La strage di Cefalonia



FUCILATI CINQUEMILA SOLDATI italiani che presidiarono l'isola greca fino al giorno dell'armistizio (settembre 1943). Dopo la resa vennero passati per le armi dai tedeschi. Perché accadde?

L' eccidio di Cefalonia
Cosè successo?
L'Italia entra in guerra nel 1940 Mussolini opta per l'espansione della "Gloriosa Nazione Italica" nella penisola balcanica. Voleva conquistare la Grecia per assicurarsi il dominio, economico e strategico, del Mediterraneo. La spedizione in Grecia non andò come previsto l'esercito greco, era più abile e preparato nelle azioni di guerriglia di montagna, ebbe più volte la meglio fino a quando le truppe tedesche non vennero in soccorso dell'esercito italiano, costringendo così alla resa i greci comandati dal generale Papagos. Strategicamente molto importanti erano le isole di Corfù, Zante e Cefalonia dove alcune divisioni dei due eserciti furono stanziate: quella tristemente più famosa divenne la Divisione Acqui, operativa a Cefalonia, e comandata dal generale Antonio Gandin.
Nei primi 8 mesi del 1943 la convivenza tra Italiani e Tedeschi nell'isola fu buona.
l'8 settembre di quello stesso anno quando venne reso noto che il governo italiano con a capo il maresciallo Badoglio, subentrato a Mussolini, firmò l'armistizio con Britannici, Sovietici e Americani.

Sulle prime reazioni da parte della Divisione Acqui furono di grande stupore ma anche di gioia, la guerra stava per finire; gioa che però si trasmutò in angoscia quando, tra la notte dell'8 e dell'9 settembre un radiogramma del gen. Carlo Vecchiarelli (comandante generale delle truppe in territorio greco) affermava che i rapporti tra tedeschi e italiani dal quel momento cessavano di essere di alleanza e che l'ex-alleato era ora da considerarsi come nemico.

9 settembre: la situazione è drammatica, un secondo radiogramma, sempre di Vecchiarelli che sollecitava l'esercito a cedere le armi ai Tedeschi e a lasciare gli avamposti presidiati, giungeva alle truppe italiane; il gen. Gandin si trovava in una situazione ambigua: com'era possibile lasciare le armi a coloro che erano ora considerati i nemici andando così contro le decisioni del governo? Decise di aspettare e per prima cosa lasciò degli avamposti a nord dell'isola.
Il giorno seguentei tedeschi presentarono l'ultimatum alle truppe italiane, imponendo loro la consegna delle armi nella piazza centrale di Argostoli davanti all'intera popolazione,cosa che significava una totale umiliazione. La Divisione Acqui, venuta a conoscenza delle condizioni di resa, si rifiutò di accettare l'ultimatum
11 settembre: i tedeschi chiamano a rapporto il gen. Gandin per esporgli le nuove condizioni e per chiarire quale fosse l'atteggiamento degli Italiani; Gandin si trovava così a decidere tra stare con i tedeschi, stare contro i tedeschi, consegnare le armi. La sera convocò un consiglio tra i soldati e della Divisione prima di dare la risposta definitiva ai tedeschi.
14 settembre: il gen. Gandin invitò tutti i soldati della divisione ad esprimere il loro parere sulle 3 possibilità che l'esercito aveva.La risposta fu unanime e quasi plebiscitaria: "Guerra al Tedesco!" Contemporaneamente giungeva da Roma un radiogramma che invitava a prendere le armi contro i nemici. La divisione aveva ora anche il totale appoggio da parte del governo. Alle ore 12 il generale consegnò al comando tedesco la risposta definitiva: cominciò così l'inferno di Cefalonia.
15 settembre: i tedeschi, numericamente inferiori, fecero subito pervenire sull'isola nuovi battaglioni di fanteria coadiuvati dalla presenza dell'aviazione tedesca alla quale gli italiani non erano preparati. La battaglia si protrasse aspra e sanguinosa fino al 22 settembre sotto il fuoco ininterrotto degli Stukas e dei bombardamenti tedeschi che decimarono la divisione.
22 settembre: il gen. Gandin decise di convocare un nuovo Consiglio di Guerra nel quale si decise di arrendersi ai tedeschi. La tovaglia bianca, sulla quale i comandanti mangiavano tutte le sere, era stata issata sul balcone della casa che era sede del comando tattico in segno di resa. I soldati italiani che in precedenza erano stati catturati e fatti prigionieri, vennero fucilati per ordine dello stesso Hitler in persona, il quale considerava gli Italiani come traditori. I rastrellamenti e le fucilazioni andarono avanti per tutto il giorno seguente causando la morte di 4500 soldati e 155 ufficiali; il bilancio però era destinato a salire. Infatti, tra il 23 e il 28 settembre i tedeschi continuarono nella loro opera di "pulizia" uccidendo più di 5000 soldati e 129 ufficiali tra i quali anche il gen. Gandin. Compiuto l'orrendo crimine bisognava far scomparire le tracce: ad eccezione di alcune salme lasciate insepolte o gettate in cisterne, la maggior parte furono bruciate, e i resti gettati in mare.