I 45 GIORNI DI GOVERNO BADOGLIO
CAOS, INETTITUDINE, INCOMPETENZA



Dopo una serie di incontri e trattative con gli alleati, il generale Castellano, per mandato del governo Badoglio firma a Cassibile l’armistizio (“Corto Armistizio”) che prevede le clausole militari della resa dell’Italia. Badoglio è convinto che gli alleati non annunceranno in tempi brevi il testo firmato, nonostante il parere contrario del maggiore Marchesi. Lo stesso generale Ambrosio parte per Torino la notte del 6 settembre, quando a Roma giunge il generale americano Taylor per concordare i piani operativi dello sbarco. Badoglio chiede a Taylor di rinviare l’operazione ma pretende di conoscere il luogo dello sbarco, anche perché gli obiettivi militari della capitale erano stati occupati dai tedeschi, nonostante le dieci divisioni italiane poste a difesa di Roma.

L’8 settembre il generale Eisenhower annulla il previsto lancio di paracadutisti a nord di Roma ma non l’operazione dello sbarco a Salerno e nel primo pomeriggio annuncia la dichiarazione dell’avvenuto armistizio. Dopo una riunione tempestosa del comando militare italiano in cui tra l’altro, si avanza l’idea di sconfessare l’armistizio, alle 19.45 il generale Badoglio si reca alla sede dell’EIAR per annunciare la fine dei combattimenti contro gli Alleati ma, prosegue il comunicato, l’esercito italiano “reagirà contro gli attacchi di qualsiasi altra provenienza”. Il mattino successivo, all’alba, il re con la famiglia, il generale Badoglio con i più stretti funzionari, abbandonano la capitale per recarsi in auto a Pescara e da qui trasferirsi, con un traghetto, a Brindisi, liberata dai paracadutisti alleati. E mentre gli alleati iniziano lo sbarco a Salerno i Tedeschi occupano il centro-nord dell’Italia attestandosi sulla linea gotica, l’esercito italiano viene lasciato senza guida in balia di se stesso. La monarchia, in primo luogo, ed il comando militare in secondo, non soltanto non intendono ripetere il gesto di Caporetto, ma tendono a presentarsi come i continuatori ed estimatori di un regime, la cui comprensione sfugge agli Alleati. Da qui, probabilmente, derivano tutte quelle ambiguità che caratterizzano il dopo 25 luglio, le cui conseguenze saranno nefaste per il paese e per la stessa monarchia. Tali ambiguità possono essere così riassunte:

1) Il giorno successivo il 25 luglio la stessa Gazzetta del Mezzogiorno così titolava: "Cambio della guardia”, per evidenziare la sostanziale continuità con il regime, ed analogamente tutto il personale a cominciare da Badoglio, duca di Addis Abeba, per poi proseguire con Ambrosio, Roatta, ecc. erano legati con il passato regime.
2) La disastrosa decisione di continuare la guerra accanto all’alleato tedesco dopo il 25 luglio, nella ipotetica valutazione di poter uscire indenne dal conflitto. 3) Il ritardo e le ambiguità con cui fu chiesto l’armistizio.
4) La mancanza assoluta di piani militari per approntare la difesa del territorio nazionale dalla prevedibile reazione tedesca.
Quando il 10 settembre il re giunge a Brindisi, inaugurando così, il Regno del Sud, enormi problemi di credibilità e di strategia politica si pongono al sovrano ed al suo capo di governo. E’ il caso di soffermarsi a quando fu affidata, al generale Castellano, nell’agosto del ’43, la missione di avviare i necessari negoziati con la diplomazia alleata per concordare un cambio di fronte dell’Italia, nel caso di un imminente sbarco alleato. A quanto dicono le memorie di Castellano e di Badoglio, nei colloqui di Madrid e di Lisbona, il generale Castellano chiedeva come l’Italia avrebbe potuto unirsi agli Alleati per cacciare i tedeschi, ma si trovò, viceversa, di fronte ad una perentoria richiesta di resa senza condizioni. Per questa soluzione risultava più intransigente la diplomazia inglese, desiderosa di umiliare l’Italia che aveva osato sfidare il Regno Unito nel giugno del ’40. Sostanzialmente d’accordo, con gli inglesi, era la diplomazia americana ed il Comando di Algeri, ovvero Eisenhower, sia pur con “distinguo” significativi. Il Comando di Algeri poteva sfruttare la nuova situazione per facilitare lo sbarco sul continente, per il quale non aveva grandi mezzi a disposizione, fermo restando che questo fronte era considerato secondario rispetto a quello del nord- Europa.
Pertanto, senza fare alcuna promessa, il governo italiano fu posto di fronte all’accettazione incondizionata di un armistizio militare, che non contemplava l’assistenza alleata nel combattere i tedeschi, ed i cui termini potevano essere modificati nella misura in cui gli italiani avessero dimostrato sul campo una reale capacità di lottare contro la Germania. Questo fu detto a Castellano nell'incontro di Lisbona del 19 agosto. Da questo momento si intersecano tutta una serie di ambiguità e di comportamenti poco decifrabili da parte del governo italiano che portò il comando di Algeri a rompere gli indugi ed annunciare l’avvenuto armistizio l’8 settembre, dopo che questo era stato firmato a Cassibile cinque giorni prima. Il cosiddetto “Lungo Armistizio” verrà firmato a Malta il 29 settembre e fissa in 44 articoli le durissime condizioni della resa italiana.
Precedentemente, Badoglio aveva chiesto agli alleati il pieno riconoscimento della qualifica di alleato nella guerra contro la Germania, dopo aver adempiuto al passaggio, considerato inevitabile e necessario, dell’accettazione dell’armistizio. Questa richiesta, come sappiamo, non verrà accolta dagli Alleati e l’Italia, su proposta di Eisenhower, venne considerata, con una formula di compromesso, come paese “cobelligerante”. Da questo momento tutti gli sforzi della diplomazia italiana furono quelli di negoziare stancamente la co-belligeranza, attribuendo ai nuovi alleati gran parte delle calamità che da questo momento si rovesciarono sull’Italia. In realtà l’apporto militare italiano è da considerarsi pressoché nullo ma in data 10 ottobre, quindi tre giorni prima della dichiarazione di guerra alla Germania, il capo di stato maggiore gen. Ambrosio comunica che “i vantaggi degli Alleati per la nostra dichiarazione di armistizio sono stati di per se stessi enormi” ed esclude la rottura delle relazioni con il Giappone, senza alleanza politica, in quanto ciò “cagionerebbe l’invio della nostra flotta a combattere nel Pacifico, ed è questo che loro vogliono, e che noi non dobbiamo permettere mai, senza alleanza politica”. (1) In verità la dichiarazione di guerra alla Germania e la rottura delle relazioni con il Giappone era stata raccomandata dal gen. Castellano nella missiva di Algeri del 2 ottobre. Il 13 ottobre l’Italia dichiara guerra alla Germania e già il 14 Badoglio evidenzia, nella missiva ad Eisenhower, gli effetti positivi, “senza alcuna esaltazione”, in campo militare e politico prodotti dal governo da lui presieduto. Ma già nel novembre Badoglio lamenta a Roosevelt ed a Churchill che fu “costretto a Malta, a firmare le clausole aggiuntive che alteravano e aggravavano le condizioni dell’armistizio firmato il 3 settembre”, tra l’altro “contenente la parola resa non esistente nelle clausole primitive….e si condiziona …una ulteriore clausola navale che ….aggrava sensibilmente la posizione dell’Italia”, nonostante, continua Badoglio, le assicurazioni dei governi alleati nel modificare il testo della resa nei “terms which you desidered”.
Anche sul problema relativo alla firma dell’armistizio di Malta le vicende sono poco chiare, tant’è che Badoglio l’11 settembre scriveva ad Eisenhower che aveva emanato l’ordine di agire contro le truppe tedesche, anzi proponeva di incontrare il generale statunitense al fine di “coordinare le rispettive azioni”. Badoglio si incontrò con l’inglese Macmillan e l’americano Murphy ed a loro espose la richiesta, dopo aver adempiuto alla firma dell’armistizio, che l’Italia fosse riconosciuta paese alleato nella lotta contro la Germania, così come inizialmente, a Lisbona, aveva inutilmente richiesto il generale Castellano. Del resto, come mettere in condizione le residue truppe italiane di combattere il nemico, se non fosse stata riconosciuta loro la qualifica di alleate? E sollecitare la firma da parte italiana dello strumento definitivo di resa (l’armistizio lungo”), così come volevano gli inglesi, non era da considerarsi incompatibile con la collaborazione che gli stessi comandi desideravano ottenere e che Badoglio poteva offrire ? Tant’ è che il presidente Eisenhower mandò le seguenti istruzioni per il comando di Algeri
: Trattenete le condizioni dell’armistizio lungo in attesa di ulteriori istruzioni.
Sulla base delle necessità militari, siete autorizzato a proporre di tanto in tanto l’alleggerimento delle condizioni dell’armistizio militare allo scopo di mettere in grado, entro i limiti delle loro capacità, di fare la guerra contro la Germania.
A condizione che dichiari guerra alla Germania, al presente governo italiano sarà permesso di continuare ad essere il governo dell’Italia e, come tale, sarà trattato come un cobelligerante nella guerra contro la Germania…
" Roosevelt considerava che la proposta italiana poteva avere un suo valore, anche in considerazione del fatto che Mussolini, liberato dai tedeschi, aveva costituito nel nord-Italia una nuova formazione politico-amministrativa alternativa al Governo del Sud. Inoltre, ciò significava che, se l’Italia non poteva essere considerata come alleata, tuttavia la formula vaga della cobelligeranza poteva significare che si tornava alla proposta della missione Castellano di rovesciamento delle alleanze e comportava la conseguenza di non dover imporre lo strumento della resa incondizionata. Ma se questo era il punto di vista americano, ben diverso era quello inglese per il quale non era possibile rinunciare alla firma dello strumento di resa e di mantenere nella sua durezza l’armistizio militare. Macmillan, il 21 settembre del ’43, diceva che “sarebbe per noi molto più facile se lo strumento di resa, anche se in qualche parte superato, potesse essere firmato ora…Non vogliamo metterci nella condizione di dover mercanteggiare con il governo italiano per qualsiasi richiesta. Più a lungo lasciamo da parte tale strumento, più difficile diventa averlo firmato”.
Le due posizioni erano, evidentemente, in palese contraddizione e sembrava che fosse prevalsa la posizione americana di tenere ferme le istruzioni di Roosevelt al Comando di Algeri e di allegare come commento le note di Macmillan. Ma il 24 settembre Macmillan comunicava che era possibile ottenere, in brevissimo tempo, la firma di Badoglio della “resa incondizionata” e ciò avrebbe significato eliminare tutta una serie di noie che più tardi si sarebbero ripresentate. Roosevelt cambiò opinione e decise di assecondare le richieste britanniche. Perché Roosevelt cambiò il suo punto di vista? Diverse possono essere le ipotesi e, comunque, attengono a valutazioni sulle quali non è possibile, in questo breve resoconto, addentrarsi. Il 27 settembre Macmillan e Murphy giungono a Brindisi e consegnano a Badoglio il testo della “resa incondizionata” che doveva essere firmato a Malta il successivo 29 settembre. E Badoglio ricorda questo fatto nella minuta del 17 novembre “Il 29 settembre, quando noi avevamo già compiuto lealmente tutte le clausole dell’armistizio, e quando si era in fase di collaborazione con piena approvazione dell’opera nostra da parte della missione anglo-americana, a Malta fui costretto a firmare un documento che conteneva le clausole aggiuntive dell’armistizio, e che portava per titolo «resa incondizionata dell’Italia» che alterava ed aggravava le condizioni di armistizio firmate il 3 settembre…..Ora a più di un mese di distanza mi vengono presentate clausole navali che aggravano sensibilmente la posizione dell’Italia……Dunque non mancò in noi né buona volontà né energia. Perché allora i governi alleati, che pure nel proclama vostro a me diretto ci chiamavano amici, stanno ogni volta ad aggravare le condizioni già discusse ed accettate da ambo le parti ? Ciò porterebbe a dichiarare che il fare bene vuol dire conseguire il peggio…..E chiedo che vogliate rivedere quelle clausole che io fui costretto a firmare”.
Dunque Badoglio riconferma che la firma della resa incondizionata gli fu, sostanzialmente, “imposta” dalla missione militare, e da qui ne conseguiva come la formula della «cobelligeranza» non avesse più un significato politico, ma diventava solo uno strumento di mera propaganda politica da parte alleata. E ciò trova conferma nel promemoria di Badoglio al generale Donovan del 26 gennaio 1944 in cui ribadisce che il “Presidente Roosevelt ha promesso che il progressivo mitigarsi delle condizioni imposte all’Italia dipenderà dalla misura dell’effettiva partecipazione della stessa Italia alla guerra contro i tedeschi. Questa progressiva partecipazione, tuttavia, è stata finora ostacolata dalle autorità militari alleate, che hanno sottratto all’esercito italiano parte dei materiali ed equipaggiamento che ancora rimanevano. E’ ovvio che in questo caso non sarebbe mai possibile realizzare a pieno le condizioni fondamentali poste da Roosevelt……non per mancanza di buona volontà da parte italiana, ma a causa delle difficoltà e degli ostacoli posti dalle autorità militari alleate. Questo è un circolo vizioso che solo Roosevelt, con la sua generosa comprensione può spezzare”.
E Badoglio lamenta, nella stessa missiva, che, dopo cinque mesi, le clausole dell’armistizio, invece di alleggerirsi, si vanno facendo sempre più dure, in relazione alle sempre più frequenti requisizioni di proprietà e di edifici pubblici e privati da parte alleata, alla mancanza di comunicazioni del governo reale con i paesi stranieri e con le proprie ambasciate all’estero, ed alla impossibilità di comunicare con gli italiani sia in patria che all’estero; egli è “ansioso di uscire da questo isolamento” e “sente di aver diritto alla fiducia con un minimo di libera iniziativa nella ripresa delle normali relazioni con tutti i paesi che combattono la Germania”.

Ma gli alleati non romperanno quel circolo vizioso lamentato da Badoglio e, nella lettera inviata da Badoglio a Roosevelt e Churchill del 25 febbraio da Salerno dopo aver ricordato che “nel convegno di Malta il generale Eisenhower mi rilasciò una lettera nella quale era detto che diverse delle clausole di armistizio erano già sorpassate dagli avvenimenti e che l’addolcimento delle altre clausole sarebbe dipeso dal contegno tenuto dagli italiani nella lotta contro il tedesco”, confermava che “nessun provvedimento sinora è stato preso in favore del cobelligerante. Si crea una Commissione Consultiva per gli affari d’Italia e si esclude la presenza in essa di un italiano…..Viene dal Comando Supremo Alleato in Mediterraneo inoltrata una proposta riguardante i prigionieri italiani. Il Governo ha con immenso dolore esaminato quella nota che non ha potuto essere accettata.” E, amaramente, conclude: ”Io ho fatto di tutto per galvanizzare l’intero paese, ma continuamente mi sento ripetere: che cosa avete finora ottenuto dagli Alleati ? “ Cosa chiede, in sostanza Badoglio, agli alleati per guadagnarsi sul campo il titolo di cobelligerante ?

“Sul mare l’Italia potrebbe subito mettere a vostra disposizione, oltre le navi che attualmente fanno servizio di guerra sotto la Vostra direzione, anche le grandi navi, che dopo un breve periodo di riordinamento e di esercitazione, potrebbero essere utilizzate sia in Mediterraneo ed Atlantico, sia nel Pacifico;
per terra, si potrebbero utilizzare tutti i nostri prigionieri di guerra che continuamente mi fanno pervenire l’espressione del loro vivissimo desiderio di combattere, e formarli in grandi unità convenientemente armate ed equipaggiate, per impiegarle in qualunque teatro di guerra Voi riterrete opportuno;
in cielo, fornendo gli apparecchi di volo ai numerosi piloti che ora non trovano impiego per mancanza di velivoli. ….Ma bisogna che cessi questa situazione ibrida di cobelligerante al quale una volta si concede un elogio come ha fatto il Signor Churchill, e poco dopo gli si dà una bastonata, come ha fatto il Signor Roosevelt
E l’amarezza di Badoglio è tale che, dopo aver rammentato ancora una volta che “La dichiarazione di cobelligerante non ha alcun significato, giacchè pur combattendo al fianco vostro contro un comune nemico, siamo sempre considerati non in pace con voi”, pone un interrogativo: “Io vi ho posto chiaramente il quesito: è nel mio governo che voi non avete fiducia ? Desiderate un altro governo ? Se la risposta è affermativa, io immediatamente mi dimetto”.
In effetti gli alleati, conseguentemente all’approvazione nella conferenza di Mosca (30 ottobre), della mozione secondo cui al popolo italiano dovrà essere data la possibilità di organizzare la nazione secondo i principi democratici ed includere nel governo i rappresentanti di opposizione al fascismo, non riconoscono al governo Badoglio quella funzione di rappresentanza “nazionale” che lo status di alleato richiederebbe :”fino a quando il governo d’Italia non potrà includere gli articolati gruppi politici dell’antifascismo, gli elementi liberali dentro la sua composizione, non sarà possibile per alcuni Capi di Governo organizzare la conduzione della guerra su tale larga scala nazionale come lo status di alleato potrebbe richiedere. C’è, lo capisco, un piano per la ricostruzione del governo italiano su una larga base politica appena, la presente critica situazione militare lo permetterà e non più tardi della liberazione di Roma”.
Ed il 3 aprile Badoglio assicura Roosevelt che “l’Italia è alla vigilia di una avvenimento siffatto. Spero, cioè, tra brevissimo, di presentare al Paese, dopo le molte vicende recenti, un Governo veramente nazionale, che includa nella sua compagine i rappresentanti di tutti i grandi partiti organizzati e finalmente ed unicamente orientati verso la guerra contro i tedeschi” e delinea un prossimo assetto geo-politico in cui gli “Stati Uniti assumerebbero in Italia e nel Mediterraneo un ruolo dirigente nei confronti di tutte le altre Potenze; si assicurerebbero una decisa e decisiva influenza sull’Italia e sulle cose italiane; neutralizzarebbero una qualunque azione ed influenza dall’Est; scongelerebbero la rigida e intransigente politica britannica, trascinandola verso mete e compiti più costruttivi”.
Il 24 aprile, con soddisfazione, Badoglio comunica a Roosevelt che quella speranza di formare un governo realmente nazionale “oggi si è materializzata,… che il nuovo Governo che rappresenta la più ampia possibile concentrazione di forze democratiche …è intento a galvanizzare il Paese nella sua lotta contro la Germania….Uomini come Benedetto Croce ed il conte Sforza,….senza riserve condividono oggi con me questo grande compito nazionale” e ribadisce “l’anello di ferro” entro cui è stato legato il paese tenuto prigioniero da “un armistizio umiliante e demoralizzante; un controllo minuto e quotidiano, che non lascia spazio alcuno a respiro ed iniziativa; un’atmosfera di diffidenza e di sospetto che soffoca e rende vana ogni possibilità di durevole ripresa; la partecipazione militare italiana misurata e sostenuta entro limiti i più ristretti possibile, etc “. (11) Ma nonostante tutti gli sforzi di Badoglio per esaudire tutte le richieste degli Alleati, ancora una volta il segretario agli esteri Prunas deve chiedere al rappresentante inglese nel C.C. per l’Italia Charles “Come è possibile per l’Italia guadagnarsi il passaggio,….., se la sua cooperazione militare è assolutamente limitata e ridotta all’osso, se da otto mesi essa è costretta nelle maglie dell’armistizio, se ogni cosa che fa o dice provoca solo reazioni negative ? (Leggi i nuovi rapporti diplomatici instauratisi con l’U.R.S.S., visti con sospetto e con grave disappunto dagli inglesi n.d.r.) Come è possibile applicare la Dichiarazione di Quebec se le si preclude ogni possibilità di partecipare concretamente allo sforzo comune ? Come è possibile conciliare le solenni assicurazioni che gli Alleati sono sbarcati in Italia come liberatori, che essi stanno combattendo contro Mussolini ed il Fascismo e non contro il popolo italiano se, una volta sconfitti Mussolini ed il Fascismo, le cose vanno esattamente come otto mesi fa, malgrado la buona volontà , la lealtà e la buona fede della collaborazione italiana?

Dopo otto mesi, quindi, la situazione è analoga, per quanto attiene allo status politico dell’Italia, a quella del settembre del ’43, nonostante il governo Badoglio avesse adempiuto a tutte le condizioni dettate dagli Alleati, tra cui l’ultima, in ordine temporale, di riorganizzare il governo su basi democratiche, senza che questo significasse una rivalutazione dell’Italia che la riscattasse dal duro ed umiliante armistizio.

Ma ormai una nuova situazione sta per nascere. Roma nei primi giorni di giugno è liberata dagli Alleati e Vittorio Emanuele III si ritira dalla vita pubblica; il figlio Umberto viene nominato luogotenente del Regno. Il secondo governo Badoglio è alla fine. Il 18 giugno nascerà il primo governo del CLN presieduto da Ivanoe Bonomi che getterà le fondamenta per la nascita della nuova Italia democratica e repubblicana.
In conclusione, alla luce dei documenti esaminati, non si può dire che lo status di cobelligerante abbia determinato per l’Italia una significativa modificazione dei rapporti fra l’Italia e gli Alleati, poiché su di esso grava la pesante “resa incondizionata” imposta al paese e che, se da un lato attesta che la politica del cambio di fronte si era frantumata sulla logica degli interessi politici e militari alleati, dall’altra evidenzia la mancanza di credibilità di una classe politica incapace di pensare secondo quanto era nell’interesse del paese.

Tratto da www.funzioniobiettivo.it