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La sposa di Alì Mardan

Fiaba russa




  Il ricchissimo principe Alì Mardan era andato a caccia dalle parti del lago Dal, nel Kašmir, e poiché gli piaceva rimanere da solo, diede ordine alla scorta di non allontanarsi dalla sponda lacustre e penetrò in una foresta. Tutt'a un tratto udì il pianto di una donna, e guardatosi intorno scorse, al colmo dello stupore, una giovane assai bella rannicchiata tra i rami di un pino.
  "Che cosa fai qui, e perché piangi?" le chiese.
  La ragazza smise di singhiozzare, si levò in piedi con agilità e raggiunse il principe Alì Mardan, che stava  in mezzo a un prato erboso.
  Sono una schiava del re di Cina, e stavo passeggiando negli immensi giardini della reggia, quando mi sono smarrita" rispose la giovane con voce armoniosa. "Non riesco proprio a capire come adesso mi trovi qui. Ho fame, e sono spossata. Dubito di poter resistere a lungo in queste condizioni, e temo che da queste parti non passerà più nessuno..."
  "Non preoccuparti. Ti porterò con me, e avrai subito tutto il necessario."
  Il principe suonò il  corno d'oro, di lì a poco giunse il servitorame, al quale ordinò di condurre la giovane nel suo palazzo estivo.
  La bellezza di questo palazzo è indescrivibile, com'è indescrivibile la superba bellezza dei giardini dai fiori roridi. La ragazza fu portata in una grande sala di madreperla, e qui le fu servita in abbondanza una cenetta degna di una mensa opulenta: vivande squisite, dolci da far venire l'acquolina in bocca, e vini raffinatissimi. Finito di mangiare, una serva la condusse in una camera dove rifulgevano perle e smeraldi, e il letto era soffice come una piuma. Si addormentò di un sonno profondo, fra lucidi damaschi e trine leggere, e quando si svegliò la serva la aiutò a lavarsi e a indossare gli abiti eleganti che stavano vicino a lei sopra un morbito tappeto; infine la accompagnò nella sala di madreperla dove la stava aspettando il principe, che le disse:
  "Questi abiti mettono in risalto le linee del tuo corpo. Mi piaci e vorrei averti subito." Poi cominciò ad accarezzarla, a sciogliere la fascia che cingeva il suo petto, e premeva come senza volere le rotondità del seno sodo, le sfiorava le labbra con baci. Infine, dopo aver sciolto in silenzio la casta cintura che preservava la sua verginità, colse il frutto ancora acerbo degli amori di  Cipride.
  Ma non è finita: di lì a poco Alì Mardan sposò la sconosciuta, che divenne principessa.
  Ben presto Alì Mardan si ammalò di malinconia. Gli occhi divennero quelli di una persona allucinata, e la bocca prese una piega amara. Stava sempre zitto, scuro in faccia.
  Un vecchio eremita che passava di lì dopo essere stato in un santuario, aveva pensato di riposarsi nei giardini del palazzo, in mezzo agli alberi, ai fiori e ai ruscelli; così si rese invisibile, varcò un portone e quindi il muro di cinta e si distese sotto un roseto. Era tanto stanco che dormì ininterrottamente per tre giorni e tre notti, e al suo risveglio Alì Mardan gli stava davanti, e lo guardava attonito sconvolto dall'infelicità.
  "Già, tu sei il proprietario di questo splendido palazzo" si giustificò, levandosi in piedi. "Perdonami se sono venuto a dormire qui senza avere la tua autorizzazione."
  "Ah, non ha nessuna importanza," rispose indulgente il principe "e poi mi sembri proprio un buon vecchio."
  "Sei gentile, e vorrei in qualche modo ricambiarti il favore. Vedo che hai un brutto aspetto, di chi cova una malattia o ha un grosso problema da dipanare. Dimmi, che cos'è che ti tormenta in questo modo? In questo palazzo c'è anche una donna?"
  "Sì, mia moglie."
  "E' lei che comanda!?"
  "Si attiene a quello che dico io. E' tanto bella quanto dolce."
  " No, la principessa ti inganna. Dissimula il suo carattere autoritario con una gentilezza di maniera, e di fatto ti obbliga a comportarti secondo la sua volontà. Non ti accorgi dei lacci che ti soffocano, e intanto hai perduto la gioia e la tranquillità. Liberati di quella lì prima che ti rovini."
  "Vecchio, non intendo ascoltarti perché sono convinto che tu sia bugiardo."
  "Non so che cosa sia la menzogna, e la mia anima è trasparente come l'acqua della fontana sacra. Sappi che la donna che ami è in realtà un serpente. Vuoi averne una prova? Ordina al tuo cuoco di preparare dei pasticci dolci e dei pasticci salatissimi, di portarli a tavola per cena e far sì che quelli dolci siano vicini a te e quelli salatissimi vicino a lei..."
  "Eh?"
  "Non è uno sciocco giochino. Prova, e vedrai. Domani ci rivedremo, e sono persuaso che avrai bisogno di me. A presto, dunque."
  Rimasto solo il principe ripensò al consiglio che gli aveva dato l'anacoreta, e decise di metterlo in pratica. All'ora di cena lo schiavo che serviva a tavola presentò ai principi i piatti con i pasticci e li dispose seguendo le istruzioni ricevute in tutta segretezza da Alì Mardan. La ragazza prese i pasticci salatissimi, e subito protestò che non erano gradevoli, ma vedendo che il principe li divorava  ne consumò a sua volta in quantità, perché non voleva che il marito la considerasse schifiltosa.
  Finito di cenare andarono a letto, e Alì Mardan finse di addormentarsi subito, ma in realtà osservava il comportamento della giovane che provava, per via dei pasticci salatissimi, una terribile sete. Ma non poteva levarsi di notte senza assumere il suo vero aspetto, quello spaventoso del serpente. Cercò quindi di resistere alla sete, ma a una certa ora non ne poté più, e intanto il marito, al lume di una piccola lampada da notte, continuava a scrutarla. Lei si alzò, e subito la sua persona leggiadra si trasformò nel viscido corpo di un rettile.
  Uscì dalla stanza strisciando per terra, discese le scale di smeraldo, attraversò il corridoio e raggiunse il giardino. Andò a dissetarsi nella grande vasca, cui la luce lunare dava il fascino di una enorme pietra preziosa, e anzi si immerse nell'acqua. Alì Mardan, che l'aveva seguita a distanza, era ormai conscio della spaventosa verità, e si disse: "Ora è meglio che ritorni a letto, e finga di non aver visto niente. Domani, a mente fresca, prenderò una decisione definitiva."
  Il giorno dopo l'anacoreta andò dal principe, e gli chiese: "Ti sei convinto, allora, che avevo ragione io?".
  "Sì, purtroppo. Adesso come faccio a sbarazzarmi di quella donna che amo?"
  "Coraggio, principe, non c'è tempo da perdere. Porta tua moglie vicino al forno, e con un gesto energico gettavela dentro. Vai, dunque: trova una scusa qualsiasi. Io ti aspetterò in fondo al boschetto."
  Alì Mardan andò incontro alla moglie che danzava graziosamente tra i fiori, e le disse: "Vieni a vedere con quale attenzione il cuoco cuoce le focacce". E quando fu davanti al forno, il principe spinse la giovane tra le fiamme e con mossa fulminea chiuse lo sportello che serrava la bocca ardente. Il fuoco strepitò come se fosse scoppiato un temporale, l'etere fu tracciato da un crepitio di scintille rutilanti, i giardini fioriti, fragranti d'incenso, risuonarono.
  Il principe corse dall'anacoreta in fondo al boschetto. "E' scoppiato il finimondo".
  "Non temere, fra non molto ritornerò il silenzio, e tu ritroverai la serenità."
  I due uomini attesero in silenzio che il frastuono cessasse, poi il vecchio disse: "Vai ad aprire lo sportello".
  Alì Mardan obbedì. Ormai, della donna rettile era rimasta solo un po' di cenere, dove fiammeggiava un grosso rubino.
  L'anacoreta raccolse il rubino e lo diede al principe."Ecco che cosa è rimasto di tua moglie, una pietra magica. Prendila, e custodiscila. Ciò che toccherai con essa si trasformerà in oro, in tal modo la tua già immensa ricchezza potrà moltiplicarsi all'infinito."
  "Mi basta sentirmi di nuovo libero" rispose il principe. "Non voglio diventare ancora più ricco, anche perché so per esperienza che la ricchezza suscita  invidie, avidità e odi. Bisogna che la pietra preziosa non vada in mano a nessuno. Scatenerebbe delitti e lotte, e magari renderebbe vittoriosa la perfidia."
  In compagnia dell'anacoreta Alì Mardan solcò il mare scintillante imbiancando con i remi l'acqua azzurra senza tempeste, e quando fu al largo lasciò cadere il rubino che si conficcò nei pescosi abissi.
  "Ho liberato l'umanità" si disse sospirando di sollievo.
  "Hai compiuto un'azione lodevole" si complimentò il vecchio. "Come ricompensa avrai la serenità che rende la vita tranquilla e onesta."


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