PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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29 gennaio 2006

FAMIGLIA DIVENTA IL DONO CHE SEI

Omelia di S. Eminenza 

il Card. Angelo Scola, Patriarca

 

XXVI Festa diocesana della Famiglia

con la Consegna della Bibbia

 

 

 

 

1. «Fratelli, vorrei voi foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, chi é sposato invece si preoccupa delle cose del mondo...» (Seconda Lettura). In questa nostra bella Festa della Famiglia la liturgia della Parola comincia da un paradosso. Spesso fa così con noi il Signore per costringerci alla "metanoia", alla conversione. Cosa impariamo da questo passaggio di Paolo ai Corin­zi? Forse una sottovalutazione del Matrimonio e della famiglia? No di certo. Piutto­sto la sua collocazione nella giusta prospettiva, tant'è vero che Paolo aggiunge : «Questo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio» (Seconda Lettura). Veniamo invitati al significato vero dell'amore che, come ci ha appena ricordato Benedetto XVI in Deus caritas est, ha proprio «nell'amore tra l'uomo e la donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all'essere umano si schiude una promessa di felicita che sembra irresistibile... l'archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono» (DCE, 2).

Ma qual è il significato vero di questo amore sponsale? Riconoscere, come Paolo ci invita a fare scrivendo ai Corinzi, che esso ormai, nella prospettiva dell'incontro defi­nitivo con Cristo quale vive nella sua comunità eucaristica deve essere vissuto nel tempo definitivo (escatologico) della Chiesa. Questa prospettiva descrive come deb­bono essere in concreto le relazioni amorose tra uomo e donna, marito e moglie, geni­tori e figli. Ci dice Paolo: l'amore è un possedere come se non si possedesse. Com­mentando questo brano Bultmann afferma che l'amore «esige una partecipazione con interiore distacco». L'amore sponsale pieno è appunto, come spesso ripeto, un "pos­sesso nel distacco". Tutti voi conoscete bene questo. Anzi è la ragione per cui siete qui. Celebrare l'Eucaristia significa riconoscere che amarci in senso pieno è amarci in Cri­sto. Ma amarci in Cristo significa fare posto ad un terzo tra uomo e donna (distacco). Molti nostri amici nel mondo, che faticano nell'esperienza dell'amore, non conosco­no questo meraviglioso modo di amare. Tocca a voi testimoniarlo.

 

2. Domandiamoci. Da dove nasce un simile modo di amare? Una simile maturità di amore? La Prima Lettura, nel contesto della descrizione di chi sia l'autentico pro­feta. ci indica un criterio genetico decisivo per il vero amore. Il profeta simile a Mosè cui Deuteronomio fa riferimento è un profeta a cui «darete ascolto... se qual­cuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto». Tutti noi abbiamo poi fatto nostro questo invito all'ascolto ripetendo nel Salmo responsoriale il ritornello: «Fa' che ascoltiamo. Signore, la tua voce». Dal­l'autentico reciproco ascolto nasce il tragitto verso il vero amore. E questa una dimensione fondamentale delle relazioni tra uomini, eppure oggi tendenzialmente assente dalla nostra società. Ascoltare veramente è riconoscere l'altro come costitu­tivo del mio io. Dall'Altro (il Padre) all'altro (la moglie/il marito, i genitori, i figli. fino all'ultimo dei nostri fratelli uomini). Ascoltare è lasciarsi fecondare.

Opportunamente Don Silvio e la Commissione per la Famiglia hanno ripreso l'invi­to dello scorso anno all'ascolto reciproco tra famiglie di origine e famiglie di nuova costituzione. Nell'ambito della Visita Pastorale vi affido di nuovo questo compito; in modo particolare nei confronti di tutti coloro che si sposeranno quest'anno. Dopo i corsi preparatori non lasciateli soli: coinvolgeteli in una trama di ascolto di fecon­dazione, vogliate loro bene.

In questo modo attuerete un altro importante invito del Santo Padre. «O Dio. aiuta­ci nella nostra missione di trasmettere la fede che abbiamo ricevuto dai nostri geni­tori»: in questa invocazione, parte della preghiera composta da Papa Benedetto XVI per il prossimo Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Valencia nel prossi­mo mese di luglio, è racchiuso il dinamismo della traditio dimensione fondamenta­le dell'educazione, in modo particolare del compito educativo di ogni famiglia e della grande famiglia della Chiesa. In questo dinamismo le famiglie di prima gene­razione hanno un posto essenziale. Non per nulla ricevere e trasmettere sono anche i due verbi portanti del grande racconto eucaristico.

Il prezioso atto di Consegna della Bibbia, che sarà arricchito quest'anno dal dono del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, illustra bene questo compi­to. È legato ad uno degli scopi della Visita Pastorale: "educare al pensiero di Cristo". Quanto bisogno ve n'è proprio in tema di amore. Usare la Bibbia tutti i giorni per la preghiera in famiglia, partecipare ai Gruppi di Ascolto e crearne di nuovi, operare il passaggio dal Gruppo di Ascolto all'approfondimento organico e sistematico del pensiero di Cristo nella catechesi, far rifluire questo lavoro nel giudizio appassiona­to di confronto tra noi e con tutti i fratelli uomini sulle urgenze locali e planetarie delle nostre società. Prendere sul serio l'accompagnamento scolastico dei nostri figli anche chiedendo, nei debiti modi, una scuola veramente libera, rispettosa del pri­mato della famiglia in tema di diritto di educazione.

 

3. Il Santo Evangelo ci presenta Gesù che scaccia un demonio che lo sfida nella sina­goga di Cafarnao. Al termine dell'episodio si parla dello stupore degli astanti. «Ed erano stupiti... perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scri­bi»... «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità» (Vangelo). Due volte ricorre questa parola "autorità", decisiva nella vostra esperienza di geni­tori, sia per le famiglie di origine che per quelle di nuova costituzione. Vorremmo a nostro conforto trarre un insegnamento da questo stile di azione di Gesù.

Qual è la caratteristica di questa posizione di Gesù che riempie di stupore i presenti? Essi ne avvertono la radicale diversità con quella degli scribi, che rischiavano talora di usare del proprio ruolo e della propria competenza come strumento di dominio sul popolo. Scribi e farisei - come dirà altrove Gesù - mettevano sulle spalle dei discepoli dei pesi che per primi si rifiutavano di portare. Non erano coinvolti con le cose che annunciavano. Quella di Gesù invece è una presenza liberante («Comanda agli spiriti immondi e gli obbediscono!»), efficace, profondamente coinvolta con quello che annuncia e perciò autorevole (convincente).

Per coinvolgersi bisogna amare. Questo ci insegna l'amore sponsale vero, quello capace di "possesso nel distacco". Solo l'amore salva (tema di questa Festa dioce­sana della Famiglia}. Solo l'amore è credibile.

 

4. La Vergine Nicopeja. madre del bell'amore, accompagni ognuno di noi nel suo compito di sposo e di genitore, accompagni le nostre comunità nel diffondere attra­verso famiglie consapevoli, il dono dell'amore che, come ci ricorda la Deus caritas est, «quando è vero diventa cura dell'altro per l'altro, non cerca più se stesso, l'im­mersione nell'ebbrezza della felicità, cerca il bene dell'amato... La definitività, e ciò in un duplice senso: nel senso dell'esclusività - "solo quest'unica persona" - e nel senso del "per sempre"» (DCE, 6). Con gioiosa testimonianza accogliamo que­sto invito di Benedetto XVI. Amen

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