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Cosimo de' Medici detto il Vecchio
Firenze 1389 - 1464
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Cosimo I de' Medici, detto il Vecchio fu fondatore della signoria dei Medici in Firenze (Firenze, 1389, 1464).
Divenuto, alla morte del padre (1429), capo della casata e della grande azienda bancaria, fece parte due volte (1430 e 1432) del magistrato durante la guerra contro Milano.
Acquistato grande prestigio tra il popolo minuto, grazie soprattutto alla sua potenza economica, assunse ben presto la guida del partito popolare. Divenne così inevitabile lo scontro con il partito oligarchico, capeggiato da Rinaldo degli Albizi.

Procedendosi nel 1433 al sorteggio dei magistrati, si costituì, per broglio degli Albizi, una signoria a lui ligia e riuscì gonfaloniere Bernardo Guadagni, che procedette contro Cosimo, accusato di tramare a danno dello Stato; la famiglia Medici fu bandita dalla repubblica e Cosimo se ne andò a Venezia, onorato nel viaggio come un principe. Si recò presso i Benedettini nell'isola di San Giorgio ove, continuando il mecenatismo di cui aveva già dato prova a Firenze, fondò la biblioteca e l'arricchì di codici.

Il colpo degli oligarchici ebbe però un effetto ben diverso da quello sperato; la persecuzione contro i Medici eccitò lo zelo dei loro fautori e gli insuccessi dei Fiorentini in guerra vennero attribuiti all'esilio di Cosimo, sicché, poco tempo dopo il bando, una nuova signoria formata da fautori dei Medici richiamò Cosimo in patria (1434). Rinaldo degli Albizi tentò di reagire con le armi, ma fu indotto a desistere dall'intervento pacificatore del papa Eugenio IV (1431-47). Cadde così l'oligarchia, e si iniziò il dominio di uno solo nello Stato fiorentino, pur essendo rispettate le forme repubblicane. Seguì un periodo di reazione con esili, confische e anche condanne a morte. Ma nessuno degli ordinamenti del comune venne abolito; nessuna apparenza di predominio in città circondò la famiglia dell'accorto Medici, il quale ostentò sempre contegno di semplice cittadino sia nella vita privata, sia nella vita pubblica, tenendosi lontano dai maggiori uffici dello Stato.

In realtà questi uffici erano ricoperti costantemente da persone che, devote ai Medici, nella direzione degli affari pubblici prendevano ordini da Cosimo; e fuori di Firenze tutti riconoscevano in Cosimo il vero signore della città. Il popolo si accontentava del rispetto, per le forme esteriori della libertà, che era in realtà assai ristretta; e la munificenza di Cosimo, che esercitava con signorile larghezza il mecenatismo, spendeva generosamente in opere di beneficenza, profondeva somme nella costruzione di chiese, palazzi e conventi, accoglieva con deferenza i dotti fuggiaschi dalla Grecia, favorendo lo studio del greco e la fondazione dell'Accademia Platonica, creò intorno a lui quel sentimento di ammirazione e di riconoscenza che si concretizzò per pubblica deliberazione nel titolo di padre della patria.

Se Cosimo seppe assicurare un periodo di tranquillità interna a Firenze, con l'abilità diplomatica seppe anche destreggiarsi tra le lotte che si svolgevano aspre fra gli Stati della penisola, garantendo all'estero la sicurezza e la grandezza di Firenze. L'accorta ed energica politica estera di Cosimo si manifestò nella funzione di mediatore per mantenere, dopo la pace di Lodi, l'equilibrio fra gli Stati italiani quali si erano costituiti nel corso di un secolo di guerre, lasciando questa politica in retaggio al continuatore della sua opera, il nipote Lorenzo il Magnifico.

Cosimo morì nella villa di Careggi il 1° agosto 1464.


Vedi il Quindicesimo Secolo