LO SBARCO IN NORMANDIA

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Mentre sul fronte orientale si accentuava la pressione sovietica, per accelerare la fine del secondo conflitto mondiale, gli anglo-americani decisero l'apertura di un secondo fronte, con un ritorno in forze sul continente europeo. L'operazione di sbarco (denominata Overlord) sarebbe avvenuta il 6 Giugno 1944 tra la penisola del Cotentin e la foce dell'Orne in Normandia, dove i tedeschi avevano solo 10 divisioni.

Ma perché ci siamo messi in testa di farlo?". Proprio queste parole Winston Churchill si lasciò sfuggire nel febbraio del 1944 in un momento di totale sfiducia nell'operazione Overlord e lo stesso Alan Brooke, capo di stato maggiore imperiale, scriveva il 5 Giugno del '44, il giorno prima del difficile ma vittorioso sbarco: "Nel migliore dei casi, riuscirà parecchio inferiore alle aspettative della maggior parte della gente, in particolare di coloro che ignorano del tutto le difficoltà dell'impresa. Nel peggiore, potrebbe rivelarsi come il disastro più sinistro di tutta la guerra".
Il pessimismo che aleggiava nelle file degli alleati sembra appartenere ad un'altra epoca se lo compariamo con l'eccessivo entusiasmo e ottimismo di Montgomery appena tre mesi dopo, esattamente il 5 settembre. "I tedeschi sono ormai sull'orlo del crollo definitivo" tuonava sicuro il maresciallo; "La resistenza tedesca difficilmente potrà continuare oltre il 1° Dicembre del 1944 e…potrebbe terminare anche prima" affermava il comitato congiunto per le informazioni alleate a Londra. Perfino il flemmatico direttore delle operazioni militari al ministero della Guerra britannico annotava il 6 Settembre: "….potremmo essere a Berlino il 29 di questo mese". Questi signori non sapevano però che di lì a pochi giorni si sarebbero imbattuti nella cocente delusione del piano Market-Garden, che nel Gennaio del '45 a Bastone soltanto grazie all'eroismo dei soldati combattenti si evitò una clamorosa disfatta e che la guerra in Europa sarebbe quindi terminata soltanto nel maggio del '45.
Ciò che lega strettamente questi eventi sono gli uomini che parteciparono attivamente e riuscirono a sopravvivere alle operazioni belliche. Con i loro occhi hanno potuto vedere, con il cuore provare ciò che oggi possiamo raccontare. Le loro piccole storie ne compongono una ancora più grande, fatta di attacchi, conquiste, ritirate, errori strategici: fatti che delinearono gli eventi più rilevanti. Sono proprio gli errori clamorosi commessi da entrambe le parti che rendono più umana una guerra caratterizzata da disumane atrocità .
Rimane ad esempio un evento straordinario che la Germania non diede segno di aver valutato quanto gli sarebbe venuto a costare la mancanza della Luftwaffe, che non condusse la benché minima ricognizione aerea della costa orientale inglese dove era tutto un brulicare di soldati nei campi militari. In più la maggior parte dei generali tedeschi erano convinti che lo sbarco sarebbe avvenuto a Calais, come gli alleati volevano far credere attraverso ripetuti bombardamenti. L'unico veramente convinto che lo sbarco sarebbe avvenuto in Normandia era il feldmaresciallo Erving Rommel il quale, una mattina di Maggio visitando un reggimento di artiglieria a Ouistreham disse: "Se si decidono a venire sarà proprio qui". Non venne preso troppo sul serio.
Ma cosa pensavano veramente i soldati tedeschi e chi erano quegli uomini che sarebbero dovuti sbarcare a Omaha, Utah, Sword, Gold e Juno, (denominazioni in codice delle 5 spiagge normanne obiettivo dell'operazione), o paracadutarsi nell'entroterra francese?
Gli uomini dell'esercito tedesco sul litorale francese nel Giugno del 1944 si reggevano su un misto di fatalismo e di fede cieca. Soprattutto, forse, in maggiore parte si lasciavano cullare da un senso di irrealtà , nella confortante illusione che non fosse possibile che proprio quella distesa di dune spazzate dal vento, quegli accantonamenti e quelle postazioni divenuti per loro così familiari, fossero scelti, invece di altri, dagli alleati per consegnarli alla storia come uno dei più famosi campi di battaglia. "Non ritenevamo che ci convenisse riflettere troppo sulle sensazioni che provavamo" ha detto con asciutto realismo un ufficiale dello stato maggiore della 21ma Panzer. "Sapevamo anche troppo bene che né i nostri uomini né i nostri carri armati potevano farcela. " Non ci aspettavamo più una vittoria totale," ha detto il sergente Helmut Gunther della 17ma Panzergrenadier SS "ma eravamo tuttora vincolati da un senso di assoluta lealtà. In Russia avevamo combattuto uomo contro uomo. In Normandia sapevamo di dover combattere uomo contro macchina." Assunto da poco in banca prima dell'inizio delle ostilità, Gunther si era arruolato volontario nel Settembre del 1939 all'età di vent'anni, dopo esser stato evacuato per congelamento davanti a Mosca, ora addestrava il grosso dei complementi diciottenni aggregati all'unità, per la maggior parte reclute. Molti uomini poi erano stati diretti sul fronte orientale per frenare l'avanzata russa e nonostante "l'assoluta certezza della vittoria" dei reparti delle SS , il morale della Wermacht non era alto. Proprio il 5 Giugno quasi tutti gli ufficiali superiori della 7ma armata erano a Rennes, intenti ad una tornata di giochi di guerra. Nel momento fatale i soldati tedeschi si trovavano senza guida.
Dall'altra parte della Manica c'era soprattutto una gran massa di uomini: 20 divisioni americane, 14 britanniche, 3 canadesi, una francese, una polacca e centinaia di uomini appartenenti ad unità speciali. Parecchi di loro erano rosi dalla nostalgia, altri erano eccitati all'idea di ciò che li aspettava, pochi invece erano disposti ad escogitare qualsiasi mezzo per sfuggire alla terribile avventura che li attendeva. La maggior parte erano ansiosi di porre termine ai lunghi mesi d'addestramento, per cominciare infine quell'azione sulla quale così a lungo avevano concentrato tutti i loro pensieri. Durante un'esercitazione a cui avevano preso parte, si scatenò tra i britannici un tale scoppio di risentimento contro i franco-canadesi che fungevano da nemici da provocare reale spargimento di sangue con morti da entrambe le parti. Alcuni erano esaltati all'idea dover prendere parte all'invasione, altri erano rassegnati come il tenente Heal, di ventotto anni, che ha affermato: "Non sono mai riuscito a sentirmi un soldato". Heal desiderava solo "vedere la fine di tutta la faccenda e potersene finalmente tornare a casa". Mentre parecchie formazioni britanniche, che sarebbero sbarcate in Normandia, erano già state duramente provate dall' esperienze di guerra, alcune di quelle americane erano impreparate in modo allarmante e condotte da ufficiali inadeguati al compito che le aspettava. Se da una parte l'esercito britannico era fondato su una tradizione militare lungamente avvezza alla guerra, dall'altra parte l'esercito statunitense non riuscì mai a nascondere ciò che era in realtà : un aggregato di civili in uniforme. Agricoltori, boscaioli, minatori, pescatori; erano tutti gente comune, la maggior parte senza né moglie né figli ,ma con un sogno: quello di appartenere ad un gruppo nel quale identificarsi.
Il D-Day iniziò con i lanci delle divisioni aviotrasportate. La 6a britannica si impadronì dei ponti sul Canale di Caen e aveva attraversato il fiume Orne, la 101ma americana e la 82ma successivamente nell'entroterra di Utah. I lanci furono funestati da incidenti a causa della scarsa competenza di parecchi piloti di aerei che, anche per la malaugurata combinazione di una navigazione in condizioni di turbolenza e di una irrazionale reazione al fuoco della contraerea tedesca , fecero lanciare i paracadutisti con incuria quasi criminale. La 82ma e la 101ma subirono perdite pesanti tra gli acquitrini e le zone inondate del Cotentin, dove centinaia di uomini morirono annegati prima di potersi liberare dalle imbracature o falciati direttamente dai tedeschi nel cielo di Sainte-Mère-Eglise.
Il ritardo con cui i tedeschi risposero alle avvisaglie dell'invasione alleata è entrato nelle tematiche leggendarie della guerra. Un ufficiale dello stato maggiore aveva telefonato al quartier generale di Von Runstedt per sapere se anche la 7ma armata doveva essere allertata. Fu deciso che non era necessario. La confusione fu accresciuta dal lancio di migliaia di fantocci vestiti da paracadutisti per volgere l'attenzione nell'entroterra Alle 6 il generale Blumentritt comunicò al quartier generale del Fuhrer che sembrava fosse in corso un'invasione in forze e richiedeva di poter disporre della riserva corazzata costituita dal I corpo Panzer SS di stanza a Parigi. Ma Hitler dormiva e non doveva essere svegliato; l'autorizzazione fu negata. Fu infine concessa solo 10 ore dopo! Questo grave errore fu determinante e a questo si aggiunse il fatto che i tedeschi per tutto Giugno pensarono che l'attacco vero e proprio sarebbe avvenuto a Calais!
Gli sbarchi sulle spiagge destinate ai britannici (Sword, Juno e Gold) e a Utah furono un successo nonostante le molte perdite; la situazione era molto più grave a Omaha dove i soldati americani avevano incontrato un duro fuoco di sbarramento e furono inchiodati sulla spiaggia per parecchie ore dovendo sbarcare con un equipaggiamento di 30 chili ! In pochi minuti dovevano spingersi avanti barcollando tra il grandinare di bombe di mortaio e il fuoco delle mitragliatrici delle difese tedesche che li falciavano, uccidendone e ferendone molti prima che mettessero piede a terra. Omaha si trasformò presto in un mattatoio, dove migliaia di ragazzi che invocavano aiuto, pregavano e chiamavano la madre. Secondo il capitano Robert Miller la spiaggia "… sembrava uscita dall'inferno di Dante". Soltanto grazie al coraggio di alcuni uomini la situazione di stallo fu superata e la battaglia si poté spostare all'interno.
Molti soldati tedeschi sopraffatti si arrendevano e con gran stupore gli alleati si accorsero che molti provenivano da ogni angolo dell'impero sovietico - mongoli, cosacchi, georgiani, musulmani e persino cinesi e coreani, tutti catturati dai tedeschi nel 1942 o nel 1943 - ma molti altri si battevano bene e per tutto il mese di Giugno gli Alleati dovettero misurare il terreno conquistato in metri. Non era solo la grande tenacia dei difensori che non permetteva uno sfondamento; una delle caratteristiche del suolo normanno affidato agli americani erano i filari. Erano terrapieni concepiti per contenere il bestiame, campicelli recintati con strade infossate con cespugli che formavano muri di vegetazione. Era come combattere in un labirinto e tutto questo avvantaggiava la tattica difensiva tedesca allungando in maniera esasperante le operazioni belliche. Dall'altra parte i britannici si arrestarono fino al 18 Luglio davanti a Caen ,quando con l'operazione Goodwood riuscirono a conquistare la città e ad avanzare per solo 10 km avendo utilizzato 7000 tonnellate di bombe (sette kiloton, ovvero circa la metà della bomba di Hiroshima!). Lo stesso avvenne per gli americani inchiodati per più di un mese davanti a Saint-Lò della quale, quando poi venne conquistata, non rimanevano che rovine tra le quali con difficoltà si riconoscevano i marciapiedi. Uno dei fatti più sconvolgenti dei bombardamenti a tappeto era che molto spesso provocavano più morti tra le truppe amiche che in quelle nemiche col risultato di diffondere panico e terrore tra gli stessi attaccanti. Nonostante la conquista delle città , se a causa delle perdite, della lentezza e degli errori commessi, i soldati e i generali Alleati erano scoraggiati quelli tedeschi erano disperati.
Il generale Bayerlein, a chi gli ingiungeva che tutti i suoi uomini dovessero tenere le posizioni, rispose: "Qui al fronte ogni uomo tiene la posizione. Nessuno escluso. Se ne stanno zitti e buoni nelle buche per il semplice fatto che sono morti!".
Le distruzioni, i morti, le angosce e le tribolazioni della guerra avevano un effetto devastante sul morale degli uomini. Da una parte potevano portare a episodi di efferata crudeltà verso il nemico come lo sparargli a bruciapelo anche se si fosse arreso, dall'altra a episodi di isterismo o autolesionismo. John Price, aiutante sanitario, rimase turbato nel rendersi conto della disperazione con la quale gli uomini volevano essere rassicurati che sarebbero vissuti e nel constatare quale importanza avessero per loro parole di conforto anche quando erano devastati dalle più spaventose ferite. I casi di nevrosi da battaglia, anche se non raggiunsero dimensioni epidemiche, vennero registrate in ogni unità operante in Normandia: chi si sparava a un piede o chi semplicemente si rifiutava di eseguire gli ordini. Tuttavia questi fatti non raggiunsero mai dimensioni allarmanti.
Allarmante invece era la situazione tedesca. Rommell e altri generali avevano capito che ormai la guerra era persa e insistevano con Hitler per giungere ad un accordo con gli Alleati al fine di salvare la Germania. Hitler non ne volle sapere, parlò delle armi segrete, i missili V-2, che avrebbero ribaltato le sorti del conflitto. Si trattava di fantasie allo stato puro. Era chiaro che Hitler aveva perso il senso della realtà. Nulla infatti poterono gli ultimi contrattacchi tedeschi contro le truppe alleate che dopo aver conquistato Falaise, dove i morti erano stati lasciati per giorni a decomporsi, tanto da costringere i soldati a utilizzare le maschere antigas per passare, conquistarono il 20 agosto Parigi. La battaglia di Normandia era finita. Era durata ben 75 giorni ed era costata agli Alleati 209.672 uomini, di cui 39.976 morti. Due terzi erano americani. I tedeschi persero circa 450.000 uomini, di cui 240.000 morti o feriti.
La spinta alleata verso est fu impressionante tanto da estendere il fronte, a metà Settembre, dalla Svizzera alla Manica, conquistata quasi tutta la Francia e il Belgio. Ma proprio quando tutto ormai lasciava immaginare una veloce e vittoriosa avanzata nel cuore della Germania avvenne ciò che era stato previsto ma non evitato: la crisi dei rifornimenti. Senza poter contare su porti vicini, ancora tutti occupati o distrutti, necessari ai rifornimenti (quello di Anversa il più vicino alle operazioni venne conquistato il 5 Settembre ma l'estuario della Schelda, davanti al porto lungo 100 Km, era in mani tedesche, perciò nessuna nave alleata poteva attraccare) Eisenhower, benché fosse il meno ottimista di tutti, pensava vi fosse una possibilità di terminare la guerra prima dell'arrivo dell'inverno e se fosse andata così non avrebbe avuto bisogno di Anversa. La ritirata delle armate tedesche verso est rendeva tale considerazione una cosa più che sicura, tanto che il generale Bradley , a capo delle divisioni americane, ordinò che le divise invernali venissero depositate in magazzini e di lasciare spazio sui camion ai rifornimenti. Questa decisione avrebbe comportato gravi conseguenze in futuro.
Eisenhower decise allora di appoggiare un'idea del maresciallo Montgomery: l'operazione Market-Garden. Questa prevedeva l'utilizzo delle divisioni aviotrasportate 6ta britannica, 82ma e 101ma statunitensi e della 2a armata inglese (30° corpo) in un' operazione complessa e rischiosa ma potenzialmente decisiva: attraversare il Reno e raggiungere la Ruhr per piombare poi su Berlino. La fanteria doveva avanzare verso nord lungo una direttrice che comprendeva Eindhoven, Son, Veghel, Grave, Nimega e Arnhem; i paracadutisti avrebbero dovuto conquistare i ponti che legavano tali città.
Mentre Montgomery esponeva il suo piano, il generale Browning delle aviotrasportate britanniche, che avrebbero occupato Arnhem, domandò: "Quanto ci metteranno i mezzi corazzati a raggiungerci?". Montgomery, senza esitare: "Due giorni". Browning disse: "Possiamo resistere per quattro". Poi aggiunse: "Ma signor maresciallo, temo che quell'ultimo ponte sia un po' troppo lontano". Nonostante questo appunto, tutti erano fiduciosi nelle buona riuscita del piano tanto da trascurare gli ultimi rapporti dall'Olanda che indicavano un rafforzamento dei tedeschi tra Eindhoven e Arnhem, proprio là dove dovevano atterrare i paracadutisti.
I tedeschi infatti avevano terminato la ritirata cominciata in Francia e si stavano riorganizzando. Von Runstedt, che era a capo delle forze occidentali, aveva fatto sì che le truppe che si trovavano sulla Schelda, le quali, inspiegabilmente, non vennero attaccate dai britannici, si schierassero, dopo una lunga marcia notturna, presso Eindhoven; mentre il feldmaresciallo Model a capo del Gruppo d'armate B aveva deciso che la 9a e la 10ma Panzer SS, guidate rispettivamente dal tenente colonello Walter Harzer e dal generale Harmel, per riorganizzarle, venissero disposte ad Arnhem considerando la città un settore tranquillo. Proprio questi spostamenti erano stati scoperti e riferiti dal servizio informazioni a Montgomery il quale però non era affatto preoccupato. Al contrario i generali che dovevano lanciarsi, cioè lo scozzese Urquhart ad Arnhem, e gli americani Taylor e Gavin rispettivamente a nord di Eindhoven e a Nimega, nutrivano numerosi dubbi sulla possibilità di non trovare resistenza, considerando eccessivo il senso di sicurezza che ruotava attorno alla più grande operazione aviotrasportata mai tentata.
I soldati che si apprestavano a partire nutrivano un senso di eccitazione in vista dello scontro ma alcuni, come il soldato "Tony" Jones di ventuno anni, erano fortemente perplessi: "L'avanzata sarà come infilare sette crune d'ago con un solo filo di cotone, basta che non ci riesca una sola volta per mandare tutto all'aria". Il capitano Eric Mackay i cui genieri dovevano togliere eventuali cariche sul ponte di Arnhem, sapendo che sarebbero stati paracadutati a 13Km dal ponte disse che quella distanza toglieva qualsiasi vantaggio alla sorpresa.
Il 17 Settembre 4700 apparecchi si misero in volo: erano più di 20.000 uomini, 511 veicoli, 330 pezzi di artiglieria e 590 tonnellate di materiale. Non tutti i voli riuscirono bene, vi furono numerosi guasti, 30 alianti non decollarono, 23 carichi stivati sugli alianti furono perduti, un altro fu vittima di una vera tragedia nel cielo inglese. Walter Simpson della RAF lo vide spezzarsi in volo a metà e ricorda di aver visto sul luogo del disastro "…qualcosa che sembrava una scatola di fiammiferi sulla quale si fosse camminato. I corpi degli uomini erano rimasti dentro; era come una massa di braccia, di gambe e di resti informi". Furono le forze di Urquhart che subirono il danno maggiore; di 8 alianti ammarati , 5 erano diretti ad Arnhem.
Durante il lancio delle divisioni aviotrasportate vi furono alcune tragedie come quella dell'aereo del soldato Paul Johnson ,che centrato nei serbatoi prese fuoco. Dei 16 uomini a bordo solo lui e altri due si salvarono. Dovettero passare sui corpi all'interno dell'apparecchio per potersi lanciare; in un altro il primo paracadutista che si affacciò allo sportello fu colpito a morte. Cadde all'indietro e il suo corpo fu rapidamente rimosso e il resto del gruppo si lanciò. Mentre altri si lanciavano un C-47, che aveva perso il controllo ne colpì due che furono fatti a pezzi dalle eliche. Gran parte dei paracadutisti tuttavia riuscirono a compier un buon lancio trovando nulla o pochissima resistenza nelle zone d'atterraggio. Il tenente James Coyle una volta a terra vide un tedesco che correva versi di lui, ma si rese improvvisamente conto che stava invece scappando. Quando il tedesco passò davanti a Coyle, buttò a terra l'elmetto e il fucile e Coyle vide che "…era soltanto un ragazzo sui diciotto anni. Non potevo sparare ad un uomo inerme. Rimasi a guardarlo mentre se la dava a gambe verso il confine tedesco". L'unico problema quel giorno furono i contatti radio con la divisione di Urquhart , il che rendeva impossibile ai generali sapere cosa stesse succedendo ad Arnhem. Incredibilmente, malgrado l'esteso bombardamento su Arnhem , Eindhoven e Nimega, i tedeschi non si erano accorti di ciò che stava succedendo. L'attenzione era rivolta unicamente verso la ripresa dell'offensiva della 2a armata britannica sul Canale Mosa-Schelda. Qui il 30° corpo guidato dal generale Brian Horrocks diede inizio all'avanzata ma incontrò subito una forte resistenza tedesca ai fianchi dell'unica strada percorribile. Il ritardo che ciò fece accumulare all'operazione fu determinante e Horrocks percorse soltanto la metà della strada che il 17 Settembre avrebbe dovuto percorrere. Intanto la 101ma aveva occupato il ponte di Veghel ma non quello di Son, che fu distrutto poco prima di poterlo prendere e senza di quello il 30° corpo non poteva continuare ad avanzare; la 82ma invece occupò quello di Grave ma non quello di Nimega, dove si stava svolgendo una cruentissima battaglia. Inutile dire che le perdite per entrambe le divisioni furono ingenti.
Le operazioni delle forze aviotrasportate britanniche di avvicinamento ad Arnhem avvenivano attraverso tre strade diverse guidata dai colonnelli Dobie, Fitch e Frost. Quest'ultimo aveva tre obbiettivi, raggiungibili percorrendo la strada più corta: due ponti più piccoli che furono sabotati poco prima del suo arrivo e il ponte di Arnhem. In tutto il tragitto trovò una forte resistenza e poté infine conquistare solo la parte nord del ponte.
In quello stesso giorno i tedeschi ebbero un grosso colpo di fortuna: all'interno di un aliante caduto trovarono tutte le carte del piano ma queste non furono considerate veritiere dal generale Model. Costui infatti pensava che ci sarebbe stata un'altra invasione nella Ruhr, altrimenti non si spiegava perché i britannici fossero stati paracadutati così lontano dal ponte; pensò, quindi, che quelle carte fossero depistanti; decise perciò che i ponti di Nimega e Grave dovevano essere tenuti e non fatti saltare per un eventuale contrattacco.
La battaglia ingaggiata ad Arnhem il17 e il 18 settembre fu spaventosamente cruenta. Si combatteva casa per casa infliggendo e subendo perdite terribili. Si lottava per guadagnare pochi centimetri e, come disse il ventunenne caposquadra delle SS Alfred Ringsdorf: "…era infernale". Lungo le strade dove si verificavano gli scontri i civili di Arnhem raccoglievano i morti e li disponevano in file sovrapposte per formare barricate umane, alte 2 metri, per impedire ai carri armati tedeschi di venire a contatto con Frost e i suoi uomini sul ponte. Ben presto però gli inglesi a Oosterbeek a ovest di Arnhem si trovarono accerchiati dalle due divisioni tedesche, la 9a e la 10°, e furono costretti a nascondersi nei boschi delle zone di atterraggio e nelle case; le comunicazioni radio erano saltate e nessuno aveva più notizie degli altri, tutto si stava trasformando in un incubo. Gli uomini di Frost, la maggior parte feriti, senza più acqua ,cibo e a corto di munizioni, si trovarono ad affrontare sul ponte addirittura carri armati tedeschi che dopo 2 ore furono respinti. Orgogliosi e trionfanti non avevano dubbi che il 30° corpo sarebbe arrivato presto. Quest'ultimo invece si era collegato con la 101ma, che aveva occupato le città di Eindhoven, Veghel e nove degli undici ponti, con diciotto ore di ritardo! Nelle rovine fumanti di Arnhem si udiva il rumore degli alianti che stavano trasportando gli uomini e i mezzi del secondo lancio destinati ai paracadutisti; le perdite causate dalla contraerea furono numerose essendo venuti i tedeschi a conoscenza degli orari di tutto il piano. Delle 86 tonnellate di viveri, munizioni e rifornimenti destinati agli uomini di Arnhem solo 12 arrivarono in porto, il resto cadde in mano ai tedeschi increduli. In quel frangente il soldato semplice Reginald Bryant, da poco atterrato, trovò un giovane tenente gravemente ferito e così descrisse la scena: "Quando mi avvicinai, dalle ferite sul petto usciva del fumo. Le sue sofferenze erano atroci. Eravamo in due o tre e egli ci pregò di ucciderlo".
Le truppe tedesche occupavano ormai anche la zona nord di Arnhem imbottigliando Frost sul ponte e impedendo ai battaglioni di Dobie e di Fitch di portargli aiuto. Tutti gli uomini superstiti erano esausti ma decisi a resistere. Il soldato Andrew Milbourne riuscì a captare la BBC di Londra che affermava che gli inglesi incontravano debole opposizione. "Maledetto bugiardo" commentò Milbourne. I due battaglioni furono letteralmente fatti a pezzi.
Verso le 9,00 del 19 Settembre i carri di Horrocks raggiunsero i sobborghi di Nimega con 40 ore di ritardo e dovevano attraversarne il ponte ancora presidiato dai nemici.
Proprio il superamento di quel ponte è ricordato come una delle più eroiche azioni fatte dai paracadutisti americani. Venne infatti deciso il 20 Settembre che avrebbero attraversato il fiume Waal su barche a remi, esposti totalmente al fuoco nemico per raggiungere la riva opposta e conquistarla. La maggior parte, come previsto, fu totalmente spazzata via ma come ricorda il capitano Henry Keep "… ma superstiti del battaglione sembravano dominati da un vigore febbrile, pazzi di collera, gli uomini dimenticavano che cos'era la paura. Non ho mai visto questa metamorfosi umana così chiaramente come quel giorno. Era uno spettacolo che destava ammirazione e terrore insieme, non era una bella cosa da vedersi". Molti tedeschi, parte sui quindici anni e parte sulla sessantina, che volevano arrendersi, furono uccisi con colpi a bruciapelo. La sera del 20 le truppe americane superarono il Waal , Arnhem era solo a 18 Km ma i mezzi corazzati britannici si fermarono dicendo che non potevano avanzare senza la loro fanteria e si prepararono un tè sotto lo sguardo incredulo e furibondo degli americani. La mattina del giorno dopo gli ultimi gruppi di resistenza comandati da Frost, nella zona del ponte furono accerchiate e costrette ad arrendersi; ne rimaneva solo uno a est, Oosterbeek, dove erano ammassati ancora gli uomini di Urquhart in disperata attesa di quei rinforzi che si erano fermati qualche chilometro a sud. Questi ultimi giunsero al Reno soltanto il 23 Settembre, dovendo farsi largo tra la resistenza tedesca e un terreno che non permetteva ai mezzi corazzati di muoversi velocemente. La notte del 26 Settembre gli uomini di Urquhart, che avevano resistito per più di due volte il tempo previsto, furono fatti evacuare tramite 14 lance a motore e un certo numero di imbarcazioni più piccole. Il costo in vite umane fu terribile e quello sforzo enorme fu un sacrificio inutile. Sulla parte di una scuola un soldato scrisse: "Torneremo!". Il 27 Settembre per rappresaglia i tedeschi fecero evacuare tutta l'area di Arnhem, che fu liberata solo il 14 Aprile del 1945. Dei 10.005 uomini paracadutati ad Arnhem ne tornarono indietro solo 2.163. In tutta l'operazione Market-Garden le forze alleate subirono maggiori perdite di quante ne ebbero in tutta la gigantesca invasione della Normandia: in nove giorni i morti i feriti e i dispersi ammontarono a 17.365, per le truppe tedesche a 20.000 di cui 7.000 morti e feriti. Nonostante tutto il maresciallo Montgomery ebbe in seguito il coraggio di dire: "Dal mio punto di vista , se l'operazione fosse stata adeguatamente sostenuta sin dall'inizio e avesse ricevuto le forze aeree e di terra necessarie, sarebbe riuscita malgrado i miei errori, il maltempo e la presenza del Corpo SS Panzer nella zona di Arnhem. Io rimango l'irriducibile sostenitore di Market-Garden".

di SAVERIO MALATESTA
Tratto da www.romacivica.net