PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

Home ] Su ] PROGRAMMA ] Gli Uffici ] La Commissione ] Formazione al Matrimonio ] Le Assemblee ] Casa Famiglia Pio X ] Assemblea animatori ] I  Fidanzati a S. Marco ] Ass. Centro S. Maria M. Domini ]

 

 

LA FAMIGLIA CRISTIANA

CERCA LA SUA IDENTITÀ

S. Em. Card. Patriarca MARCO CÈ 

alla VIII Festa diocesana della Famiglia  

17 gennaio 1988

 1SAMUELE 3,3-10.19   1CORINTI 6,13-15.17-20    GIOVANNI 1,35-42

 

  

1. Carissimi coniugi, papà e mamme,

e voi ragazzi e ragazze che avete accompagnato i vostri genitori; confratelli presbiteri: siate i benvenuti in S. Marco.

Sono felice di incontrarvi, per consegnarvi la certezza che io porto in cuore nei confronti della famiglia come costruttrice di un futuro di speranza per la nostra Chiesa.

Voi. famiglie, della Chiesa siete la cellula viva, sacramentale: voi, in voi stesse, portate il genio, la sigla, l'immagine costitutiva della Chie­sa, prima di ogni gruppo, associazione; prima della stessa parrocchia, perché alle radici della famiglia c'è un sacramento che fa dello sposo e della sposa che si amano nel Signore, la memoria viva e attiva — il sa­cramento appunto — dell'amore di Cristo per la sua sposa, la Chiesa, epifania dell'amore di Dio per il mondo.

Non mediterete mai abbastanza questa vostra identità, che è una identità di fede.

Essa è un dono prezioso, anzi, necessario per la Chiesa. Essa è un dono grande per il mondo, anche per coloro che non credono: nella fa­miglia cristiana, che vive la grazia del matrimonio che la costituisce e la fonda in tutta la sua ricchezza spirituale e umana, quali l'affetto, l'acco­glienza, la bontà, la tenerezza, la mansuetudine, la festosità... coloro che non credono, che hanno smarrito la strada, possono incontrarsi con Dio, col volto umano di Dio che è l'adorabile persona di Gesù Cristo.

2. Prima di addentrarmi nella meditazione della parola di Dio che è stata proclamata, amo ricordare insieme con voi — quasi chiamandoli per nome — i fratelli e le sorelle che non sono qui e pregare per loro.

Ricordiamo le madri che attendono una creatura: benedetto il frut­to del loro grembo! Ricordiamo i coniugi che hanno ammalati, anziani e non li hanno potuti abbandonare: Signore aiutali, sostienili nella loro fatica!

Ricordiamo le famiglie che sono colpite dalla disgrazia o, comun­que, sono cariche di sofferenze: figli che fanno tribolare perché hanno preso strade sbagliate, fino a quelle disperate della droga; figli che non trovano lavoro, o non ne sono soddisfatti; che vorrebbero sposarsi e non trovano la casa... Signore, che non vengano meno le loro forze, che non si spenga nel cuore la speranza!

Ricordiamo le famiglie ormai divise, coniugi che si trovano in stra­de senza uscita e soffrono: non lasciamoli soli; sentano che la Chiesa li ama. Aiutate la comunità ad aiutarli: sono tanti, sempre più numero­si... Signore, che si sentano amati da te, mai da te abbandonati, perché tu sei il loro Padre! Che non si sentano abbandonati o rifiutati dalla Chiesa, che è madre!

Preghiamo per tutte le iniziative parrocchiali e diocesane finalizzate ad aiutare i giovani nel loro cammino verso il matrimonio e poi a soste­nerli, specialmente nei primi anni della loro vita coniugale.

Io prego il Signore perché doni a voi, coniugi cristiani, non solo la coscienza della grazia che avete ricevuto, una grazia grande, che vi ac­compagna sempre ed è capace di sostenere istante per istante la vostra vita, i vostri compiti; ma vi doni anche la consapevolezza che questa grazia è un pane da spezzare con tanti che non conoscono il sacramento del matrimonio e non sanno che grazia grande esso sia.

Oggi non è possibile vivere il matrimonio senza una viva coscienza della sua identità di grazia; senza attingere a piene mani alla sorgente di acqua viva che zampilla continuamente dal sacramento che vi fa sposi nel Signore. Non basta la predicazione dei pastori per annunziare que­sta lieta novella, capace di rivoluzionare la storia con la forza dell'amo­re; è necessaria la vostra testimonianza di vita; siete necessari voi. Per­ché nella Chiesa si possa dire: noi annunziamo «ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi... e ciò che le nostre mani han­no toccato» (1 Gv 1,1).

3. Ora mettiamoci sotto la luce della parola di Dio e lasciamoci il­luminare. Mi limito al Vangelo.

Geograficamente e cronologicamente dove collochiamo i fatti nar­rati? Siamo agli inizi della vita pubblica di Gesù lungo le rive del fiume Giordano, dove Giovanni predicava e battezzava, immergendo le per­sone nelle acque del fiume, in segno di penitenza per i loro peccati.

Ed ecco che, proprio in questo luogo, si rende presente Gesù: an­che lui scende nelle acque del Giordano, a significare la sua solidarietà con l'umanità peccatrice. Ma ecco che, mentre ne esce, si aprono i cieli e su di lui scende lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, e il Padre fa udire la sua voce che lo proclama suo Figlio, dicendoci di ascoltarlo.

Subito dopo Giovanni lo indica ai suoi stessi discepoli come l'A­gnello di Dio, cioè il Messia, salvatore mediante il suo sacrificio. Cosi quel luogo, quella terra diventa «terra santa», terra nella quale Dio si rivela.

Miei cari: la famiglia, per la realtà sacramentale che la fonda — il sacramento del matrimonio — non è anch'essa «terra santa», cioè luo­go dove Dio-Amore ha posto la sua tenda e si rivela? «Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14): io vi dico che quelle parole: «in mezzo a noi» indicano anche la realtà di grazia che nasce e cresce sul sacramento del matrimonio.

Lì Dio — Gesù, figlio di Dio — si rivela nei gesti dell'amore, del dono della vita, nella dedizione piena di tenerezza e di sacrificio che fa crescere; nell'amore che è fedele anche nella fatica, anche nell'infedel­tà dell'altro o nella non risposta dei figli, nell'accoglienza del povero, del bimbo senza famiglia, nell'aiuto portato ai coniugi in difficoltà...; in tutto questo, che fiorisce dal sacramento ed è da esso sostenuto. Dio si rivela come quando si è rivelato in Gesù, cioè come amore e Gesù, il Risorto, continua la sua presenza nel mondo. Il matrimonio è luogo do­ve Dio-Amore narra se stesso; luogo dove Gesù viene indicato come l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.

Questa è l'identità della famiglia: una grazia da credere, di cui stu­pirsi, per la quale dobbiamo, come Maria, adorare, godere e tacere.

4. Sentendo Giovanni Battista che, indicando Gesù, diceva: «Ecco l'Agnello di Dio», Giovanni e Andrea «seguirono Gesù». «Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli rispose­ro: "Rabbì, dove abiti?". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dun­que e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,37-39).

Giovanni e Andrea udirono le parole di Giovanni, il profeta che parla in nome di Dio. Udirono e ascoltarono, credettero alla Parola. E seguirono Gesù.

La famiglia è luogo dove Dio parla: parla mediante le sante Scrittu­re lette in famiglia, parla mediante l'eucaristia domenicale — la dome­nica, con l'eucaristia, è il pozzo di Sicar della famiglia, il pozzo dal qua­le attinge la grazia — parla quando la famiglia si raccoglie in preghiera, parla anche dentro i singoli gesti della vita familiare, ispirando il cuore. E cosa dice?

Indica come nella vita familiare si deve sempre seguire Gesù: vivere guardandolo! Perché Gesù è sempre presente nella vita dei coniugi, della famiglia, dei figli: anche quando il papà lavora, anche quando la mamma accudisce i bambini più piccoli.

L'anima profonda di ogni gesto, il suo senso sacramentale è proprio questo: di ogni gesto Gesù è come il protagonista; lo Spirito ci conduce a fare ogni cosa in sintonia con lui; a vivere in ogni situazione della vita il vangelo; a seguire in ogni cosa Gesù. Perché Gesù è il senso totale di una esistenza salvata e permeata dalla grazia della vita divina.

5. Gesù dice a Giovanni e ad Andrea: «Cosa cercate?». Queste pa­role, cari coniugi, le dice anche a voi: cosa cercate? Cercate la felicità nei soldi, nell'emergere sugli altri, nella carriera prestigiosa dei figli; in una parola: cercate la felicità negli idoli del consumismo, nella macchi­na, nella casa, nelle pellicce, nell'andare a sciare, se no si è senza week-end?

Giovanni e Andrea rispondono: «Maestro, noi cerchiamo te. Dicci: dove abiti?». Anche noi, cari coniugi, dobbiamo in ogni cosa cercare solo Gesù: lui è la beatitudine! Se la beatitudine non la trovate in lui, niente ve la può dare. Perché lui è la felicità di Dio! Voi avete bisogno di soldi; essi non sono peccato: sono dono di Dio. Ma non dovete farne degli idoli. Anche Gesù li usava, però era povero e ha detto: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20). Anche voi dovete usare del denaro, ma come lo usava Gesù: per quel che serve. Perché la beatitudine, per voi e per i figli, è altrove.

Anche nel futuro dei figli dobbiamo cercare Gesù: i figli non sono cose, non sono strumento per le nostre ambizioni, per il salto di «sta­tus» sociale della famiglia; non sono neanche idoli di cui farvi schiavi. Sono interlocutori di Dio, suoi figli: la loro felicità — e la vostra — è la realizzazione del progetto di Dio su di loro. Questo dovete cercare: an­che nei figli cercate Gesù, seguite Gesù, chiedetegli: Gesù, cosa vuoi da loro? Cosa vuoi per loro? Cercate Gesù, educandoli all'amore e a vi­vere la vita come dono — dono da condividere — non come qualcosa da tenere gelosamente per sé, preoccupati solo della propria autorea­lizzazione: il mito dell'autorealizzazione! Ragazzi che sono idoli, candi­dati all'egoismo e all'infelicità.

Giovanni e Andrea videro dove abitava Gesù «e quel giorno si fer­marono presso di lui» (Gv 1,39). La famiglia cristiana, che con sempli­cità vive il vangelo in tutti i suoi gesti, anche i più umani — ad analogia del Verbo incarnato — è la casa dove Gesù abita. Chi viene, lo vede, lo deve vedere, perché Gesù è lì: è lì nella bontà, nel perdono vicendevo­le, nella correzione coniugale, parentale e fraterna, nella preghiera fat­ta insieme, nei pasti consumati insieme, quasi preparandosi all'eucari­stia, nella festa che anticipa il paradiso... E lì, Agnello di Dio, anche nel sacrificio, nella croce della malattia, del tradimento, del peccato dei figli...

Vivere così il matrimonio e la vita di famiglia è essere salvati e san­tificati nella realtà che si vive, è dar senso alla vita quotidiana dell'uo­mo, vita assunta da Cristo; ma è anche rendere testimonianza al Risor­to che vive in noi.

Giovanni, l'evangelista e uno dei due discepoli, scrivendo questo fatto più di ottant'anni dopo, ricorda che «erano circa le quattro del pomeriggio». Un particolare banale diventa importante, perché è l'ora di Gesù.

Nella famiglia sacramentale Gesù è presente, non soprattutto nei gesti solenni del culto compiuti in Chiesa e neanche soltanto nei mo­menti di preghiera — la liturgia e la preghiera sono luoghi di presenza di Gesù per tutti, coniugati e non, nella famiglia o fuori — ma nella realtà umana della famiglia stessa: è l'amore concreto, quotidiano dei coniugi, che ispira, guida e sostiene tutti i comportamenti dei figli e, in qualche modo, li genera continuamente; è quest'amore concreto, fatto di parole, di gesti, di sudore, di gioia e di dolore, che è luogo di presen­za, luogo di rivelazione di Gesù e del suo amore per la Chiesa e per l'uomo. Gesù non è solo nel tempio, è su tutte le strade della famiglia, in ogni gesto e in ogni momento.

6. Un'ultima parola. Giovanni e Andrea dicono a Pietro che hanno trovato Gesù; e poi lo dicono a Filippo, loro compaesano, e questi a Natanaele...

Cosa vogliono dire questi fatti? Vogliono dire che la grazia di Gesù, contenuta nella famiglia, non la potete tenere per voi. Questa grazia è un pane che va spezzato, come ha fatto Gesù alla moltiplicazione dei pani.

Con chi va spezzato? Papà e mamme: con i figli. Quando voi parla­te dell’amor di Dio ai vostri figli, quando parlate loro di Gesù, quando cercate di far capire il vangelo, anche ai più grandi, c'è una grazia in voi, che nessuno ha. E se non vi ascoltano e voi piangete, il vostro pian­to è il pianto di Dio sui suoi figli, è il pianto di Gesù su di noi: «Ecco l’Agnello di Dio!» (Gv 1,36).

Con chi va spezzato? Con i fratelli e le sorelle della comunità cri­stiana, con i giovani incamminati al matrimonio. Cari coniugi che mi ascoltate: la comunità ha bisogno di voi, che usciate dal privatismo, che vi mettiate a servizio degli altri. Fate il sacrificio di prepararvi per poter servire chi ha bisogno, per spezzare loro il pane della lieta notizia del matrimonio cristiano.

Ma non vedete che i giovani non lo sanno più? Vivono in un mondo dove Dio è stato cancellato: o vedranno Dio in voi, o lo sentiranno da voi, o non incontreranno mai Dio e del matrimonio avranno l'idea che ha il mondo, non quella che Dio ha rivelato in Cristo e ha consegnato a voi.

7. Io faccio tacere il cuore e concludo. La Chiesa ha bisogno di voi, i giovani hanno bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi per non per­dere anche l'idea del matrimonio come l'ha voluto Dio creatore.

Non venite meno alla fiducia che Dio ha riposto in voi, chiamando­vi al matrimonio cristiano. Restituite alla famiglia cristiana la sua iden­tità di grazia, nella quale viene costituita dal sacramento: la famiglia cellula viva della Chiesa e, perciò, Chiesa essa stessa, Chiesa domesti­ca.

Chiesa domestica non vuole dire solo che la famiglia è radicalmente assemblea di Dio, corpo di Cristo e suo sacramento nel mondo; vuol di­re anche che la Chiesa stessa, se vuole essere totalmente vera, deve es­sere famiglia, dove l'amore trinitario si incarna nei gesti umani dell'a­more, della tenerezza e della familiarità.

E allora cari coniugi, io vi chiedo per la nostra Chiesa, per i vostri figli e per coloro che non credono: rendete evidente agli occhi di tutti che la famiglia è «discesa dal cielo» (cf. Ap 21,1), come la città santa di cui parla l'Apocalisse.

Amatevi; amatevi come Dio ci ama, nell'imperfezione e nel pecca­to; amatevi perdonandovi.

Ridiventi la famiglia il luogo elementare e primario della preghiera, della lettura del vangelo. Riprendete a pregare insieme; date senso alla mensa, almeno una volta al giorno; la domenica, con l'eucaristia, sia sempre una festa da godere, da vivere insieme pregando, cantando, ral­legrandosi l'un l'altro. Trovate qui, nella famiglia, la beatitudine: se voi capirete questo, tutto il resto si relativizzerà.

Trovate nella famiglia la strada maestra della vostra santità: nella coniugalità, nella paternità-maternità e in tutto ciò che questo compor­ta. Vivendo in una pienezza sempre più grande la realtà umana della famiglia — vivendola nella fede — voi entrerete nel mistero di Dio.

La famiglia non sarebbe stata assunta da Dio come sacramento di sé, se essa non fosse in qualche modo, anche solo come realtà naturale, rivelazione di Dio, parola con cui egli si dice; se Dio stesso, nella sua vi­ta intima, non fosse lui stesso «familiare».

Per questo vivere la realtà del matrimonio e della famiglia nella fe­de è strada maestra di santità. E anche l'impegno professionale, civile e politico a servizio degli uomini, come quello ecclesiale, trovano nella grazia della famiglia la loro radice, perché quel Dio di cui la famiglia è sacramento è un Dio che «esce da sé» per donarsi gratuitamente agli uomini e al creato, nel Figlio Gesù. Dio è dono, Gesù è dono, il matri­monio sacramentale è dono.

Che il Signore vi aiuti ad accogliere questo mistero nel cuore, custo­dendolo e meditandolo come ha fatto Maria: per tradurlo in comporta­mento quotidiano, per la salvezza del mondo. Amen.