ROMMEL E L' AFRICA

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Biografia di Erwin Rommel

Il generale Rommel fotografato sulla copertina di una rivista italo-tedesca

L'importanza dello scenario africano
Tra il 1940 e il 1942 si combatterono alcune delle battaglie più spettacolari e dure della Seconda guerra mondiale, nello scenario suggestivo e altresì letale del deserto nordafricano. Allo scoppio del conflitto, quando l'Inghilterra resisteva, isolata dal mondo, sotto le bombe del Führer, le uniche buone notizie potevano venire dall'Africa del Nord, dove le truppe del nuovo nemico italiano certo erano più abbordabili e affrontabili rispetto a quelle tedesche. Lo scenario africano offriva anche priorità e potenziali vantaggi indubbi, e quando anche Hitler e il suo Stato Maggiore si accorsero di questa realtà, non esitarono ad inviare, accanto agli alleati italiani, un giovane, ardito, astuto generale di nome Rommel. Già nei mesi precedenti lo scoppio della Seconda guerra mondiale gli Alleati avevano studiato come realizzare un'offensiva contro l'Italia, che controllava la colonia di Libia, stretta tra la Tunisia francese e l'Egitto britannico. Purtroppo la subitanea caduta della Francia intralciò questi piani, e le forze britanniche ben presto compresero come fosse assolutamente difficile la situazione su quel teatro. L'Egitto inglese - forte di soli sessantamila uomini agli ordini del Generale Sir Archibald Wavell - avrebbe dovuto controllare dagli attacchi italiani un'area di novemila chilometri quadrati, comprendente nove paesi dalla Turchia alla Somalia, vale a dire l'intero Medio Oriente, giù fino al Nord Africa. L'importanza di quest'area era indiscutibile: il petrolio del Golfo Persico era il suo tesoro, il mezzo - per Londra - per non dipendere dal combustibile americano, e ciò che avrebbe risolto i problemi di manovra e avanzamento dei tedeschi e degli italiani, sempre a corto di carburante, essendo le proprie imbarcazioni quasi sempre abbattute e neutralizzate dagli Alleati nelle acque del Mediterraneo. In Libia, trecentomila soldati italiani preparavano l'assalto: l'Egitto diventava così l'ultimo baluardo per difendere il Medio Oriente. Senza dimenticare che l'Egitto offriva ottimi porti, rifornimenti d'acqua e agili arterie di comunicazione. La campagna nordafricana consistette dunque essenzialmente in questa logorante guerra di confine, che vide continui rovesci di fronte. Il deserto divenne quindi lo scenario nel quale - in una sorta di guerra "marittima" - si affrontarono, al posto delle navi, i carri armati. Grandi spazi, il cielo come bussola, la mancanza di acqua, l'assenza di centri abitati e di ostacoli naturali.

Le prime vittorie britanniche
I primi scontri tra inglesi e italiani videro attestare, da una parte, le forze al comando del generale Rodolfo Graziani, a Sidi Barrani, in una serie di campi trincerati, e dall'altra quelle agli ordini di Wavell nella zona di Marsa Matruh. La mossa vincente di Wavell fu senza dubbio la designazione al comando delle forze del deserto occidentale di R.N. O'Connor, piccolo, sagace Maggiore Generale che, con grande intuito, riuscì a trasformare una guerra difensiva in un'offensiva. Nonostante i soldati inglesi fossero di numero nettamente inferiore, apparivano meglio equipaggiati e con un morale più alto. Con soli trentaseimila uomini organizzati in due divisioni - la 4a indiana (fanteria) e la 7a corazzata - e supportati da un'efficace artiglieria, la Western Desert Force di O'Connor, in due soli giorni di combattimento, tra il 9 e il 10 dicembre 1940, sconfissero due corpi d'armata italiani, fecero trentottomila prigionieri, neutralizzarono 73 carri armati, 37 pezzi di artiglieria. Accusando solo 624, tra caduti, feriti e dispersi! Una vittoria schiacciante. Un solo mese dopo, il 3 gennaio 1941m O'Connor portava i suoi uomini, senza ubbidire agli ordini di mettersi sulla difensiva, alle porte di Bardia e la conquistò in un giorno: facendo altri quarantamila prigionieri, distruggendo 13 carri armati nemici, impossessandosi di 440 mitragliatrici e 706 camion. Tobruk cadde a fine gennaio, con altri venticinquemila prigionieri. Alla fine, dopo ulteriori successi nel mese di febbraio in Cirenaica, O'Connor aveva - in dieci settimane - catturato 130.000 prigionieri, 400 carri armati e 1290 cannoni. A questo punto l'errore marchiano - che venne comunque da Londra, fu quello di ordinare fermamente a O'Connor di arrestarsi, senza puntare a Tripoli, e convogliare le forze in aiuto della Grecia, invasa dai tedeschi. La Western Desert Force, che aveva realizzato una serie impressionante di vittorie, si sciolse. Non solo: quella catena di successi sarebbe servita a far giungere sulla scena nord africana i tedeschi. Guidati da un uomo che avrebbe dato filo da torcere agli Alleati: il 12 febbraio giungeva infatti a Tripoli Erwin Rommel, ben presto nominato - per la sua astuzia e le sue capacità di movimento delle truppe - la "Volpe del Deserto".

Erwin Rommel, la leggenda di un comandante
"A tutti i comandanti e i capi di Stato maggiore dal Quartiere Generale B.T.E. e M.E.F. Esiste realmente il pericolo che il nostro amico Rommel diventi una specie di stregone o di spauracchio per le nostre truppe, che cominciano a parlar troppo di lui. Pur essendo indubbiamente molto energico ed abile, egli non è assolutamente un superuomo. Anche se fosse un superuomo, sarebbe sempre deprecabile che i nostri uomini gli attribuissero poteri soprannaturali. Desidero che usiate tutti i mezzi possibili per dissipare l'idea che Rommel rappresenti qualcosa di più che un comune generale tedesco. L'importante è che si eviti di parlare sempre di Rommel quando intendiamo riferirci al nostro nemico in Libia. Dobbiamo dire i tedeschi o le potenze dell'Asse o il nemico e non ricadere sempre sul nome di Rommel. Vi prego di assicurarvi che quest'ordine venga posto immediatamente in atto, e di far capire a tutti i comandanti che, da un punto di vista psicologico, si tratta di una questione della più alta importanza. Firmato: C. J. Auchinleck, Generale Comandante in capo delle forze in medio Oriente".
A questo, dopo pochi mesi dall'arrivo della "Volpe del deserto" in Africa, si sarebbe giunti: a una disposizione ufficiale, cioè, affinché gli stessi soldati alleati non fossero portati a considerare Rommel una sorta di leggenda imbattibile. E dire che le fortune del generale tedesco furono certo spettacolari, ma in un numero non superiore a quelle di altri colleghi e avversari. Senza dubbio, le circostanze, un innegabile carisma dell'uomo, contribuirono alla nascita della leggenda della "Volpe del deserto". A tutto questo, però, va aggiunta un'abile politica di propaganda del III Reich (in questo il ministro Goebbels fu un maestro), un'astuta attenzione ai particolari "estetici" da parte del generale stesso (sempre seguito da fotografi e giornalisti, con loro sempre compiacente). Ultimo aspetto, non indifferente, il rapporto speciale che il generale seppe instaurare con i propri soldati, e il valore degli stessi, organizzati in quella che doveva essere una sperrverband - una forza di blocco - e che divenne, nelle mani di Rommel, una formidabile macchina d'attacco: l'Afrikakorps.
Come cadde la scelta, da parte di Berlino, di inviare proprio Erwin Rommel in Africa? L'ufficiale era già celebre in Germania, come eroe nella Prima guerra mondiale, e come istruttore (seppur dimostratosi poi molto poco "zelante") della Hitlerjugend, la Gioventù Hitleriana. I contrasti con la dirigenza hitleriana lo avrebbero allontanato dal ruolo, e le sorti della guerra lo avrebbero posto, nei giorni bui della sconfitta, in contrasto talmente netto con il nazismo che il generale-simbolo sarebbe divenuto un nemico da schiacciare.
In origine, il comandante prescelto per l'Africa avrebbe dovuto essere il generale Hans von Funk, un aristocratico prussiano. Eppure la spuntò il "plebeo" Rommel, che non vantava tradizioni familiari militari, ed anzi era entrato nell'esercito con l'opposizione paterna. I Rommel era una famiglia sveva, di modesta agiatezza, senza particolari conoscenze nel mondo che conta, totalmente avulsi dalla mentalità e dai privilegi della casta degli ufficiali prussiani. Eppure, furono proprio queste radici umili ad esaltare il Führer che, lui ex semplice caporale, evidentemente vi si riconosceva. Il 19 giugno 1910, a soli diciotto anni, Erwin Rommel era entrato nell'esercito, nel 124esimo reggimento di fanteria a Weingarten, con il grado di "aspirante". Prima come soldato semplice, quindi e solo successivamente ammesso alla Kriegsschule, l'accademia militare. Durante la prima guerra mondiale, contro gli italiani, il giovane Erwin si era meritato l'onorificenza Pour le Mèrite. Fra le due guerre, l'ufficiale aveva scritto alcuni trattati sulle tattiche di fanteria. Sulle tattiche, per l'appunto: perché Rommel fu sicuramente più un eccellente tattico che un bravo stratega. La propaganda nazista esalto successivamente Rommel quando, alla testa della velocissima "Divisione Fantasma" (250 km al giorni di marcia) entrò nel 1940 in Francia. Hitler ritenne che un comandante di quella tempra potesse muoversi con sagacia sul teatro africano. E per Rommel, afflitto dai reumatismi, il sole e il caldo africani sembravano, opportunamente scansando i proiettili del nemico, l'habitat più salutare. Rommel sarebbe rimasto in Africa settentrionale per poco più di due anni, durante i quali sarebbe stato protagonista di un'immediata ascesa (le prime importanti operazioni), da alcune delusioni (la mancata conquista di Tobruk il 1 maggio 1941), da eroiche resistenze agli assalti britannici nell'estate di quel primo anno africano, una bruciante ritirata fino alla Cirenaica sotto i colpi dei Generali Auchinleck e Ritchie, un'avanzata nel febbraio 1942 e poi, nel maggio di quell'anno, l'avanzata più spettacolare, quella che porterà l'Afrikakorps, in un solo mese, oltre Tobruk, oltre il confine egiziano, superando Marsa Matruh, Bagush, El Daba e arrivando alle porte di El Alamein. A questa meta fatale si fermano le illusioni della "Volpe del deserto", così come dei suoi alleati italiani. A pochi chilometri da Alessandria e dal trionfo. Dopo mesi di stallo e logoramento reciproco con il nemico, diretto dall'altrettanto mitico generale britannico Montgomery, il 12 maggio 1943 gli ultimi elementi dell'Afrikakorps si sarebbero arresi in Tunisia, mentre il loro comandante, in Germania, cercava da qualche settimana di convincere Hitler a salvare i propri uomini, abbandonati a loro stessi.

Afrikakorps: avanzata verso oriente
Non potendosi in questa sede affrontare tutti i risvolti della campagna d'Africa, basti compiere un salto indietro, per analizzare gli improvvisi successi dell'Afrikakorps. Va detto innanzitutto che una delle carte vincenti di Rommel fu senza dubbio la sua imprevedibilità: non solo per il nemico, ma per i suoi stessi superiori a Berlino. Come scrive il reduce Desmond Young in "Rommel - La volpe del deserto", "[…] si può dire, a giustificazione del nostro servizio informativo, che Rommel prese di sorpresa gli stessi suoi superiori di Berlino. Egli iniziò l'offensiva il 31 marzo. Dieci giorni prima, il 21 marzo, il comando dell'esercito tedesco l'aveva invitato a formulare un piano per la riconquista della Cirenaica e a presentarlo non più tardi del 20 aprile. Doveva essere un piano ispirato alla massima prudenza. Trovandosi di fronte a massicce forze britanniche, Rommel non doveva portarsi oltre Agedabia finché non fosse arrivata la 15esima Panzerdivision. […] Nove giorni prima della data stabilita per l'inoltro del piano, Rommel aveva già riconquistato la Cirenaica, ad eccezione di Tobruk, e raggiunto la frontiera egiziana". Gli inglesi cominciavano a temere l'Afrikakorps e l'urlo di battaglia dei suoi soldati, "Heia Safari!": che in lingua bantù significava "ancora avanti!". Rommel, quindi, non solo non ascoltava Berlino: non ascoltava lo stesso Führer, che il 3 aprile gli telegrafò di mostrarsi più cauto e di non dare via ad un'offensiva su larga scala. Tanto più che il generale italiano Gariboldi, formalmente suo superiore, ovviamente non gradiva né questa anarchia, né il prestigio conquistato da Rommel.
Ma Rommel era uomo incapace di stare sulla difensiva. La grande intuizione del generale fu comprendere l'importanza dell'uso del carro armato in uno scenario come quello desertico, predisposto ad agili e veloci spostamenti. Il deserto, pur con le sue insidie, non doveva né poteva costituire un ostacolo: né la sabbia, che faceva sprofondare gli autocarri fino agli assi, né il ghibli, il vento caldo e secco che scatenava tempeste di sabbia. Le file motorizzate dell'Afrikakorps dovevano proseguire, sotto (letteralmente sotto) l'occhio vigile del loro comandante: quando non marciava insieme ai suoi soldati, Rommel vi planava sopra a bordo di un aereo personale e, qualora scorgesse unità disperse, faceva scendere in picchiata il velivolo e gettava scatole con messaggi di questo tono: "Se non vi rimettete in moto immediatamente, vengo giù io. Rommel". Il comandante stava spesso e volentieri in mezzo ai suoi soldati, mangiava insieme a loro e condivideva con loro i pericoli, entrando nelle trincee con loro. Un sottufficiale, il Maggiore von Mellenthin scrisse: "Rommel sapeva come far sentire un uomo immortale". In cambio, si creò un legame unico tra la "Volpe" e i soldati semplici: non era inconsueto che questi ultimi acquistassero nei mercati locali frutta e verdura che puntualmente inviavano al proprio comandante.
Ai primi di aprile, l'Afrikakorps era a meno di 20 chilometri dalla fortezza turca di Mechili: questa cadde sotto i colpi delle truppe tedesche, che fecero duemila prigionieri (tra cui settanta ufficiali) britannici. A Mechili Rommel requisì alcuni mezzi mobili utilissimi, tra cui il mitico "Mammut", il quartier generale mobile, trasformato in un trofeo di guerra, e dal quale il generale amava farsi fotografare con un altro trofeo indosso, i mitici occhialoni appoggiati sulla visiera del suo berretto rigido. La "Volpe del deserto" aveva bisogno anche di questo, per conquistare la fantasia della gente.
Negli stessi giorni, l'Afrikakorps aveva raggiunto Derna, aveva bloccato la fuga degli inglesi lungo la Via Balbia, aveva catturato novecento soldati nemici, fra cui quattro generali. Uno di loro era nientemeno che il Generale Richard O'Connor. Il 10 aprile, contro il volere del proprio Stato Maggiore, aveva riconquistato due terzi di quella Cirenaica persa nel 1940. La meta era sicuramente, a questo punto, il canale di Suez, anche se prima vi era lo scoglio del porto strategico di Tobruk, a 160 km da Derna. Tobruk era la via verso l'Egitto, un porto logisticamente importantissimo. Ma Tobruk era difesa da dodicimila soldati inglesi, australiani e indiani, era una fortezza abitata da 36.000 persone, e Winston Churchill stesso non aveva mancato di ordinare ai suoi soldati di "difendere Tobruk a costo della vita, senza neppure considerare l'eventualità di ritirarsi". La fortezza rimase un sogno proibito per Rommel: il comandante se la prese con i suoi sottoposti, Streich e Olbrich, provvedendo a giubilarli. La realtà era invece una sola: Rommel aveva portato troppo avanti i suoi uomini, le provviste tardavano a raggiungerli, i difensori della fortezza erano numericamente superiori. Rommel non cedette fino al 4 maggio quando, sotto gli occhi del generale Fredrich Von Paulus, inviato da Berlino ai fini di osservazione, dovette ammettere lo scacco. L'Afrikakorps aveva perso più di milleduecento uomini. L'attacco andava fermato. E così il centro dei combattimenti si spostò ad est, sul confine egiziano. Il 27 maggio, a soli quindici settimane dall'arrivo di Rommel in Nordafrica, l'Afrikakorps aveva proceduto verso oriente per milleseicento chilometri, aveva soccorso gli alleati italiani, e aveva conquistato il Passo di Halfaya, alle porte dell'Egitto.
Rommel andava fermato, e così gli Alleati pensarono a quella che chiamarono "Operazione Battleaxe": il generale Wavell affidò le redini dell'operazione al Generale Sir Beresford-Perise. 190 carri armati dell'VIII corpo d'armata avrebbero dovuto attaccare da tre parti le forze di Rommel tra Sollum e Halfaya. Fu in questa cornice che l'abilità di Rommel nell'impiego dei carri armati si rivelò fondamentale: i panzer tedeschi si avvalsero della collaborazione dei micidiali cannoni 88mm, trainati da semicingolati. Questi cannoni, progettati dalla Krupp, erano nati come arma contraerea. Potevano colpire un velivolo ad 8000 metri di altezza. Ebbene, Rommel li impiegò con puntatura orizzontale (!), facendoli risultare devastanti. I proiettili passavan0 da parte a parte i carri nemici. Fu la carta vincente: gli inglesi non riuscirono ad avanzare. Dopo tre giorni di combattimento, l'Operazione Battleaxe era costata agli Alleati novantun carri armati, a fronte di soli venticinque persi dai tedeschi. La sconfitta in questa battaglia segnò la fine di Wavell, sostituito dal generale Claude Auchinleck, al tempo Comandante in Capo delle forze inglesi in India.
Gli Alleati tentarono di respingere i tedeschi con la successiva "Operazione Crusader", che sarebbe stata sferrata dall'VIII Armata, forte di 118.000 uomini. I combattimenti, cruenti, a Sidi Rezegh videro un'altalena di avanzamenti e indietreggiamenti da parte di entrambe le forze in campo. Tra il 18 novembre e il 1 dicembre 1941, Rommel poteva telegrafare a Hitler di aver distrutto "814 carri armati e autoblindo nemici, e abbattuti 127 aerei. Il numero dei prigionieri supera 9.000, tra cui tre generali". Un successo? Tutt'altro, perché l'Afrikakorps era sempre su posizioni difensive: aveva resistito, ma a fronte di immense perdite. Il Panzergruppe era indebolito, le truppe non rifocillate, e non restava che una ritirata dalla Cirenaica.

Foto a Sinistra -Wavell (a destra) e Connor, capo della Western Desert Force

Foto al centro-Il generale italiano Gariboldi (a destra) con Rommel

Foto a destra-Soldati tedeschi a Napoli prima di partire per l'Africa