TRIESTE RISCHIÒ LO STRAPPO DALLA MADRE PATRIA

Dal 1946, finita la II guerra mondiale, l'Italia paga il conto: l'Istria viene annessa alla neonata repubblica comunista jugoslava; poi si progetta di trasformare la città in un Territorio libero.

Il 3 novembre 1918 la torpediniera "Audace" approdò al molo San Carlo di Trieste e sul molo sbarcarono i bersaglieri: con ciò fu realizzata l'unione con la madrepatria. Il 20 marzo Trieste fu ufficialmente incorporata nel regno d'Italia.
Dopo il 1921 seguirono anni difficili per Trieste: il fascismo e la crisi degli anni '30 contraddistinsero questo periodo. Gli sloveni che vivevano sul Carso e nell'interno dell'Istria furono perseguitati dai fascisti e fu loro proibito di parlare la loro madrelingua; più tardi vennero discriminati gli ebrei attraverso leggi speciali. Entrambe le persecuzioni furono espressione di un diffuso razzismo.
Dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana avvenuta il 23 settembre 1943, Trieste passò sotto questa repubblica anche se i Tedeschi imposero un Supremo Commissariato, l'Adrialisches Kunstenland che raggruppava le province di Trieste, Gorizia e di Lubiana con al capo l'austriaco Friedrich Rainer.
Durante l'occupazione nazista di Trieste la Risiera di San Sabba, stabilimento per la pilatura del riso edificato nel 1913, venne usato dai Tedeschi come campo di prigionia e di smistamento per i deportati in Germania e Polonia e come campo di detenzione ed eliminazione di partigiani, detenuti politici ed ebrei. Fu l'unico campo di sterminio in Italia con forno crematorio, messo in funzione il 4 aprile 1944. Il numero di persone che vi persero la vita è attualmente stimato attorno alle 3/5.000 unità.
Nello stesso tempo l'Istria era percorsa da bande di slavi che operavano in modo da destabilizzare il governo nazi-fascista e Trieste non conobbe che morte e distruzione a cui si aggiungevano i bombardamenti statunitensi e britannici che diventavano massicci e incessanti devastando la città per un lungo periodo.
Il ribaltamento delle vicende belliche provocò la conquista di molte terre da parte dell'esercito jugoslavo comandato dal Maresciallo Tito. La politica di nazionalizzazione ora capovolse i ruoli: l'uccisione di diverse migliaia d'Italiani erano mirate ad eliminare nemici politici scomodi alla politica jugoslava e a ridurre le resistenze italiane.
Così come accadde per tutta l'Europa, si dovette assistere all'esodo, specialmente dopo la fine della guerra, di un grande numero d'Italiani che abbandonarono le terre conquistate dagli Jugoslavi (secondo le stime dai 200.000 ai 350.000). Chi decideva di rimanere non aveva rosee prospettive, soprattutto nei primi anni del Dopoguerra, anche perché diverse migliaia persero la vita nei massacri delle foibe. Molti esuli (30.000-50.000) si stabilirono a Trieste o nei suoi dintorni.
Con la fine della Guerra alla Jugoslavia vennero riconsciute la Dalmazia, l'Istria e parte della Venezia Giulia, zone abitate da molti Italiani, che erano la maggioranza della popolazione soprattutto nelle grandi città e sulle zone costiere-insulari. Su Trieste, invece, si ebbe un lungo periodo di attesa prima che ne fosse definita l'appartenenza.
In pochi giorni tra la fine di aprile e l'inizio di maggio del 1945, a Trieste giunsero prima le truppe jugoslave e poi le truppe alleate.
Il territorio triestino, conteso dagli occupanti, entrò a far parte nel 1947, sotto l'egida dell'ONU, del "Territorio libero di Trieste", diviso in due zone d'influenza: la Zona A occupata dagli Alleati e la Zona B occupata dagli Jugoslavi. Solo il 5 ottobre 1954 il problema venne risolto, spartendo il Territorio Libero di Trieste secondo le due zone già assegnate.
Dal 1964 Trieste è il capoluogo della regione della regione Friuli Venezia-Giulia. Il 10 novembre 1975 venne firmato il Trattato di Osimo tra Italia e ex Jugoslavia e la Zona A divenne definitivamente italiana. Anche i confini di ambedue gli stati vennero riconosciuti e in questo modo l'Italia rinunciò definitivamente ai territori in Istria. Lo " status quo " venne così legalmente riconosciuto.

Il Trattato di Osimo

Il Trattato di Osimo, firmato il 10 novembre 1975, sancisce la cessione della Zona B dell'ex Territorio libero di Trieste, ovvero dell'Istria nord-occidentale alla Jugoslavia, riconoscendo lo stato di fatto venutosi a realizzare dopo la fine della seconda guerra mondiale. Esso conclude la fase storica iniziata nel 1947 quando si decise la prima divisione dell'Istria con un trattato internazionale dopo l'occupazione della zona istriana, ancora nei confini dello Stato italiano, da parte dell'armata iugoslava nel 1945.
Nel trattato le questioni riguardanti la salvaguardia dell'identità della popolazione di lingua italiana in territorio jugoslavo (in gran parte diminuita dopo l'esodo della maggioranza degl'italiani) vengono demandate alla stesura di ulteriori protocolli d'intesa. Lo stesso vale anche per la popolazione di lingua e cultura slovena che vive in territorio italiano.
Per il suo contenuto venne avversato da parte delle popolazioni coinvolte, soprattutto dagli esuli italiani che hanno sempre sostenuto di essere stati abbandonati dall'Italia e che aspettano ancora in molti casi un equo indennizzo od una equa soluzione per i loro beni immobili, spesso nazionalizzati. Al momento attuale la Croazia restituisce beni immobili nazionalizzati a cittadini croati, austriaci e israeliani, escludendo quelli italiani.
Dopo il distacco di Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, dalla federazione Jugoslava, da alcune parti è stata messa in discussione la validità del trattato stesso. Fu il primo trattato diplomatico a non essere condotto dal Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana italiano.