PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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L'EUCARISTIA 

APRE LE NOSTRE FAMIGLIE 

 A OGNI CREATURA 

CHE HA BISOGNO DI AMORE

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ 

alla XIV Festa diocesana della Famiglia  

23 gennaio 1994

 GIONA 3,1-5.10   1CORINTI 7,29-31    MARCO 1,14-20

 

1. Carissimi,

l'eucaristia che stiamo celebrando non ci separa dalla realtà del mondo, dalla storia, ma anzi ci introduce in essa con profonda passione e ce la fa vivere con totale simpatia.

Ricordiamo che in molti paesi, proprio mentre noi siamo qui, c'è la guerra; che in Bosnia-Erzegovina, proprio ieri, a Sarajevo, dei bambini sono stati uccisi dai colpi dei cecchini, mentre giocavano sulla neve pensando di avere un momento di pace e di tranquillità.

Oggi il papa ci ha chiamato a una giornata di preghiera per la pace, in particolare perché cessi questa guerra assurda e spietata che va conti­nuando. È un grande atto di fede ciò che il Signore si aspetta da noi, nella constatazione della vanità di tutti i nostri tentativi umani: appel­larci a Dio, invocarlo, chiedere a lui di intervenire nella storia con la sua mano potente e con il suo braccio teso per restituire al mondo la pa­ce. Mentre accogliamo con prontezza l'invito e dedichiamo la nostra eucaristia alla supplica per la pace, vi ricordo che nel messaggio per il 1° gennaio, aprendo l'Anno internazionale della famiglia, il papa ha indi­cato proprio nella famiglia il nucleo generatore della pace nella grande famiglia umana.

È una consegna da accogliere, capace di riempire di valori le nostre famiglie, facendo dei rapporti familiari una scuola dove si educa al ri­spetto dei diritti delle persone, all'accoglienza dei diversi, all'amore e all'aiuto fraterno, al perdono e alla riconciliazione, all'attenzione verso il più debole.

E proprio in questa linea voglio ricordare le famiglie che non sono qui, le famiglie che soffrono: le ricordiamo tutti gli anni, le ricordiamo con tanta discrezione ma anche con immenso affetto, così come ricor­diamo le ospiti della nostra Casa Famiglia S. Pio X alle quali mandiamo il nostro affettuoso saluto ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà. So che sono presenti e questo da gioia a me, ma deve darla anche a tutti voi.

2. Proprio questo pensiero di solidarietà profonda con la storia, al­l'interno della quale noi viviamo, ci introduce a meditare sulla parola di Dio che abbiamo appena ascoltato. È una parola difficile sulla quale mi soffermo brevemente.

L'apostolo Paolo evidenzia quel tempo del quale ci parla Gesù nel vangelo, tempo che ormai è diventato breve, cioè intenso, unico, singolarissimo e nel quale tutte le cose assumono un senso nuovo e un valore nuovo, un significato più vero, più grande, più profondo.

Nel vangelo Gesù, dopo aver sintetizzato in poche parole il senso di quella che sarà la sua predicazione, suscita la Chiesa, quella realtà che siamo noi. Prima ci consegna la sua Parola, poi suscita coloro che chia­ma gli apostoli; chiama la Chiesa, cioè coloro che dovranno fare, fino alla fine dei tempi, da cassa di risonanza di questa Parola e di questo avvenimento salvifici.

Siamo nel cuore della storia degli uomini, e sulla scena di una sto­ria, come la nostra, attraversata da ingiustizie, da sofferenze, da dolo­re, appare quest'uomo di nome Gesù che dice: «II tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). Cre­dete a questa bella notizia.

Queste parole significano che noi tutti siamo arrivati nel cuore del tempo — un tempo di grazia e di salvezza — in vista del quale Dio ha creato tutti i tempi. È il tempo in cui il regno di Dio è vicino, ed è pre­sente.

Il regno di Dio è colui nel quale Dio esercita tutta la sua signoria. Il regno di Dio è colui del quale Dio può dirsi pienamente e totalmente Padre perché il suo cuore è pienamente e totalmente filiale: il regno di Dio è Gesù. In lui si fa pace tra Dio e l'uomo, in lui il peccato viene perdonato, in lui gli uomini sono riconciliati con Dio e fra di loro. E giunto il tempo in cui è presente Gesù, il Salvatore, Colui verso il quale cammina tutta quanta la storia, colui dal quale viene ogni salvezza.

Allora orientate la vostra vita a questo «evento Gesù», il Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso per j nostri peccati e dal Padre risuscitato! Orientate la vostra vita a lui che è presente, che è vivo, che è «il Viven­te», e spalancategli tutto il vostro cuore.

Il tempo è compiuto, non ci sono più altri tempi da attendere: il re­gno di Dio, l'evento della salvezza, è presente in mezzo a noi.

3. Dio nessuno lo ha mai visto: quando ha voluto entrare in un rap­porto umano con noi ha preso corpo in Gesù, che ora è asceso al cielo. Il Risorto, col suo corpo glorificato, non è più sotto i nostri occhi, alla portata della nostra esperienza. Perciò chiama la Chiesa a essere testi­mone dell'evento Gesù, di quel grande avvenimento che riempie tutta la storia e che dà senso alla vostra vita.

Fratelli e sorelle carissimi. Dio ha consegnato a noi, che abbiamo ricevuto lo spirito di Gesù, la missione di essere testimoni di fronte al mondo che non può o non vuole vedere e sentire Gesù e la sua Parola.

Come Gesù ha chiamato gli apostoli, voi coniugi, uniti e dedicati a Dio col sacramento del matrimonio, con la vostra vita sponsale e matrimoniale, siete chiamati a rivelare al mondo l'amore di Dio che si è ma­nifestato in Gesù: ecco la vostra vocazione. Anche voi andate nel mon­do e dite a tutti questo infinito amore di Dio che vuole salvare l'uomo e non lo vuole consegnato al peccato, al male, alle divisioni, agli odi, alle ingiustizie, alle guerre, non tanto con le parole, quanto con la testimo­nianza della vostra vita.

Nel momento in cui il secolarismo, cioè il rifiuto di ogni riferimento a Dio, che è proprio della mentalità che respiriamo, porta i suoi frutti di totale dissacrazione proprio nel matrimonio e nella famiglia. Dio conduce la Chiesa e voi coniugi cristiani a capire il tesoro di grazia che egli ha consegnato nel sacramento del matrimonio.

Lo spirito di Dio sta aleggiando sulla Chiesa e sta chiamando i co­niugi e la famiglia a qualcosa di grande che è sempre stato presente nel cuore della Chiesa, ma forse non mai avvertito come ora che il mondo ne ha bisogno. Nella vita della Chiesa c'è tutto ciò che occorre per la salvezza del mondo e in ogni epoca lo Spirito Santo sa suscitare dal cuo­re della Chiesa le cose che servono in quel momento.

Oggi la Chiesa ha bisogno soprattutto di salvare la cellula del pro­prio tessuto e del tessuto civile della umanità. Questa cellula è la fami­glia e proprio per questo lo Spirito oggi sta suscitando nella Chiesa e nei coniugi la coscienza della grazia grande che Dio ha consegnato loro nel sacramento del matrimonio: essere i testimoni dell'amore di Dio per il mondo, che di questa missione ha assolutamente bisogno.

Non fuggite da questo compito e, spinti non dall'obbligo ma dall'a­more, testimoniate con la vostra vita che il vangelo, che il matrimonio cristiano, che l'apertura generosa e responsabile alla vita, non sono un'utopia, ma sono possibili. Siate testimoni dell'amore cristiano che è gioia e croce, e gioia anche nella croce, presso le nuove generazioni, stordite da una concezione consumistica e banalizzante dell'amore.

4. All'incontro di oggi voi avete assegnato un tema: «L'eucaristia apre le nostre famiglie a ogni creatura che ha bisogno di amore».

Già il richiamo iniziale alla preghiera perché cessi la guerra in Bosnia-Erzegovina ci ha aperto ai temi della solidarietà con tante famiglie drammaticamente provate, magari praticando quell'adozione a distan­za di bambini e anziani, senza distinzione di etnia e di religione, serven­doci della Caritas, che ci garantisce l'efficacia dei nostri aiuti.

Questo tema ci invita a coniugare la solidarietà con la sobrietà, co­me necessario stile di vita cristiana: oggi non c'è solidarietà senza so­brietà, senza il controllo dei nostri consumi, delle nostre spese, di ciò che ci serve, di ciò che non è necessario, a fronte di un mondo che ha bisogno dei nostri aiuti. Senza sobrietà, oggi non è serio parlare di soli­darietà.

Ci sono poi situazioni di bisogno, dove forse non manca il pane, ma è necessaria una forte solidarietà civile. L'espressione che tante volte ci siamo scambiati: «mettere un posto in più a tavola» non è solo un gesto di carità, un'espressione retorica, è una mentalità nuova, è uno stile nuovo di vita che noi vogliamo portare avanti: la mentalità della cultura della solidarietà, mediante la partecipazione ai problemi altrui e nella condivisione dei beni (bene è anche il tempo e la salute) che fu pratica­ta nella comunità cristiana primitiva con una concretezza e un coraggio che noi non abbiamo più e al quale invece dovremmo riabituarci.

Cari coniugi: il corpo sociale ha una cellula che è la famiglia e quan­do questa viene trascurata e manomessa, il corpo sociale decade.

Anche la Chiesa ha la sua cellula primaria ed è la Chiesa domestica: il Signore oggi chiama la famiglia a esercitare un ruolo fondamentale in quell'impegno di rinnovamento della Chiesa in vista dell'annuncio del vangelo nel terzo millennio: e noi, lo chiediamo al Signore, dobbiamo accettare la sfida!