Principali battaglie ed azioni navali della Regia Marina Italiana

Scontro di Punta Stilo del 9-07-1940

Una grossa formazione italiana, composta da due corazzate Cesare e Cavour (illustrate qui a fianco), da 16 incrociatori e 18 cacciatorpediniere, dopo aver scortato un convoglio a Bengasi, stà dirigendosi a Taranto. La Squadra inglese stà dirigendo verso Malta dove l'attende un convoglio, quando i due avversari vengono a conoscenza delle rispettive posizioni . Le corazzate Cesare e Cavour

Gli inglesi tentano di tagliare la via alle navi italiane, che evitano l'intercettazione e, su ordine di Supermarina, vanno ad attendere quella inglese al largo di Punta Stilo, perchè si temeva un attacco ai porti italiani. Qui' si verifica un breve scontro, il primo tra corazzate della storia navale italiana, senza apprezzabili conseguenze, pochi colpi a segno con danni poco rilevanti, per nessuno dei contendenti. Non volendo rischiare troppo viene rotto il contatto ed ambedue le squadre dirigono per le proprie basi, senza impegnarsi ulteriormente. Ci fu anche la nota incomprensione tra le forze aeree italiane con la Marina: vennero bombardate, senza danni, anche le navi italiane.

 

Scontro di Capo Teulada del 27-11-1940.

Una flotta italiana di due corazzate e sei incrociatori, con la consueta scorta di cacciatorpediniere, si porta, dietro ordine di Supermarina a sud-ovest della Sardegna , in posizione di agguato. Riceve tardivamente notizie sulla posizione del nemico, quando l'avversario è già a nord della Tunisia, inoltre non ci sono informazioni sulla natura della missione del nemico che era la protezione di un convoglio diretto a Malta. La Squadra italiana dirige per intercettare quella inglese, che a sua volta le và incontro per allontanarla dal convoglio . Le forze sono all'incirca pari (gli inglesi hanno 2 corazzate e 5 incrociatori, oltre ai Ct) , e l'Ammiraglio che comanda la Squadra italiana ha l'ordine di Supermarina di non impegnarsi se non in condizioni di superiorità: così la Squadra italiana, in vista del nemico, manovra per allontanarsi: gli inglesi sparano con i cannoni di prua e gli italiani con quelli di poppa. Le distanze tra le due formazioni di incrociatori si aggirano sui 20000 metri, le corazzate sono più lontane e, per il momento, fuori tiro; il tiro italiano sembra efficace: alle 12.22 un primo colpo centra l'incrociatore inglese Berwick a poppa, alle 12.35 ne arriva un altro; muoiono alcuni marinai inglesi ma i danni sono lievi ed il combattimento continua senza particolari avvenimenti; poco dopo viene colpito il cacciatorpediniere italiano Lanciere, che, emessa una cortina fumogena, si disimpegna; le due corazzate italiane (Vittorio Veneto e Cesare), a questo punto, fanno una larga virata e si dirigono inconto al nemico; alle 13.00 il Vittorio Veneto apre il fuoco, all'enorme distanza di 29000 metri, con i suoi cannoni da 381 mm. Spara diciannove salve solamente ma è sufficiente: gli incrociatori inglesi rompono il contatto, soddisfatti di aver raggiunto il loro scopo allontanando gli italiani dal convoglio che, nel frattempo, si e' allontanato indisturbato verso Capo Bon; d'altro canto gli italiani sono anch'essi soddisfatti di aver affrontato la flotta inglese a pochi giorni dal bombardamento di Taranto (che aveva scosso il loro morale, visto che erano state danneggiate parecchie navi), senza subire perdite. Lo scontro di Capo Teulada era terminato alla pari per reciproco consenso.

Scontro di Gaudo del 28-03-1941.

Tre incrociatori italiani (Trento, Trieste e Bolzano) avvistano alle 07.55 quattro incrociatori inglesi, che subito si allontanano verso sud-est, dove era il resto della flotta inglese, ritenendo di essere in condizioni di inferiorità (erano forniti di cannoni di minor calibro). I tre incrociatori italiani alle 08.12 aprono il fuoco alla distanza di 22000 metri circa ma le salve sono troppo disperse per essere efficaci; gli incrociatori inglesi, sapendo che, per i loro cannoni, gli avversari sono fuori tiro, sparacchiano un po', giusto per farsi coraggio. L'inseguimento continua per un 'ora e poi gli incrociatori italiani invertono la rotta. Anche gli inglesi pero' fanno la stessa cosa e li seguono grande distanza , mantenendosi fuori tiro, per tenerli sotto osservazione. Nel frattempo sopraggiunge la Vittorio Veneto che, non appena giunge a tiro, alle 10.55, apre il fuoco alla distanza di 23000 metri: gli incrociatori britannici non possono fare altro che fuggire sotto le cannonate dei grossi calibri italiani che però soffrono della solita dispersione: dei 94 colpi da "381" sparati non uno va a segno. Nell'inseguimento la formazione italiana si è portata nel raggio di azione degli aerei inglesi e così arriva un primo attacco di aerosiluranti contro la Vittorio Veneto: l'attacco va a vuoto ma le manovre effettuate per sottrarsi ai siluri hanno fatto perdere il contatto con il nemico. Alle 12.20 il Comandante italiano sospende l'inseguimento. Ritornando verso la base, la formazione italiana, sono le 15.09, viene improvvisamente sottoposta ad un violento attacco combinato di bombardieri ed aereosiluranti. Un aerosilurante (pilotato dal Capitano di corvetta Dalyell-Stead) riesce a portarsi ad una distanza di 1000 metri dal Vittorio Veneto e sgancia il suo siluro: malgrado una manovra di emergenza la Vittorio Veneto viene colpita all'altezza dell'elica esterna di sinistra ed imbarca 4000 tonnellate d'acqua. In un primo momento la nave è costretta a fermarsi, poi, alle 16.42, riparte: da questo momento la corazzata italiana potrà procedere alla velocità massima di 19 nodi; inizia la serata che vedrà lo scontro di Matapan

Scontro di Capo Matapan del 29-3-1941.

Mentre stà rientrando a Taranto, la flotta Italiana, priva di copertura aerea, subisce due attacchi da aereosiluranti e da bombardieri, tutti decollati dalla portaerei Formidable. Tutti gli attacchi, ad eccezione di un siluro, che nel pomeriggio colpisce la Vittorio Veneto, vengono evitati senza gravi conseguenze. Un ulteriore violentissimo attacco di aereosiluranti, tra le 19.36 e le 19.50, colpisce ed immobilizza il Pola. Nel frattempo, la flotta Inglese di base ad Alessandria si sta' avvicinando per colpire la Vittorio Veneto che era stata rallentata, ma le navi italiane ne ignorano la presenza, avendo avuto rapporti imprecisi (vengono segnalati solo alcuni incrociatori nemici) e discordanti. Perciò la 1^ divisione, composta dagli incrociatori Zara, Fiume e quattro cacciatorpediniere (Alfieri, Gioberti, Carducci ed Oriani), inverte la rotta per soccorrere il Pola, anche se tardivamente, a causa di ritardi nelle decifrazioni dei messaggi; purtroppo incontrano il grosso della flotta inglese. Questa, inavvistata, si porta a breve distanza dalle navi italiane localizzate grazie ai radar e le illumina a giorno con dei potenti riflettori: è un massacro. Alle 22.30 ad appena 3500 metri di distanza i proiettili di oltre mille kg. sparati dalle corazzate inglesi squarciano i due incrociatori e due cacciatorpediniere (Alfieri e Carducci) su quattro. In seguito, il Pola, immobilizzato, viene scoperto ed affondato. La Vittorio Veneto ed il resto della formazione, invece, proseguono indisturbati. Quella notte, una vera Caporetto del mare, perirono 2303 marinai italiani: 782 dello Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 dell'Alfieri e 169 del Carducci.

Scontro di capo Matapan

Prima battaglia della Sirte ( dicembre 1941 ).

Il 16 dicembre 1941 parte da Napoli un convoglio di quattro grandi piroscafi con la scorta di 8 cacciatorpediniere. A sud dello stretto di Messina si aggiunse una scorta di sostegno composta dalla corazzata Duilio e dagli incrociatori Aosta, Montecuccoli ed Attendolo, oltre 4 cacciatorpediniere. Più a distanza navigava in appoggio un forte gruppo con le corazzate Littorio, Cesare e Doria oltre agli incrociatori Gorizia e Trento e 10 cacciatorpediniere. Un enorme spiegamento di forze per soli quattro mercantili, che si spiega con il fatto che a tutti i costi andava spezzato il blocco inglese sulla rotta per la Libia, che aveva visto l'affondamento di numerosi mercantili e cacciatorpediniere di scorta. Il 17 dicembre un ricognitore aereo italiano segnala a nord di Sidi el Barrani (Egitto) una formazione inglese, che in realtà era un convoglio diretto verso Malta , scambiato all'epoca, a causa di una serie di errori di segnalazione ed avvistamento, per una vera e propria forza navale avversaria avente il compito di attaccare il convoglio italiano. A giustificare questo errore di avvistamento si può dire che faceva parte del convoglio inglese (che comunque era scortato anche da tre incrociatori) la petroliera Breconshire, che era stata cammuffata da nave da guerra e venne scambiata per una corazzata. L'ammiraglio Cunningham, comandante della flotta inglese di stanza ad Alessandria, informato dell'uscita in mare della flotta italiana, si era convinto che stesse per attaccare il convoglio e dette ordine all'Ammiraglio Vian, (comandante delle unità di scorta al convoglio) di manovrane in modo da evitare lo scontro per proteggere la preziosa petroliera , e di effettuare successivamente un attacco contro la Squadra italiana, ma solo dopo il tramonto. Per quanto riguarda gli italiani, l'Ammiraglio Iachino (comandante della Squadra), non appena ricevuto il segnale di avvistamento della formazione inglese, manovrò per entrare in combattimento, ma con grande cautela, convinto erroneamente che quella che aveva di fronte fosse una formazione da battaglia. Il gruppo del Littorio entrò in contatto con il nemico a grande distanza (oltre 30000 metri) solo verso l'imbrunire (erano le 17.53 ed il sole era tramontato alle 17.40) e, visti i noti limiti della Regia Marina nei combattimenti notturni, senza efficacia. Gli inglesi, vista l'inferiorità di forze, devono disimpegnarsi e, nonostante gli ordini di impegnare la Squadra italiana nottetempo, l'Ammiraglio Vian preferì preoccuparsi della sicurezza e della scorta a destinazione del convoglio, che giunse felicemente a Malta. Stessa cosa fece l'Ammiraglio Iachino sganciandosi verso Ovest , per porsi con la Squadra a difesa del convoglio italiano, visto che si attendeva un attacco notturno che poi non avvenne. Lo scontro a fuoco durò in tutto una quindicina di minuti: di tutti i colpi sparati nemmeno uno andò a segno. Visto che i rispettivi convogli con le loro scorte arrivarono indenni a destinazione sia Iachino che Vian avevano raggiunto i loro obiettivi. Da un punto di vista puramente militare il primo scontro della Sirte costituì un successo inglese, vista la disparità di forze in campo, ma gli italiani avevano raggiunto l'importantissimo scopo di far arrivare un convoglio indenne in Libia, riguadagnando morale e credibilità dopo la serie di insuccessi nei trasporti marittimi verso la Libia stessa. Inoltre, dopo aver accompagnato alla meta la petroliera, la forza inglese ebbe la conferma che anche quella italiana era di scorta ad un convoglio e manovrò per provare ad intercettarla; poco dopo la mezzanotte del 19 dicembre la forza inglese incappa, a 15 miglia da Tripoli, in un foltissimo sbarramento di mine, che era stato disposto dagli italiani, con grande preveggenza, proprio per evitare una incursione inglese. La formazione inglese, chiamata "forza K" perde l'incrociatore Neptune ed il cacciatorpediniere Kandahar mentre gli incrociatori Aurora e Penelope sono gravemente danneggiati, pur riuscendo, a fatica, a rientrare a Malta. Considerando anche questi elementi si può dire che l'operazione italiana si concluse con un successo. Ci fu anche una vittoria morale: il gruppo della Littorio era stato per tutta una giornata all'offensiva, contro una formazione inglese che aveva battuto in ritirata e che, nella notte, non aveva tentato nessuna reazione, pur essendo fornita del vantaggio dei radar. Al successo dell'operazione, infine, aveva notevolmente contribuito il fatto che gli Inglesi non erano accompagnati da portaerei e che le navi italiane, almeno per una volta, erano state efficacemente protette dall'aviazione italo-tedesca. Se l'Ammiraglio Iachino fosse stato informato per tempo e più esattamente sulla posizione delle navi avversarie, oltre che della loro composizione, probabilmente il gruppo inglese avrebbe subito danni certamente maggiori.

Attacco al porto di Alessandria del 18-12-1941.

La sera del 17 dicembre alle 18.40 il sommergibile italiano Scirè si è portato a circa un miglio dall'ingresso di ponente del porto commerciale di Alessandria. Alle 20.47 vengono messi in acqua tre S.L.C., i "maiali", ciascuno pilotato da due incursori, appartenenti alla X flottiglia MAS, che si dirigono, in immersione, verso l'ingresso del porto. Per un colpo di fortuna tre cacciatorpediniere inglesi stanno rientrando, cosicchè le ostruzioni retali vengono aperte, risparmiando agli assaltatori italiani il lento e faticoso lavoro per forzarle. I tre maiali si mettono in coda alle navi inglesi ed entrano nella base nemica, dirigendosi verso i rispettivi obiettivi. Il loro lavoro fu lento, faticoso ma riuscì; alle 06.00 una petroliera da 8000 tonnellate salta, seguita alle 06.15 da un esplosione che danneggia gravemente la corazzata Valiant, ed il peggio doveva ancora venire: pochi minuti dopo, alle 06.19 la Queen Elizabeth, ammiraglia di Cunningham, fa un balzo sull'acqua scossa da una forte esplosione. L'assalto ad Alessandria era pienamente riuscito: sei incursori di marina (Durand De La Penne, Emilio Bianchi, Antonio Marceglia, Spartaco Schergat, Vincenzo Martellotta e Mario Marino) erano riusciti ad infliggere alle navi inglesi una grande sconfitta: due potenti corazzate messe fuori uso per molto tempo. I sei incursori vennero catturati ed internati in prigionia.
Durand De La Penne   Durand De La Penne, comandante della missione, rientrò in Italia dopo l'armistizio del 8 settembre 1943 e venne decorato, per l'azione di Alessandria, con la medaglia d'oro al valor militare nel marzo del 1945. Alla cerimonia era presente l'Ammiraglio inglese Charles Morgan, il comandante del Valiant, che appuntò lui stesso la decorazione al petto dell'incursore italiano.

Blocco di Malta . Primo semestre 1942.

Le drammatiche esperienze nelle scorte ai convogli negli ultimi mesi del 1941 ed il gravissimo rischio che Malta, con la sua posizione strategica, aveva fatto correre ai rifornimenti in Libia non poteva più essere ignorato. Di conseguenza, i comandi italo-tedeschi , si decisero ad affrontare radicalmente il problema . Il blocco di Malta, che nel primo semestre 1942 fu quasi assoluto, venne conseguito mediante l'azione combinata di forze navali, Mas, campi minati nel canale di Sicilia e presso Malta, e di forze aeree italo-tedesche. Le battaglie che seguono sono le più salienti di quel periodo, che vide nel Mediterraneo uno spiegamento di forze che nulla ebbe da invidiare agli scontri aeronavali ben più famosi avvenuti nel Pacifico.

Secondo scontro della Sirte del 22-3-1942.

Un sommergibile italiano, il Platino, segnala a nord della Cirenaica un convoglio di 4 piroscafi diretti verso Malta, sotto la scorta di 5 incrociatori ed 11 cacciatorpediniere della Squadra di Alessandria, che era rimasta senza corazzate.Vanno ad intercettarlo la 3^ Divisione incrociatori (Bolzano, Trento e Bande Nere) da Messina, e la corazzata Littorio da Taranto, accompagnate da un totale, tra le due forze, di 10 cacciatorpediniere. Nel pomeriggio del 22 marzo, alle 14.26, gli incrociatori italiani prendono contatto con quelli inglesi e si ritirano per attrarli verso la Littorio, che sta' sopraggiungendo: intanto il convoglio viene dirottato verso sud, dietro cortine di fumo. La formazione inglese insegue quella italiana, ma nello scambio di cannonate non viene prodotto alcun danno; alle 15.20 gli incrociatori inglesi si sganciano, convinti di aver allontanato gli italiani dal convoglio (alle 15.35 segnaleranno, infatti, al loro comando di Alessandria: "nemico respinto"). Le forze italiane intanto si riuniscono e il comandante della formazione, l'Ammiraglio Iachino, decide di seguire una rotta per sud-ovest che gli avrebbe permesso di eseguire la manovra del "taglio del T" alla formazione nemica; questa fu una scelta in seguito criticata: era infatti una rotta più veloce ma rischiosa, perché la formazione italiana si sarebbe poi trovata sottovento rispetto a quella inglese, con il rischio di essere accecata dal fumo e dalle cortine nebbiogene emesse dalla flotta avversaria. Comunque sia, alle 16.31 la flotta italiana è a contatto visivo con quella inglese: la visibilità è pessima, c'è un forte vento di Scirocco a forza 5 ed il mare è grosso; alle16.43 inizia lo scontro tra i due gruppi navali: il fuoco è aperto da ambo le parti alla distanza di 17000 metri, in più gli inglesi emettono cortine fumogene, che riducono la visibilità italiana, un colpo da "152" del Bande Nere giunge a segno: l'incrociatore Cleopatra, l'ammiraglia inglese, è colpito; muoiono 15 marinai e la centrale per il tiro contraereo è messa fuori uso: la formazione inglese si nasconde dietro cortine fumogene; c'è un momento di stasi ed il fuoco viene sospeso, finchè gli inglesi mandano all'attacco 4 loro cacciatorpediniere per proteggere gli incrociatori: la flotta italiana apre il fuoco, e questa volta si aggiungono anche i potenti cannoni da 381 del Littorio; avendo scoperto, e solo a questo punto, che nella flotta italiana c'è una corazzata, i cacciatorpediniere inglesi assumono la tattica di entrare ed uscire periodicamente dalle cortine fumogene, evitando così l'accorciarsi delle distanze, perchè la formazione italiana temeva un attacco di siluri. Nel frattempo il cacciatorpediniere italiano Grecale deve rientrare alla base per un'avaria al timone dovuta al mare grosso. Alle 17.40 le unità italiane riducono comunque le distanze e riaprono il fuoco: il Trento colpisce il cacciatorpediniere inglese Sikh ma senza arrecargli gravi danni. Il mare ormai è in burrasca, gli incrociatori italiani hanno un rollio tra i 10 ed i 27 gradi, i cacciatorpediniere faticano a tenere il mare, sono le 17.52 e si sospende il fuoco. Alle 17.59 gli inglesi attaccano sbucando dalle cortine fumogene, Cleopatra in testa, e sparano da 12000 metri sul Littorio lanciandogli 3 siluri che però vanno a vuoto. Alle 18.31 gli italiani si dispongono in linea di fila e caricano a testa bassa la formazione inglese, Littorio in testa. I cacciatorpediniere inglesi si lanciano in mezzo alla formazione italiana, sfidando le salve da "381" per far allontanare i propri incrociatori. Sembra una carica suicida e gli ufficiali italiani che li osservano arrivare nel mare in tempesta dalle plance delle navi ammetteranno poi di averli ammirati: il Kingstone riceve un proiettile del Trento che gli scatena un incendio a bordo ma si disimpegna, il Lively è colpito da una salva della torre poppiera del Littorio e deve ritirarsi; comunque alla distanza di soli 5000 metri i cacciatorpediniere inglesi riescono a lanciare i loro siluri, costringendo la formazione italiana a manovre evasive. Nessun siluro colpisce il bersaglio (un aereo in coperta del Littorio si incendia per effetto delle vampate dei cannoni di bordo e dà agli inglesi l'impressione di aver colpito la corazzata), però ha dato agli inglesi il tempo di allungare le distanze; l'Ammiraglio Iachino, sono le 18.51, visto il sopraggiungere dell'oscurità ordina di sospendere il fuoco: alle 18.58 gli ultimi colpi di cannone cessano. La seconda battaglia della Sirte si era conclusa. Considerando lo scontro si può tranquillamente dire che fù una vittoria inglese (infatti ad Alessandria si festeggò la vittoria), visto l'enorme disparità di forze: una divisione di incrociatori aveva tenuto in scacco una formazione molto più forte senza subire perdite, anche se non ne aveva inflitte. Però lo scopo italiano era quello di attaccare il convoglio e qui raggiunse dei risultati: la manovra di battaglia costrinse il convoglio inglese a spostarsi molto a sud e lo attardò, cosicchè il mattino dopo, all'alba, aerei tedeschi riuscirono ad attaccarlo: alle 10.30 del 23 marzo il primo piroscafo và a fondo, poi, a 8 miglia da Malta, viene centrata la petroliera Breconshire, che, costretta ad arenarsi, viene poi definitivamente distrutta. I rimanenti due mercantili entano nel porto di Malta ed attraccano, ma vengono anche qui attaccati dagli aerei e distrutti: delle 25000 tonnellate di rifornimenti diretti a Malta ne vennero scaricate solo 5000. Come strascico della seconda battaglia della Sirte ci fu una pagina dolorosa per la Regia Marina: la formazione italiana, in ritorno verso Taranto, perse nella tempesta i cacciatorpediniere Lanciere e Scirocco: dei 470 membri dei due equipaggi se ne salveranno alla fine solo 18. Anche il Bande Nere fu danneggiato dalla tempesta ma riuscì a riparare a Messina. Fu affondato qualche giorno dopo, il 1 aprile, nei pressi di Stromboli mentre si recava a La Spezia per le necessarie riparazioni, dal sommergibile inglese Urge: i 287 marinai del suo equipaggio lo seguirono negli abissi del mare.

  Battaglia di mezzo giugno 1942 ( Intercettazione del convoglio di Alessandria )

La Squadra di Alessandria dirige verso Malta, scortando un grande convoglio composto da 9 mercantili. La Squadra italiana, al comando dell'Ammiragli Iachino esce dal porto di Taranto per intercettarla; sono le 13.00 del 14 giugno. Alle 18.00 un ricognitore alleato avvista la formazione italiana ed avverte il comando inglese; il convoglio, che nel frattempo si è ridotto perchè due mercantili sono stati affondati da bombardieri in picchiata tedeschi, viene avvisato della minaccia: continuando su quella rotta alle 7 del mattino del 15 giugno avrebbe incontrato la flotta italiana in netta condizione di inferiorità (8 incrociatori leggeri e 25 cacciatorpediniere inglesi contro due corazzate, 4 incrociatori e 12 cacciatorpediniere italiani): che fare? Il convoglio prosegue, con prudenza, confidando nella sua aviazione fino all'una di notte, poi inverte la rotta. Nella notte, all'alba e nelle prime ore del mattino gli inglesi dovrebbero sferrare violenti attacchi aerei ma, per la prima volta, la flotta italiana è munita di radar: sul Ct Legionario è installato un Dete (radar) tedesco. Manovrando grazie al radar, la flotta italiana evita le ricerche inglesi fino al mattino, quando viene scoperta ed attaccata ed il Trento viene colpito da un siluro sganciato da un arereo e rimane immobile (verrà affondato qualche ora più tardi dal sommergibile inglese P.35 che lo sorprese mentre erano in corso le operazioni di rimorchio da parte di due cacciatorpediniere che erano rimasti indietro per questa operazione); la formazione italiana prosegue. Nella notte anche il convoglio inglese ha avuto i suoi guai: attaccato de E-boote tedeschi (motosiluranti) ha avuto un cacciatorpediniere affondato ed un incrociatore, il Newcastle, danneggiato. Alle 4.30 il convoglio aveva nuovamente invertito la rotta, ritenendo di aver inflitto danni tali da costringere la Squadra italiana al rientro. Alle 08.00 del mattino gli inglesi vengono avvisati dai loro ricognitori che la flotta italiana è praticamente intatta: gli inglesi allora abbandonano l'impresa e, invertita definitivamente la marcia, fanno rotta verso Alessandria: a questo punto si trovano nel corridoio tra Creta e l'Egitto, zona molto rischiosa, tanto che era stata soprannominata dai marinai inglesi "bomb valley", ed infatti ecco apparire gli stukas tedeschi: due cacciatorpediniere sono colati a picco e l'incrociatore Birmingham è gravemente danneggiato. Il convoglio prosegue, sempre inseguito dalla formazone italiana, e riesce a rientrare ad Alessandria, non senza perdere l'incrociatore Hermione, affondato da un sommergibile tedesco. L'operazione inglese è completamente fallita.

Battaglia di Mezzo giugno 1942. (Scontro di Pantelleria).

Mentre la Squadra italiana di base a Taranto è impegnata contro il convoglio da Alessandria, un altro convoglio composto da sette mercantili, dirige verso Malta da ovest, protetto dalla squadra inglese di Gibilterra. Al largo della Sardegna, il convoglio è attaccato da sommergibili ed aerei: un mercantile è affondato e l'incrociatore Liverpool, danneggiato, deve rientrare a Gibilterra. Prima di Capo Bon, la Squadra inglese inverte la rotta, mentre il convoglio prosegue con la scorta di un incrociatore, nove cacciatorpediniere e 16 tra dragamine e motocannoniere. Per intercettare il convoglio inglese, alle 19.24 del 14 giugno, al comando dell'Ammiraglio Da Zara esce dal porto di Palermo la 7^ Divisione, composta dagli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli, oltre che a 7 cacciatorpediniere (ridotti poi a 5 perché due rientrano alla base per avarie al motore). All'alba del 15 giugno, sono le 5.30, 25 miglia a sud-ovest di Pantelleria, c'è il reciproco avvistamento. Alle 5.39 le unità aprono il fuoco e, mentre la scorta inglese è impegnata nel combattimento, i mercantili subiscono gli assalti dell'aviazione. Alle 8.30 l'Ammiraglio Da Zara rompe il contatto, certo di una grande vittoria (rientrerà in porto con i cannoni alla massima elevazione in segno di vittoria e sarà accolto da grandi festeggiamenti, oltre che decorato da Mussolini). Nel pomeriggio le navi inglesi sono sottoposte ad altri attacchi aerei e, di notte, incappano in un grosso campo minato presso Malta; solo due mercantili riusciranno ad entrare in porto. Cos'era successo nello scontro? I rapporti erano contrastanti e, comunque, l'Ammiraglio Da Zara dava per certo l'affondamento di un incrociatore classe "Kenya" e di due cacciatorpediniere oltre al grave danneggiamento di altri 3. In seguito le ricostruzioni ufficiali italiane, oltre che il controllo incrociato con quelle inglesi, dimostrarono che nello scontro a fuoco tra le due formazioni gli italiani avevano danneggiato gravemente il cacciatorpediniere inglese Bedouin, danneggiato il similare Partridge e centrato con un colpo l'incrociatore Cairo, danneggiandolo lievemente. Da parte loro gli italiani se l'erano cavata con poco: il cacciatorpediniere Vivaldi, colpito e con un incendio a bordo, era stato costretto a rientrare alla base, e i due incrociatori avevano subito un colpo ciascuno, ma con scarsi danni. Pur essendo stata una vittoria italiana lo scontro di Pantelleria non era stato portato a fondo e l'operazione inglese aveva avuto il parziale successo di far arrivare a Malta due piroscafi con il loro carico, che, per l'isola assediata, era una vera e propria boccata d'ossigeno.

Battaglia di mezzo agosto 1942.

Il 10 agosto 1942, a sud delle Baleari, si riunisce un complesso di 60 navi: è l'operazione "Pedestal", la più grande tentata dagli inglesi per il rifornimento di Malta. Ci sono sedici mercantili, due corazzate (Nelson e Rodney), quattro portaerei oltre a numerosi incrociatori e cacciatorpediniere. Avuta la notizia in anticipo dalle spie di Gibilterra, il comando dell'Asse prepara le contromisure allertando i sommergibili e schierando oltre 700 aerei nelle basi della Sardegna. La mattina dell'11 agosto sommeribili italiani e tedeschi vanno all'attacco: la portaerei britannica Eagle viene affondata dal sommergibile tedesco U 73. Il sommergibile italiano Dagabur è speronato ed affondato da un cacciatorpediniere inglese. Il mattino del 12 agosto, a sud della Sardegna, interviene l'aviazione italiana che affonda un mercantile. Alle 18.30 altro deciso attacco dell'aviazione italo-tedesca: un cacciatorpediniere affondato ed alcune bombe sul ponte della portaerei Indomitable che, con incendi a bordo, ripiega su Gibilterra. Al largo di Biserta, il grosso della formazione inglese inverte la rotta e il convoglio prosegue con la scorta di 5 incrociatori e 12 cacciatorpediniere. La sera del 12 agosto il convoglio inglese incontra i sommergibili italiani, che, finalmente, sono stati dislocati "a branco" nei punti di passaggio; i successi non mancano: i sommergibili italiani affondano l'incrociatore Cairo e due mercantili del convoglio e danneggiano gli incrociatori Nigeria, Kenya e altri due mercantili (in particolare il sommergibile Axum con una sola sventagliata di quattro siluri colpì contemporaneamente il Cairo, asportandogli la poppa e costringendolo all'autoaffondamento, il Nigeria e l'unica petroliera del convoglio, l'Ohio). Nella notte intervengono i M.A.S., che affondano l'incrociatore Liverpool e quattro mercantili. Il 13 agosto, prima che le superstiti navi giungano a Malta (arriveranno due mercantili integri e tre danneggiati), gli aerei affondano un altro mercantile. Se la mattina del 13 agosto, nelle acque di Pantelleria si fosse trovata anche una piccola parte della flotta italiana, nessuna nave del convoglio sarebbe sfuggita al massacro, invece le navi italiane erano state richiamate in porto, per mancanza di copertura aerea, dal comando di Supermarina, con autorizzazione di Mussolini. Anche se comprensibile questa decisione non piacque agli equipaggi perché sapeva di resa, perdipiù, sulla rotta del rientro, i due incrociatori Bolzano ed Attendolo furono danneggiati dal sommergibile inglese Unbroken, a conferma, agli occhi dei marinai, che se non si rischia si perde. La battaglia di mezz'agosto costò agli inglesi ingenti perdite, che però, grazie all'aiuto degli americani, potevano permettersi; in più avevano raggiunto il risultato di rifornire, sia pur parzialmente, Malta. Per la flotta di superficie italiana, questa fu una battaglia da dimenticare, riscattata dal comportamento dei mezzi d'assalto, sommergibili e M.A.S., che avevano ottenuto un grandissimo successo.
>Ringraziamo per l'articolo www.regiamarina.it