Memoria - Il monumento al Partigiano di Parma

Scultura del Partigiano armato di Marino Mazzacurati. Solitamente, quando si pensa alla resistenza parmense la prima immagine che riaffiora è quella del monumento al Partigiano di piazza della Pace, alle imponenti figure del combattente con il mantello al vento e il mitragliatore sten a tracolla e, alle sue spalle, del compagno fucilato dai nazifascisti con i piedi scalzi, la camicia aperta sul petto e le mani legate dietro la schiena. Il monumento, opera dello scultore Marino Mazzacurati e dell’architetto Guglielmo Lusignoli, fu inaugurato nel 1956 e da allora ha segnato l’immaginario della comunità locale. Infatti, sia per la generazione testimone della lotta di liberazione sia per quelle successive, formatesi nell’Italia repubblicana, la figura del monumento diventò la rappresentazione più immediata della lotta antinazista. Ad un simile esito concorsero le associazioni partigiane e il ceto dirigente locale, non solo attraverso un massiccio e ricorrente impiego della sua icona nei manifesti celebrativi e politici, nelle copertine di volumi e periodici, nelle carte intestate e nelle cartoline postali, ma anche con il suo solenne coinvolgimento nelle ritualità dei cortei commemorativi del 25 aprile e delle altre manifestazioni pubbliche.
La proposta per la costruzione a Parma di un monumento dedicato alla lotta contro ilCartolina del monumento al Partigiano di Parma (1956).nazifascismo fu avanzata dalle associazioni partigiane nell’aprile 1951. A fianco di un comitato esecutivo, presieduto da Piero Campanini (ultimo presidente del Cln provinciale), fu costituito un comitato d’onore al quale aderirono le massime autorità della Repubblica democratica: Luigi Einaudi (capo dello stato), Enrico De Nicola (presidente del Senato), Giovanni Gronchi (presidente della Camera dei deputati), Alcide De Gasperi (presidente del Consiglio dei ministri), oltre naturalmente alle più importanti cariche locali. Tra gli animatori del progetto, infatti, vi erano il sindaco della città Giacomo Ferrari (dirigente antifascista e – con il nome leggendario di “Arta” – comandate unico delle formazioni partigiane parmensi) e il presidente dell’Amministrazione provinciale Primo Savani (anch’egli militante antifascista e dirigente della lotta di liberazione).
Nelle intenzioni dei promotori, però, la costruzione del monumento non doveva essere un atto calato dall’alto, ma un percorso che doveva coinvolgere attivamente la società civile: ogni comune della provincia, infatti, fu impegnato a versare un contributo finanziario e una sottoscrizione popolare fu promossa tra gli ex partigiani e i loro familiari. La costruzione del monumento alla resistenza parmense si venne così delineando come un percorso di memoria collettiva che teneva insieme aspirazioni diverse: quella del movimento partigiano che rivendicava il proprio ruolo da protagonista nella sconfitta politica e militare del nazifascismo; quella della classe dirigente democratica che intendeva legittimare l’affermarsi delle nuove istituzioni repubblicane; e, infine, quelle di una cultura popolare antifascista diffusa che in quest’opera poteva emergere in forma ufficiale.
Fin dall’inizio, il luogo per la costruzione del monumento fu individuato nell’area di piazza Marconi Scultura del Partigiano fucilato di Marino Mazzacurati. (oggi piazza della Pace), dove il 13 maggio 1944 un bombardamento alleato aveva colpito irrimediabilmente il palazzo della Prefettura e il teatro Paganini (e gravemente lesionato il complesso monumentale della Pilotta). Siccome la riedificazione dell’area prevedeva la ricostruzione del palazzo prefettizio, il comitato propose di erigere il monumento nei giardini davanti all’ex palazzo, in sostituzione di una statua di re Vittorio Emanuele II, fatta esplodere con una carica di tritolo nella notte del 5 luglio 1946 (un mese dopo il referendum che sancì la vittoria repubblicana). L’opera avrebbe trovato sede in una delle piazze più importanti della città, al posto di una statua ad un monarca e, soprattutto, di fronte al futuro palazzo del governo centrale e a quello dell’Amministrazione provinciale. Le successive complicate vicende urbanistiche dell’area, con l’abbandono del progetto di riedificazione della Prefettura, isolarono – ma per certi versi valorizzarono – la composizione statuaria nel suo aspetto attuale.
Nel luglio 1954, con un concorso pubblico al quale parteciparono una cinquantina di artisti, una giuria composta da intellettuali, artisti e amministratori scelse all’unanimità il progetto di Mazzacurati e Lusignoli. Esso, con le due figure rappresentative del partigiano in armi su una roccia di sarnico e di quello fucilato ai piedi di un muro, raffigurava efficacemente, sul piano espressivo, le idealità nobili ed eroiche della resistenza e, sul piano storico, le diverse esperienze del movimento di liberazione in montagna e in città. Nel 1966, Il palco d’onore durante l’inaugurazione del monumento al Partigiano. Parma, 30 giugno 1956 (Archivio Isrec).peraltro, l’opera vinse il premio nazionale di scultura dell’Accademia di San Luca. I ritardi della realizzazione del monumento e i numerosi rinvii dovuti agli impegni di Giovanni Gronchi, ora presidente della Repubblica, finirono per fissare il giorno dell’inaugurazione al 30 giugno 1956. Davanti a decine di migliaia di persone, alle massime autorità dello stato e delle istituzioni provinciali, ai reparti delle forze armate schierati, ai gonfaloni dei comuni decorati e delle brigate partigiane si celebrava la resistenza quale momento storico fondante della nuova Italia democratica. Il monumento al Partigiano diventò da quel momento uno dei luoghi identitari della città, dove i valori della lotta democratica trovavano una sorta di sacralizzazione politica e ideale.

(wg)