Etiopia le guerre fasciste

GUERRA FASCISTA CONTRO ETIOPIA UN ECCIDIO CON IL GAS


La decisione di intraprendere una campagna militare in Etiopia iniziò a maturare a partire dal 1930.
Il pretesto per l'avvio delle operazioni militari, i cui piani erano stati preparati già da tempo, fu offerto il 5 dicembre 1934 da un incidente presso la località di Ual-Ual, lungo la frontiera somala. L'imperatore d'Etiopia, Hailè Selassiè, preoccupato dai progetti italiani, si rivolse alla Società delle Nazioni, di cui il suo Paese era membro dal 1923. Ma Inghilterra e Francia, che non volevano alienarsi l'appoggio di Mussolini nel nuovo scenario politico d'Europa, impedirono di fatto che l'azione italiana fosse ostacolata. Solo in un secondo tempo, quando l'opinione pubblica internazionale iniziò a mobilitarsi contro la violenta aggressione dell'Italia, la Società delle Nazioni approvò una serie di sanzioni economiche contro l'Italia (ottobre 1935).
Il 2 ottobre 1935, in un famoso discorso pubblicato il giorno successivo su tutti i giornali italiani, Mussolini annunciò l'inizio di una guerra provocata senza alcuna causa plausibile, rispolverando come giustificazione la bruciante sconfitta subita dall'Italia alla fine del secolo precedente: «Con l'Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni! Ora basta!»
L'esito della guerra era facilmente immaginabile considerato l'enorme dispiegamento di mezzi disposto dall'Italia.
Il 3 ottobre le truppe italiane invasero l'Etiopia dall'Eritrea, occupando in breve tempo Adua, Axum, Adigrat, Macallè.
A metà novembre la direzione delle operazioni fu affidata al generale Pietro Badoglio, che, dopo aver affrontato la controffensiva etiopica, entrò ad Addis Abeba il 5 maggio 1936.
Il 9 maggio 1936 Mussolini poté proclamare la costituzione dell'Impero italiano di Etiopia, attribuendone la corona al Re d'Italia Vittorio Emanuele III.


Ecco com'e andata

Ottobre 1935. De Bono ordina ai 3 corpi d'armata di passare il confine del Mareb (confine eritreo) avendo come primo obiettivo Adua e Adigrat. L'armamento è considerevole in quanto i centomila uomini che stanno per muoversi dispongono di 2300 mitragliatrici, 230 cannoni, 156 carri d'assalto. Dall'Eritra sono anche pronti a decollare 126 aerei.
I militari italiani avanzano senza incontrare resistenza. L'aviazione, intanto, bombarda Adua e Adigrat facendo numerose vittime tra i civili. L'episodio è registrato nel diario di De Bono, che così scrive: "Il Negus ha già protestato per il bombardamento aereo dicendo che si sono ammazzati donne e bambini. Non vorranno che si buttino giù dei confetti".
Il 6 Ottobre l'armata italiana entra ad Adua incontrando poca resistenza in quanto Hailè Selassiè ha scelto la tattica del ripiegamento per portare i nemici al centro del paese, lontano dai loro centri di rifornimento.
Il ras Sejum, cognato del ras Cassa, a cui il negus aveva affidato il comando delle armate del nord, ripiega nel Tembien, camminando di notte per sfuggire all'osservazione aerea.
De Bono, intanto, provvede al rafforzamento delle posizioni occupate costruendo strade, impianti di linee telefoniche, allestendo campi... Ma il comportamento delle truppe di occupazione si fa subito preoccupante, se De Bono il 15 Ottobre, alla vigilia dell'occupazione di Axum, scriverà al generale Maravigna "Allo scopo di evitare che si ripetano ad Axum depredazioni e danneggiamenti come si è verificato ad Adua, prego disporre che l'ingresso della città sia di massima interdetto ai militari sia metropolitani che indigeni, disponendo un servizio di vigilanza e perlustrazione all'interno della città stessa.(ASMAI AOI 181/24)
11 Ottobre. Defezione del degiac (comandante di reggimento) Gugsa, genero dell'imperatore, che produce effetti morali e militari sulle truppe etiopi.
18 Ottobre. Incontro di De Bono con Lessona, ministro delle colonie, e il maresciallo Badoglio inviati da Mussolini in Eritrea per relazionare sull'atteggiamento di De Bono, considerato troppo cauto nel procedere all'avanzata.
Mussolini, infatti, spinge per l'occupazione rapida di Macallè-Tacazzè che, secondo i suoi ordini, deve avvenire il 3 novembre.
FRONTE SUD
Ottobre 1935. Graziani ordina subito massicci bombardamenti. Occupate alcune città tra cui Dolo, Dagnerei, Oddo.
10 Ottobre. Primo bombardamento chimico a Gorrahei, campo trincerato, il più importante sulla strada di Dagahbùr.
2-4-5 novembre. 18 aerei Caproni lanciano 189 quintali di esplosivo, mentre i caccia a volo radente sparano 13.730 colpi. "Tutta la zona pare arata dalle bombe: non c'è tratto che non sia sconvolto, ... l'azione aerea è stata formidabile e le sue tracce lasciano facilmente immaginare quale sia stato il tormento degli abissini che, pazzi di terrore, non hanno più resistito e sono fuggiti col loro capo morente." (Luigi Frusci generale "In Somalia sul fronte meridionale" Cappelli 1936).
Il capo di cui si parla è il grasmac (comandante di zona) Afeuork che, sebbene ferito, si rifiuta di lasciare il comando e morirà prima di arrivare all'ospedale di Dagabhur.
11 novembre. Hamanlei attacco etiope. Quattro carri armati Fiat-Ansaldo vengono distrutti. Perdite italiane. Graziani è costretto ad aspettare 5 mesi prima di riprendere l'offensiva nell'Ogaden.
FRONTE NORD
De Bono, spinto da Mussolini, riprende l'operazione di conquista di Macallè. Non trovando resistenza la città viene occupata l'8 novembre. Ma con questa occupazione la situazione peggiora perché dopo settimane di marcia le armate abissine provenienti dalle regioni centrali sono giunte a contatto con gli avamposti nemici.
18 novembre. Gli aerei italiani scoprono il concentramento di reparti nemici (formato dall'armata del ras Cassia, da quella del ras Sejum) e lo bombardano con 45 quintali di esplosivo. Gli abissini reagiscono all'offesa aerea e sanno disperdersi in tempo per evitare gravi perdite.
11 novembre. Mussolini spinge De Bono a marciare su Amba Lagi, ma, di fronte alle perplessità di De Bono, acconsente ad una "ragionevole sosta a Macallè".
14 novembre. Mussolini comunica a De Bono che ha nominato come suo successore Badoglio.
28 novembre. Arriva Badoglio.
Con Badoglio la guerra muta carattere diventando guerra di distruzione.
Verranno colpite le città, gli accampamenti, le strade, gli ospedali. Saranno impiegati per la prima volta i gas asfissianti e l'iprite.
A dicembre inizia la controffensiva etiopica: le tre armate etiopiche si stanno avvicinando a quelle armate italiane.
A sud dell'Amba Aradan si trova l'armata del ras Mulughietà, quella del ras Cassa si avvia verso il Tembien, mentre quella del ras Immirù ha le sue avanguardie nel Tacazzè.
4 dicembre. Vengono lanciati 45 quintali di bombe sulle colonne di ras Immirù per rallentarne l'avanzata.
6 dicembre. 76 quintali di esplosivo distruggono la cittadina di Dessiè e le tende della Croce Rossa. Nonostante ciò gli abissini hanno imparato a camuffarsi e disperdersi e a metà dicembre sono a contatto con gli italiani su tutto il fronte.
14-15 dicembre. Le avanguardie di ras Immirù attraversano il fiume Tacazzè. Un altro contingente punta al passo di Dembeguinà dove passa l'unica via di comunicazione con le linee nemiche con lo scopo di tagliare la ritirata agli italiani.
La sconfitta di Dembeguinà apre a ras Immirù lo Scirè, mentre il ras Cassia invadendo il Tembiem, minaccia Macallè.
Di fronte a questa delicata situazione Badoglio decide di iniziare la guerra chimica, non solo per fermare l'avanzata delle truppe ma per terrorizzare le popolazioni.
Dal 22 dicembre al 18 gennaio vengono lanciati sul fronte nord duemila quintali di bombe, per una parte rilevante caricate a gas tra cui l'iprite (solfuro di etile biclorurato), che provoca la necrosi del protoplasma cellulare ed è sicuramente mortale.
FRONTE SUD
Contemporaneamente all'avanzata del ras Immirù a nord, il ras Destà giunge a contatto con le difese italiane del campo di Dolo. Graziani decide di utilizzare in modo massiccio l'aviazione, ottenendo da Mussolini libertà d'azione per l'uso dei gas asfissianti. Su Neghelli, base di rifornimento per gli etiopi, rovescia 177 quintali di esplosivo e di gas.
Testimonianza di ras Destà all'imperatore: "Dal 17 dicembre gli italiani gettano anche bombe a gas, le quali piovono come la grandine... Le lesioni, anche leggere, prodotte da tale gas gonfiano sempre più sino a diventare, per infezioni delle grandi piaghe".
30 dicembre. Graziani ordina un bombardamento nella zona di Gogorù per colpire lo stato maggiore del ras Destà. Vengono lanciati da tre Caproni 3.134 chilogrammi di esplosivo.
Molte bombe colpiscono le tende e gli automezzi di un ospedale da campo svedese con i contrassegni della Croce Rossa provocando morti e feriti. La notizia fa il giro del mondo.
La controffensiva di Graziani inizia il 12 gennaio nella battaglia del Ganale Doria che vede il lancio di 1.700 chilogrammi di gas asfissianti e vescicanti sulle popolazioni abissine e l'inizio del disfacimento dell'armata etiope; prosegue con la conquista di Neghelli (20 gennaio) su cui vengono lanciati ben 1.250 quintali di esplosivo. Le armate del ras Destà, bombardate e irrorate di iprite, tentano di raggiungere il Kenya, ma verranno annientate nel cosiddetto "vallone della morte".
FRONTE NORD
La battaglia dell'Endertà.
Badoglio decide di prevenire l'avversario e dal 19 gennaio inizia la battaglia del Tembien.
23 gennaio. Ras Cassia telegrafa all'imperatore per invitarlo a protestare presso la Società delle Nazioni per l'uso di iprite da parte italiana. La battaglia si conclude il 24 e con essa la controffensiva etiopica.
Hailè Selassiè che aveva il suo quartiere generale a Dessiè decide di cambiare strategia e di andare incontro ai nemici avanzando verso Quoram. Secondo il negus questa scelta fu dovuta anche all'uso degli aggressivi chimici da parte italiana.
10 febbraio. Badoglio inizia l'offensiva sull'Amba Aradan durante la quale vengono sparate molte granate caricate con arsine. Sull'Amba Aradan vengono catturati due europei al servizio del negus, il medico polacco Belau e il suo assistente che verranno torturati perché ritrattino la dichiarazione inviata alla SdN, che denunciavano il bombardamento indiscriminato di Dessiè.
17-18-19 febbraio. Tutti gli aerei disponibili del fronte nord inseguono l'avversario in rotta, lasciando cadere in una sola giornata 730 quintali di esplosivo. "I piloti sembravano scatenati. Si era data libertà di volo e di azione chi faceva prima a rifornirsi partiva, era una gara continua ... Non c'era bisogno di abbassarsi troppo: ogni spezzone piombava in mezzo a loro seminando la morte. Era una bella lezione per quelle teste dure" (testimonianza di Vittorio Mussolini in Voli sulle ambe). Il ras Mulughietà viene ucciso mentre le armate del ras Cassa e del ras Sejum sono avvolti nella manovra a tenaglia di Badoglio.
Febbraio/marzo. Seconda battaglia del Tembien. L'aviazione scaricherà 1.950 quintali di esplosivo. Con una manovra di accerchiamento gli italiani riescono ad annientare le armate abissinie in ritirata che vengono decimate dall'aviazione.
"I gruppi marciavano in pieno disordine ma l'obbligatorietà del percorso lungo la pista, la strettezza dei guadi, i binari delle pareti dei burroni, contribuivano inevitabilmente a tenerli addensati in colonna. Anche da mille metri era facile scorgerli. Poi si piombava, il veicolo imboccava il corridoio delle anguste valli, ne obbediva lo zig zag. Seminava intanto, sobbalzando agli schianti, il suo carico mortale".
28 febbraio. Viene occupata Amba Alagi.
29 febbraio. Mentre è in corso la seconda battaglia del Tembien, Badoglio attacca l'ultima armata etiopica del fronte nord, quella del ras Immirù nella battaglia dello Scirè. Per fiaccare il nemico Badoglio, come di consueto, all'impiego dei caccia e degli aerei da bombardamento.
2 marzo. Verranno usati per la prima volta i lanciafiamme.
3-4 marzo. Badoglio, vistosi fuggire il grosso dell'esercito del ras Immirù verso i guadi del Tacazzè, ordina all'aviazione di proseguire da sola la battaglia. Verranno lanciati 636 quintali di esplosivo e di iprite. Lo stesso Badoglio racconta che per rendere più completa la distruzione vengono lanciate piccole bombe incendiarie che trasformano in un solo rogo i fianchi boschivi della valle del Tacazzè rendendo tragica la situazione del nemico in fuga. I piloti che scendono a volo radente per mitragliare i superstiti rilevano notevoli masse nemiche abbattute e grande quantità di uomini e di quadrupedi trasportati dalla corrente. Intanto il ras Immirù viene inseguito a sud del Tacazzè e i ras Cassa e Sejum si ritirano su Quorum.
19 marzo. Il negus Hailè Selassiè, raggiunto nel suo quartier generale a Quorum, dal ras Cassa e dal ras Sejum, decide di avanzare verso gli italiani e di dare battaglia nel loro campo a Mau Ceu prima che arrivino forze più numerose.
Badoglio, che ancora non sa della decisione del negus, così scrive a Lessona in un telegramma del 12/3/36: "Se il nemico invece di accettare battaglia nei pressi di Quorum mi fa uno sbalzo indietro di cento chilometri, portandosi a Dessì, sono fritto. Allora non rimane che il mio vecchio progetto. Mettere in azione tutta l'aviazione e cominciare da Addis Abeba a tutti i centri importanti. Tabula rasa. Sono convinto che in una settimana metteremmo l'Abissinia in ginocchio". 21 marzo. Badoglio apprenderà la decisione del negus e si preparerà alla battaglia di Mau Ceu.
29 marzo. Mussolini rinnova a Badoglio l'autorizzazione ad usare gas di qualunque specie
30 marzo. La battaglia durerà 13 ore durante la quale gli aerei italiani lanceranno 335 quintali di esplosivo e sparano 6.200 colpi di mitragliatrice.
1 aprile. Hailè Selassiè ordina agli uomini rimasti di ripiegare sulla pianura del lago Ascianghi dove verranno inseguiti e bombardati senza tregua.
4 aprile. Gli scampati alla battaglia di Mau Ceu verranno bombardati con 700 quintali di bombe, molte caricate ad iprite. "Per gli aviatori italiani non era più guerra era un gioco. Quale era il rischio nel mitragliare dei cadaveri e dei morenti i cui occhi erano bruciati dai gas?"
Il giornalista Cesco Tomaselli racconta: "Le bombe esplodono nel fitto degli uomini che arrancano curvi, tenendo le mani sulla testa come si fa quando si è colti da una grandinata sui campi."
Molti moriranno per aver bevuto l'acqua contaminata dai gas tossici del lago dell'Endà Agafarì. È Hailè Selassiè che racconta l'atroce visione e sottolinea come "sarebbe stato necessario fissare questa immagine per poterla presentare al mondo e distruggere per sempre nel cuore degli uomini i propositi di guerra".
FRONTE SUD
L'avanzata di Badoglio preoccupa Graziani di restare escluso dal successo finale; così, non potendo ancora iniziare l'azione di terra, comunica che inizierà la sua offensiva aerea su Harar: "Ho ordinato che oggi 30 aerei da bombardamento distruggano Giggiga... dopo la distruzione di Giggiga distruggerò Harar" (Graziani a Badoglio e Mussolini 2/3/36).
22-23-24 marzo. 56 apparecchi lanciano 240 quintali di esplosivo.
29 marzo. Bombardata Harar, già dichiarata città aperta, e i cui obiettivi di importanza militare sono insignificanti. Sulla città verranno lanciati 120 quintali di esplosivo. Un inviato del Corriere della sera, Mario Massai, che è a bordo di uno degli aerei scrive: "Per quaranta minuti sono sbocciati sui bersagli, nella massa del colore ocra delle casette di Harar, mostruosi funghi grigio-scuri per le esplosioni delle bombe di grosso calibro e sono sprizzate le lingue di fuoco degli incendi. La popolazione, che fin dal primo avvistamento si era rovesciata in torrenti umani per le strette vie verso l'esterno della città, ha assistito certo terrorizzata all'impressionante attacco aereo".
Già il 3 marzo Graziani, nella Memoria segreta operativa per l'azione su Harar, tra le condizioni per la riuscita della azione, poneva il "libero uso di bombe e proiettili a liquidi speciali per infliggere al nemico le massime perdite e soprattutto per produrne il completo collasso morale".
9 aprile. Graziani telegrafa a Lessona (sottosegretario alle colonie) per informarlo del bombardamento a iprite del giorno precedente a Bullalèh, Sassabanèh, Dagahbùr, Daagamedò, Segàg, Bircùt.
Due giorni dopo Mussolini telegrafa a Graziani ordinandogli di non fare uso di gas, ma dopo pochi giorni revoca l'ordine.
15 aprile. Graziani dà inizio all'offensiva su Harar.
Dopo aver gasato e bombardato per un mese la difesa etiope, Graziani inizia l'attacco da terra. Il vescovo cattolico di Harar scrive ai suoi superiori in Francia: "Il bombardamento che gli italiani hanno fatto contro la città è un atto barbaro che merita la maledizione del Cielo".
La battaglia dell'Ogaden si concluderà con la conquista delle città precedentemente bombardate.
FRONTE NORD
26 aprile. Badoglio inizia la marcia verso Addis Abeba.
2 maggio. Hailè Selassiè lascia l'Etiopia per raggiungere l'Europa.
La notizia provocherà gravi disordini e saccheggi ad Addis Abeba. La maggior parte dei seimila stranieri si rifugia nelle legazioni. Fonti italiane parlano di 600 morti.
3 Maggio. Badoglio riceve un telegramma da Mussolini: "Occupata Addis Abeba V.E darà ordine perché: 1) siano fucilati sommariamente tutti coloro che in città o dintorni siano sorpresi con le armi alla mano, 2) siano fucilati sommariamente tutti i giovani etiopi, barbari, crudeli, pretenziosi, autori motali dei saccheggi, 3) siano fucilati quanti abbiano partecipato a violenze, saccheggi, incendi 4) siano sommariamente fucilati quanti, trascorse 24 ore, non abbiano consegnato armi da fuoco e munizioni."
5 maggio. Badoglio entra in Addis Abeba.
Steer scrive: "Gli italiani istituirono immediatamente la pena di morte per due reati: il primo riguardava la partecipazione al saccheggio, il secondo il possesso di armi... Ottantacinque etiopi, accusati di saccheggio, furono giudicati e condannati a morte da una corte sommaria. Ma le fucilazioni eseguite dai carabinieri sul posto furono molte di più, ed esse vennero fatte senza alcuna parvenza di processo. Se oggetti che essi ritenevano rubati venivano scoperti in un tucul, il proprietario era immediatamente ucciso. Inquirenti francesi hanno calcolato che almeno 1.500 sono stati liquidati in questo modo".
FRONTE SUD
9 maggio. Graziani incontrerà Badoglio alla stazione di Dire Dawa. Con la stretta di mano tra i due e l'incontro tra le armate italiane del nord quelle del sud, si conclude ufficialmente la guerra.
26 maggio. Badoglio lascia definitivamente l'Africa.
Graziani diventa vicerè, governatore generale e comandante superiore delle truppe.