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Al Capone
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Alphonse Gabriel Capone (Brooklin, New York, USA, 17 gennaio 1899 - Miami, Florida, USA, 25 gennaio 1947) fu un noto gangster italo-americano, considerato un simbolo della crisi della legalità che avvolse gli Stati Uniti nel corso degli anni '20.

Figlio di emigranti di Castellammare di Stabia, il barbiere Gabriele Caponi (il cognome fu modificato forse per errore dall'anagrafe americana) e Teresa Raiola, crebbe in un ambiente degradato, avendo presto contatto con piccole gang di microcriminalità minorile, e fu compagno di scuola di Salvatore Lucania, oggi meglio noto come Lucky Luciano. Fu espulso dalla scuola dopo aver aggredito e percosso un docente, ed entrò a far parte della banda dei "Five Pointers" di Frankie Yale.

Fu in questo periodo che gli fu attribuito il soprannome di "Scarface", a causa di una vistosa cicatrice sulla guancia causata da coltellate che gli furono inferte da Frank Galluccio, sulla cui sorella Capone aveva espresso commenti pesanti.

Lavorando per Frankie Yale, Capone fu arrestato una prima volta per reati contravvenzionali, poi uccise due uomini, ma protetto dall'omertà non ne fu mai accusato. Nel 1919, dopo aver gravemente ferito un esponente di una banda rivale, Yale lo inviò a Chicago, Illinois, per calmare le acque. Qui Capone si mise al servizio di Johnny Torrio, vecchio sodale di Yale e "discepolo" di Big Jim Colosimo (altro noto gangster italo-americano, esponente di punta della "Mano Nera").

Torrio ne intravide le "qualità" e gli affidò la gestione delle scommesse clandestine e presto Capone sarebbe divenuto il suo braccio destro, acquisendo la gestione di tutte le attività illegali della banda. In violazione di una lunga tregua, Torrio fu vittima di un attentato perpetrato da una banda rivale (gli O'Banion-Genna, una delle poche in cui irlandesi ed italiani andavano d'amore e d'accordo); gravemente ferito e psicologicamente scosso, il boss tornò in Italia e Capone ne ereditò il comando con unanime consenso degli interessati (anche della banda rivale), che lo chiamavano ora "the big fellow".

Il "successo" (dal suo punto di vista) fu tale che alla sovranità sul crimine di Chicago e dintorni, Capone poté presto affiancare anche una posizione di supremazia economica e di potere sulle aree di sua influenza.

Investì infatti parte dei ricavati delle attività illecite in attività del tutto legali, separando le gestioni contabili e potendo quindi contare su introiti di copertura (ma non meno rilevanti di quelli originari). Venuti che erano gli anni del proibizionismo, la copertura gli consentiva di avere più agevole accesso agli ambienti istituzionali, nei quali doveva procacciarsi con la corruzione la protezione politica con la quale consentire che il business degli alcoolici potesse prosperare.

Uno dei politici sul suo libro-paga era il sindaco William "Big Bill" Hale Thompson, Jr., il quale, ad un dato momento, gli consigliò di lasciare la città. Chicago era infatti sotto i riflettori di tutta la nazione per il tasso di criminalità e per l'impudenza ormai leggendaria delle gang, e Capone stesso - sia pure senza che nessuna specifica accusa gli fosse stata ufficialmente mossa - era popolarmente considerato il maggior responsabile di questo malsano clima.

Capone contribuiva in effetti non poco a rendere la metropoli animata, ordinando innumerevoli omicidi (spesso di testimoni di crimini) ed anzi avendo ideato per queste operazioni una tecnica specialistica consistente nel prendere in locazione un appartamento di fronte alla casa della vittima e facendola colpire con fucili di precisione da selezionati cecchini.

Sempre opera di Capone, che nel frattempo si era trasferito in Florida, fu la cosiddetta "strage di San Valentino", con la quale il 14 febbraio del 1929 quattro dei suoi uomini irruppero travestiti da poliziotti in un garage al 2212 di North Clark Street, dov'era il quartier generale di George "Bugs" Moran, il suo principale concorrente nel mercato degli spiriti; allineati i sette presenti lungo un muro, come per un normale controllo di polizia, li fucilarono alla schiena. L'episodio resta a tutt'oggi uno dei più cruenti regolamenti di conti della storia della malavita.

Ad alimentare però una certa mitologia di Capone, vennero alcune iniziative che si sarebbero potute dire demagogiche, sebbene pare che effettivamente fossero mosse da animo sincero: la gravissima crisi economica del 1929 aveva spinto sul lastrico milioni di americani, letteralmente costretti alla fame, e Capone ordinò alle sue aziende "lecite" della ristorazione e dell'abbigliamento di distribuire gratis cibi e vestiti a chi ne avesse bisogno.

Ciò non evitava che l'espansione del suo impero criminale proseguisse con violenza, addirittura con l'acquisizione armata di nuovi insediamenti come il suburbio di Forest View, subito popolarmente rinominato in "Caponeville", nel quale gli uomini della sua gang giravano armati per le strade quasi fossero una forza di polizia. Qui, sempre nel 1929, lo stesso Capone fu arrestato per possesso illegale di un'arma da fuoco.

Nel 1930 Al Capone, che da poco era entrato nella lista dei maggiori ricercati dell'FBI, fu dichiarato "nemico pubblico numero 1" della città di Chicago.

Studiando il modo di neutralizzarlo, visto che non si riusciva ad attribuirgli crimini diretti per la sua esperta capacità di organizzarli (oltre che per la protezione omertosa, per cui era sempre munito di alibi), si dibatté in America circa l'opportunità di tassare i redditi provenienti da attività illecita. Ottenuto l'avallo legislativo, siassegnò al caso una squadra di agenti federali dell'ufficio delle imposte, comandata da Elliot Ness e composta da un pool di super-esperti, e ancor meglio, di incorruttibili funzionari che si erano guadagnati il nomignolo di "Intoccabili" (The Untouchables").

Questi si misero alle costole di Capone analizzando ogni più piccolo movimento finanziario sospetto, ma Capone non aveva nulla di intestato, agiva sempre con prestanome e le contabilità illecite erano gestite con cifrari, perciò il boss restava sufficientemente tranquillo. Sinché non si trovò, per caso, un piccolo fogliettino nel quale il nome di Capone era citato. Fu la chiave di volta dell'intera operazione, potendo quel piccolo errore essere sfruttato per porre in collegamento fra loro molte altre prove raccolte ed allestendo quindi un piano accusatorio alquanto vasto, tradottosi nel rinvio a giudizio per evasione fiscale, con 23 capi d'accusa.

La difesa di Capone propose un patteggiamento, che fu però rifiutato dal giudice. Provò allora a corrompere la giuria popolare, e forse stava riuscendo nell'intento, ma questa fu sostituita all'ultimo momento, la sera prima del processo, da una completamente nuova. La nuova giuria lo giudicò colpevole solo di una parte dei reati ascrittigli, comunque abbastanza perché gli fosse irrogata una condanna a 10 anni di carcere ed una multa pesantissima.

Inviato ad Atlanta, Georgia, ov'era forse la più dura delle carceri statunitensi, Capone vi si accomodò senza grandi fastidi, ottenendo con la corruzione lussi e privilegi e, di fatto, la possibilità di continuare a governare i suoi interessi anche dalla reclusione. Per questo fu poi inviato ad Alcatraz, dove la gestione fu più seria, tutti i contatti con l'esterno vennero davvero interrotti e Capone non ebbe altra speranza che i benefici per la buona condotta, diventò così un detenuto modello, evitando di farsi coinvolgere in rivolte ed isolandosi dagli altri detenuti.

Fu ad Alcatraz che gli furono diagnosticati i primi segni di una forma di demenza causata dalla sifilide, precedentemente contratta, e fu internato in una struttura ospedaliera carceraria. Liberato nel 1939, dopo un supplemento di cure presso un ospedale, si ritirò in Florida dove l'incedere del problema mentale gli impedì di seguire le sue originarie attività.

Nel 1947 ebbe un colpo apoplettico e dopo una breve agonia morì di arresto cardiaco.