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Carlo XII di Svezia
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Carlo XII (Stoccolma 17 giugno 1682 - 30 novembre 1718), re di Svezia. All'età di 15 anni fu coronato re di Svezia. Dal 1700 fino alla sua morte condusse le sue truppe, i cosìddetti "karoliner", in guerra contro la Danimarca, la Russia e la Sassonia, senza mai più ritornare a Stoccolma. Morì il 30 novembre 1718 davanti alla roccaforte di Fredriksten in Norvegia. Voltaire nel 1731 scrisse un'opera biografica su di lui Storia di Carlo XII, che valse l'esilio allo scrittore francese.

STRATEGIE MILITARI DEGLI SVEDESI DI CARLO XII

All'inizio del 1700 gli annosi contrasti fra la Svezia, la Russia dello zar Pietro e la Polonia sfociarono in un'ennesimo aperto conflitto. Gli svedesi erano governati da Carlo XII, erede di Carlo XI e brillante stratega e riformatore. Egli era un grande estimatore delle gesta di Alessandro Magno ed'era assai noto per il suo proverbiale disprezzo per le consuetudini guerresche che dominavano i campi di battaglia, frutto della sistematica incompetenza e della stupidità dei generali nemici.

La sua dottrina tattica si basava infatti sulla sorpresa e sullo spiazzamento dell'esercito nemico, che era psicologicamente e materialmente impreparato a reagire a situazioni impreviste e abituato a uno svolgimento lento e ritmico della battaglia, caratterizzato all'epoca da logoranti scambi di fuoco fra enormi ed'estese formazioni di moschettieri e artiglieria, seguiti da una eventuale carica conclusiva.

Il cuore del suo esercito era formato da un corpo veterano di solidissimi picchieri, coscritti dalla popolazione contadina che aveva ereditato dal padre, armati con picca e moschetto e organizzati in profonde formazioni a falange, con l'ordine di andare avanti (in svedese ga-pa), sempre e in qualunque circostanza. La cavalleria era formata da un veloce e abile corpo armato alla leggera, con il compito di impegnare e infastidire il nemico fingendo continue cariche ravvicinate, piuttosto che caracollando o puntando sul fuoco a distanza com'era consuetudine. L'artiglieria, preponderante negli altri eserciti dell'epoca, era quasi del tutto assente dalle armate svedesi, che puntavano tutto sulla mobilità e sulla sorpresa.

La tattica svedese consisteva in una rapida avanzata della fanteria in formazioni compatte e protette sulle ali dalla cavalleria, che si concludeva con una carica pesantissima su un singolo reparto nemico, incapace di resistere al peso di un'intero esercito. Concentrando tutto l'impeto in una sola feroce carica mirata e scartando i consueti scambi di fuoco preliminari, gli svedesi riuscivano a far breccia fra le linee nemiche, spezzandone lo schieramento e volgendole in fuga. Ma la superiorità tattica degli svedesi era solo in parte dovuta al genio di Carlo; il segreto delle sue strabilianti vittorie era infatti l'incredibile audacia della fanteria contadina, che avanzava rapida e inesorabile, incurante delle perdite spesso enormi inflitte da moschiettieri e artiglieria nemici, e causando il più totale sgomento fra gli atterriti avversari.

L'esercito svedese affrontò sempre nemici più numerosi, meglio equipaggiati e balisticamente superiori, che sconfisse guadagnandosi una fama di invincibilità degna della falange macedone e di quella degli svizzeri rinascimentali. Tale essa era da indurre i russi, fortificatisi sulle alture presso il fiume Bibich (battaglia di Holowczyn), a cedere spontaneamente le posizioni sopraelevate alla temibile fanteria svedese, reduce da una durissima marcia e dall'attraversamento del gelido corso d'acqua.

La guerra volse inesorabilmente a favore di C., tanto da indurlo a tentare una pericolosa invasione della russia, alla quale lo zar Pietro rispose con la tristemente nota tattica della Terra bruciata, che costò alle armate svedesi perdite enormi. Da qui in poi, l'inettitudine dimostrata da gran parte del suo stato maggiore costò a C. numerose battaglie, fra cui la disastrosa sconfitta di Poltava (1710), che marcò il declino militare svedese, fino a culminare nella sconfitta del 1718, dove lo stesso C. cadde sul campo di battaglia in un'inutile e disperato atto di eroismo. Con questa disfatta si conclude per il popolo svedese un'era di grande eroismo nazionale e di splendore militare, che non avrà eguali nella storia futura del paese.