Alessandro Pavolini il Gerarca Nero


Alessandro Pavolini uomo politico e giornalista (Firenze 1903-Dongo 1945).
Incarnò due anime opposte, ma non contraddittorie del fascismo: Il culto dello stile e quello dell'azione.
Scrittore raffinato, con due lauree, fu l'intellettuale del regime.
Al tempo stesso, però, ne rappresentò anche lo spirito più cupamente violento, distinguendosi come squadrista a 17 anni, sanguinario leader del partito Fascista Repubblicano durante l'avventura di Salò e vero responsabile della guerra civile in Italia.
In una narrazione come sempre molto documentata ed assolutamente avvincente, Arrigo Petacco riesce a cogliere in maniera perfetta gli elementi della "doppia personalità" di Pavolini.
Mostrandoci come l'ideatore dei Littoriali, del Maggio fiorentino e di molte altre iniziative culturali, fu anche l'occhiuto ministro della Cultura popolare e nel contempo il più strenuo difensore dell'ortodossia Fascista. Ne emerge la figura di un uomo dominato da un grande rigore ideologico e da un disprezzo per i compromessi.
Nel Superfascista, pubblicato per la prima volta nel 1982 con il titolo "Pavolini, L'ultima raffica di Salò", rivive una tragedia realmente avvenuta che ha del romanzesco, arricchita dalla storia d'amore appassionato quanto tumultuoso con Doris Durante l'attrice più sexy dell'epoca; e coronata da una "Bella Morte", il gran finale con il quale Pavolini ha voluto chiudere o meglio coronare la sua Eroica vita.
Pavolini fu l'unico tra i Gerarchi della Repubblica di Salò ad essere catturato con le armi in pugno.

Alessandro Pavolini, amico e protetto di Galeazzo Ciano e poi Ministro della Cultura Popolare, grava l’ombra mai chiarita della “doppia personalità”: da letterato timido ed introverso a feroce segretario della Repubblica sociale. Un personaggio enigmatico, dunque, ma assolto dai più per il suo “fanatismo romantico” e per la cieca fede nell’ideale fascista che ne caratterizzò la vita e la morte.

Nota:Alessandro Pavolini fu nominato segretario del neo-costituito partito fascista. Durante il suo discorso introduttivo al congresso di Verona del 14 novembre '43 rispolverò e rilanciò in grande stile lo squadrismo fascista degli anni '20 e esortò i repubblichini a obbedire ai tedeschi e a non avere pietà dei partigiani. "Lo squadrismo - concluse Pavolini - è stato la primavera della nostra vita, e chi è stato squadrista una volta lo è per sempre”'.
Al generale Rodolfo Graziani venne affidato il compito di riorganizzare l'esercito con armi e istruttori tedeschi.
Dei 180 mila giovani chiamati alla leva nel novembre del '43 solo 87 mila si presentarono. Tutti gli altri disertarono, fuggirono in montagna e andarono ad ingrossare le file dei partigiani, nonostante i rastrellamenti compiuti congiuntamente alle truppe naziste. Le rare iniziative di carattere politico, come la manifestazione fascista al teatro Lirico di Milano (16 dicembre 1944), non ottennero risonanza e dimostrarono l’isolamento in cui agiva la RSI. I suoi destini furono perciò intrecciati alle sorti delle forze di occupazione tedesche, così che la RSI crollò con l’avanzata degli Alleati e con il successo della Resistenza.