La nascita della Resistenza

La Resistenza italiana nacque subito dopo l' armistizio dell’ 8 settembre 1943. Fu la spontanea, multiforme reazione della grande maggioranza del popolo italiano alla ventennale dittatura fascista, all’alleanza con la Germania nazista ed all’andamento disastroso della guerra.
Alla Resistenza partecipò una moltitudine spinta dall’impeto naturale di salvarsi dalla prigionia tedesca, ma anche da una fervida aspirazione di liberazione, ed una minoranza che ebbe il coraggio di prendere le armi e di iniziare la guerriglia contro i tedeschi, che avevano occupato quasi i nove decimi dell’Italia continentale e contro i loro alleati, cioè i fascisti della Repubblica di Salò. Il Movimento annoverò nelle sue file milioni d’Italiani, uomini e donne, operai, contadini, professionisti e sacerdoti.
Questo esercito di anonimi si prodigò in mille modi, spesso a rischio della propria vita, per dare aiuto, rifugio, cibo e vestiario ai perseguitati ed ai ricercati dei nazifascisti, agli organizzatori del fronte sindacale che operavano nelle fabbriche, ai partigiani che impegnarono in guerriglie le divisioni tedesche e fasciste. La Resistenza italiana nacque il giorno stesso in cui il governo Badoglio proclamò l’armistizio fra l’Italia e le potenze alleate.
Non ci furono tempi vuoti di mezzo. Ed è questo fatto che viene a confermare, in sede storica, l’esistenza per tutto il ventennio, d’una sorda ribellione alla dittatura fascista e d’un mai sopito sentimento naturale alla libertà. Le bande armate operarono in montagna ed in pianura. I Gap (Gruppi d’azione patriottica) e le Sap (Squadre d’azione partigiana) agirono per lo più nei centri abitati, grandi e piccoli, con attentati alle istituzioni del nemico e con azioni di sabotaggio. Quindi le Gap e le Sap e bande di partigiani costituirono l’esercito combattente della Resistenza.
La maggioranza di queste formazioni erano legate ai vari C.L.N. (Comitati di Liberazione Nazionale), organi politici, in seno ai quali erano rappresentati tutti i partiti antifascisti. La valutazione, in senso numerico, delle forze della resistenza armata non è possibile, in quanto i dati forniti dalle loro associazioni o dai partiti politici cui dette forze facevano capo, non concordano con i dati in possesso del Ministero della Guerra e del Ministero degli Esteri, così come per il numero dei caduti, dei feriti e dei dispersi.
Comunque un’analisi comparativa consente di affermare che i combattenti della Resistenza italiana furono circa duecentosettantamila. L’esercito tedesco, nonostante l’alta efficienza delle sue unità, la ferrea disciplina e la presenza delle forze speciali quali le "SS", accusò fin dai primi mesi i colpi ricevuti dalle bande dei partigiani. Infatti, importanti contingenti di truppa non poterono essere utilizzate al fronte, dove combattevano le truppe regolari, perché indispensabile all’interno per fronteggiare le formazioni partigiane che minavano continuamente la sicurezza dei rifornimenti, ed i gruppi armati e gli organizzatori clandestini delle città che ostacolavano seriamente la produzione bellica.
I partigiani si erano procurati le armi prelevandole dai depositi dell’esercito italiano. Ma si trattava di fucili e di poche altre armi leggere che non potevano reggere il confronto con quelle dei nazisti. C’era poi il problema delle munizioni. A queste mancanze sopperirono in seguito gli alleati, in particolare con la fornitura di armi, munizioni, denaro ed ufficiali di collegamento ai partigiani del settentrione. Solo nel corso degli ultimi quattro mesi di guerra, gennaio-aprile 1945, la Special Force organizzò ottocentocinquantasei lanci di materiale da guerra ai partigiani del nord. Due terzi di tali lanci riuscirono, cioè cinquecentocinquantuno.
Anche in riferimento a questi aiuti l’efficienza della Resistenza armata fu maggiore in una determinata zona della Penisola. In proposito si possono distinguere due zone separate approssimativamente da una linea che va dalla foce del Cecina in Toscana ad Ancona nelle Marche. A nord, includendo non solo l’Italia settentrionale, ma anche la valle dell’Arno e parte dee Marche, la resistenza raggiunse quell’alto livello di organizzazione e di efficienza che ne giustificò la definizione di "Stato libero in territorio occupato".
A sud della linea Cecina-Ancona, la Resistenza più che a un movimento organico, fu la somma di un gran numero di attività e iniziative popolari, quali ad esempio l’insurrezione di Napoli e i vari attentati contro tedeschi e fascisti. Per diciannove mesi consecutivi le forze della Resistenza attaccarono il nemico ovunque questi si trovava, creando zone libere in diverse provincie e precedendo le armate degli Alleati nella liberazione di città e centri minori.
Nell’aprile del 1945 il C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) mobilitò l’intero schieramento della Resistenza in appoggio all’ultima grande offensiva alleata in Italia. Le forze tedesche e fasciste in ripiegamento vennero impiegate dai partigiani mentre le grandi città del nord insorgevano ad una ad una.
Il contributo di sacrificio e di sangue della Resistenza italiana fu elevatissimo: quarantacinquemila partigiani caddero in combattimento, ventitremila furono torturati e trucidati dai nazisti e dai fascisti dopo essere stati arrestati in campagna o nelle città; oltre ventimila furono i feriti. Diciannovemila civili, uomini, donne e bambini, vennero passati per le armi. Ed ancora bisogna aggiungere gli ottomila politici ed i trentamila e più militari che non fecero ritorno dai campi di prigionia della Germania. Le perdite umane degli Alleati, nell’intera campagna d’Italia, furono inferiori a quelle della Resistenza.

Tratto da www.itcbz.it