava ma allo stesso tempo mi faceva paura.
Sai cosa mi faceva paura inizialmente? Non tanto il dover abbandonare
lo star system italiano - che all'epoca non era neanche così
forte - ma di rimanere schiacciato dalla macchina americana, di non
riuscire a gestirmi nel modo giusto; mi venivano in mente una sacco
di esempi di persone che conoscevo con grandi soddisfazioni professionali,
ma molto infelici dentro.
In che senso mi hai detto: "avrei potuto fare di più".
Intendevi dal punto di vista cinematografico?
Anche, cioè... non sono uno che ha mai frequentato troppo
questo ambiente, che andava alle feste, che si arruffianava la produzione...
non ho mai voluto prendere parte a certi scandali e certi scoop che
mi venivano offerti per farmi pubblicità. Anche la mia agente,
Luciana Soli, mi sprona sempre c mi dice: "Ray, ma tu devi andare
ogni tanto alle leste, perchè si possono fare incontri importanti,
devi farlo come fosse parte del tuo lavoro". Ed ha ragione, è
vero, è tutto vero, però io le rispondevo: "Guarda
che per me può essere anche controproducente. Metti che io
vado là, poi mi blocco oppure assumo un atteggiamento neutro
o antipatico, mi taglio le gambe da solo" (ride). Era un po'
un alibi, la realtà è che non me ne fregava niente di
fare vita mondana. Volevo essere preso perchè magari un regista
aveva visto un mio lavoro e gli ero piaciuto, non perchè c'avevo
mangiato insieme.
Eppure, nonostante questo, sei uno degli attori che continua sempre
a lavorare...
Si, è vero. c'è stata un'altra frase che mi disse Pietravalle
all'inizio della carriera: "Non è tanto difficile arrivare,
quanto rimanere" e per me questa è stata sempre la regola.
Tra l'altro, è tutta una questione di come affronti la vita,
perchè è ovvio che ci sono dei momenti in cui sei in
auge e dei momenti in cui sei un po' in declino, altri in cui ti riprendi
e altri ancora dove ti affossi. l'importante è lo stato d'animo
con cui affronti il successo o l'insuccesso. Ho conosciuto colleghi
e colleghe che andavano in depressione se per la strada si voltavano
a guardarli due persone invece che dieci. E' un gioco, non bisogna
prendere queste cose troppo sul serio...
Eri uno di quegli attori che andavano a rivedere i loro film al
cinema?
Non sempre. Quando mi invitavano. Questa cosa del rivedermi mi è
venuta più con la televisione non tanto per un gusto mio personale,
ma perchè in tv c'è sempre la possibilità di
rigirare una scena se non è venuta bene. Fin dai primi lavori
televisivi, c'era sempre un monitor a fianco dove potevi controllare
che fosse tutto a posto. Se c'era qualcosa che non andava lo vedevi
in tempo reale e potevi chiedere al regista: 'Ti spiace se la rifacciamo?".
Per6 anche lì, partendo dal presupposto che uno non è
mai soddisfatto di quello che fa, potevi starci gioni nel cercare
di migliorarti.
Come erano le tue quotazioni d'attore in quegli anni?
Guarda, il successo per così dire grosso io l'ho avuto un
po' con la televisione. Nel cinema avevo i miei spazi e niente di
più. Non credo di essere mai stato una star del cinema. Forse
solo Banditi a Milano è un film che ha avuto un ampio consenso
sia di pubblico che di critica. 11 resto della filmografia...
Sei soddisfatto della tua carriera d'attore?
Ma sì... si, sicuramente Sai, io ho avuto parallelamente a
questa carriera d'attore anche questa fortuna di moglie e figlia,
che non è la consuetudine nel mondo del cinema. Ed è
stata una fortuna, una fortuna che io e Gioia abbiamo aiutato perchè
rimanesse tale. Forse anche questo mi ha aiutato... come dire? Ad
avere il giusto distacco dalle cose. Perchè io sono uno che
prende le cose molto di petto... non dico seriamente, perchè
penso di avere anche molta ironia, ma quasi. Per me è già
molto essere riuscito a concretizzare qualcosa di importante e di
sentirla molto solida. Mi ha dato il giusto equilibrio.
Back
to the home page
go
to filmography
|