L'uccisione di Eugenio Copelli e il movimento gappista in città

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Il pomeriggio del 9 marzo 1944, un informatore segnalò alla questura di Parma la presenza di Eugenio Copelli in un'osteria dell'Oltretorrente. Da qualche mese, infatti, Copelli era ricercato dalla polizia fascista perché sospettato di organizzare clandestinamente l'attività partigiana in città. Una squadra di otto uomini, composta da funzionari e militi della Repubblica di Salò, fece irruzione nel locale di borgo degli Asini, sorprendendolo insieme ad altri operai, tra i quali Mario Ilariuzzi, anche lui ricercato e segnalato come "sovversivo" comunista. Durante il tragitto verso la questura, dalla Santissima Annunziata al ponte Dux (come si chiamava allora), attraverso il lungo-Parma e poi giù, fiancheggiando la Pilotta, i pensieri di Copelli dovevano essere tanti: non era riuscito a disfarsi di documenti e soldi che teneva nel portafogli e che lo avrebbero inchiodato come "ribelle", come resistente alle forze nazifasciste. Tanto valeva quindi tentare. In un attimo, all'altezza di piazza Ghiaia, prima di entrare in via Cavallerizza, si liberò dalla stretta dei due agenti e prese a correre lungo la piazza del mercato popolare, poi a sinistra, in borgo Ghiaia. Un agente però lo raggiunse, lo strattonò, lo minacciò con la rivoltella. Copelli si trasse indietro, di nuovo verso la piazza, ma alle sue spalle partì improvvisamente una raffica di mitra, sparata da altri militi sopraggiunti. Morì in piazza, crivellato da sei proiettili, mentre arrivava la sera.
Questo è in sintesi il racconto dell'agente della polizia politica che comandava l'operazione di quel giorno. Si tratta di una relazione al questore conservata presso l'Archivio di stato di Parma che, con il linguaggio burocratico, fa emergere il precipitare degli eventi e la fredda esecuzione di uno dei responsabili della resistenza in città di quei mesi.
Su incarico del Partito comunista locale, infatti, Eugenio Copelli aveva iniziato a costruire una rete di contatti e uomini per organizzare anche nel capoluogo i Gruppi d'azione patriottica (Gap), squadre di combattenti pronti a colpire le forze tedesche di occupazione e i loro collaboratori repubblichini. Alcuni gruppi si erano già formati e le azioni inaspettate iniziavano a terrorizzare con successo le truppe naziste e fasciste. Molto però vi era ancora da fare, tanto che Copelli – conosciuto dai giovani dell'Oltretorrente e dei "capannoni" e, dunque, più adatto al reclutamento e all'organizzazione delle squadre armate – non era ancora salito in montagna, nelle prime formazioni partigiane, nonostante fosse ricercato dalla polizia come "pericoloso sovversivo".
Egli, infatti, aveva iniziato la sua Militanza Antifascista sotto la dittatura mussoliniana. Nel maggio 1928, a diciannove anni venne arrestato e denunciato insieme ad altri per "costituzione del disciolto partito comunista". Dopo nove mesi di carcere, nel febbraio 1929, il Tribunale speciale lo assolse per insufficienza di prove, ma la polizia continuò a tenerlo sotto sorveglianza. Cresciuto nei borghi dell'Oltretorrente, in un ambiente sociale e politico ostile al fascismo, Eugenio Copelli, insieme ad una nuova leva di militanti, si era avvicinato al Partito comunista clandestino frequentando le osterie, dove giovani operai e muratori come lui incontravano i più anziani antifascisti, conosciuti e rispettati per la loro coerenza e dove potevano ascoltare i racconti mitici delle barricate dell'agosto 1922 e del loro animatore Guido Picelli.
Dopo aver partecipato al funerale di un compagno, Alfredo Ghirarduzzi, morto di tubercolosi nel settembre 1930, venne con altri condannato al confino di polizia per cinque anni. Il Pci, infatti, era riuscito a trasformare il corteo funebre in una dimostrazione di dissenso: con una colletta fu comprata una corona di fiori rossi che, accompagnata da un nastro con la scritta "Gli amici", fu portata a turno da militanti del partito (tra i quali lo stesso Copelli). Trascorse la condanna a Ponza, fino al novembre 1932 quando, in occasione del decimo anniversario del regime, venne liberato e poté tornare a casa. Anche dopo, però, la polizia continuò a perseguitarlo e al suo ritorno fu incluso nell'elenco delle persone "da arrestare in determinate contingenze", cioè in occasioni di ricorrenze e celebrazioni nazionali o di visite Volantino dei Gap di Parma del mazo 1944 (Archivio Isrec Parma). di gerarchi. Ciò nonostante, i suoi legami con la gente del quartiere restarono saldi: Copelli era ormai un militante antifascista conosciuto ed esperto, per questo il partito – dopo i fatti del 25 luglio e dell'8 settembre 1943 – gli aveva affidato la guida dei Gap. Nei giorni successivi alla sua uccisione, le squadre partigiane diffusero volantini nei rioni popolari che, annunciando la sua morte e nuove azioni, invitavano la popolazione a resistere ai nazifascisti. La guerra partigiana era ormai iniziata anche in città.