L’antifascismo sotto il regime

Umberto Pagani, Luigi Grolli, Guido Picelli e Dante Gorreri, con le famiglie, al confino di polizia a Lipari tra il 1927 e il 1930 (Archivio Isrec Parma)Con l’avvento al potere di Mussolini, a distanza di pochi mesi dalla vicenda delle Barricate antifasciste dell’agosto 1922, l’antifascismo parmense fu nel suo complesso sottoposto a maggiori pressioni da parte delle forze di polizia. Gli aderenti agli Arditi del popolo, protagonisti della resistenza armata delle Barricate, furono subito messi sotto controllo insieme a militanti anarchici, socialisti, comunisti, sindacalisti libertari, sindacalisti rivoluzionari e repubblicani.
Negli anni successivi il controllo delle opposizioni nel Parmense crebbe notevolmente e se continuava a essere presa di mira tutta l’attività politica legata a Picelli e all’organizzazione comunista - dalle riunioni alla raccolta di firme per la sua candidatura nelle elezioni del 1924 - veniva colpita anche la semplice sottoscrizione per un giornale antifascista. Con l’instaurazione del regime, inoltre, venivano soffocate anche manifestazioni esteriori come il canto di Bandiera Rossa, l’affissione di manifesti di contenuto antifascista, l’esposizione di bandiere rosse e qualsiasi espressione potesse richiamare simboli o significati antifascisti. L’attività di controllo e repressione veniva intensificata nella provincia ed estesa anche sugli emigrati all’estero. La via dell’emigrazione, infatti, era stata presa da molti antifascisti, in particolare socialisti, che in paesi come la Francia tentarono, spesso con successo, di ricostituire esperienze politiche ed economiche, come le leghe e le cooperative, già sperimentate in patria. La vicenda più significativa di questo tipo fu quella condotta dal gruppo socialista proveniente da Fontanelle di Roccabianca nella zona dell’Alta Garonna in Francia.
L’introduzione delle leggi speciali di pubblica sicurezza nel novembre 1926 provocarono, dunque, pesanti effetti anche sulle organizzazioni democratiche parmensi e a poche settimane dall’entrata in vigore delle nuove norme furono confinati i comunisti Guido Picelli, Giuseppe Isola, Enrico Griffith, Dante Gorreri , Luigi Grolli, Alessandro Abati e il repubblicano Umberto Pagani.
Enrico Griffith al confino di polizia a Ustica nel 1927 (Archivio Isrec Parma). Negli anni seguenti l’unica struttura che riuscì a mantenere un minimo di organizzazione e di rapporti con gli organismi nazionali fu quella comunista che per questo vide i suoi uomini colpiti duramente non solo da provvedimenti di ammonizione o confino ma anche da lunghe carcerazioni comminate dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. In 18 anni (1926-1943) la Commissione provinciale di Parma per i provvedimenti di polizia inviò al confino 110 persone (alcuni dei quali condannati più volte), mentre il Tribunale speciale avviò 161 procedimenti arrivando a oltre 50 condanne che complessivamente ammontarono a più di 270 anni. Fra le persone colpite più duramente ricordiamo: Remo Polizzi, Pietro Ferrari, Umberto Ilariuzzi, Alfredo Grignaffini, Luigi Porcari, Virginio Barbieri, Elide Cella, Adriano Cavestro, Alceste Bertoli, Giuseppe Ilariuzzi, Mario Pagliari, Paride Mattioli, Giuseppe Ferrari.
Altre cifre possono rendere l’idea del livello di controllo e repressione attuato dalle forze dell’ordine: nel 1935 gli schedati negli archivi della questura parmense erano 3570, durante il ventennio 164 furono gli ammoniti (sottoposti cioè ad un regime di stretto controllo che limitava pesantemente le libertà personali) e 185 antifascisti furono iscritti in elenchi particolari di persone da arrestare, in via preventiva, in particolari momenti quali la visita di personalità fasciste nel territorio provinciale oppure in occasione di ricorrenze quali quella del primo maggio.
Allo scoppio della Guerra civile spagnola oltre 40 antifascisti parmensi decisero diFoto segnaletiche di Guido Picelli (Archivio Isrec Parma). rispondere agli appelli per la formazione delle brigate internazionali e fra questi persero la vita in combattimento i due dirigenti degli Arditi del popolo responsabili delle operazioni durante le Barricate antifasciste, Guido Picelli (comunista) e Antonio Cieri (anarchico), e Fortunato Nevicati, anch’egli ex ardito. Con le varie avventure belliche intraprese dal regime a partire dalla guerra d’Etiopia a quella di Spagna per arrivare alla partecipazione al secondo conflitto mondiale, si manifestarono in tutto il territorio provinciale varie voci di dissenso che criticavano l’operato del capo del governo. Fra queste ricordiamo quella del prete di Calestano don Cesare Bizzarri che durante un’omelia espresse il proprio dissenso alla preparazione della guerra in Etiopia e per questo fu confinato per 5 anni.