Valmozzola-Junio Valerio Borghese e la Decima Flottiglia M.A.S

Scrive Mario Bordogna, nel libro "Junio Valerio Borghese e la Decima Flottiglia M.A.S."

Alla stazione ferroviaria di Valmozzola, piccolo centro della provincia di Parma, il 12 marzo 1944 un gruppo di partigiani fermava un treno in transito facendo scendere tutti coloro che indossavano una divisa militare. Tra questi, due ufficiali del Lupo (il battaglione della Decima che si era costituito il 10 gennaio al comando del capitano di corvetta De Martino).

I due ufficiali, Parlotti e Pieropan, erano in breve licenza. Messi al muro con altri otto militari (tra cui due carabinieri) furono uccisi a colpi di mitra. La loro colpa? Indossavano l'uniforme dell'Esercito italiano della R.S.I.."

Commenta il Comandante Borghese nel dopoguerra: "L'epilogo di questo tragico episodio costituì uno dei capi d'imputazione al processo intentato contro di me dopo la fine del conflitto. Il colonnello Luigi Carallo, comandante del reggimento del quale facevano parte i due guardiamarina uccisi, dopo l'eccidio ebbe pronta reazione : ricercò i responsabili e li catturò. Su otto, sette, rei confessi, il 17 marzo furono passati per le armi. Che cosa si può dire a un comandante di reparto che viene a conoscenza del fatto che alcuni suoi uomini sono stati massacrati, non durante il combattimento ma in una vile imboscata? Si era in guerra e Carallo seguì le spietate leggi di guerra."

Letto così tutto acquista una sua logica seppur nella crudeltà delle logiche di un conflitto, che portano alla morte di 17 uomini in totale. Ma non sempre, anzi praticamente mai, gli episodi vengono circostanziati in questo modo, anzi, sembra quasi che un misterioso "vuoto temporale" cancelli alcune parti e quindi venga ad essere esaltato il solo epilogo. Cosa pensereste se leggeste solamente : "Il colonnello Carallo, a seguito di un rastrellamento, ordinò la fucilazione di sette partigiani"? Eppure è questa la sostanza dell'accusa fatta a Borghese durante il processo, sarà lui a dover riportare alla luce il perché di quelle esecuzioni. Ma facciamo un passo indietro, la Decima non vuol combattere contro altri italiani, i giovani volontari necessitano di un serio addestramento prima di recarsi al fronte, quindi vengono trasferiti in Piemonte, in Valle d'Aosta ed in Toscana con questa finalità.

La prima preoccupazione di Borghese è di evitare scontri con connazionali, per questo prende i provvedimenti che cita nell'udienza dell'8 novembre 1948 del processo che lo vede imputato: "Detti al colonnello Carallo precise istruzioni:

1°: evitare ad ogni costo ogni contrasto;

2°: ignorare i problemi di politica locale;

3°: dedicare ogni energia all'addestramento del personale per renderlo idoneo a raggiungere il fronte;

4°: far conoscere tali direttive in tutto il territorio. Vennero affissi in tutte le località manifesti che recavano le seguenti parole : "Non preoccupatevi se sono arrivati in questa zona reparti forti di 10.000 uomini. Lasciateci stare e non vi toccheremo perché il nostro compito non è di combattere contro di voi ma di addestrarci alla guerra contro gli anglo-americani".

Nessuno della Decima, quindi, molestò i partigiani né i partigiani molestarono noi. Questa specie di accordo si poté mantenere fino a quando altri dolorosi episodi non vennero a turbare l'armonia delle cose." Aggiungiamo che i vennero anche organizzati dei voli per il lancio di volantini su diverse zone. Insomma, la Decima rinnova il suo rifiuto alla guerra civile e fa tutto il possibile per restarne fuori, tanto da arrivare ad essere accusata di "sabotaggio della guerra" da parte della Platzkommandantur di Aosta, alla quale Borghese aveva risposto : ".....(la Decima n.d.r.) operazioni antipartigiane non ne faceva perché la truppa era dislocata nella zona non con funzioni di polizia ma in addestramento per il fronte...". A "turbare l'armonia delle cose" arrivò il tragico 8 luglio 1944, quando ad Ozegna cadde in un vile attentato il comandante del Btg. Barbarigo Bardelli.