Albert Einstein

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Fisico tedesco naturalizzato statunitense.
Questi nasce nel 1879. Trascorse gli anni giovanili a Monaco, città nella quale la famiglia, di origine ebraica, possedeva una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e già da ragazzo mostrò una notevole predisposizione per la matematica.
Quando ripetuti dissesti finanziari costrinsero la famiglia a lasciare la Germania e a trasferirsi in Italia, a Milano, decise di interrompere gli studi. Trasferitosi in Svizzera, concluse le scuole superiori ad Arrau e si iscrisse al Politecnico di Zurigo, dove si laureò nel 1900. Lavorò quindi come supplente fino al 1902, anno in cui trovò un impiego presso l'Ufficio Brevetti di Berna.

Prime pubblicazioni scientifiche

Nel 1905 Einstein conseguì il dottorato con una dissertazione teorica sulle dimensioni delle molecole; pubblicò inoltre tre studi teorici di fondamentale importanza per lo sviluppo della fisica del XX secolo. Nel primo di essi, relativo al moto browniano, fece importanti previsioni, successivamente confermate per via sperimentale, sul moto di agitazione termica delle particelle distribuite casualmente in un fluido.

Il secondo studio, sull'interpretazione dell'effetto fotoelettrico, conteneva un'ipotesi rivoluzionaria sulla natura della luce; egli affermò che in determinate circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare, ipotizzando che l'energia trasportata da ogni particella che costituiva il raggio luminoso, denominata fotone, fosse proporzionale alla frequenza della radiazione, secondo la formula E = hu, dove E rappresenta l'energia della radiazione, h è una costante universale nota come costante di Planck, e u è la frequenza.
Questa affermazione, in base alla quale l'energia contenuta in un fascio luminoso viene trasferita in unità individuali o quanti, dieci anni dopo fu confermata sperimentalmente da Robert Andrews Millikan.

La teoria della relatività ristretta

Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro.

La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma che le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, estendendo il precedente principio di relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto newtoniano di tempo assoluto.

Critiche alla teoria di Einstein

La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla comunità scientifica.
Il punto d'attrito risiedeva nelle convinzioni epistemologiche di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche e sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene affermasse che l'unica fonte di conoscenza è l'esperienza, egli era anche convinto che le teorie scientifiche fossero libera creazione dell'uomo e che le premesse sulle quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla sperimentazione. Una "buona" teoria, per Einstein, è una teoria nella quale è richiesto un numero minimo di postulati per ogni dimostrazione.

Il valore dell'attività scientifica di Einstein venne comunque riconosciuto e nel 1909 lo scienziato ricevette il primo incarico di docenza presso l'Università di Zurigo. Nel 1911 si trasferì all'università tedesca di Praga e l'anno successivo tornò al Politecnico di Zurigo. Nel 1913 assunse la direzione del Kaiser Wilhelm Institut di Berlino.

La teoria della relatività generale

A partire dal 1907, anno in cui fu pubblicata la memoria contenente la celebre equazione che afferma l'equivalenza fra massa ed energia, Einstein iniziò a lavorare a una teoria più generale, che potesse essere estesa ai sistemi non inerziali, cioè in moto accelerato l'uno rispetto all'altro.
Il primo passo fu l'enunciazione del principio di equivalenza, in base al quale il campo gravitazionale è equivalente a una accelerazione costante che si manifesti nel sistema di coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. In altre parole, un gruppo di persone che si trovino su un ascensore in moto accelerato verso l'alto non possono, per principio, distinguere se la forza che avvertono è dovuta alla gravitazione o all'accelerazione costante dell'ascensore.
La teoria della relatività generale venne pubblicata nel 1916, nell'opera intitolata I fondamenti della relatività generale. In essa le interazioni dei corpi, che prima di allora erano state descritte in termini di forze gravitazionali, vengono spiegate come l'azione e la perturbazione esercitata dai corpi sulla geometria dello spazio-tempo, uno spazio quadridimensionale che oltre alle tre dimensioni dello spazio euclideo prevede una coordinata temporale.

Einstein, alla luce della sua teoria generale, fornì la spiegazione delle variazioni del moto orbitale dei pianeti, dando conto in modo soddisfacente del moto di precessione del perielio di Mercurio, fenomeno fino ad allora non pienamente compreso, e previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in prossimità di un corpo di massa elevata quale, ad esempio, il Sole. La conferma osservativa di quest'ultimo fenomeno, realizzata in occasione dell'eclissi solare del 1919, fu un evento di enorme rilevanza.

Per il resto della sua vita Einstein si dedicò alla ricerca di un'ulteriore generalizzazione della teoria in una teoria dei campi che fornisse una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che governano i fenomeni fisici, incluse le interazioni elettromagnetiche, e le interazioni nucleari deboli e forti.

Tra il 1915 e il 1930 si stava sviluppando la teoria quantistica, che presentava come concetti fondamentali il dualismo onda-particella, postulato da Einstein fin dal 1905, nonché il principio di indeterminazione di Heisenberg, che fornisce un limite intrinseco alla precisione di un processo di misurazione.
Einstein mosse diverse e significative critiche alla nuova teoria e partecipò attivamente al lungo e tuttora aperto dibattito sulla sua completezza. Commentando l'impostazione intrinsecamente probabilistica della meccanica quantistica, egli affermò che "Dio non gioca a dadi con il mondo".

Il punto fondamentale

Però è capire quale sia "l'acqua" che permette alle onde dalla luce di viaggiare. Quest' "acqua" particolare è l'etere, un elemento che Maxwell non sa dapprincipio definire e che, col tempo, viene privato di tutte le proprietà fisiche; l'unica che gli si attribuisce è quella dell'immobilità assoluta.
Parlare dell'esistenza di qualcosa di assolutamente immobile significa contraddire apertamente i principi fondanti della meccanica classica e, con essi, un paio di secoli di radicate convinzioni scientifiche; inoltre, significa creare colossali dubbi di natura filosofica.
Infatti, la teoria della luce pone il problema della continuità e della discontinuità della materia.
Molti fisici di allora, pur non esistendo certezze a riguardo, sono infatti convinti che la materia sia fatta da atomi, che unendosi formano i corpi materiali. Gli atomi, però, possono essere - almeno in teoria - separati e contati.
Da cui si desume che la materia è fatta anche dagli spazi che li separano, e che quindi questa è discontinua. La luce, invece, è continua in quanto si propaga come un'onda e - fenomeno intuibile da chiunque - non subisce interruzioni.
Come conciliare, quindi, l'idea di qualcosa di continuo che, viaggiando su una "strada" discontinua, riesce a mantenere intatte le sue proprietà? Questo, in estrema sintesi, si chiedevano nel mondo della fisica sino a quando, nel 1905, Albert Einstein elabora la teoria dei quanti di luce e quella della relatività, con il preciso intento di risolvere la dialettica tra continuo e discontinuo. Con la teoria dei quanti di luce - pubblicata con grande coraggio dagli nel marzo di quell'anno, soprattutto se pensiamo che si trattava di un articolo scritto da un ignoto impiegato dell'Ufficio Brevetti di Berna - Einstein dimostra che la luce è fatta, come la materia, di particelle, che chiama "quanti".

Lo fa attraverso

l'adozione di un metodo statistico di studio della meccanica, basato sull'analisi dei movimenti d'insieme degli atomi, applicato ai corpi riscaldati, per comprendere anche perché l'energia sprigionata sotto forma di calore sia anche energia luminosa. Al termine dei suoi studi, Einstein afferma che la luce comprende entrambe le suddette caratteristiche: è discontinua, in quanto costituita da "quanti"; ma è anche continua, perché è altrettanto vero che si propaga sotto forma di onda, cosa confermata da numerosi esperimenti condotti nel campo dell'ottica.
Risolto il primo problema, rimane tuttavia aperta la questione della natura dell'etere.
Nel giugno del 1905, sempre gli Annalen pubblicano un ulteriore articolo, che così comincia: "L'introduzione di un etere luminifero si rivelerà superflua".
Cosa ciò voglia dire, è spiegato nelle righe che seguono, dove Einstein confuta l'idea che la luce sia l'effetto della vibrazione dell'etere. In particolare, egli sposa l'affermazione di Maxwell, secondo cui la luce si muove a una velocità che, per ogni osservatore, è sempre la stessa: 300.000 km al secondo (indicata con il coefficiente c).
Il colpo di genio di Eistein sta in un aspetto in particolare: quello di essere riuscito a costruire una teoria fisica, sulla base di Maxwell, salvando comunque il principio di relatività galileiano, e formulando un nuovo principio della relatività applicabile non più solo alla sola meccanica, ma anche al campo della luce, la cosiddetta quantistica. Nasce così la celeberrima "teoria della relatività", secondo la quale i concetti di spazio e tempo sono assolutamente relativi, e diversi per ciascuno di noi.

Cittadino del mondo

Dopo il 1919 Einstein divenne famoso a livello internazionale; ricevette riconoscimenti e premi, tra i quali il premio Nobel per la fisica, che gli fu assegnato nel 1921. Lo scienziato approfittò della fama acquisita per ribadire le sue opinioni pacifiste in campo politico e sociale.

Durante la prima guerra mondiale fu tra i pochi accademici tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento della Germania nella guerra.
Tale presa di posizione lo rese vittima di gravi attacchi da parte di gruppi di destra; persino le sue teorie scientifiche vennero messe in ridicolo, in particolare la teoria della relatività.

Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein fu costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey.
Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista egli rinunciò alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrisse assieme a molti altri fisici una famosa lettera indirizzata al presidente Roosevelt, nella quale veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica. La lettera segnò l'inizio dei piani per la costruzione dell'arma nucleare.

Al termine della seconda guerra mondiale, Einstein si impegnò attivamente nella causa per il disarmo internazionale e più volte ribadì la necessità che gli intellettuali di ogni paese dovessero essere disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le conoscenze scientifiche a scopi pacifici.