L’assedio di Torino
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L’inizio dell’Assedio

Il 14 maggio 1706 i francesi di La Feuillade forti ora di 44.000 uomini iniziano le operazioni di assedio. In vista del temuto assedio, le opere difensive di Torino sono state irrobustite e perfezionate. La città è completamente circondata da una grandiosa cerchia di fortificazioni, che si spingono fino alla collina, e completano il baluardo costituito dalla magnifica cittadella, costruita un secolo e mezzo prima dal Duca Emanuele Filiberto, dopo il trasferimento della capitale del Ducato da Chambéry a Torino.

Torino è una delle più moderne piazzeforti d’Italia, ma non è soltanto una piazzaforte. E’ una città di 40.000 abitanti che emerge dalla pianura con torri e campanili, ricca già dei primi palazzi barocchi, di belle strade, di una “cultura” che, grazie anche alle immagini del “Theatrum Sabaudiae”, l’ha resa famosa in Europa.

I bombardamenti

Il 17 giugno l’assedio è completo. Il Duca esce dalla città, lanciando ai torinesi un proclama con la promessa di ritornare al più presto alla testa di un esercito liberatore. La responsabilità della difesa della città è affidata al generale austriaco Virico Daun. I francesi accampati nella pianura a nord della città e protetti dalle trincee costruite dai loro zappatori, investono la città dalla parte della Cittadella con il fronte d’attacco nella zona dove si trova oggi la stazione ferroviaria di Porta Susa. Dalla Francia, il maresciallo Vauban disapprova l’attacco a Torino dal lato della Cittadella in quanto ne conosce le insidie sotterranee. Ma La Feuillade insiste nel suo piano affrontando una terribile guerra di mina e contromina: le esplosioni dilaniano i suoi uomini.

Agosto: la resa si avvicina

Trascorrono interminabili angosciose settimane, con continui cannoneggiamenti e l’incessante guerra di mina e contromina: le gallerie della Cittadella, che i francesi tentano invano di allagare, danno buona prova. La città è allo stremo ma non cede, mentre il nemico accusa pesanti perdite: nei giorni di ferragosto si contano tra i francesi soltanto 27.000 uomini validi dei 44.000 iniziali. Ma non viene meno la violenza dell’assedio: particolarmente cruento è l’assalto, respinto, del 26 e 27 agosto, dove cadono centinaia di soldati. Due giorni dopo i francesi cercano di entrare nella Cittadella attraverso le gallerie sotterranee ma vengono fermati dal gesto eroico di Pietro Micca.

La marcia del Principe Eugenio

Sin dall’inizio della guerra, Vittorio Amedeo II aveva ripetutamente sollecitato l’intervento dell’alleato esercito imperiale, ma senza esito. Comandante dell’esercito asburgico è il Principe Eugenio di Savoia-Soissons: di fronte all’ennesima richiesta di aiuto, il Principe affretta i tempi. Il 7 luglio passa l’Adige ed intraprende la marcia verso il Piemonte passando il Po il 18 luglio e procedendo poi arditamente lungo la via Emilia. Il Duca d’Orleans comandante dei francesi non tenta di fermarlo ma si dirige anch’esso verso Torino

La marcia procede a tappe forzate (anche di 40 chilometri al giorno) superando tutti gli ostacoli. Il 2 agosto cede Carpi, il 14 Reggio Emilia. La sera del 29 arrivando a Villanova d’Asti il Principe trova una scorta che l’accompagna a Carmagnola per l’incontro con il Duca.

La partita che sembrava perduta si riapre

Il soccorso Il 2 settembre 1706 Vittorio Amedeo II ed il Principe Eugenio salgono a Superga sulla collina Torinese per studiare dall’alto la situazione e scegliere una strategia. Si decide di aggirare il blocco francese muovendo il grosso dell’esercito imperiale ed una parte della cavalleria piemontese (in tutto 30.000 uomini) verso la zona nord ovest della città; qui le forze assedianti appaiono più vulnerabili.

E’ una mossa audace perchè il trasferimento delle truppe avviene a breve distanza dalle linee francesi; questi però non si muovono ed il 6 settembre la manovra aggirante è completata e gli alleati hanno posto il campo tra Dora Riparia e Stura.

Il 7 è il giorno della battaglia; all’alba l’esercito muove contro le linee nemiche, dopo che in città gli assediati, forti ormai solo della disperazione, sono riusciti a respingere l’ennesimo attacco nemico alla Cittadella

L’attacco Alle 10 l’armata austro-piemontese inizia l’attacco su tutto il fronte. Lo sforzo principale viene condotto all’ala sinistra dove operano i granatieri prussiani del principe di Anhalt.

L’attacco frontale viene completato da una manovra avvolgente della cavalleria ordinata dal Duca di Savoia, che scopre un punto - dove oggi passa la ferrovia Torino-Milano - non presidiato dai francesi.

La destra francese viene separata dal centro; nella grossa sacca che si crea i gallo-ispani tentano una controffensiva che viene bloccata da una brigata di riserva.

Cominciano gli sbandamenti dei francesi ma la battaglia rimane accanita. Vittorio Amedeo II guida una colonna di cavalleria verso il Regio Parco e impedisce alle truppe francesi discese dalla collina di passare il Po per portare aiuto ai compagni in difficoltà

Le fasi finali

L’armata francese si scompagina, solo l’ala sinistra resiste appoggiata al castello di Lucento; a questo punto il Daun ordina l’uscita del presidio che attacca i francesi alle spalle. Cede anche l’ala sinistra francese; cercando di salvarsi centinaia di soldati annegano nella Dora. La situazione sta ormai precipitando per gli assedianti che alle tre del pomeriggio iniziano la ritirata. Il grosso si dirige verso Pinerolo e di qui, perdute le speranze di riscossa, verso la Francia. La sconfitta costerà al Re Sole la perdita dell’Italia

Vittorio Amedeo e il Principe Eugenio rientrano nella città liberata da Porta Palazzo e si recano nel vicino Duomo dove viene celebrato il “Te Deum” di ringraziamento a Dio per la vittoria.

Ancora oggi, dopo quasi trecento anni, il “Te Deum” si ripete ogni anno il 7 settembre nella Reale Basilica di Superga