PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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LA FAMIGLIA COMUNITÀ

CHE CONDIVIDE LE FATICHE 

E LE SPERANZE DEGLI UOMINI

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ 

alla VII Festa diocesana della Famiglia  

10 gennaio 1987

 ISAIA 42,1-4.6-7   ATTI DEGLI APOSTOLI 10,34-38    MATTEO 3,13-17

 

1. Carissimi,

vi saluto con molto affetto e, con voi, saluto tutte le famiglie che non sono qui: quelle che avrebbero voluto essere! e per vari motivi non sono potute venire. Saluto, con pari affetto e grandissimo desiderio, le famiglie che non sono qui perché non sanno, non condividono o sono contrarie.

In questo momento io vi invito a unirvi a me nel presentare davanti a Dio sulle nostre braccia e nel nostro cuore, in una volontà di profon­da solidarietà, tutti coloro che nel progetto di Dio appartengono a que­sta Chiesa e, in qualche modo, anche se imperfetto o distorto, sono partecipi del mistero dell'amore sponsale e familiare di Dio.

Noi non siamo qui soltanto per noi.

Se la nostra vita è partecipazione all'amore trinitario di Dio, questo è «estasi», uscita da sé. è missione e solidarietà.

Per noi allora pregare per gli altri e pensare a loro, soprattutto a chi soffre di più perché lontano dalla casa del Padre, è il modo più vero per aprirci a Dio e lasciarci invadere da lui.

2. Oggi la Chiesa celebra il mistero del battesimo di Gesù: un mi­stero grande, che inaugura la sua missione, l'anticipa e la significa.

Giovanni sta compiendo un rito penitenziale: i peccatori, toccati dalla sua predicazione, si presentano a lui riconoscendo i loro peccati, ed egli li immerge nel Giordano, a significare il pentimento e a suppli­care la misericordia di Dio.

A un certo punto Giovanni avverte davanti a sé Gesù, col capo chi­no, che avanza per sottostare al rito penitenziale del battesimo. Gio­vanni, come poi farà Pietro nella lavanda dei piedi, si ritrae: «No, Ge­sù, non è possibile: io devo essere battezzato da te, non tu da me», ma Gesù insiste, come insistè con Pietro: «Giovanni, va avanti, poiché con­viene che così adempiamo ogni giustizia». Cosi Gesù viene battezzato insieme ai peccatori. Appena uscito dall'acqua, si aprono i cieli e lo Spirito di Dio scende su di lui come una colomba e si ode la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17).

Ho voluto sottolineare la profonda somiglianza fra il battesimo di Gesù e la lavanda dei piedi, perché ora e allora Gesù si presenta come colui che realizza in sé il mistero della solidarietà con l'umanità peccatrice. Giovanni al Giordano e Pietro nella lavanda dei piedi, non rie­scono ad accettare questa assimilazione di Gesù con i peccatori. Gesù invece dice che proprio questo è il suo mistero: chi non l'accetta, non avrà parte con lui e non compirà la giustizia di Dio.

 

3. Il battesimo di Gesù non è soltanto un fatto della sua vita, ma la sostanza del mistero cristiano. Per fedeltà al Padre, Gesù si rende soli­dale con tutta l'umanità peccatrice: scende nelle profondità della sua miseria, la lava nel suo sangue, cioè nell'amore, e la rinnova.

L'amore è la vita stessa di Dio. «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova» (2Cor 5,17). Le radici di questa solidarietà, che è grazia e ci vie­ne partecipata nel battesimo, affondano nella vita trinitaria; l'eucaristia la nutre e la fa crescere in noi; nel vostro matrimonio questa grazia fio­risce e porta frutto.

Il frutto è una vita sponsale, familiare e sociale che, letta in traspa­renza, è vita trinitaria ed è solidale con tutti gli uomini e le donne, vici­ni e lontani.

Come vorrei aiutarvi a capire che il mistero del battesimo di Gesù, come quello della lavanda dei piedi — che è poi il mistero della pasqua — è la vostra grazia, la vostra vocazione e la vostra missione nella Chie­sa e nel mondo.

Voi vi siete dati come tema per questa festa: «La famiglia, comuni­tà che condivide le fatiche e le speranze di tutti gli uomini». Ecco: in que­ste parole così semplici, all'aspetto così umane, che hanno il sapore del­la vita quotidiana di ogni famiglia, c'è tutto il mistero del battesimo di Gesù, della lavanda dei piedi e della pasqua.

Ma sapete perché la famiglia cristiana ha questo dovere di condivi­dere le fatiche e le speranze di tutti gli uomini? Notate: «di tutti», non dei buoni, o dei fratelli di fede. Di tutti, anche dei peccatori, dei croci­fissori di Gesù e dei nostri crocifissori.

Sapete perché? Perché la famiglia cristiana, in forza del sacramento del matrimonio che la fonda, è, nella storia, presenza del mistero di Gesù, colui che porta sulle spalle tutti gli uomini.

Nel sacramento del matrimonio vanno a frutto le radici battesimali della vita cristiana, che affondano nel mistero di Dio-Trinità-Amore: quel mistero che, a fronte di un mondo ribelle e frantumato dal pecca­to, diventa il mistero «folle» di Gesù crocifisso, il figlio di Dio fatto uo­mo, solidale con ogni uomo; lui, in sé, comunità d'amore che condivide il pane con i peccatori, le lacrime di chi piange, le fatiche e le speranze di tutti. Gesù, il Figlio di Dio, col capo chino dinanzi a Giovanni il Bat-tezzatore; Gesù in ginocchio ai piedi di Pietro, con il catino dell'amore nelle mani per lavargli i piedi stanchi e impolverati; Gesù crocifisso in mezzo a due ladri, che chiede lui perdono al Padre per i suoi crocifisso­ri: «perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

La famiglia è, nella storia dell'uomo, il sacramento e il fermento di quel mistero d'amore di Dio per i peccatori, che si è realizzato in Gesù. E questo in forza del sacramento del matrimonio, mediante i gesti della vita quotidiana la quale tutta — capite, tutta! — diventa, o può diven­tare, sacramento di amore, profezia, inizio e fermento di una condizio­ne nuova.

4. Allora la mia parola qual è?

Famiglie, diventate ciò che siete. Dilatate nella storia il sacramento dell'amore di Dio e della solidarietà di Cristo: siate, nella Chiesa e nel­la società, il fermento di un nuovo modo di pensare e di vivere, perché voi siete «in Cristo» una nuova creatura, cioè un mondo nuovo; voi con la vostra famiglia, siete già «un nuovo ciclo e una nuova terra» (Ap 21,1).

Anche quando fate i gesti di tutti, ma con la novità dell'amore, voi rivelate Dio. Anzi, la presenza di Dio in voi lieviterà atteggiamenti e comportamenti, civili e profani nella loro esteriorità, ma nuovi e divini nel modo di vivere che propongono: un modo di vivere che non ha alla radice «il mio» e «il tuo» da difendere, ma la solidarietà, l'unità in Cri­sto, la comunione da rivelare.

C'è una strettissima analogia fra il mistero del Verbo incarnato — cioè fra la vita di Gesù — e la famiglia. Alla vista, la vita di Gesù è quella di un uomo, di un vero uomo — lo si vedeva, lo si toccava, ha sofferto, è stato ucciso — però divinamente buono. Sì, divinamente buono, ma la sua divina bontà prendeva corpo in gesti umani. E così è la famiglia: i gesti sono umani, la sorgente è il mistero di Dio. Nei gesti prende corpo il mistero di Dio.

In quali gesti? In quelli della comunione, una comunione difficile, faticosa, conquistata giorno per giorno nella gratuità e nel perdono, nella preghiera per sé e per gli altri.

Nei gesti della condivisione delle gioie, delle pene e delle fatiche delle altre famiglie; una famiglia ha disoccupati, un'altra è sfrattata, un'altra ha un tossicodipendente.

Nei gesti dell'apertura della propria famiglia a persone sole, bambi­ni o anziani: nella vicinanza, concreta e affettuosa, secondo le modalità più diverse.

Ecco, in questi gesti umani, ma divini nell'amore che li ispira, Dio si rivela come si rivelava nell'umanità di Gesù. E la gente sentirà che Dio è vicino, è veramente Emmanuele: Dio con noi.

In questo modo la storia cambia.

Anche la socialità e la politica sono sollecitate verso realizzazioni, anche istituzionali, impensabili diversamente, maturate nel clima di un costume civile, fermentato dalle famiglie cristiane immerse nella massa della società.

5. Anche la Chiesa impara a essere la famiglia dei figli di Dio dal modo di rapportarsi degli uni verso gli altri nella famiglia. La qualità della bontà, della dolcezza, della mansuetudine, della prevalenza dei valori della persona su quelli della efficienza e così via, che sono sostan­za della vita ecclesiale, la Chiesa li impara dalle cellule familiari di cui è fatta.

Dirò di più: fra famiglia e Chiesa c'è, proprio a partire dal mistero della solidarietà in Cristo, uno scambio di attribuzioni, quale noi erava­mo abituati a vedere verificarsi fra la Chiesa e l'umanità di Gesù. Quando una famiglia si apre all'altro, accogliendolo come suo al di là dei vincoli della carne e del sangue, non realizza in se stessa l'amore verginale?

Ecco la famiglia mistero di paternità/maternità ma anche di vergini­tà. Proprio come lo è la Chiesa, tutte e due a partire dall'umanità di Gesù.

6. Coniugi che siete qui: la nostra Chiesa e il mondo — gli uomini, le donne, i fanciulli, i giovani e le ragazze in mezzo ai quali noi viviamo — hanno bisogno di voi. Hanno bisogno che voi diventiate quello che siete; che viviate la grazia che vi ha fatto sposi cristiani. Hanno bisogno che raccontiate Dio con la vostra vita. Dio nel suo mistero più profon­do è familiare, come Gesù è filiale e fraterno.

L'umanità di Gesù è il racconto più bello su Dio, la sua rivelazione più piena: rivelazione misteriosa e inesauribile, eppure alla portata di tutti, capace di riempire di luce e di felicità tutti, i bambini e i dotti.

Anche la vostra vita, coniugi, anche la vostra vita di famiglia, papà, mamme e figli, può essere il racconto più bello su Dio e su Gesù; fatto coi gesti più che con le parole; una rivelazione di Dio Padre e di Gesù che tutti possono capire perché fatta con i gesti della bontà della vita fa­miliare; una rivelazione che parla e riscalda, illumina e prende.

Fratelli e sorelle, coniugi e voi giovani, ragazzi e ragazze: abbiamo un tesoro immenso nelle nostre mani, per noi e per gli altri; un tesoro per la Chiesa e per il mondo, un tesoro per i poveri, per i peccatori, per le famiglie che soffrono e sono in difficoltà. Non disperdiamolo. Anche le briciole possono dare la vita a chi muore di fame.

Siate testimoni dell'amore di Dio e darete speranza al mondo.