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Aviazione ed avieri nella Seconda Guerra M
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L'Italia incomincia nell'impreparazione assoluta.

Fin dai primi giorni del conflitto, l'Italia ha dichiarato la non belligeranza. Ma la decisione, che aveva suscitato consensi dal papa Pio XII a tutti coloro che non volevano il ripetersi di una catastrofe per l'umanità, era motivata fondamentalmente da tre ragioni: l'impreparazione dell'esercito, già logorato dalle precedenti guerre d'Africa e di Spagna, che hanno vuotato i magazzini militari e ridotto gli armamenti; l'insufficienza delle risorse industriali del paese; in ultimo il fatto che Italia e Germania si erano accordate segretamente per rinviare almeno di tre anni la guerra (patto che Hitler non aveva dunque rispettato). Ma, benché l'esercito italiano non fosse preparato per sostenere nuovamente una guerra, Mussolini e il suo seguito erano persuasi che l'Italia dovesse ugualmente parteciparvi, per beneficiare dei vantaggi derivanti dalla vittoria tedesca ritenuta sicura. Pertanto, quando cominciarono a diffondersi le notizie delle vittorie degli eserciti tedeschi in Polonia e in Francia, Mussolini decise di affiancare la Germania, calcolando che gli sarebbero bastate solo poche migliaia di morti per sedersi al tavolo della pace. Così, ad un mese di distanza dal martellante fuoco delle artiglierie germaniche e dai continui e micidiali attacchi in picchiata degli Stukas sopra Dunkerque, l'Italia entrò in guerra il 10 Giugno 1940 per seguire Hitler nelle ostilità contro Francia e Inghilterra. All'inizio la situazione era confusa: l'Italia aveva preparato piani sia per allearsi con Francia e Inghilterra, sia con la Germania e tale confusione regnava anche tra le Forze Armate al punto che un coordinamento d'azione con i tedeschi era stato messo in atto solo dalla Marina, ma non dall'Aeronautica.

L'Aviazione italiana durante le prime disastrose imprese

Nella notte tra il 12 e il 13 Giugno 1940 iniziò l'attività dell'Aviazione italiana, che cercò di attaccare la base navale di Tolone senza successo, anche a causa delle pessime condizioni meteorologiche. I bombardieri italiani BR 20 fronteggiarono i caccia francesi, subendo la perdita di due velivoli e la mortificazione dell'equipaggio, che, messosi in salvo coi paracadute, fu linciato dai civili appena atterrato.

Il 22 Giugno il capo del governo francese - il maresciallo Henri Pétain, eroe di Verdun nella 1^ guerra mondiale - firmò l'armistizio con Germania e Italia, con il quale la Francia atlantica passava sotto il controllo germanico, mentre la Francia centro-meridionale (o "Francia di Vichy" dal nome della capitale provvisoria), pur libera dall'occupazione nazista, era obbligata al collaborazionismo con gli occupanti. Il 24 Giugno anche l'Italia cessava le ostilità: nonostante la brevità degli scontri, questi avevano evidenziato lentezza e scarsa dotazione di armi nei nostri velivoli.

All'inizio dell'estate era iniziata anche l'offensiva aerea marittima e terrestre nel Mediterraneo centrale e in Africa, decisa dai nostri comandi al fine di colpire l'Inghilterra nel cuore dei suoi traffici e dei suoi rifornimenti, paralizzandone le linee di navigazione attraverso i canali di Sicilia e di Suez. L'isola di Malta fu sorvolata in ricognizione offensiva dai bombardieri trimotori Savoia-Marchetti S-79. L'isola rappresentava una munitissima base inglese dalla quale partivano velivoli e navi per intercettare i convogli italiani di rifornimento nel Mediterraneo, tra l'Italia e la Libia. Malta doveva essere conquistata dall'alto dalle forze dell'Asse, con l'impiego della divisione di parà "Folgore". Ma Hitler, che era letteralmente ossessionato dal fronte russo, non favorì l'iniziativa e, nonostante i ripetuti bombardamenti a cui fu sottoposta, Malta non cedette e molti furono i morti fra italiani, tedeschi e inglesi.

A settembre il Corpo Aereo Italiano fu inviato in Belgio per affiancare la Luftwaffe tedesca e, ancora una volta, emerse l'impreparazione dei nostri piloti e l'inadeguatezza dei velivoli, la cui strumentazione risultava insufficiente in situazioni atmosferiche non ottimali.

La Battaglia d'Inghilterra

Anche l'offensiva alla Gran Bretagna fu un fallimento. Dal luglio all'ottobre 1940 contro gli inglesi si scatenò la furiosa offensiva aerea della Germania, ma la violenza degli attacchi aerei notturni non piegò la fermezza del popolo britannico.

In quella che viene ricordata come la "Battaglia d'Inghilterra", Hitler tentò di piegare l'unica potenza europea fieramente avversa al nazismo. Il dittatore, che ormai disponeva di basi navali sulla Manica, aveva progettato uno sbarco in Inghilterra. Ma per attuare l'operazione denominata Leone Marino, era necessario paralizzare la flotta e l'aviazione britannica: soprattutto era indispensabile il dominio dell'aria. La bilancia della dotazione aerea pendeva senz'altro dalla parte tedesca. Nel luglio del 1940, il maresciallo Herman Gö ring, comandante della Luftwaffe, radunò circa 2.800 aerei, ma solo la metà era effettivamente efficiente e pronta al combattimento: 1.200 bombardieri, 87 Stuka, 650 caccia (i famosi Messerschmitt). L'Inghilterra opponeva 704 aerei, di cui 620 aerei da caccia: gli Hurricane (Ciclone) e gli Spitfire (Sputafuoco). Per ben 84 giorni i bombardieri tedeschi sganciarono su Londra, Bristol, Southampton e Liverpool migliaia di bombe; Coventry fu letteralmente rasa al suolo, ma non piegarono la volontà di resistenza della popolazione e la tenacia eroica dei soldati inglesi. Ciò fu reso possibile da tre motivi: dal valore dell'aviazione inglese, la famosa R.A.F., Royal Air Force, che si rafforzò proprio sotto l'urto dell'attacco nemico; dalla maneggevolezza degli Spitfire, aerei di punta inglesi (che però sparavano meno lontano ed erano meno veloci dei Messerschmitt); dall'uso del "radar", una recente segreta invenzione che permetteva di conoscere la consistenza e la direzione di arrivo delle squadriglie nemiche ad una distanza di circa 160 km. I caccia tedeschi riuscirono a sorprendere i piloti della R.A.F. durante i decolli e gli atterraggi, quando, a corto di carburante o di munizioni, facevano ritorno alle loro basi. Probabilmente, se questa tattica fosse continuata, le cose avrebbero potuto anche andare diversamente. Tuttavia, il 24 Agosto, un bombardiere tedesco, sganciando le sue bombe su Londra, colpì anche Buckingham Palace. La regina, in tale occasione, si disse contenta dell'episodio, poiché, se non fosse accaduto, non avrebbe potuto camminare fra i suoi sudditi, conscia del fatto che essi perdevano le loro case, mentre la sua non veniva colpita. Ciò non provocò lo scoramento fra la popolazione che non abbandonò la città, né l'attività, dando sostegno morale ai suoi soldati. I londinesi utilizzarono le stazioni della metropolitana come rifugi durante i bombardamenti.

Alla fine dello scontro il conteggio degli aerei abbattuti fu a vantaggio degli Inglesi, con 915 aerei perduti contro i 1733 dei Tedeschi.

Aviazioni a confronto

Anche se la guerra effettivamente si fosse conclusa in tempi brevissimi, le azioni belliche attuate dal nostro esercito avrebbero comunque sottolineato quanto sarebbe stato meno avventato avventurarci in un altro conflitto. I nostri piloti spesso si trovarono a combattere in inferiorità numerica e tecnica, quest'ultima causata dalla scarsa capacità produttiva dell'industria nazionale, rallentata anche dalla cronica mancanza di materie prime. "Dal gennaio 1940 all'agosto 1943, dagli stabilimenti italiani uscirono 11.508 velivoli, mentre nel solo 1943 il Giappone ne costruì 16.300, l'Unione Sovietica 18.000, la Germania 25.537, l'Inghilterra 26.263 e gli Stati Uniti 86.000" (in AA.VV., "Volare avanti", Proedi Editore, pag. 100 ). Non mancò ai piloti italiani la prodigalità nelle azioni, non supportata però da adeguata preparazione e da indispensabili attrezzature e strumentazioni di bordo: "Gli abitacoli erano aperti e quasi del tutto privi di apparati di radionavigazione; i piloti spesso rischiavano il congelamento ed erano costretti a rapide discese di quota perché persino l'olio degli erogatori di ossigeno ghiacciava impedendone il flusso. L'equipaggiamento personale era carente e antiquato, come i giubbotti salvagente dei piloti italiani, formati da salsicciotti di sughero, scomodi e voluminosi: ben diversi da quelli dei loro colleghi tedeschi, gonfiabili e pratici".

La guerra in Grecia.

Fu una decisione, presa solo per motivi di prestigio, che si rivelò improvvisata e dannosa. Due settimane prima era stata organizzata una riunione a Roma per mettere a punto questo scontro. Ma a questo incontro non parteciparono né il Capo di Stato Maggiore della Marina, né quello dell'Aeronautica, a seguito di incomprensioni reciproche, che già erano emerse il 9 Luglio durante la Battaglia di Punta Stilo, quando i bombardieri italiani scambiando per unità nemiche delle unità amiche le attaccarono. Queste ultime, invece di farsi riconoscere, si difesero abbattendo un bombardiere. Con le forze armate in queste condizioni di attrito e con il capo del governo disinformato sulle capacità effettive dell'esercito, l'Italia intraprese la difficile campagna di Grecia. Si rese necessario l'intervento delle truppe tedesche. Poiché la Grecia resistette a lungo, l'Italia e la Germania furono costrette a impiegare consistenti truppe, togliendole da altri fronti. Nonostante tutto l'aviazione si comportò molto bene, anche senza il coordinamento con le truppe di terra.

Roald Dahl, pilota inglese della R.A.F., nel suo libro autobiografico "In solitario – Diario di volo" ci offre una personale testimonianza della sua partecipazione alla Guerra in Grecia.

Nuove strategie di coordinamento tra le forze alleate ed efficienza degli Stukas, i bombardieri a tuffo tedeschi.

Negli anni seguenti gli Alleati adottarono un'organizzazione che mai si sarebbe vista utilizzata fra le nostre forze armate: inserirono ufficiali della RAF e dell'USAF (United State Air Force) nell'esercito per stabilire un contatto fra questo e l'aeronautica, cercando di conseguire un migliore coordinamento negli interventi futuri. Intanto, una delle armi più efficaci utilizzate dall'esercito tedesco, i bombardieri Junkers-87, meglio conosciuti con la denominazione di "Stukas", continuavano a distinguersi nei cieli dell'Europa in guerra, soprattutto nelle zone di montagna, dove erano necessari bombardamenti su obiettivi ben precisi.

La guerra nell' Africa settentrionale.

Quando l'Italia entrò in guerra, possedeva nel Nord Africa mezzi superiori all'Inghilterra, ma mentre gli inglesi erano al corrente della consistenza della nostra forza aerea grazie all'efficienza dei servizi segreti, gli italiani ne erano all'oscuro, anzi sovrastimarono le forze aeree inglesi, così la guerra fu combattuta soprattutto con i mezzi di terra. Questo permise agli inglesi di guadagnare tempo per migliorarsi e per superare l'Italia. L'aviazione italiana venne usata per scopi secondari, a volte solo per ricognizione. La carenza di uomini e materiali dell'Italia permise all'Inghilterra di passare alla controffensiva già nel dicembre 1940. Il comando e l'iniziativa in Africa passarono all'esercito tedesco del generale Erwin Rommel, detto la "Volpe del deserto" per la sua abilità e la sua astuzia. Sotto la sua guida le truppe italo-tedesche arrivarono a breve distanza da Alessandria d'Egitto e dal Canale di Suez e nella primavera del '41 gli inglesi furono costretti a ripiegare. Dopo alterne vicende, prologo e causa della ritirata in Africa delle forze dell'Asse è la Battaglia di El Alamein (autunno del '42), la più grande e sanguinosa battaglia mai combattuta nella storia da eserciti europei in terra africana. Alla vigilia di questa battaglia Rommel venne lasciato privo di protezione aerea: per ordine di Hitler, la precedenza nei rifornimenti toccava al fronte orientale. L'aviazione alleata è padrona del cielo, in quanto anche gli italiani sono praticamente assenti. Nel maggio del '43 avviene la disfatta dell'Asse in Tunisia e il tricolore viene ammainato per sempre in terra d'Africa.

Ancora Roald Dahl, sempre nel suo libro autobiografico "In solitario – Diario di volo" ci offre una personale testimonianza della sua partecipazione alla Guerra nell'Africa settentrionale.

L'avanzata tedesca a est e la tragica ritirata.

L'obiettivo principale di Hitler consisteva nell'eliminazione dell'Unione Sovietica: le fertili pianure dell'Ucraina costituivano, secondo il suo criminale progetto, lo "spazio vitale" necessario all'espansione della "razza tedesca". Il 22 Giugno 1941, senza preavviso, fu dato il via al Piano Barbarossa, l'attacco improvviso all'Unione Sovietica secondo le modalità della Blitzkrieg, la Guerra-lampo: penetrare rapidamente nel paese attaccato con i carri armati appoggiati dalle forze aeree, senza attardarsi a ridurre le sacche di resistenza. L'Asse schierò 3900 velivoli contro i circa 4600 del nemico. Come in occasione della Guerra civile spagnola, i piloti italiani e tedeschi si trovarono contro quelli sovietici. Un blitz aereo colse "di sorpresa" e distrusse al suolo 1.800 aerei sovietici. I Macchi MC 200 si scontrarono per la prima volta con bombardieri e caccia sovietici, che, pur essendo meglio armati, subirono per ben sei volte la vittoria della forza aerea italiana.

Nonostante le proibitive condizioni meteorologiche del terribile inverno russo, i piloti non mancarono al loro compito di occuparsi dei trasporti di armi, materiali e feriti anche quando le piste degli aeroporti erano ricoperte da mota appiccicosa: solo i vecchi trimotori S 81 riuscirono a sopraffare il fango e continuarono imperterriti le loro indispensabili attività di volo.

Nel luglio '42 iniziò una nuova offensiva che fece avanzare il fronte velocemente. I russi ora pilotavano i nuovi caccia MIG 3, i Lagg e gli Hurricane e gli Airacobra forniti dagli Alleati, mentre gli italiani erano stati dotati dei nuovi MC 202.

Nell'autunno, però, ci fu l'arresto dell'offensiva e nell'inverno i russi contrattaccarono: la controffensiva sovietica riportò un grande successo a Stalingrado, dove oltre 200.000 soldati tedeschi furono costretti ad arrendersi. Per l'ARMIR (Armata italiana in Russia) cominciò l'estenuante ritirata attraverso pianure coperte di neve e ghiaccio.

L'intervento del Giappone

Il 7 Dicembre 1941 l'aviazione giapponese attaccò di sorpresa la flotta americana ancorata nella baia di Pearl Harbour, nelle isole Haway: bombardieri e aerosiluranti giapponesi distrussero gran parte della flotta americana del Pacifico e più di 200 aerei andarono distrutti al suolo, permettendo ai giapponesi di lanciarsi alla conquista del sud-est asiatico. Ma a partire dalla metà del '42 cominciarono a subire i contraccolpi delle forze aeronavali americane: la flotta americana, ormai riorganizzata, riportò una netta vittoria su quella giapponese presso le isole Midway, nell'oceano Pacifico.

La controffensiva degli Alleati e l'armistizio dell'Italia.

Tra l'estate 1942 e il 1943, dunque, la situazione si capovolge: la controffensiva alleata costringe le truppe italo-tedesche a ripiegamenti su tutti i fronti:

  • Giugno '42: la flotta giapponese è battuta da quella americana alle isole Midway;
  • Ottobre '42: offensiva inglese a El Alamein;
  • Gennaio '43: vittoria dei sovietici a Stalingrado e ripiegamento dell'esercito tedesco;
  • Luglio '43: gli Alleati sbarcano in Sicilia.

Mentre le notizie dal fronte si facevano sempre più scoraggianti, tanto che neppure la propaganda fascista riusciva più a tenerle nascoste, anche la vita civile era diventata particolarmente difficile nel nostro paese: i prezzi salivano e gran parte dei prodotti di largo consumo, divenuti molto scarsi, venivano razionati. L'avversione per una guerra che ben pochi italiani avevano voluto e l'antipatia per i tedeschi che si comportano da padroni è sempre più diffusa, mentre massicci bombardamenti di aerei alleati investono fabbriche e città italiane. Il 19 Luglio rilevanti forze aeree americane bombardano Roma e Frascati, dove ha sede il comando germanico in Italia. Si fa sempre più consistente l'opinione che si debbano prendere contatti con le potenze alleate per arrivare a svincolarsi dalla Germania e firmare una pace separata. Milano, Torino, Bologna, Napoli, Genova e numerose altre città minori vengono devastate dalle bombe dirompenti e incendiarie sganciate dagli aerei secondo la tecnica del "bombardamento a tappeto", già sperimentata dai Tedeschi in Inghilterra.

Il 3 settembre 1943 l'Italia firmò l'armistizio con gli anglo-americani a Cassìbile, in Sicilia (reso noto solo l'8) e si ritrovò divisa in due: il Sud guidato da un governo appoggiato dagli alleati, il Nord occupato dai tedeschi. Ma quel che fu peggio è che nessuno penso alla sorte dei soldati italiani lasciati a fronteggiare la reazione tedesca, privi di ordini da parte degli alti comandi. La radio aveva detto soltanto che dovevano rispondere agli attacchi da qualunque parte provenissero! Fu l'inizio della Guerra civile.

La guerra civile.

La Germania, che fino a poco più di un mese prima era stata nostra alleata, diventò così la nostra nuova nemica e a lei si dichiarò guerra il 12 Ottobre '43. "Ai piloti italiani presenti nelle zone occupate dagli Alleati fu offerto di entrare nell'Aviazione, al comando degli angloamericani e alcune squadre furono incaricate di battere aree dell'Italia Meridionale e dell'Africa per recuperare materiale bellico abbandonato. Furono fatti miracoli: utilizzando residuati di ogni genere, molti aeroplani, dati per irrecuperabili, ripresero a volare. Spesso erano ibridi: montavano pezzi di macchine di altre marche. Fu utilizzato perfino il bancone d'alluminio di un bar. Solo in seguito i nostri reparti vennero forniti di aerei americani e inglesi: dapprima vecchie carrette, poi anche un certo numero di Spitfire"

"Gamba di Ferro".

Con il nome di "Gamba di Ferro" fu soprannominato il tenente colonnello Ernesto Botto, perché durante la Guerra di Spagna, cui aveva partecipato, aveva perso una gamba e gli era stata applicata una protesi. Gamba di Ferro, dopo l'armistizio e dopo la fondazione della Repubblica di Salò da parte di Mussolini, si era arruolato nell'Aviazione Nazionale Repubblicana (ANR) per contrastare i bombardamenti cui erano sottoposte le città italiane da parte degli Alleati. La situazione era critica, in quanto ovviamente i piloti italiani erano guardati con sospetto dal comandante della Luftwaffe nel Nord Italia, che nell'agosto del '44 ordinò a tutto il personale italiano di arruolarsi nella Luftwaffe stessa, ponendosi agli ordini degli ufficiali tedeschi. Fortunatamente, solo quando Mussolini venne informato del fatto, ne parlò con Hitler che richiamò in Germania il comandante e la cosa finì lì.

"The Ghost Fighter Group"

Con il termine "Gruppo fantasma" (versione italiana dell'americano "Ghost Fighter Group") furono denominate le esigue forze aeree italiane, dopoché molti reparti della Luftwaffe furono richiamati nel Nord Europa. Seppur esigue le nostre forze riuscirono ad infastidire gli americani, che non riuscirono ad individuarne i relativi aeroporti per bombardarli. In realtà, i Messerschmitt BF 109, protagonisti di questo episodio, non avevano base in un aeroporto, ma "posteggiavano" mimetizzandosi fra alberi in un'area piuttosto ampia fra la Lombardia orientale e il Veneto. Il rifornimento di carburante e di munizioni veniva effettuato da tecnici che giungevano da chilometri e chilometri di distanza, decollando al momento opportuno e mettendosi in formazione dopo alcuni minuti di volo separato. 800 velivoli americani si impegnarono per "scovare" e annientare il Gruppo Fantasma, ma riuscirono ad abbatterne solo cinque.

L'aviazione italiana dopo la guerra.

Quando gli Anglo-Americani il 21 Aprile 1945 superano la "linea gotica" irrompendo nella pianura Padana, in tutte le maggiori città del Nord il 25 le popolazioni insorgono e, affiancando le azioni dei partigiani che proteggono dalle rappresaglie tedesche i grandi impianti industriali, si liberano dall'oppressione nazista ancor prima dell'arrivo degli Alleati. La guerra è giunta finalmente al suo epilogo e tutto il materiale bellico viene consegnato agli Americani. Il 10 Febbraio 1947 venne firmato a Parigi il Trattato di Pace: le condizioni furono imposte all'Italia, che dovette accettarle senza discussione per effetto della "resa incondizionata" dell'8 Settembre. Il Trattato attutì le sorti dell'Aeronautica Militare, che in un primo momento, proprio a seguito della resa stessa, avrebbe dovuto essere smantellata: grazie agli Americani l'Aeronautica Militare Italiana, anche se in forze ridotte, riprese l'attività, dapprima riciclando materiale recuperato o di provenienza alleata. Con l'ammissione dell'Italia all'Agenzia Internazionale per l'Aviazione Civile ripresero le commesse all'industria nazionale. Nel futuro della nostra aeronautica si profilava un nuovo orizzonte: i nostri cieli sarebbero stati solcati dal volo dei jet.


Tratto da UOMO E VOLO