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Aleksandr Kuprin (1870 - 1936)

Il lampo nero

Kuprin, che in queste pagine tratte dalla raccolta di racconti e bozzetti Kievskie Tipy, Tipi di Kiev, del 1895-1896, sembra riallacciarsi al Turgenev delle Memorie di un cacciatore, contribuì a sviluppare ulteriormente la corrente del realismo che aveva formato la gloria della letteratura russa. Due amici, ottimi cacciatori, partono per un lontano villaggio di nome Burtzevo, dove ci sono terreni boschivi e bellissime paludi "abitati da galli di montagna e anitre selvatiche così numerosi da poterli abbattere col bastone e colpirli col berretto". La zona è coperta di bassi cespugli in mezzo ai quali luccicano al sole le curve dei fiumiciattoli paludosi. L'aria è afosa, i moscerini penetrano negli occhi, nel naso e negli orecchi; intanto il cielo si appesantisce nubi, immobili, gonfie. Scende poi una oscurità spaventevole, e da lontano si ode il sordo mugolio del tuono. Guizza il primo lampo; un rombo che si spegne con uno scricchiolio secco. A un tratto guizza con una chiarezza straordinaria un lampo istantaneo e accecante di colore nero. Un cacciatore viene inghiottito dal fango, si levano urla e preghiere, ma quando la folgore oscura illumina di nuovo il cielo, sulla superficie della palude non si vede più nulla...
Kuprin scruta le piccole cose con occhio d'artista. Certi suoi racconti brevi, fedeli alla tradizione turgeneviana e cechoviana, sono tra le cose più deliziose della prosa realistica. Agli anni dal 1905 al 1917 appartengono le opere più significative, oltre che di Kuprin (La fossa), di Bunin (Il villaggio), di Sologub (Il demone meschino) di Belyj (Pietroburgo) e di Gorkij (L'infanzia).

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