Alessandro Farnese ( Alexander )

Alexander

Alexander

Dobbiamo fare una digressione, anche se restando in famiglia. Il figlio di Ottavio. il giovane Alessandro, nato nel 1545, viveva tra la corte di Bruxelles e quella di Madrid. Era giunto nella capitale belga in compagnia della madre, la tenace Margherita d'Austria, figlia naturale di Carlo V e già vedova di Alessandro dè Medici. La signora aveva preteso di seguire il figlio, anche per allontanarsi dal secondo marito e padre del ragazo. Ella infatti accusava Ottavio Farnese di varie cosette, non ultima la maniacale tirchieria nei confronti dei familiari. Durante il viaggio da Parma a Bruxelles. in una sosta a Milano ospite del cardinale Borromeo, si lamentò di trovarsi << li' con un buon numero di donne et di figli in un viaggio sì fatigoso et lungo senza l'aiuto et senza consiglio et con pochissimi danari, cosa che farebbe sbigottire ogni valente homo non che me >>. In seguito si distaccò a malincuore dal figlio tanto amato e tornò a Parma, felice di andarsene di nuovo quando Filippo II di Spagna la nominò governatrice dei Paesi Bassi.

Alessandro aveva disposizione per la matematica e le scienze militari, praticava diversi sport, salto, corsa. equitazione, caccia, nuoto e, se sport si può chiamare, anche danza. Generoso e coraggioso, simpatico alle signore, finì con l'esserlo anche al diffidente e complessato monarca. Fu lui, Filippo, a scegliere la moglie adatta a quel ragazzo tanto meritevole, naturalmente una donna virtuosa, Maria del Portogallo.

Ritratto di Maria di Braganza

Preceduta dal marito, la sposa fu assai ben accolta a Parrna nel giugno 1566, con cerimonie regali. Gli Anziani deliberarono di omaggiare ai freschi coniugi dodicimila ducatoni, per cui s'impose l'aumento di un quattrino per ogni libbra di sale e non pochi mangiarono la minestra insipida.

Anche per Alessandro il soggiorno parmense aveva poco sapore: si sentiva tappato e costretto all'immobilità dentro il piccolo, provinciale recinto paterno. Gli sposi alloggiavano nel Palazzo vescovile; Maria, quasi predestinata alla vita monacale, si dedicava a opere di pietà e beneficenza; Alessandro scappava per conto proprio e al solito coltivava diversi sport, privilegiando, secondo i pettegolezzi, la ginnastica extraconiugale: in quest'ultima attività non faceva che imitare in sostanza i passatempi del padre. Ma la carriera militare, il suo vero genio, lo chiamava all'appello. Nel 1571 partecipò con onore alla battaglia di Lepanto, sotto il comando dello zio materno don Giovanni d'Austria, suo amico e coetaneo. Alessandro potè sfogare il represso desiderio di gloria quando, avvistata la galera del tesoriere turco Mustafa, se ne impadronì con un ardito arrembaggio, nel quale eccelsero i fendenti a due rnani del suo spadone. Don Giovanni divenne in seguito governatore dei Paesi Bassi in luogo di Margherita, e Alessandro gli succedette nel 1578, quando lo zio passò a miglior vita.

Per mantenere la carica Alessandro dovette licenziare la madre, che in un primo tempo aveva sperato di riprendere il suo posto alla morte di Giovanni (cosi ricarnbiano i figli). Rimasto solo al potere, Alessandro divenne il grande antagonista di Guglielmo d'Orange durante la terribile lotta fra cattolici e protestanti nei Paesi Bassi. Quando nel 1585 costrinse alla resa la citta di Anversa, la sua stella arrivo allo zenit Margherita moriva in solitudine nel gennaio dell'anno dopo: Iontano nella sua memoria il giorno in cui fece il primo ingresso a Parma, e i cittadini avevano coperto di panno il percorso del corteo e rintronavano salve di artiglieria, campane, tamburi, trombe, trombette e pifferi come non si era mai udito e come raccontava nella sua rustica cronaca il parroco di Berceto, don Giorgio Franchi.

A settembre morì il duca Ottavio, e Alessandro inoltrò a Filippo II una richiesta di congedo. Forse il bisogno di ritirarsi era sentito, forse desiderava sinceramente di ritirarsi a governare il piccolo ducato padano. La risposta del re fu negativa: per motivi di affetto il monarca, offrendosi come suo padrino in coincidenza con il duplice lutto, non se la sentiva di rinunciare a lui, che rimase al servizo della corte di Spagna e sottoscrisse la propria condanna. Nel 1588 l' Invencilble armada, la flotta indirizzata da Filippo contro l'lnghilterra, venne sbaragliata dalla marina elisabettiana e dall'inclemenza del mare Centoquaranta navi e ventimila sodati quasi completamente annientati fu l'esito catastrofico di un'azione che Alessandro aveva disapprovato e che pure dovette in qualche modo assecondare e progettare, secondo la volontà del sovrano, ansioso di sbarcare in territorio inglese, un sogno hitleriano altrettanto stolido.

Il disastro ricadde in gran parte sulle spalle del Farnese, capro espiatorio della sospettosa natura di Filippo e dell'invidia di corte. Tuttavia, benche' caduto in disgrazia e assai malandato in salute, obbedì ancora all'imposizione del re, che lo obbligò a prendere di nuovo le armi in Francia a favore della lega cattolica contro Enrico di Navarra. Con l'aiuto del figlio Ranuccio compi' imprese eroiche, anche se del tutto inutili, venne ferito seriamente in battaglia e si rese conto della sua precaria situazione politica. Invano scriveva a Filippo nobili parole:

Io mi rammarico di vedermi, dopo tutte le fatiche sostenute e i pericoli corsi in serizio di V M. quando appunto sto coll'anima fra i denti e colla morte alla gola dimenticando figli, casa ed amici, trattato così invece di ricevere riguardi e onori, invece di venir posto in grado di lasciar ai miei figli cio che è meglio di tutte le ricchezze che la mano di un re può dare, cioè un nome onorato e senza macchia. Voglia V.M. considerare questa cosa non tanto con occhio di sovrano quanto di cavaliere.

Tornato a combattere, si aggravò in poche settimane e morì nel dicembre del 1592 all'età di quarantasette anni. Il suo cadavere imbalsamato arrivò a Parma il 15 marzo 1593 e posto nella chiesa dei Cappuccini, dove vennero riunite anche le spoglie della moglie, aria del Portogallo. Nel 1823 le ceneri furono traslocate nella cripta della chiesa della Steccata, in un'urna che porta un solo nome: Alexander.

L'illustre personaggio tornava soltanto così. Alla morte del padre Ottavio, nel 1585, era venuto a Parma, ma per poco tempo lasciò la reggenza al figlio Ranuccio, a quale fu largo di consigli su problemi di amministrazione, quali la ripartizione delle imposte, lo sviluppo delle industrie, la viabilità, la rapidità dei processi. Non solo: nel 1587 gli comandò di arraffare lo Stato Pallavicino, altra grande signoria feudale, con capitale Busseto, al confine tra la bassa parmense e piacentina. Sconfitto e imprigionato, Alessandro Pallavicino dovette barattare le sue terre con la libertà personale, e tuttavia intraprese contro i Farnese una lunga lite durata fino al 1633. quando i Pallavicino rinunciarono a ogni loro diritto in favore del duca di Parrna.