PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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SCHEDE PER LA RIFLESSIONE

IN PREPARAZIONE

ALLA XII ASSEMBLEA DEGLI SPOSI

S. Michele Arcangelo – Quarto d’Altino

19 Ottobre 1997

 

  Sposi in Gesù Cristo 

per mezzo dello Spirito Santo,

 nella chiesa e nel mondo

Presentazione

Dalla conoscenza alla contemplazione di Gesù Cristo

In Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo

La storia dello Spirito Santo (da Vieni Santo Spirito)

-  Lo spirito di Gesù                     

- Lo spirito della Chiesa  

   > Excursus

  > Santità

  > Cattolicità

  > Unità

  >Apostolicità

- Per l'avvento del regno di Dio

- Per Cristo nello Spirito a! Padre  

 

Gesù Cristo sposo della Chiesa sposa  (secondo il Magistero di Giovanni Paolo II)

Sposi cristiani 

Il ministero coniugale nella Chiesa e dentro la storia  

Gesù Cristo affida agli sposi il loro ministero  

A  Il Ministero coniugale "profetico-creativo-educarivo" o dell'annuncio dell'amore di Dio          

1. Gesù Cristo, il Profeta 

2. Gesù affida agii sposi questo ministero

3. Espressioni attuative

B. Il ministero coniugale "sacerdotale-caritanvo-eucaristico" o dell'accoglienza dell'amore di Dio e dell'adorazione e nei rendimento di grazie

     1. Gesù Cristo, il Sacerdote

     2. Gesù unisce gli sposi al suo ministero             

     3. Espressioni attuative

C. Il ministero coniugale "regale-sociale-politico" o dell'amore di Dio donato agli uomini, come esperienza di comunione, vincolo profondo e servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità umana                     

     1. Regalità di Gesù Cristo l'opposto de! potere umano

     2. Gesu affida agli sposi il ministero di servizio agli uomini

     3. Espressioni attuative      

      

  PRESENTAZIONE

(don Silvio Zardon - Doniela e Sandro Giantìn)

 

 

È noto che l'Assemblea è un appuntamento pastorale, con il quale gli .sposi intendono offrire la loro collaborazione alla pastorale della nostra Chiesa, pregan­do, dialogando e lavorando con il nostro Patriarca. Come di consueto, l'Assemblea si colloca nel contesto pastorale della nostra Diocesi.

> Il progetto pastorale della comunità diocesana quest'anno è arricchito della nuo­va lettera del Patriarca: "LA COMUNITÀ CRISTIANA IN MISSIONE, verso una Chiesa viva nei suoi battezzati, radicata nel territorio e serva del Vangelo per tutti".

Il suo orizzonte è la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Tertio millennio adveniente, per la celebrazione del bimillenario della nascita di Gesù Cristo.

"Sarà un "Anno di grazia del Signore" - ci scrive il Patriarca - che impegnerà la nostra Chiesa ad intraprendere una "Missione lunga", nella quale l'ordinaria vita della comunità cristiana viene celebrata in modo che esprima il massimo delle sue potenzialità. Perciò all' "Anno di grazia del Signore" ci si prepara per due anni a riscoprire e a capire i "tesori" che sono nelle nostre mani, la "grazia" che fruttifica nella vita di una comunità ecclesiale e la "missionarietà" che da essa si sprigiona.

Pertanto, il nostro programma prevede il coinvolgimento di sposi e di fa­miglie, fra l'altro, a "cooperare alla preparazione e allo svolgimento della MISSIONE", in obbedienza all'azione dello Spirito del Signore, ed a realizzare un mo­dello di Chiesa e di parrocchia prevalentemente protesa nell' "evangelizzazione fuori le mura, imparando da Gesù per andare ad annunciare il Regno di Dio in ogni luogo dove l'uomo vive, lavora, soffre, lotta, spera".       

Per questo, la Scuola per la formazione permanente degli sposi al ministero coniugale si aprirà alle finalità della formazione degli evangelizzatori, articolate nell'apposito PRO MEMORIA della segreteria per il Coordinamento della pastora­le.

> La XII Assemblea diocesana degli Sposi si colloca proprio in questo contesto ecclesiale già nel suo titolo: "SPOSI, IN GESÙ CRISTO PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO, NELLA CHIESA E DENTRO LA STORIA".

Questo tema, infatti, è stato scelto nell'intento di "riscoprire - come dice il nostro Patriarca - la presenza attiva dello Spirito e del suo significato nella vita della Chiesa e nella storia degli uomini. Lo Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio al compimento del disegno della nostra salvezza".

Riflettere sullo Spirito Santo, in Assemblea, vuol dire entrare decisamente nell'anno 1997-98 consacrato dal Papa proprio alla terza Persona della Trinità.

Si ricorderà che l'itinerario di fede per i fidanzati e per gli sposi ha l'obiettivo di guidare la coppia all'incontro personale con la Persona di Gesù Cristo attraverso lo Spirito nella Chiesa, per lasciarsi da Lui guidare, celebrato il sacramento del Matrimonio, alla piena comunione d'amore coniugale nella famiglia, Chiesa domestica. Solo Gesù per lo Spirito Santo è questa guida, perché la comunione sponsale prende sì inizio dall'amore dell'uomo e della donna, ma scaturisce radicalmente dal mistero di Dio" (Lettera alle Famiglie 6; cf  GS 24).

Gesù Cristo, dunque, mediante il suo Spirito, chiama e conduce gli sposi a collaborare alla sua missione, affidando loro il "ministero coniugale", che consiste nel realizzare, attraverso "il tessuto quotidiano della loro vita coniugale nella chiesa domestica, la Civiltà dell'Amore".

Di conseguenza, sarà facile comprendere perché la XII Assemblea degli sposi continuerà a proporre il "Ministero coniugale affidato dallo Spirito di Gesù agli sposi, chiamati a rivelare il dono dell'Amore di Dio all'uomo attraverso il loro amore consacrato dal Matrimonio".

> L'Assemblea si svolgerà così:

1. Al mattino, ci dedicheremo alla riflessione o, meglio, alla "contemplazione" di Gesù Cristo, al quale va la priorità assoluta su qualsiasi altro progetto o obiettivo della nostra esistenza. Come ogni cristiano, abbiamo scelto la "sequela", itinerario dinamico, che ha come meta la "comunione con Gesù, voluta dal Padre e suscitata dallo Spirito Santo, un rapporto cioè secondo la comunione sponsale di Cristo".

Questa esperienza sarà guidata personalmente dal nostro Patriarca.

Noi speriamo che sarà coinvolgente e proficua per tutti, convinti che il ministero coniugale è autentico e cresce solo se ha il suo fondamento nell' "imitazione di Cristo", perché, trattandosi dello stesso suo ministero, solo Lui può rivelarne il "senso" e la “modalità" di "incarnazione" nella storia, solo e sempre in comunione con lo Spirito di Gesù.

2. Al pomeriggio, rinnovato l'annuncio che il ministero coniugale di "rivelazione" dell'Amore di Dio per l'uomo è lo stesso Gesù Cristo ad affidarlo agli sposi nella celebrazione del sacramento del Matrimonio, punteremo l'attenzione su tre modulazioni di questo stesso ministero:

a) il ministero profetico-creativo-educativo: ministero che chiede alla "comunità sponsale" di fare memoria di Gesù Cristo, che è innanzi tutto "rivelazione-profezia" del progetto eterno dell'Amore del Padre per l'uomo. Gli sposi sono chiamati a svolgere questo ministero prima di tutto nel loro compito "educativo" a partire dalla sua "dimensione vocazionale". Riprenderemo allora il dialogo con la nostra comunità diocesana e, in particolare, con il Seminario e l'Opera diocesana vocazioni, iniziato con l'Assemblea straordinaria del 13 aprile scorso in S. Marco. Ma vorremo anche stabilire uno stile di collaborazione con l'Ufficio per il Coordinamento della Pastorale Giovanile.

b) il ministero sacerdotale-caritativo-eucaristico: ministero dell' "accoglienza" stupita e gioiosa, della "lode e liturgia di adorazione e di rendimento di grazie per il dono dell'Amore di cui Dio ha fatto partecipi gli sposi, la famiglia, gli uomini". Questo dovrà essere il primo obiettivo e lo stile delle iniziative: "La famiglia per le famiglie" e "La Casa Famiglia S. Pio X".

c) il ministero regale-sociale-politico: ministero dell'Amore di Dio "donato" agli uomini, come esperienza di "comunione, vincolo profondo e servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità umana".

Partiamo dall'affermazione che la responsabilità culturale, sociale e politica degli sposi e della famiglia nasce dal sacramento del Matrimonio, che dona loro una "grazia politica". Responsabilità che non deriva agli sposi da nessuna autorità esterna o dalle circostanze storiche, ma dal "cuore nuovo" creato in loro dallo Spirito" (cf FC 47).

Dopo di che, metteremo attenzione, fra gli altri, a questo aspetto della nostra vita sociale e politica: l' "Umanizzazione dell'Economia", secondo le accorate espressioni dell 'enciclica Centesimus annus, (cf nn. 36-39).

3. La celebrazione dell'Eucaristia sarà il culmine dell'Assemblea: "l'Eucaristia è il cuore, la sorgente del nostro vivere quotidiano e l'amore sponsale scaturisce dalla pasqua di Cristo di cui è sacramento. Dalla celebrazione dell'Eucaristia nel giorno del Signore scaturisce - continua ancora il Patriarca - una cultura della convivenza umana vissuta da cristiani all'insegna della solidarietà, della condivisione, dell'amore".

È evidente che la XII Assemblea inizierà la discussione di questi aspetti del ministero coniugale, per riprenderli in nuovi appuntamenti durante l'anno.

AL SOMMARIO 

 

DALLA CONOSCENZA ALLA CONTEMPLAZIONE DI GESÙ CRISTO

> Il cristiano è colui che in Gesù Cristo riceve una "vita nuova" da Figlio di Dio, suscitata dallo Spirito Santo e di cui Gesù Cristo è insieme causa efficiente, esemplare e finale; egli è il mediatore unico, universale, eterno.

Scegliere da parte del cristiano di vivere la "sequela" vuol dire entrare in un itinerario dinamico, che ha come meta la comunione con Gesù. voluta dal Padre e suscitata dallo Spirito Santo.

La sequela ha tre fasi: andare dietro di lui, stare con lui, vivere in lui.

Nella Chiesa abbiamo cominciato a conoscere che la vita di Gesù, la sua avventura terrena, conclusa con la morte violenta sulla croce e la sua risurrezione, sono propriamente il contenuto della fede cristiana, perché sono l'evento centrale della Rivelazione di Dio.

I discepoli, chiamati a vivere in intimità con Gesù, loro Signore e Maestro, sono condotti gradualmente alla sua "contemplazione", così da fare della propria persona e della propria storia il segno, l'immagine, l'icona nella quale Dio si rende visibile al mondo e si offre alla comprensione degli uomini: Gesù Cristo e questi Crocifisso (cf Gal 6,14-17).

L'uomo è stato creato da Dio ad immagine di Gesù Cristo. Quando il discepolo si dedica alla contemplazione lo fa puntando lo sguardo su Gesù e lo fa non indirizzando l'attenzione all'esterno di sé, bensì nella propria interiorità: «il Giusto abita per la fede nei nostri cuori» (Ef 3, 17), «Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi nella prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi?» (2 Cor 13, 5).

> Riflettendo, quindi, sul Vangelo in questa Chiesa, nella nostra parrocchia, abbiamo cominciato a capire che ciò che presenta il Vangelo non è l'inventario di una dottrina o un elenco di verità o un catalogo di fatti, ma la Persona di Gesù.

Le Scritture in generale ed il Vangelo in particolare, vanno presentate come il luogo in cui è possibile fare esperienza esistenziale dell'incontro con Gesù Cristo Persona.

È importante sollecitare la confidenza con le pagine del Vangelo, ma soprattutto bisogna proporre un atteggiamento di lettura-ascolto della parola di Dio: introdurre il concetto di Parola di Dio che diviene persona, persona fedele a cui sempre riferirsi per ottenere aiuto e orientamento.

Si dovrebbe dire, a questo punto, che il Vangelo va letto con attenzione di fede, o meglio, come dice Paolo con l’«obbedienza della fede», per scoprire nella descrizione delle parole di Gesù, dei suoi comportamenti, delle sue opere, che ci si sta incontrando con il Vivente, con il sempre Presente.

È questo il presupposto, la condizione necessaria per essere in grado di sentire il Vangelo come Parola piena di verità e di grazia, secondo l'esperienza dell'evangelista Giovanni (cf Gv 1, 14), oppure secondo l'esperienza dei discepoli di Emmaus la sera di Pasqua: Gesù apparve all'improvviso e «aprì loro la mente alla comprensione delle Scritture» (Lc 29, 45). È leggere il Vangelo guidati dallo Spirito di Gesù.

> Allora, fatta così, questa lettura del Vangelo fa andare al di là dei gesti e delle parole di Gesù, fa sentire la necessità di cercarne e di scoprirne il volto ulteriore, di penetrare nel profondo della sua personalità, di raggiungere in qualche modo il centro vivente da cui provengono fatti, gesti e parole di Gesù, cioè il suo cuore. Da questo approccio personale al Vangelo, facilmente segue anche l'esperienza liturgica nella quale Gesù si consegna, con e nell'Assemblea, al Padre.

L'incontro, dunque, è con la Persona di Cristo: non con una persona del passato, neppure fuori del tempo e dello spazio, ma reale, una Persona proprio di adesso. Un Uomo fortemente inserito nel nostro tempo e spazio.

È la lieta scoperta che fece la donna samaritana, la quale, dopo aver dialogato con Gesù anche sulla sua situazione personale, «andò in città e disse alla gente: Venite a vedere un uomo che mi detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?»(Gv 4, 28-29).

È l'esperienza di chi comprende che l'uomo vero è quello che si vede realizzato in Gesù, avendo cercato di entrare nel suo pensare, volere e agire, e di metterne in risalto gli aspetti profondamente umani. Gesù nel Vangelo mostra gli atteggiamenti, i sentimenti; i comportamenti più genuini dell'uomo.

> La conoscenza del mistero di Dio, rivelato in Gesù Cristo, è l'obiettivo proprio dell'attività teologica e della formazione alla vita cristiana del discepolo di Gesù Cristo. Di conseguenza, la conoscenza che porta all'amore, genera e alimenta un impulso così forte verso Dio da provocare l'estasi, cioè l'uscita, l'esodo dal proprio essere per entrare nella beatitudine della contemplazione.

Ne consegue che la Sacra Scrittura dev'essere letta e interpretata con l'aiuto dello Spirito mediante il quale è stata scritta, il cristiano si dispone ad accogliere la Rivelazione di Dio fatta da Gesù Cristo nella consapevolezza, donata dalla fede, che Dio si è definitivamente manifestato in lui e attraverso di lui.

Questa accoglienza comporta l'impegno a rispettare la storia di Gesù narrata dai Vangeli, accettandone l'interpretazione data dalla primitiva comunità cristiana, interpretazione difesa, spiegata e approfondita dal Magistero della Chiesa, soprat­tutto nei Concili.

> Nello svolgere questo suo compito, la Chiesa è sempre stata guidata e assistita dallo Spirito Santo, il quale è l'interprete autorevole, l’esegeta del Mistero di Cristo e del Padre. Si comprende che nessuno arriverebbe a capire, accogliere e annunciare correttamente la verità teologica inerente a Gesù Cristo se non fosse ammaestrato dallo Spirito Santo: «Nessuno può dire 'Gesù è il Signore’ se non sotto l'azione dello Spirito Santo» (1 Gv 12,3).

È sempre lo Spirito a concedere la grazia e la gioia di scoprire che l’unico, il vero teologo è il Verbo: Gesù Cristo Salvatore, perché solo Gesù Cristo è mediatore tra Dio e gli uomini: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).

> Certo, parlare agli uomini per farsi accettare pienamente, non è mai stato facile a nessuno.

Gesù ha voluto sottostare a questa condizione: non ha voluto imporsi, si è proposto con autorità, sì, ma con dolcezza, ha invitato e attratto i discepoli pazientemente, ha operato miracoli per gli increduli, ma non ha mai costretto nessuno. Egli ha sempre parlato a ciascuno e alla gente, secondo ciò che potevano intendere e secondo ciò che si aspettavano.

Gesù, dunque, nei Vangeli rivela di essere una Persona, come attestano fin da principio gli Apostoli e i discepoli, i quali, «non cessavano di insegnare e di dare il buon annuncio che è Cristo Gesù» (At 5,42).

Allora, dall'ascolto del Vangelo nella comunità cristiana, il credente coglie il significato dell'affermazione della Gaudium et Spes: "Gesù è così perfettamente uomo, perché è Dio. E ciò che può svelare l'uomo all'uomo, è che Dio stesso abbia voluto farsi uomo" (GS 22).

È questo, infatti, il percorso unico che il Vangelo ci propone: "Introdurre i credenti nella pienezza dell'umanità di Cristo, per farli entrare nella pienezza della sua divinità" (DB 60).

Pertanto, è naturale che il cristiano, insieme all'impegno per la ricerca, senta crescere anche il desiderio di progredire nella conoscenza e nell'amore, che a sua volta genera e nutre la conoscenza; tutto ciò lo conduce ad entrare nella verità che riguarda Dio Uno e Trino.

È il percorso che la Chiesa da sempre fa nel suo compito di formazione alla fede, che è come dire che in nessun momento della formazione alla fede bisogna far pensare che Gesù sia solamente uomo. Infatti, l'essenza della fede cristiana è il riconoscimento e la proclamazione della divinità di Cristo, come insegna Paolo (cf  1 Cor 8,9).

> Questo è, allora, l'annuncio originale e assolutamente nuovo del Vangelo, che deve essere proclamato dalla Chiesa e da noi cristiani: '"Dio è sceso in terra! Dio vive con noi! Dio è uno di noi!".

È l'annuncio che finalmente dà ad ogni uomo il senso della sua vita, aprendolo alle prospettive della sua vocazione battesimale.

Senza la fede della Chiesa, rappresentata a ciascuno di noi dal sacerdote, dagli sposi, dalla famiglia, dai catechisti, dalla vita consacrata, cosa sarebbe la no­stra fede cristiana? Dove potremmo radicare la nostra decisione di stare e di essere per e con Gesù?

Di certo la nostra fede sarebbe più povera, mancheremmo di preziosi riferimenti per vivere da credenti. La fede della Chiesa è il luogo in cui il credente può raggiungere la verità di Dio che è Gesù Cristo, la sua memoria storica e le dimensioni cosmiche del suo messaggio.

La Chiesa, dunque, nella sua vita e nella vita dei cristiani, nella sua liturgia, nel suo insegnamento, trasmette agli uomini, che la incontrano, ciò che essa è e tutto ciò che essa crede.

Le stesse parole di Gesù e le sue azioni ci sono state trasmesse attraverso la fede appassionata di donne e di uomini (li ricordiamo con il loro volto, con il loro nome), che hanno cercato di cogliere il senso dell'esistenza di lui e lo hanno espresso nella testimonianza della parola e della vita.

> L'esperienza di fede nella comunità cristiana convince il credente che la Persona di Gesù Cristo è "dono" dell'amore del Padre per ogni uomo.

A questo amore Gesù faceva allusione quando diceva alla samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio», ma anche ad una realtà ancora più meravigliosa: "Il dono della vita di Dio". Numerose sono le parole di Gesù che si riferiscono a questo dono della vita divina: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

L' "amicizia" di Gesù, la “vita" di Gesù: queste sono le due componenti del dono di Dio agli uomini. È, dunque, l'amore di Dio, che deriva dal cuore umano di Cristo, che si manifesta cordiale, caloroso, umile, sollecito, compassionevole.

Da qui si scopre che, accogliendo così la Rivelazione di Gesù Cristo «Dio è amore», l'uomo, che cerca sempre di afferrare Dio, viene a conoscere anzitutto che Dio non è lontano da ciascuno di noi. Dio si rivela pienamente nel Figlio suo Gesù Cristo. Non si può, perciò, capire Dio senza capire Gesù Cristo ci avverte Giovanni (cf  Gv 8,9 e 12,15).

È così che l'uomo, sempre ascoltando Gesù nel Vangelo, scopre anche che Dio è il più vicino a tutti e ad ognuno perché come Creatore Dio ha inventato questa nuova centrale di pensiero e di amore che è ogni Uomo; lo ha "inventato" come Padre e come Padre lo "ama".

Dio è vicino e visibile agli uomini in Gesù Cristo: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 34,9) e li ama con lo stesso amore con cui ama il Figlio: «affinchè siano uniti in una comunione d'amore, fonte di gioia e di felicità» (Gv 17, 2). Noi siamo figli di Dio per mezzo di Gesù Cristo, proclama Paolo (cf  Gal 3,26).

> Allora, «teniamo lo sguardo fisso in Gesù: è lui che ci ha aperto la strada della fede e ci condurrà sino alla fine a Dio Padre nostro» (Eb 12,2).

Ma si comprenderà che l'amore del Padre si rivela pienamente quando il Figlio dona se stesso sulla Croce: lo scopre «il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: Veramente quest'uomo era il Figlio di Dio!» (Mc 5,39).                   

Poi con la Risurrezione Gesù Cristo realizza la salvezza, elargisce i suoi doni, massimo fra tutti lo Spirito Santo, per mezzo del quale gli uomini potranno rivolgersi a Dio come loro Padre.

> Insomma, è nella comunità cristiana, guidata dallo Spirito Santo nell'ascolto della Parola, che il credente trova la risposta alla domanda: "Qual è l'elemento più profondo e più originale della Persona e della Missione di Gesù Cristo, del suo mistero?"  Risponde Giovanni: «È l'unione intima, fra Dio e gli uomini e perciò degli uomini fra di loro... la comunità d'amore fra Dio e gli uomini in Gesù Cristo»" (Gv 1,5,2,29; 4.8).                                         

   

AL SOMMARIO 

 

IN GESÙ CRISTO, PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO

 

Dopo il Vaticano II c'è stata una vera riscoperta dello Spirito Santo sia come Signore e datore della vita, sia come orizzonte della teologia e della pastorale della Chiesa. Lo Spirito è infatti il maestro, il mistagogo, che introduce alla verità e all'esperienza del mistero salvifico di Gesù Cristo. La costituzione dogmatica Lumen Gentium e quella pastorale Gaudium et Spes sono due documenti esemplari della nuova prospettiva intorno allo Spirito Santo o "pneumatologica".

"Nella nostra epoca, dunque, - scrive il Papa nell'enciclica Dominum et vivificantem - siamo nuovamente chiamati dalla sempre antica e sempre nuova fede della Chiesa ad avvicinarci allo Spirito Santo come a colui che da la vita..., in tal modo la Chiesa risponde anche a certe istanze profonde, che ritiene di leggere nel cuore degli uomini d'oggi: una nuova scoperta di Dio nella sua trascendenza di Spirito infinito, come la presenta Gesù alla samaritana: il bisogno di adorarlo «in spirito e verità», la speranza di trovare in lui il segreto dell'amore e la forza di una «nuova creazione»: sì, proprio colui che dà la vita" (DeV 2)

D'altro canto, un nuovo motivo spinge la Chiesa e i cristiani in questa rinnovata attenzione allo Spirito Santo: "il 1998, secondo anno della fase preparatoria, sarà dedicato in modo particolare allo SPIRITO SANTO ed alla sua presenza santificatrice all'interno della Comunità dei discepoli di Cristo. Il grande giubileo, conclusivo del secondo Millennio ha un profilo "pneumatologico", poiché il mistero dell'incarnazione si è compiuto 'per opera dello Spirito Santo'. L’ha 'operato' quello Spirito che - consostanziale al Padre e al Figlio - è, nell'assoluto mistero di Dio uno e trino, la Persona-amore, il dono increato, che è fonte eterna di ogni elargizione proveniente da Dio nell'ordine della creazione, il principio diretto e, in certo senso, il soggetto dell'autocomunicazione di Dio nell'ordine della grazia. Di questa  elargizione,  di  questa  divina  autocomunicazione, il  mistero dell'Incarnazione costituisce il culmine" (Tertio millennio adveniente 44; cf  Dominum et vivifìcantem 50).

   

AL SOMMARIO 

 

LA STORIA DELLO SPIRITO SANTO

 

Ora, per un approfondimento del tema "GESÙ CRISTO E LO SPIRITO SANTO", viene proposta la riflessione sulla seconda parte di "VIENI, SANTO SPIRITO, in cammino verso il Duemila Anno di Grazia. Programma pastorale 1997-98", della Segreteria per il coordinamento della Pastorale, ed. CID, Venezia 1997.

Lo Spirito di Gesù

13. L'evangelista Luca sottolinea con una certa frequenza la presenza e l'azione dello Spirito Santo nella vita di Gesù.

Al momento del concepimento lo Spirito Santo prepara il grembo di Maria ad accogliere il Figlio, coeterno al Padre, che si fa uomo. Queste le parole dell'Angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35).

Qui, in realtà, l'azione non viene compiuta sul Figlio ma su Maria: "Lo Spirito Santo che è 'Signore e dà la vita', è mandato a santificare il grembo della Vergine Maria e a fecondarla divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno del Padre in un umanità tratta dalla sua" (CCC 485). Per la venuta e l'azione dello Spirito, il Verbo è divenuto Gesù.

Nel battesimo al fiume Giordano Io Spirito Santo consacra Gesù “Cristo", "Messia". «Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,21-22).

Un autore spirituale del nostro tempo cosi commenta l'evento del Giordano:

"Lo Spirito Santo viene a ungere, cioè, nel linguaggio biblico, a consacrare, a dare rinvestitura e i poteri necessari a Gesù per questa missione, che non è semplicemente la missione di salvare gli uomini, ma di salvarli in un certo modo preciso stabilito dal Padre e cioè attraverso l'abbassamento, l'obbedienza volontaria e il sacrificio espiatorio. (...) A partire dal battesimo e dalle tentazioni nel deserto, c'è qualcosa di nuovo nella storia della salvezza: c'è il consenso libero e umano di un Dio! 'umano', ma di un,'Dio': cioè di un 'sì' di qualità pienamente umana, ma di potenza divina" (R. Cantalamessa).

Sempre lo stesso autore soggiunge che il mistero dell'unzione "crea una novità nell'itinerario spirituale di Cristo, tanto che c'è stato un momento in cui (...) si faceva derivare da questo momento il nome stesso di Cristo. Si tratta di una novità funzionale, cioè nella missione, non metafisica, cioè nella realtà profonda della persona. Essa si manifesta attraverso effetti grandiosi e immediati: miracoli, predicazione con autorità, instaurazione del regno di Dio, vittoria sui demoni. (...) I Vangeli senza l'episodio iniziale del battesimo di Gesù sarebbero come gli Atti degli Apostoli senza il racconto iniziale della Pentecoste: mancherebbe ad essi la chiave di lettura per comprendere tutto il resto".

Lo Spirito Santo conduce Gesù nel deserto a lottare contro la logica sottile e seduttiva del diavolo per mantenersi fedele alla logica di amore del Padre suo. «Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati ebbe fame» (Lc 4,1-2).

Lo Spirito Santo sostiene Gesù in questa lotta che "percorre tutta la sua esistenza, passo dopo passo. Egli si conquista il campo di Satana, respinge il suo potere. Davvero la vita di Gesù è stata un continuo tagliente discernimento degli spiriti" (H. U. von Balthasar).

14. Lo Spirito Santo guida Gesù, che nella sinagoga di Nazareth, inaugura la sua missione di Messia, l'anno di grazia, riferendo a se stesso le parole del profeta Isaia: «Lo Spirito del "Signore è sopra di me» (Lc 4,18).

Ascoltiamo il testo sacro: «Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia: apertolo, trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,16-19).

Con lui, «oggi si è adempiuta questa scrittura» (Lc 4,18). Lo Spirito Santo, fedele alla sua missione,lo guida verso i poveri perché sia loro data la lieta notizia che Dio si prende cura di loro nella persona di Gesù di Nazareth. Lo Spirito conduce Gesù nelle lande desertiche della vita per far rifiorire la speranza, a portare luce e libertà lì dove prima regnavano tenebre e prigionia.

Le opere di Gesù testimoniano la potenza dello Spirito che opera in Lui. «Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio» (Lc 11,20).

«Ma se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio» (Mt 12,28).

Luca è l'evangelista che più degli altri ama descrivere Gesù in preghiera. «Folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare» (Lc 5,15-16).

«In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici» (Lc 6,12-13).

"Circa otto giorni dopo questi discorsi" [Gesù] prese, con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava, il, suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante» (Lc 9,28-29).

«In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo. (Lc 10,21).

«Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei  discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare... » (Lc 11,1).

«[Nel Getsemani] si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava» (Lc 22,41).

Noi sappiamo che lo Spirito Santo è la preghiera di Gesù. Ce lo conferma l'apostolo Paolo quando, nella lettera ai Galati, scrive: «Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandalo nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal 4,6).

15. Nella passione e morte di Gesù l’azione dello Spirito Santo giunge al suo culmine: «Gesù gridando a gran voce, disse: "Padre; nelle tue mani consegno il mio spirito ". Detto questo spirò» (Lc 23,46).

Meditando la parola di Dio la Chiesa ha compreso il senso di questo evento. Insegna il papa Giovanni Paolo: "Nel sacrificio del Figlio dell'uomo lo Spirito Santo è presente e agisce così come agiva nel suo concepimento, nella sua venuta al mondo, nella sua vita nascosta e nel suo ministero pubblico. Secondo la lettera agli Ebrei, sulla via della sua 'dipartita' attraverso il Getsemani e il Golgota, lo stesso Cristo Gesù nella propria umanità si è aperto totalmente a questa azione dello Spirito-Paraclito, che dalla sofferenza fa emergere l'eterno amore salvifico" (DeV 40).

Anche il Patriarca lo ricorda nella sua predicazione: “È lo Spirito che ha condotto Gesù sulla croce, con piena libertà, offrendosi in un gesto di indicibile amore al Padre per noi. In tal modo lo Spirito ha fatto del Crocifisso la rivelazione suprema dell'amore di Dio Padre.

Il Crocifisso: la parola più alta su Dio che mai sia stata detta e possa dirsi; la rivelazione più ineffabile e più luminosa; la realtà che, unica, può rendere felici e santificare.                                               

Il Crocifisso: l'amore folle di Dio, è opera dello Spirito Santo: il suo capolavoro offerto al Padre".

16. L'evangelista Giovanni vede nell'ora della morte di Gesù l'inizio del fluire dello Spirito sull'umanità: «E chinato il capo, rese lo Spirito. [...] Uno dei soldati con un colpo di lancia gli trafisse il fianco e ne uscì sangue ed acqua» (Gv 19,30.34).

Più che i concetti, ci possono essere maggiormente di aiuto i paragoni come il seguente: “Come la pioggia, nella sua stagione, discende abbondantemente dal cielo e si raccoglie nei penetrali rocciosi di una montagna, finché trova un varco verso l'esterno e si trasforma in fontana che sgorga in continuazione notte e giorno, estate e inverno, così lo Spirito che scese si raccolse tutto quanto in Gesù durante la sua vita terrena, sulla croce trovò un varco, una ferita, e divenne fontana che zampilla per la vita eterna nella Chiesa. Il momento in cui Gesù, sulla croce, 'spirò’ (Gv 19, 30), è anche, per l'evangelista, il momento in cui 'effuse lo Spirito'; la stessa espressione greca deve essere intesa, secondo l'uso proprio di Giovanni, nell'uno e nell'altro senso: nel senso letterale di 'spirare' e in quello mistico di 'dare lo Spirito'" (R. Cantalamessa),

L'umanità di Gesù, unta di Spirito Santo, è come quel vasetto di alabastro pieno di profumo, di cui paria il vangelo (cf  Mc 14,3ss.). Esso si infrange quando Gesù muore in croce donandoci il profumo del suo Spirito che inonda «tutta la casa». Questo passaggio dello Spirito di Gesù alla sua Chiesa, viene così stupendamente commentato da Ignazio d'Antiochia: “il Signore ha ricevuto sul suo capo un'unzione profumata, per spirare sulla Chiesa l'incorruttibilità" (Agli Efesini 17).

17. Con la potenza dello Spirito Santo il Padre ha preso per mano Gesù nel sepolcro, lo ha destato dai morti risuscitandolo, l'ha costituito primizia dell'umanità nuova che in lui è destinata a risorgere (1 Cor 15,45 e Rom 1,4). Entrando nella gloria Gesù ha inaugurato un modo nuovo di essere il Figlio di Dio mezzo a noi.

Egli si rende contemporaneo e vicino a tutti nel suo Spirito. Le parole che egli ha rivolto ai suoi apostoli durante l'ultima cena: «Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore» (Gv 16,7), ci dicono con chiarezza, che l’incontro con Gesù avviene grazie allo Spirito effuso nel cuore dei credenti.

Il motivo di questo intervallo, dello Spirito prima tutto raccolto in Gesù e poi donato alla Chiesa, viene così spiegato da Ireneo di Lione: "Lo Spirito Santo discese sul Figlio di Dio, divenuto Figlio dell'uomo, abituandosi, in lui, ad abitare e riposarsi tra gli uomini, per poter operare in essi la volontà del Padre e rinnovarli dalla vecchiaia alla novità di Cristo" (Contro le eresie 4,17,1).

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Lo Spirito nella Chiesa

18. "Lo Spirito Santo, che Cristo, Capo, diffonde nelle sue membra, edifica, anima e santifica la Chiesa, sacramento della comunione della Santissima Trinità e degli uomini" (CCC 747).

La Chiesa è, dunque, comunità mediante la quale gli uomini sono chiamati alla comunione con Dio, è la "creatura" dello Spirito Santo. Pur non identificandosi con il Regno di Cristo, tuttavia essa "di questo Regno costituisce in terra il germe e l'inizio" (LG 4).                      ' '

Eppure, anche la Chiesa, dimora di Dio nello Spirito (Ef 2,19-22), assume spesso agli occhi dell'uomo di oggi fisionomie diverse e non sempre rispondenti alla sua vera realtà: "Molti vedono la comunità cristiana come un fatto sociale po­sitivo, perché svolge, un'importante azione educativa assistenziale. Nello stesso tempo, però, non la ritengono necessaria per il loro rapporto con Dio. L'individualismo religioso è molto diffuso" (CdA 415).

Non di rado, anche coloro, che abitualmente frequentano le nostre assemblee eucaristiche domenicali, partecipano delle stesse difficoltà e dubbi di coloro che apertamente manifestano visioni di Chiesa molto soggettive.

Come possiamo noi credenti comunicare l'esperienza dello Spirito Santo, presente e operante nella Chiesa? Come rendere la Chiesa un segno sempre più tra­sparente e significativo?  

Occorre "ricercare l'origine e il segreto della sua vitalità" (CdA 415) perché la storia umana possa incontrarsi con vita trinitaria e l'universo intero sia portato nella sfera di Dio (cf  1 Cor 3,16-17) (F. Lambiasi).

Ascoltiamo quanto ci dicono gli Atti degli apostoli: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, [gli apostoli] si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatté gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito da­va loro il potere di esprimersi» (At 2,1-4).

19. "L'evento [della Pentecoste di Luca] costituisce la definitiva manifestazione di ciò che si era compiuto nello stesso cenacolo già la Domenica di Pasqua. Il Cristo risorto, venne e «portò» agli apostoli lo Spirito santo. Ciò che era avvenuto allora all'interno del cenacolo, 'a porte chiuse’, più tardi, il giorno della Pentecoste si manifesta anche all'esterno, davanti agli uomini. Si aprono le porte del cenacolo, e gli apostoli si dirigono verso gli abitanti e i pellegrini convenuti a Gerusalemme in occasione della festa, per rendere testimonianza a Cristo nella potenza dello Spirito Santo" (DeV 25).

La Pentecoste narrata nel libro degli Atti degli Apostoli va vista in stretto collegamento con l'evento pasquale di Gesù morto, risorto, elevato al cielo e datore del suo Spirito

Non va dunque disgiunta dalla narrazione dell'evangelista Giovanni e da altre effusioni di Spirito Santo narrate negli Atti degli Apostoli (cf  At 4,31; 8; 10; 19), poiché la Pentecoste appartiene all'oggi della Chiesa inviata a tutto il mondo e protesa al regno di Dio

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EXCURSUS

20. L'evangelista Giovanni colloca nel tempo il dono dello Spirito Santo sugli apostoli la sera del giorno della risurrezione di Gesù. Atti 2,1-4, invece narrano del dono del Risorto cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù.

Quali sono i motivi di questa "duplice Pentecoste"? Anzitutto dobbiamo considerare che la morte - risurrezione - ascensione ed effusione dello Spirito Santo sono un evento unitario. Vale a dire che Gesù, nel momento in cui è risorto è stato elevato al cielo (ascensione) e ha fatto dono, subito e in modo perenne, del suo Spirito all'umanità. L'unitarietà del mistero pasquale è sempre stata presente tra i primi cristiani i quali, fin dal Il secolo, prolungavano la sua celebrazione festosa per cinquanta giorni. Questo periodo veniva chiamato «beata Pentecoste».

Per S. Agostino i cinquanta giorni del tempo di Pasqua sono come «un solo giorno» o «una sola grande Domenica». E non è casuale che si tratti di sette Domeniche di Pasqua che si concludono con l’ "ottava Domenica" che è appunto la Pentecoste.

Soltanto in seguito i momenti sono stati celebrati separatamente. I racconti della Pentecoste di Giovanni e Atti sono la descrizione di due momenti diversi, ma egualmente importanti, dell'unica effusione dello Spirito Santo che continua anche oggi. Giovanni, collocando l'effusione dello Spirito Santo alla sera di Pasqua, nel contesto di un'apparizione del Risorto, intende mostrare il compimento della promessa, più volte ripetuta da parte di Gesù nel corso della sua vita, di inviare lo Spirito Santo.

Gli Atti degli Apostoli invece intendono illustrare come "a Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione" (CdA 419).

Rimandando a testi specifici la spiegazione dettagliata di questo brano biblico, vogliamo sottolineare di seguito alcuni aspetti importanti per il nostro cammino pastorale.

21. Pentecoste era una festa ebraica che celebrava Ia festa agricola della mietitura (Es 23,16). Nel tempo aveva assunto anche un altro significato: celebrava il dono della Legge e dell'Alleanza sul Monte Sinai. Il dono della legge fa dato a Mosè mentre «tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano» (Es 20,18).

Un fatto analogo avviene a Gerusalemme mentre sta per finire il giorno di Pentecoste. Gli apostoli, Maria, uomini e donne, per un totale di centoventi persone, sono riuniti nel cenacolo. Venne improvvisamente un «rombo [un rumore cupo] come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano» (At 2,2), Subito dopo «apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo» (At 2,3-4). Siamo dunque di fronte ad un nuovo Sinai; ma mentre lì venivano dati dal Signore i comandamenti scritti su tavole e veniva stipulata un'alleanza ancora imperfetta, qui viene donata una legge nuova, Io Spirito di Gesù, che diventa esigenza ulteriore anziché imposizione dall'esterno. Si realizza quanto aveva profetizzato Geremia: «Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore» (Ger 31,31).

Il profeta Ezechiele, riprendendo le parole di Geremia, così le commenta: «Vi darò un  cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (Ez 36,26-28).

22. All'origine della Chiesa e alle sorgenti della sua inesauribile vitalità c,'è il dono, da parte del Padre, dello Spirito di Gesù.

Per questa ragione sono insufficienti le definizioni di tipo sociologico per descrivere la Chiesa e si preferisce giustamente dire di essa che è anzitutto mistero di comunione.

Sono tutti termini che definiscono la realtà interiore, spirituale, invisibile della Chiesa che si manifesta in una comunità visibile, formata da persone concrete, non esenti dalla debolezza e dal peccato, animate però dallo Spirito e sospinte a fare le stesse cose compiute da Gesù nel corso della sua vita.

Le "note" che caratterizzano la Chiesa sono: la santità, la cattolicità, l'unità e l’apostolicità. 

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SANTITÀ

23.. «Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (A 1,14).

Agli albori della Chiesa nascente lo Spirito agisce in un contesto di preghiera e di invocazione.

Questo atteggiamento fondamentale continua e si specifica sempre meglio anche dopo l'effusione dello Spirito dove si dice: «Erano assidui nella frazione del pane e nelle preghiere»(At 2,42).

In questa perseveranza avviene l'opera dello Spirito che santifica la Chiesa, trasformandola in corpo di Cristo e popolo messianico.

È importante allora individuare i segni di santità, operati dallo Spirito Santo. Essi si manifestano in orientamenti di vrta, scelte e comportamenti "fecondi", capaci cioè di rendere fruttuosa la vita. Per esempio, un'esperienza spirituale autentica di un giovane, di una coppia di sposi, di un prete, di chi è particolarmente colpito dalla sofferenza... Sono tutti segni resi trasparenti ed efficaci dall'eucaristia, sacramento che forma sempre più ad immagine di Cristo la nostra umanità. Gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di scoprire la bellezza della santità per poterla riconoscere ovunque si trovi incarnata e sentirsi da essa attratti per accoglierla nella loro vita.

Poiché non vi è santità senza preghiera, noi, cristiani della Chiesa di Venezia, siamo chiamati a fare nostro l'atteggiamento di preghiera o di invocazione dello Spirito Santo che distingueva i primi cristiani. Il 1997-98 dev'essere dunque un anno di preghiera, di invocazione per poter comprendere la voce dello Spirito Santo e mettere in pratica i suoi suggerimenti.

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CATTOLICITÀ

24. La trasformazione interiore operata dallo Spirito Santo si manifesta attraverso la capacità di comunicare a tutti, in lingue diverse, il messaggio di salvezza.

La lingua nuova è il segno del cuore nuovo: «...e [gli apostoli e coloro che erano riuniti nel cenacolo] incominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.

Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com 'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio» (At 2,4-12).

Le lingue simbolizzano la possibilità reale che lo Spirito dà agli uomini di tutto il mondo di intendere l'evangelo e di comprendersi tra di loro, sulla base di questa parola.

Nella sua predicazione il Patriarca ci fa notare che “lo Spirito opera nella Chiesa il miracolo della capacità di tradurre nelle lingue della gente l'unica parola che salva consegnata alla comunità cristiana (At 2,7-8). Così ogni cristiano, che vive nella comunione,ha dallo Spirito questa grazia, in forza della quale diventa capace di intendere e perciò di annunziare ai suoi - nella loro lingua, nella loro sensibilità, nella loro cultura e nei loro simboli - le grandi opere della salvezza da Dio compiute.

In questo modo, tutta la terra, tutte le realtà sacre e profane, sono raggiunte dalla salvezza e dalla speranza".

Con un raffronto efficace fra Babele e Gerusalemme si mette in evidenza che “vi sono due grandi cantieri aperti nella storia e sta a noi scegliere in quale dei due lavorare. I due racconti di Genesi 11 e di Atti 2 ci dicono qual è il diverso risultato delle due imprese: da una parte la confusione e la dispersione, dall'altra la mirabile armonia dei cuori e delle voci; da una parte la rivalità, dall'altra l'unità" (R. Cantalamessa).

La Chiesa è fin dalle sue origini «cattolica» ed è fedele alla sua vocazione di universalità quando va incessantemente verso gli altri, ricercando al tempo stesso l’unità fra i suoi componenti.

 

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UNITÀ

25. Dopo la Pentecoste la primitiva comunità viene descritta così: «La moltitudine... aveva un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32).

É il risultato dell'azione dello Spirito, che Ireneo di Lione considera con ammirazione, richiamandosi al simbolo biblico dell'acqua, che scende dall'alto: “nfatti come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l'acqua, cosi neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un'unica chiesa in Cristo Gesù senza ‘l’acqua’ che discende dal cielo, E come la terra arida se non riceve l'acqua non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la ‘pioggia’ mandata liberamente dall'alto" (Contro le eresie 3,17,1-2).

Il dono dell'unità lo si riceve nella docilità allo Spirito Santo. Egli oggi ci attira, liberandoci dal peso delle nostre dispersioni e reciproche separatezze, egli continua a suscitare il desiderio della riconciliazione fraterna fra tutti i credenti in Cristo, egli ci spinge a sperare attivamente la costruzione di un mondo, in cui si vi­ve la convivialità delle differenze.

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APOSTOLICITÀ

26. Gli Atti degli Apostoli ci presentano i primi credenti «assidui nell'accettare I'insegnamento degli apostoli» (2,42).

La Chiesa costituita dallo Spirito Santo è apostolica; ciò significa che il "tempio" dello Spirito è formato da pietre umane «edificate sopra il fondamento degli apostoli» (Ef2,20; 1 Pt 2,5; Ap 21,14) per diventare memoria vivente di Gesù e luogo di incontro con lui nella trasmissione fedele del suo Vangelo, nella custodia amorosa dei suoi doni di salvezza, nella dedizione inesausta al compimento della sua missione su tutte le strade del mondo.

27. La Chiesa insomma è una "comunità storica vivificata dallo Spirito, segno pubblico ed efficace del regno di Dio e della salvezza, popolo della nuova alleanza aperto a tutte le genti, santa e bisognosa di purificazione, una su tutta la terra e presente nella molteplicità delle Chiese particolari, fedele all’eredità apostolica e inesorabilmente creativa in culture ed epoche diverse"(CdA 414).

28. Se viene ad oscurarsi l'aspetto misterico detta Chiesa, diventa difficile comprendere anche il senso spirituale della Sacra Scrittura: "senza l’epiclesi (=invocazione) dello Spirito, la lettura della Bibbia si riduce .a raccogliere frammenti aridi di archeologia e non diventerà mai 'memoriale' capace di ^escatologia" (F-Lambiasi).

Cosi pure si perde il rapporto che deve sussistere tra Parola e Sacramenti e il significato stesso dei segni sacramentali.

È sotto gli occhi di tutti, il rischio .che siano banalizzati i sacramenti dell'Iniziazione cristiana, in particolar modo il sacramento della Cresima, puntualmente seguito da esodi in massa dalla comunità, ma anche fraintesi gli altri sacramenti, quali il Matrimonio e l'Ordine. È vitale, dunque per noi cristiani riscoprire “la forza trasformatrice dello Spirito Santo nella liturgia [che] affretta la venuta del Regno e la consumazione del mistero della salvezza" (CCC 1107).  

“Nella Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto viene ad incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione. Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei sacramenti in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo Spirito" (CdA 608).

La presenza del Signore risorto si attua dunque nella proclamazione della Prola e nei "sette sacramenti... azioni simboliche, con cui il Signore Gesù ci viene incontro e ci comunica la grazia dello Spirito Santo secondo modalità corrispondenti a diverse situazioni dell'esistenza" (CdA 652}.

"Il centro di tutto l'organismo sacramentale è appunto l'eucaristia rispetto alla quale tutti gli altri sacramenti sono inizio e condizione (battesimo e confermazione) o maturazione ed esplicitazione (Matrimonio, ordine, confessione e unzione degli infermi)" (F. Lambiasi).

In particolare sul sacramento della Cresima la nostra Chiesa ha molto riflettuto e proposto iniziative pratiche nell'anno pastorale 1993-94. Ad esso rimandiamo soprattutto per la presentazione dello sfondo teologico-pastorale della Cresima.

Ravvivare in noi il dono dello Spirito, ricevuto con la Confermazione, aiuta a comprendere sempre meglio il progetto che il Padre ha su ognuno di noi.

Questa consapevolezza da parte degli adulti permetterà inoltre alle nostre comunità cristiane di aiutare i preadolescenti, che riceveranno il sacramento della Confermazione, e i giovani che da poco l'hanno ricevuto, a riscoprire e ravvivare, a loro volta, il dono ricevuto nella ricerca del loro progetto di vita alla luce della fe­de.

29. Lo Spirito opera nella Chiesa attraverso la varietà dei carismi, compiti e mini­steri che egli abbondantemente suscita in essa per il bene di tutti. Lo Spirito di Gesù viene riversato nei discepoli di Gesù e si realizza quanto profetizzava il profeta Gioele: «Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie» (3,1).

Di tutti il dono più grande che lo Spirito fa alla Chiesa è la carità. Certamente uno dei segni positivi del rinnovamento conciliare è il recupero della ministerialità di tutta Chiesa, lo Spirito continuamente "provvede [la Chiesa] di diversi doni gerarchici e carismatici, coi quali la dirige e la abbellisce dei suoi frutti (cf  Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4, Gal 5,22)" (LG 4).

Ogni servizio ecclesiale ha la sua origine in una chiamata personale del Signore ai battezzati, attraverso il suo Spirito.

In questo senso la vita di ogni cristiano diventa un cammino vocazionale. Passando attraverso le età, ogni uomo è chiamato a cercare, riconoscere e rispondere alla propria vocazione suscitata dallo Spirito Santo e in seguito a rimanere fedele, a custodirla e a farla maturare. La risposta alla chiamata ha come Sue caratteristiche essenziali l'arricchimento della comunità e del mondo intero e, come conseguenza, per il soggetto che risponde» la propria realizzazione, la gratitudine e la gioia.

Quando però ci si allontana dal luogo fontale, e cioè dalla luce vivificante dello Spirito Santo, i ministeri e i carismi rischiano di prendere una piega efficientista, diventando anzitutto un "fare" invece che un "essere". E la Chiesa rischia di apparire, nel suo insieme, più un'organizzazione che non la manifestazione dello Spirito che la rende libera di amare, orientata al bene, sciolta da ogni catena di schiavitù per essere totalmente sottomessa alla volontà di Dio.

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Per l'avvento del Regno di Dio

30. La Chiesa, manifestata a Pentecoste, rappresenta l'anti-Babele, l'inizio di una storia destinata a realizzare un tessuto di comunicazione. Al di là di tutte le difficoltà oggettive, in forza del dono dello Spirito Santo essa, sia pure in mezzo a tante difficoltà, annuncia e testimonia che la fraternità universale è possibile: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme» (Sal 133, 1).

Per raggiungere questo scopo occorre però che noi cristiani abbiamo ben chiaro il motivo oggettivo e trascendente che dà senso al nostro vivere insieme.

Perdere di vista la direzione verso cui ci chiama il Signore significa trasformare la Chiesa in club: "Più una comunità è autentica e creativa nella sua ricerca dell'essenziale, e più i suoi membri chiamati a superarsi tendono ad unirsi. AI contrario, più una comunità diventa tiepida nei confronti del suo scopo iniziale, e più l'unità tra i suoi membri rischia di sbriciolarsi e possono apparire delle tensioni. I membri non parlano più di come rispondere meglio alla chiamata di Dio e dei poveri, ma di se stessi, dei loro problemi, delle loro strutture, della loro ricchezza e povertà, ecc. C'è un intimo legame tra i due poli della comunità: il suo scopo e l'unità dei suoi membri.

Una comunità diviene veramente radiosa quando tutti i suoi membri provano un senso di urgenza. C'è nel mondo troppa gente senza speranza, troppi gridi lasciati senza risposta, troppe persone che muoiono nella loro solitudine. E quando i membri di una comunità si rendono conto di non essere lì per se stessi, né per la loro piccola santificazione, ma per accogliere il dono di Dio e perché Dio venga a dissetare i cuori inariditi, che vivono pienamente la comunità. Una comunità dev'essere una luce in un mondo di tenebre, una sorgente nella Chiesa e per gli uomini. Non abbiamo il diritto di essere tiepidi" (J. Vanier).

31. La voce di Dìo che gli Israeliti avevano udito uscire dalla montagna, al Sinai, ora si fa sentire attraverso Pietro che parla «a voce alta»: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazareth - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra voi per opera sua, come voi ben sapete - dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio l'ha risuscitato, sciogliendolo dal potere della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,22-24).

Come il battesimo di Gesù sta al discorso di Gesù nella sinagoga di Nazareth, cosi il battesimo della Chiesa [Pentecoste] narrato negli Atti degli Apostoli sta al discorso di Pietro.

Lo Spirito Santo abilita la Chiesa a «predicare» a tutti la buona novella (At 4,31). La sua vocazione consiste nell'essere la voce di Dio nella storia. Allo stesso modo che lo Spirito sospinse Gesù all'evangelizzazione, così sospinge la Chiesa di tutti i tempi ad annunciare l'unica parola che salva.

Lo Spirito santo è l' "agente principale della nuova evangelizzazione" (IMA 45). "È lo Spirito Santo che, come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le parole che solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo l'animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere la buona novella e il regno annunziato.

Le tecniche dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l’azione discreta dello Spirito. Anche la preparazione più raffinata dell'evangelizzatore, non opera nulla senza di lui. Senza di lui la dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini. Senza di lui, i più elaborati schemi a base sociologica, o psicologica, si rivelano vuoti e privi di valore" (EN 75). 

32. Lo Spirito sollecita anche la nostra Chiesa di Venezia, di fronte alla crescente scristianizzazione della società, a mettersi in stato di missione per annunciare la lieta novella alle persone che vivono e lavorano nel territorio. È un appello che riguarda in primo luogo i battezzati laici (GdS 21).

Per raggiungere questo obiettivo - dice il nostro Patriarca - "occorre una forte presa di coscienza dei battezzati laici. I battezzati laici devono rendersi coscienti che il Battesimo li ha resi responsabili del vangelo, su due versanti: sul versante della evangelizzazione diretta, e su quello dell'impegno nella costruzione del futuro dell'uomo portandovi, grazie alla luce della fede, un supplemento di umanità (valorizzando la mediazione della razionalità). [...] La Chiesa, oltre che di presbiteri, ha bisogno di questo tipo di 'laici per i laici e per la storia'. [....] Di conseguenza, la Missione, intesa come Anno di grazia del Signore, di cui paria Gesù (Lc 4), suppone una conversione e un rinnovamento ecclesiologico (ricupero dell'immagine del battezzato e del ministero ordinato nella loro reciprocità) e liturgico-sacramentale (nel quale l'Anno Liturgico è il tempo di Dio che salva il tempo dell'uomo, fatto nuovo dai sacramenti). Tutto sommato, ciò che noi proponiamo come 'missione' non è altro che una forte chiamata a vedere con stupore e a finire con rendimento di grazie, ciò che già viviamo: come il cieco di Gerico a cui Gesù apre gli occhi. È chiamata a vedere che cos'è la Chiesa (quinto evangelo), che cosa sono i sacramenti (gesti di Cristo oggi), l'Anno liturgico (la grazia attuale dei misteri di Cristo, che ci raggiunge nel nostro esistere)" (CCM 10).

33. Tutta la storia della salvezza ci dice che "Dio è carità": un Dio che sceglie, perdona, rimane fedele al suo popolo nonostante i tradimenti. Ma fino a che punto Dio è carità, lo si scopre solo in Gesù Cristo, nella sua offerta per la salvezza di tutti gli uomini.

Credere che "Dio è carità" è confessare che egli, nella croce, si rivela a noi come infinito, gratuito e totale dono di sé. Questa carità «viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rom 5,5).

Essere amati da Dio in Cristo e in lui amare Dio per mezzo dello Spirito «con tutto il cuore, con tutta la mente con tutte le forze» e amare il prossimo come «se stessi» (Mc 12,28-31), è già la vita eterna che inizia in mezzo a noi e anela al suo gratuito compimento.

Anche gli Atti degli Apostoli, accanto allo stile della condivisione delle comunità sorte per opera dello Spirito e della parola (At 2,41 ss), ci indicano lo svelarsi della carità con la preoccupazione degli apostoli di accudire in modo adeguato agli orfani e alle vedove attraverso la costituzione dei sette (At 6,1 ss) e la preoccupazione di Paolo perché si raccolga l'offerta da inviare ai poveri della Chiesa di Gerusalemme (1 Cor 16,1-4).

Il Concilio ci ricorda: "Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l'intera connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra, se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (1 Cor 12,26)'> (LG 7).

Ma questa verità cristiana non è una teoria astratta. É verità incarnata nella persona vivente del Signore Gesù. Può quindi essere accolta, compresa e comuni­cata solo all'interno di una esperienza umana, personale e comunitaria, concreta e pratica nella quale la consapevolezza della verità trovi riscontro nell'autenticità della vita. Questa esperienza ha un volto preciso: il volto e la fisionomia dell'amore.

Da qui l'impegno di lasciare che lo Spirito ci guidi ad amare Dio e il prossmo e ci indichi come e dove condividere questo amore: in famiglia, nel mondo del lavoro, verso i poveri o gli ammalati, verso coloro che attendono un segno di speranza, quella che nasce dallo Spirito realizzatasi in Cristo Gesù morto e risorto.

34. La fede nello Spirito Santo presente nella Chiesa e nella storia fa del cristiano un uomo di speranza. La “virtù teologale della speranza” (IMA 45) è anzitutto un dono di Dio, che, tuttavia richiede da parte del cristiano e della Chiesa una continua risposta caratterizzata da un attento discernimento ovvero dalla capacità di scorgere con gratitudine la presenza dei "segni dei tempi" dentro la storia per tanti aspetti contraddittoria e sconcertante. La speranza è un dono dello Spirito che viene incontro meravigliosamente alla vocazione naturale di ogni uomo di desiderare e ricercare la verità, la bontà e la bellezza.

É dall’incontro con Cristo risorto che nasce una incrollabile fiducia nelle 'promesse di Dio, la forza di resistere nelle avversità e di impegnarsi attivamente nella trasformazione del mondo a misura d'uomo.

Lo Spirito che rese possibile ciò che umanamente non lo era - «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37) - sostiene ogni uomo che si apre al Vangelo e nella condizione in cui si trova, si dona come potenza di assumere, trasformare, significare e cioè salvare.

35. La presenza di luci e di ombre, di bene e di male che caratterizza la storia del nostro tempo, trova la sua spiegazione più profonda nella rivelazione biblica che ci presenta l'uomo, creato da Dio e quindi buono, ma incline al male a causa della ferita inferta dal peccato alla sua natura umana.

La redenzione operata da Cristo rende l'uomo capace di compiere il bene e di agire secondo Io Spirito Santo, tuttavia non Io esime dalla lotta e da possibili ricadute. Non bisogna scandalizzarsi né cadere in.preda allo scoraggiamento se troveremo, nel campo della storia umana, della nostra e di quella altrui, il grano buono mescolato con la zizzania (cf  Mt 13,24-30).

Ai discepoli del Signore è richiesto di "star dentro la storia con amore" mantenendosi pazienti e tolleranti finché non sia venuto il Signore, il quale metterà in luce ciò che le tenebre nascondono e manifesterà i consigli del cuore (cf  1 Cor 4.5).

36. L'atteggiamento di fiducia e di speranza, che sempre deve qualificare il cristiano, nasce dalla certezza che il bene compiuto è il frutto dell'azione dello Spirito Santo, il quale guida, in modo misterioso ma reale, la storia verso la salvezza.

Al di fuori di questa verità sull'uomo, fioriscono visioni antropologiche e conseguenti prassi, oscillanti tra l'ottimismo ingenuo e il cupo pessimismo, ambedue fortemente riduttive e illusorie perché incapaci di rendere ragione delle strutturali e profonde contraddizioni dell'uomo e quindi di indicargli le vie d'uscita e con esse le ragioni autentiche della speranza.

37. Il Papa nella TMA sottolinea alcuni "segni di speranza presenti, in questo ultimo scorcio di secolo, nonostante le ombre che spesso li nascondono ai nostri occhi: in campo civile, i progressi realizzati dalla scienza, dalla tecnica e soprattutto dalla medicina a servizio della vita umana, il più vivo senso di responsabilità nei confronti dell'ambiente, gli sforzi per ristabilire la pace e la giustizia ovunque siano state violate, la volontà di riconciliazione e di solidarietà fra i diversi popoli, in particolare nei complessi rapporti fra Nord e Sud del mondo...; in campo ecclesiale, il più attento ascolto della voce dello Spirito attraverso l'accoglienza dei carismi e la promozione del laicato, l'intensa dedizione alla causa dell'unità di tutti i cristiani, lo spazio dato al dialogo con le religioni e con la cultura contemporanea..." (TMA 46).

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Per Cristo nello Spirito al Padre

38. La riscoperta della presenza attiva dello Spirito e del suo significato nella vita della Chiesa e nella storia degli uomini può continuare percorrendo le vie della Parola, custodita nella Scrittura e trasmessa nella tradizione dottrinale e liturgica.

"Lo Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio dall'inizio al compimento del disegno della nostra salvezza. Tuttavia è solo negli 'ultimi tempi', inaugurati con l'Incarnazione redentrice del Figlio, che egli viene rivelato e donato, riconosciuto e accolto come Persona" (CCC 685).

A partire dalla rivelazione che Gesù ci ha fatto sull'identità e il ruolo dello Spirito Santo, noi oggi siamo in grado di riconoscere e interpretare più chiaramente la sua azione nella storia della salvezza, a partire da Abramo, Mosè, i profeti, i re, fino a Giovanni Battista, Maria, compreso il tempo della Chiesa fino ai nostri giorni.

Per questa ragione non sarà certamente fuori luogo dare spazio alla descrizione del rapporto particolarissimo che univa lo Spirito Santo al Gesù terreno; questo ci permetterà di capire meglio il legame esistente tra lo Spirito Santo e la Chiesa, il mistero della sua nascita e della sua vita.

Lo Spirito Santo infatti fa compiere alla Chiesa le stesse cose che faceva compiere a Gesù.

39. Se prestiamo attenzione a quanto ci dicono i vangeli sinottici, notiamo che lo Spirito è presente e accompagna tutta l'esistenza di Gesù, dal momento del suo concepimento nel seno della vergine Maria al battesimo nel fiume Giordano, dalle tentazioni nel deserto al suo discorso inaugurale di Nazareth (Lc 4,18), dalla preghiera di lode al Padre (Lc 10,21) alla sua passione, morte e risurrezione, momento in cui Gesù fa dono del suo Spirito ai discepoli compiendo la costituzione della Chiesa.

In modo sintetico Basilio di Cappadoria cosi legge il ruolo dello Spirito nella vita di Gesù: "Venuta del Cristo: lo Spirito Santo precede; incarnazione: lo Spirito Santo è presente; operazioni miracolose, grazie e guarigioni: attraverso lo Spirito; i demoni cacciati, il diavolo incatenato: mediante lo Spirito Santo; remissione dei peccati, congiunzione con Dio: mediante lo Spirito Santo; risurrezione; dei morti: per virtù dello Spirito" (De Spiritu sancto 19).

Giovanni, nel suo vangelo, insiste sullo Spirito intimamente unito a Gesù, presente in tutta la sua opera e che è suo dono.

All'inizio del vangelo si legge che Giovanni Battista vide lo Spirito scendere e posarsi su Gesù (Gv 1,32-33), e alla fine si legge che il Signore risorto donò lo Spirito ai discepoli: «Soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20, 22).

Sempre per ribadire questo legame l'evangelista dice che dopo che il soldato ebbe colpito Gesù con la lancia, ne uscì dal fianco sangue ed acqua (Gv 19,34), intendendo quest'acqua come il dono dello Spirito.

40. Le due persone divine, il Figlio e lo Spirito Santo, sono distinte ma inseparabili "tanto nella vita intima della Trinità quanto nel suo dono d'amore per il mondo" (CCC 689) che ha il suo inizio nell'incarnazione del Verbo fino alla Pasqua.

Dire che Gesù è il Cristo significa esprimere l'intima unione tra Gesù e lo Spirito Santo. Nella lingua greca infatti Cristo significa «unto» e lo Spirito Santo, secondo il simbolismo biblico, è l'Unzione.

"La nozione di unzione suggerisce che non c'è alcuna distanza tra il Figlio e lo Spirito. Infatti, come tra la superficie del corpo e l'unzione dell'olio né la ragione né la sensazione conoscono intermediari, cosi è immediato il contatto del Figlio con lo Spirito; di conseguenza colui che sta per entrare in contatto con il Figlio mediante la fede, deve necessariamente dapprima entrare in contatto con l’olio. Nessuna parte infatti è priva dello Spirito Santo. Ecco perché la confessione della Signoria del Figlio avviene nello Spirito Santo per coloro che la ricevono, dato che lo Spirito Santo viene da ogni parte incontro a coloro che si approssimano per la fede" (Gregorio di Nissa, Sullo Spirito Santo 3,1).

41. L'identità o la fisionomia dello Spirito Santo emerge dalla vita di Gesù come potenza che si espande e apre la comunione trinitaria agli uomini. La Bibbia traduce questo movimento dello Spirito mediante immagini come: «respiro», «vento»; alcuni Padri della Chiesa, in termini poetici, hanno paragonato la forza dinamica dello Spirito a «profumo» che si espande, a bellezza radiosa e raggiante.

Possiamo definire ancora lo Spirito Santo come amore compiuto nel nascondimento e fino al dono totale di sé. Lo Spirito Santo è infatti la la Persona-amore, il dono increato, che è fonte eterna di ogni elargizione proveniente da Dio nell'ordine della creazione, il principio diretto e, in certo senso, il soggetto deIl’autocomunicazione di Dio nell'ordine della grazia" (TMA 44).

Infine, secondo una definizione cara ad Agostino e a tutta la tradizione occidentale lo Spirito è definito come 'la somma carità che unisce ambedue le Persone [il Padre e il Figlio] e noi in dipendenza di loro" (DeTrinitate 7,3,6).  

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GESÙ» CRISTO SPOSO DELLA CHIESA SPOSA

 

Il mistero di Cristo sposo della Chiesa è rivelato in tutta la Scrittura, ma esso ha come una chiave di lettura nel testo di Paolo agli Efesini, dove si rivela insieme l'amore di Cristo per la sua Chiesa e l'amore degli sposi cristiani (Ef 5,25-32).  

La figura di Gesù Sposo della Chiesa sposa, nell'insegnamento magisteriaie di Giovanni Paolo II

II Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium assume il tema del Cristo sposo per definire il particolare legame che lo unisce alla Chiesa. Nel descrivere poi la Chiesa come corpo mistico la stessa costituzione dogmatica ritorna sul tema della sponsalità: "Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, e si è reso esempio del marito che ama la sua moglie come il suo proprio corpo (Cf Ef 5, 25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo Capo".

La figura di Cristo sposo ritorna poi nella Gaudium et Spes quando si approfondisce il tema del Matrimonio nella società contemporanea: "Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e di fedeltà, cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del Matrimonio".

Nei testi conciliari viene recuperata la tradizione patristica e si ricorre all'uso classico della tipologia coniugale secondo l'insegnamento paolino.

Un passo avanti nell'approfondimento del tema si registra con la Familiaris consortio dove, approfondendo la teologia del Matrimonio, il Papa riserva una particolare attenzione alla figura del Cristo sposo: "La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del Matrimonio, la verità del principio e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa".

Il Matrimonio in quanto sacramento è rappresentazione reale dell'unione che esiste tra Cristo e la Chiesa e l'unica carne degli sposi "rappresenta il mistero dell'Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza". È da sottolineare l'estensione del significato sponsale anche all'Incarnazione. L'unione della natura umana con quella divina avvenuta con l'Incarnazione della seconda persona della Trinità viene rappresentata come evento sponsale. Diventano così due i poli di riferimento dell'incontro sponsale: da una parte con l'incarnazione si realizza l'assunzione o meglio l'incorporazione della condizione umana alla vita del Cristo, dall'altra con il Mistero Pasquale si realizza la definitiva rigenerazione dell'umanità che assume l'immagine della sposa consacrata all'amore dello sposo

Su questi temi il Papa ritornerà a più riprese nei cicli di catechesi dedicati all'amore umano, in queste riflessioni è da sottolineare come la figura di Cristo sposo venga sottratto all'esclusivo riferimento alla problematica matrimoniale per diventare il paradigma della sponsalità che fa da sfondo ad ogni stato di vita e in modo tutto particolare al dono della verginità. "In quella chiamata alla continenza per il regno dei Cieli, prima gli stessi discepoli e poi tutta la viva Tradizione della Chiesa scopriranno presto l'amore che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa, Sposo delle anime, alle quali Egli ha donato se stesso sino alla fine, nel mistero della sua Pasqua e dell'Eucaristia. In tal modo la continenza per il regno dei Cieli, la scelta della verginità o del celibato per tutta la vita, è divenuta nell'esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo l'atto di una risposta particolare dell'amore dello Sposo Divino, e perciò ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale; cioè di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo particolare l'amore sponsale del Redentore,  una donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore".

Non mancano poi ulteriori approfondimenti della teologia paolina del Matrimonio che il Santo Padre riprende e sviluppa in diversi discorsi.

La figura di Cristo sposo, soprattutto in rapporto alla sponsalità della Chiesa viene ripresa e approfondita dal Santo Padre anche nelle catechesi sul credo: "Sul terreno preparato dai profeti, il Nuovo Testamento presenta Gesù Cristo come Sposo per il nuovo Popolo di Dio: è lui quel redentore, il Santo di Israele previsto e annunciato da lontano, è in lui che si sono compiute le profezie: il Cristo-sposo".

Due catechesi sono inoltre dedicate alla figura della Chiesa come sposa. La presentazione che ne viene fatta è organica e ricca di spunti teologici.

Il punto più alto di sintesi della riflessione teologica e Magisteriale sulla sponsalità del Cristo e della Chiesa, ma anche in riferimento al cristiano nel diversi stati di vita, è stato raggiunto nella Mulieris dignitatem (MD).

Il Papa spiega il significato dell'amore sponsale ricorrendo costantemente all'analogia che sussiste tra la comunione intratrinitaria e la chiamata alla comunione interpersonale, tra l'unione di Cristo con la Chiesa e il legame sacramentale dell'uomo e della donna nel Matrimonio. Analogia significa che tra due realtà si riconosce una profonda somiglianza nella permanente dissomiglianza.

La riflessione sulla sponsalità viene sviluppata in questo documento a partire dai presupposti antropologici. Se tutta l'antropologia cristiana si riassume nel concetto di persona esistente per se stessa e finalizzata al dono di sé, la categoria dell'amore sponsale ne diviene parte integrante e diventa il presupposto per ogni specifico orientamento vocazionale: "Già il libro della Genesi permette di scorgere - afferma il Papa -, come in un primo abbozzo, questo carattere sponsale della relazione tra le persone, sul cui terreno si svilupperà a sua volta la verità sulla maternità, nonché quella sulla verginità, come due dimensioni particolari della vocazione della donna alla luce della rivelazione divina. Queste due dimensioni troveranno la loro più alta espressione all'avvento della pienezza del tempo (cf . Gal 4,4) nella figura della donna di Nazareth: madre-vergine" (MD 7).

Le due dimensioni della vocazione della donna, ma potremmo dire in generale la stessa cosa per l'uomo, trovano la loro radice e la sorgente ispiratrice nell'amore sponsale nel quale fin dall'inizio l'uomo e la donna sono stati posti da Dio.

Alla base di ogni scelta/risposta vocazionale deve esserci una forte esperienza dell'amore sponsaIe che lega la creatura al creatore. Lo sfondo sponsale come donazione generosa e totale di sé deve trasparire sempre sia nella scelta della maternità come in quella della verginità.

Il mistero dell'amore sponsale iscritto nel cuore dell'uomo trova la sua "misura definitiva" in Cristo e nel suo rapporto con la Chiesa sposa: "La misura del vero amore sponsale trova la sua sorgente più profonda in Cristo, che è lo sposo della Chiesa, sua sposa" (MD 24).

Nel legame con la Chiesa, secondo la descrizione paolina del "grande mistero", Cristo ci ha offerto il vero paradigma per ogni forma, materna o verginale, di amore sponsale (cf . MD 23, 25} Questo paradigma ha il suo fulcro nell'evento della croce e continua a manifestarsi nella vita della Chiesa attraverso l'Eucaristia.

Il dono sincero contenuto nel sacrificio della croce, fa risaltare in modo definitivo il senso sponsale dell'amore di Dio. Cristo è lo sposo della Chiesa, come redentore del mondo. L'Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello sposo, della sposa. L'Eucaristia rende presente e in modo sacramentale realizza di nuovo l'atto redentore di Cristo, che crea la Chiesa suo corpo. Con questo corpo Cristo è unito come lo sposo con la sposa" (MD 26).

Infine, se l'amore sponsale come carattere fondamentale dell'antropologia cristiana tocca la dignità e la Vocazione di ogni uomo e di ogni donna, il Papa nella sua riflessione dedicata in modo particolare alla donna, si sofferma sulla sua originale posizione e sul suo particolare 'ruolo profetico’: “L'analogia dello sposo e della sposa parla dell'amore con cui ogni uomo è amato da Dio in Cristo, ogni uomo e ogni donna. Tuttavia, nel contesto dell'analogia biblica e in base alla logica interiore del testo, è proprio la donna colei che manifesta a tutti questa verità: la sposa. Questa caratteristica profetica della donna nella sua femminilità trova la più alta espressione nella vergine Madre di Dio" (MD 29).

A conclusione di questa veloce lettura dei testi del magistero di Giovanni Paolo II accenniamo solo al particolare rilievo dato alla figura del Cristo sposo nell'esortazione apostolica Pastores dabo vobis.

La figura di Gesù Sposo viene presentata come modello della carità e dell'amore che i pastori devono nutrire nei confronti della Chiesa e di ogni suo membro. Il sacerdote "è chiamato, pertanto, nella sua vita spirituale a rivivere ' l'amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa. La sua vita dev'essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere testimone dell'amore sponsale di Cristo, di essere quindi capace di amare la gente con cuore nuovo grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele, e insieme con una specie di 'gelosia divina' (cf 2 Cor 11,2), con una tenerezza che si riveste persino di sfumature dell'affetto materno, capace di farsi carico dei 'dolori del parto' finché "Cristo non sia formato' nei suoi fedeli".

 

AL SOMMARIO 

 

SPOSI CRISTIANI

 

> La'Parola di Rivelazione di Dio (Antico e Nuovo Testamento) annuncia una proposta "radicale" sull'amore degli sposi e della famiglia.

É una proposta che non solo è possibile, ma che è anche l’unica capace di imprimere agli sposi e alla famiglia "normali" - senza titoli particolari di eroismo o di eccezionalità - energia e prospettive "nuove", anche di fronte alle sfide più difficili del nostro tempo.

Ma che cosa vuoi dire "proposta radicale" ?

q     In primo luogo, almeno, non corrisponde alla decisione di assumere determinati stili di vita o criteri di giudizio etico. Questa proposta evangelica corrisponde ad un atteggiamento fondamentale di "totale confidenza nella presenza fedele di Dio e nel suo amore in Gesù Cristo" nella realtà dell'amore uomo-donna.

q     Di conseguenza, questa proposta è un'evidente e forte punto di contatto tra questo atteggiamento fondamentale e gli atteggiamenti che ispirano e sorreggono la vita coniugale e familiare.

In verità, è l'amore stesso della coppia che, già come realtà umana creaturale, chiede d'essere vissuto in una "forma radicale e totalizzante".

La Parola di Rivelazione di Dio conferma che l'amore di coppia ha il suo riferimento più adeguato nell' "amore unico e totale di Dio verso l'umanità". La radicalità evangelica, quindi, corrisponde a quella genuinità e integralità di proposta che l'uomo e la donna realizzano sempre in modo limitato e storicamente situato, ma che non per questo perde di valore e di concretezza. Essa appare, per ciò stesso, capace di raccogliere la sfida di quella cultura dell' "amore debole", che si confessa incapace di progetti di vita totali e di lungo respiro.

Questa proposta è anche l'unica adeguata ad attestare l'originaria appartenenza di vita e di amore, per cui la vita ha senso pieno in quanto intesa ed accolta con dono d'amore, e l'amore ha da misurarsi in primo luogo nel rispetto del valore intangibile della vita dell'altro in tutte le sue fasi.

Di conseguenza, la famiglia, a partire dal gruppo fondante - la coppia coniugale - può sussistere sempre e solo a patto di custodire, salvaguardare e coltivare le relazioni interpersonali che la qualificano come famiglia, relazioni tra persone e da persona a persona.

Perciò la famiglia - e quindi la coppia - è detta 'la prima e originaria espressione della dimensione sociale della persona e luogo primario dell'umanizzazione della persona e della società" (ChL 40).

> Il Magistero non presenta la famiglia come oggetto di un'attenzione puramente strategica e strumentale, e non attribuisce mai alla famiglia una specie di investitura missionaria in extremis in una società il cui tessuto morale e civile sembra ormai sbriciolarsi.

Al contrario, al centro di questa sua analisi il Magistero pone una motivazione teologica esplicita, che fa leva sulla "sacramentalità" del Matrimonio e della famiglia

Per riconoscere questa centralità, questa valenza forte, che vede la famiglia come una "comunità salvata e che salva", bisogna anche riconoscere che una grande opera educativa e culturale deve essere riconosciuta e chiesta alle scienze umane, e bisogna mediare la verità del Matrimonio con quelle linee di tendenza che aiutano a comprendere più da vicino le possibilità di vivere e di incarnare questi valori nella concretezza della vita, cioè "dentro la storia" (cf  Centesimus Annus 36).

L'invito del Magistero è esplicito, anzi pressante. Infatti il documento della CEI Evangelizzazione e testimonianza della carità (30) spinge, attraverso gli sposi e la famiglia, a ritessere rapporti di autentica umanità nella vita sociale, e cita anche un importante testo di Giovanni Paolo II la Familiaris Consortio (17). Anche la Christifideles laici (40) considera la famiglia luogo primario di "umanizzazione" e "prima esperienza di Chiesa".

Il Magistero intende cosi sottolineare che siamo di fronte ad uno snodo nel quale si decide il rapporto sul piano interpersonale, ma anche culturale, di tutta un'epoca, tra cultura e fede, tra maturità umana e maturità cristiana.

> Ma il Magistero continua ad arricchire di fondamenti teologici l'invito a riconoscere la comunione coniugale e familiare “luogo di umanizzazione e luogo unificante” per la vita della Chiesa e della società umana.

Segnaliamo tre di questi fondamenti teologici:

1. Gli sposi e la famiglia "segno dell'unione e della comunione trinitaria".

"Alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come il modello originario della famiglia vada ricercato in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita. il noi divino costituisce il modello eterno del noi umano; di quel noi innanzi tutto che è formato dall'uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza di­vina" (Lettera alle famiglie o Gratissimam sane 6).

"Nelle parole del Concilio (GS 24) la comunione delle persone è, in un certo senso, dedotta dal mistero del Noi trinitario e quindi anche la comunione coniugale viene riferita a tale mistero. La famiglia, che prende inizio dall'amore dell'uomo e della donna, scaturisce radicalmente dal mistero di Dio. Ciò corrisponde all'essenza più intima dell'uomo e della donna, alla loro nativa ed autentica dignità di persone" (LF 8). "La famiglia stessa è il grande mistero di Dio" (id 19).

Cosi, gli sposi cristiani e la loro famiglia affondano le loro radici nel mistero della Trinità: l'unità dei due nella coppia porta in sé un mistero affascinante che dev'essere continuamente contemplato, approfondito e testimoniato.

La Chiesa, adunata nell'unità delle tre Persone divine, si manifesta e si attua anche attraverso la famiglia, "santuario domestico della Chiesa".

In un mondo segnato dall'individualismo e dalla frammentazione, la famiglia costituisce un argine, un segno di contraddizione e uno spazio fecondo di speranza.

2. L'amore dello sposo per la sposa è la rappresentazione dell'amore divino.

"Il Matrimonio dei battezzati diviene simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuo­re nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati" (FC 13).

La rappresentazione reale dell'amore divino che si attua nel patto nuziale rende i coniugi testimoni del mistero pasquale. Essi sono spazio sacramentale di salvezza.

"La vocazione al dono di sé" nella vita coniugale e familiare può essere vissuta in pienezza solo abbracciando integralmente il vangelo fino al martirio.

I coniugi cristiani intraprendono un cammino di santità in cui l'unica cosa certa è la grazia del Signore che accompagna tutti coloro che donano la vita "per" seguirlo.

3. Gli sposi e la famiglia chiamati a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

"Prima e più di intraprendere qualsiasi altra iniziativa, ogni famiglia cristiana e in essa ogni coppia di sposi sappia riscoprire la grandezza e l'originalità di questa chiamata a partecipare all'opera evangelizzatrice della Chiesa. Confidando nel dono dello Spirito che l'accompagna e la sostiene, si impegni ogni giorno a vivere se­condo le dimensioni e le caratteristiche proprie dell'amore coniugale e familiare. Con gioiosa e umile fierezza, in una società che sempre più va smarrendo queste certezze, testimoni a tutti la possibilità e la bellezza di un amore che rimane fedele e vero in ogni situazione della vita. L'intera comunità cristiana, d'altra parte, sappia riconoscere e accogliere con gratitudine questa preziosa testimonianza offerta dalle famiglie e si interroghi costantemente sui modi per illuminarle e sostenerle nella loro missione evangelizzatrice" {Direttorio di Pastorale Familiare 142).

La famiglia evangelizza perché in essa si può vivere un dinamismo di reciproca e costante evangelizzazione. Tutta la storia della famiglia può essere inquadrata in questa missione evangelizzatrice.

L'opera evangelizzatrice della famiglia avviene attraverso le vicende quotidiane ed ha un suo momento di particolare intensità nell'educazione dei figli.

Anche la famiglia, chiesa domestica, è chiamata ad annunciare profeticamente il Regno. La "trasfigurazione" delle realtà umane inserisce la famiglia in una prospettiva escatologica.

> Allora, per "famiglia cristiana" cosa intendiamo?

Spesso con questa espressione si dà per scontato l'aspetto cristiano riducendolo al dato anagrafico in quanto coppia sposata in chiesa, coppia di battezzati che fanno battezzare i figli.

La famiglia è cristiana solo se qualificata dai soggetti adulti - gli sposi - in quanto soggetti che hanno incominciato un'assunzione responsabile del modo cristiano di vivere, pensare e agire, particolarmente qualificati da un modo cristiano di vivere il nucleo centrale e fondamento della famiglia cristiana, che è il sacramento del Matrimonio, che consacra la coppia come "MINISTRO" dell' "Amore di Dio" e del "servizio credente alla vita del mondo".

Così, la famiglia che deriva dal sacramento può a ragione essere dichiarata "quasi chiesa domestica": ha le caratteristiche della Chiesa e nello stesso tempo riconosce che solo all'interno della grande Chiesa può realizzare se stessa secondo il disegno di Cristo.

 

AL SOMMARIO 

 

IL MINISTERO CONIUGALE NELLA CHIESA E DENTRO LA STORIA

 

II ministero coniugale è ministero di rivelazione dell'amore di Dio per gli uomini e dell'amore di Gesù Cristo Sposo per la Chiesa sposa.

> Ricordiamo alcuni punti di partenza della riflessione finora proposta: i discepoli, che, dal Battesimo, vivono in intimità con Gesù Cristo, loro Signore e Maestro, sono condotti gradualmente, attraverso la contemplazione di lui, a fare della propria persona e della propria storia il segno, l'immagine, l'icona nella quale Dio si rende visibile al mondo e si offre alla comprensione degli uomini: Gesù Cristo e questi Crocifisso (cf  Gal 6,14-17).

Così i cristiani volentieri si lasciano coinvolgere nella "causa" di Gesù Signore per diventarne "testimoni" credibili e riconoscibili, svolgendo con amore gratuito, ciascuno secondo la sua vocazione, il "servizio" o "ministero" a tutti gli uomini. Il ministero è Gesù Cristo in persona che glielo ha affidato.

> II "ministero coniugale" ha origine dal sacramento del Matrimonio, che porta a compimento il sacramento del Battesimo. Il Battesimo è l'ingresso nella vita cri­stiana. È l'atto con cui il Padre, in Cristo e per lo Spirito, ci fa suoi figli, fratelli del Figlio, fratelli tra di noi; con il vincolo stesso dell'unico amore che è il suo Spirito, ci fa sua Famiglia, suo Popolo, sua Chiesa.

Il Battesimo è il tutto della vita cristiana e della vita della Chiesa. Un poten­ziale, quindi, che dovrà esprimersi in tutta la sua ricchezza.

I Sacramenti sono i gesti con cui Dio porta a compimento, nella esistenza della Chiesa e nel suo stare attivamente in mezzo agli uomini, la "provocazione" iniziata con il Battesimo fino al punto terminale della storia. I battezzati, cioè, quando ricevono i sacramenti, vengono dal Battesimo sollecitati, secondo le diverse vocazioni, a realizzare la tensione del sacramento nuovo che ricevono.

Cosi il Matrimonio è il punto d'arrivo di due cristiani, che si amano sul fondamento della "vita nuova" in cui il Battesimo li ha immessi. Ne vengono due conclusioni importanti.

A. Il battezzato entra nella vita di Dio, è coinvolto dal Padre nel Figlio a tempo pieno, ogni giorno, per l'eternità.

Dio apre su di lui e con lui un dialogo: gli chiede di vivere interamente a disposizione della sua Volontà. Non in astratto, acquisendo concetti e dottrine su Dio, ma in concreto, dentro l'esistenza della vita. Gli chiede di lasciarsi coinvolgere nella "causa" di Gesù Signore, per diventarne il "testimone" credibile e riconoscibile.

La sua esistenza, consacrata dal Battesimo, diventa la parabola vivente che prolunga nella storia il mistero dell'Incarnazione: egli annuncerà con il proprio impegno e in maniera palese che Cristo è davvero "Gesù": un Dio "con" noi (Mt 1,21) e "Emmanuele": un Dio "per" noi (Mt 1,23). Il battezzato entra nel movi­mento stesso dell'Incarnazione e ne diventa il "servo fedele" (Lc 1,48), come Io stesso Gesù: a lode del Padre, in comunione con i fratelli, a servizio degli uomini. La sua identità definitiva si configura ormai e per sempre nella "imitazione di Cristo" (Mt 11,29).

B. Considerato dentro questa logica, il Matrimonio è l'atto con cui un uomo e una donna offrono a Dio il loro amore, perché egli ne disponga in Cristo per la salvezza del mondo.

Paolo precisa: una donna e un uomo, battezzati, amandosi, lasciano che Dio, per la forza del suo Spirito, faccia del loro amore il "lieto annuncio" di come Cristo ama la sua Chiesa, di come il Padre ama gli uomini, di come Dio ama il mondo.

Il Matrimonio è soltanto questo: è profezia di questo amore di Dio, di questo amore di salvezza.

L'amore di Dio, che va a compimento in Gesù Cristo, viene già dalla prima alleanza del Sinai. In Gesù Cristo questa Alleanza diventa definitiva con il patto della Croce: è il "si" di Gesù Cristo sul Calvario, la dichiarazione sponsale con cui il Padre nel Figlio, divenuto per noi Gesù, fa "sua sposa" l'umanità tutta.

Allora il Matrimonio dei battezzati ha a che fare “vocativamente” con la Promessa di questo amore di Dio che attraversa la storia del mondo, divenuta AIleanza sul Calvario.

> Di conseguenza, compito degli sposi è modularcela propria vita coniugale sul modello di questa Alleanza d'amore. Essi sono chiamati concretamente e esistenzialmente a guardare alla Croce: lì essi sono nati come cristiani che si amano nella sponsalità ecclesiale e sacramentale. Questa Alleanza deve ispirare in radice il "progetto coniugale" di chi si ama nel Signore e che a lui ha consacrato, sul fondamento del Battesimo, questo amore.

Esso, perciò, diventa la storia in cui gli sposi devono entrare per capire e vivere la loro storia personale, una storia di salvezza su cui modulare la loro specifica "imitazione di Cristo".

"Imitazione di Cristo" che è innanzi tutto "Lode al Padre", liturgia di adorazione e di ringraziamento per il mistero in cui Dio li ha fatti entrare. È luogo di "comunione" ecclesiale, vincolo profondo di unità con tutti, principio d'amore e diaconia di grazia, perché questa lode sia continuamente celebrata e questo amore adorato.

> Pertanto, la "missione" degli sposi, il loro "ministero" specifico si configura nella chiamata a diventare, dentro la loro vita d'amore l' "evangelo" di questa Alleanza.

Da "dentro" significa che la loro stessa realtà sponsale è il "segno" che annuncia e proclama questo evangelo. Il che vuol dire che Gesù Signore ha bisogno dei coniugi e del loro rapporto coniugale, coscientemente vissuto, per continuare il suo lodare il Padre, il suo radunare la Chiesa nella "comunione", il suo donarsi, servendo agli uomini tutti.

Con un ampio "movimento" dentro la storia: far conoscere di dove il Matrimonio viene, perché esso è così e non altrimenti, come in esso ci si dona e dove esso conduce; e, contemporaneamente, come Cristo rivela nella relazione interpersonale degli sposi chi egli è, quale Figlio che viene dal Padre per compiere la sua volontà impegnato nel mistero della sua morte e risurrezione a donarsi tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo.

> Dunque, Dio con il Battesimo chiama/associa per sempre il battezzato a partecipare al mistero della sua vita trinitaria e a "testimoniarla" a tutti gli uomini in modo credibile e riconoscibile.

Il sacramento del Matrimonio di due battezzati, come detto sopra, porta a compimento il loro Battesimo, e diventa il punto d'arrivo a cui approdano i due sposi, che si amano sul fondamento della "vita nuova" in cui il Battesimo li ha immessi Essi offrono a Dio il loro amore, perché egli ne disponga in Cristo per la salvezza del mondo, nella consapevolezza di fede che Gesù Cristo rivela nella loro relazione interpersonale chi Egli è, quale Figlio che viene dal Padre, per compiere la sua volontà, impegnato nel mistero della sua Morte e della sua Risurrezione a donarsi tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo.

> La parola di rivelazione di Dio annuncia che il fondamento della fede cristiana è il rivelarsi di Dio al mondo attraverso l’"avvenimento" di Gesù Cristo e che in Gesù Cristo Dio si manifesta come un Dio "amante della vita".

Egli è il Dio che ha "creato" e "salvato" in particolare l’ "uomo" in Gesù Cristo, come "uomo" e come "donna" fatti "a sua immagine".

Il senso della creazione dell’uomo "a sua immagine" sta qui secondo la Paro­la di Dio: l'uomo è fatto per essere nel mondo l’"icona", il "mediatore responsabile" del disegno di Dio sul mondo. Egli è mediatore tra Dio e il mondo. Dio e la vita in tutte le sue forme. Dio è la stessa vita dell'uomo.

Tale mediazione tra Dio e il mondo si esprime, in un modo tutto particolare, nella "generazione-educazione della vita umana" (le due espressioni sono necessariamente correlate), che passa attraverso quel rapporto cosi intimo e singolare della donna e dell'uomo, che li fa un'unica realtà di "comunione" che, in quanto tale, è "fonte di vita" .

Ma il "generare-educare umano", secondo la Parola di Rivelazione (Gn 1,28) è dono e compito propri di Dio creatore, che Dio partecipa alla coppia uomo-donna: quindi, il generare dell'uomo è vissuto bene solo quando è accolto come un "dono" di Dio e insieme vissuto come forma di un suo "comandamento".

> Questa realtà creazionale viene "consacrata" nel Nuovo Testamento attraverso il sacramento del Matrimonio.

Nel sacramento non si inventa una nuova realtà, ma viene assunta e trasformata una realtà che già si da nel disegno creazionale, quella dell'amore uomo-donna fonte di una generazione riconosciuta come dono-compito unicamente di Dio.

La realtà creazionale, secondo la fede cristiana, riceve una nuova "missione", di essere fonte non solo di vita, ma di una vicenda cristiana per cui la vita dell'uomo, che si genera e si educa, è destinata a diventare vita dei figli di Dio.

Così il sacramento del Matrimonio, prima di tutto, rivela e comunica il mistero salvifico totale attuatosi in Cristo per lo Spirito e nella Chiesa: lo rivela e comunica nella sua "qualità coniugale".

Per questo e solo per questo, il sacramento del Matrimonio fonda anche una figura singolare di ministero nella Chiesa di fronte al mondo, quel ministero che si realizza prima di tutto nel servizio di "generare ed educare" la vita secondo la fede.

Proprio perché il sacramento del Matrimonio consacra una realtà umana già presente in tutte le culture umane, il "ministero coniugale", che ne consegue, pone la coppia cristiana in un fronte particolare della missione della Chiesa nel mondo, quel fronte dove l'amore uomo-donna si incontra con la "capacità generante ed educante" per offrire a Dio nuovi figli, suoi testimoni.

> Così, la famiglia, che deriva dal sacramento, a ragione è dichiarata "quasi Chiesa domestica"; ha le caratteristiche della Chiesa e nello stesso tempo riconosce che solo all’intemo della grande Chiesa può realizzare se stessa secondo il progetto del Signore.

In modo particolare, la famiglia rappresenta e realizza nella vita della Chiesa la forma "primaria" della vita e della fede: i figli possono riconoscere Dio e scoprire il disegno di Dio che li riguarda. Così l'ambiente familiare, con le sue interne articolazioni (coppia, genitori-figli..), è lo spazio primario del compito assegnato al ministero coniugale.  

 Ciò va detto senza escludere altri spazi nella vita della Chiesa e della società civile, ma per affermare che il ministero coniugale si realizza in modo autentico e vero anche oltre la famiglia, solo se prima di tutto si arricchisce della sua tipicità, che si realizza all’interno della famiglia e della vita di coppia: lì il ministero della coppia si prova continuamente e quotidianamente nella sua verità e nella sua origine più propria.

Con il sacramento del Matrimonio Gesù Cristo nello Spirito Santo consacra gli sposi "Ministri dell'amore di Dio per l’Uomo"

AL SOMMARIO 

GESÙ CRISTO AFFIDA AGLI SPOSI IL LORO MINISTERO

 

Premessa

Il Matrimonio cristiano, dunque, è "rivelazione", "profezia", "segno" dell'amore di Dio per l'uomo, per tutta l'umanità, di quell'amore di Dio che Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo porta a compimento sulla Croce.

il "ministero" specifico dei coniugi sta precisamente qui: essi stessi sono "chiamati" ad essere "segno" che annuncia e proclama - proprio nella loro relazione interpersonale - che Gesù Cristo, quale Figlio che viene dal Padre, nello Spirito Santo, si dona tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo.

.Infatti, la storia personale di due sposi è considerata fondamentale nella parola della Bibbia, come dice il Papa nella Lettera alle famiglie: "Il Figlio Unigenito, consostanziale al Padre, Dio da Dio e Luce da Luce, è entrato nel mondo degli uomini attraverso la famiglia... il mistero divino dell'Incarnazione è dunque in stretto rapporto con la famiglia umana" (2); e conclude: "La realtà naturale del Matrimonio diventa, per volontà di Cristo, vero e proprio sacramento della Nuova Alleanza, segnato dal sigillo del sangue redentore di Cristo. Sposi e famiglie, ricordatevi a quale prezzo siete stati comprati? (cf  1 Cor 6,20)" (18).

Per questo Gesù affida ai coniugi, in quanto sposati nel Signore, e quindi partecipi del suo "mistero grande" (Ef 5,32), questo ministero specifico, che è il suo stesso ministero.

A questo proposito don Germano Pattaro, parlando nel 1985 alla nostra Commissione diocesana, della quale faceva parte, fra l'altro sottolineava: "Si tratta di approfondire, almeno con intuizione e con qualche linea di orientamento, il significato del Ministero Coniugale, collocandolo sulla linea portante con cui Gesù ha realizzato l'Alleanza definitiva del Padre. Sulle linee, quindi, della sua Regalità, del suo Sacerdozio, della sua Profezia. Terremo presenti le tre linee che hanno guidato l'essere e l'agire di Gesù: l'annuncio della Parola, la lode al Padre, la convocazione della chiesa sua sposa, il servizio a tutti gli uomini. Le applicheremo, rispettivamente, all'autocoscienza con cui i coniugi devono progettare sia i contenuti che i metodi del ministero coniugale".

Questa, come è noto, è la prospettiva disegnata dal Concilio Vaticano II e precisamente nella Costituzione Lumen Gentium (33-3 7).

Di conseguenza, compito degli sposi è modulare la propria vita coniugale sul modello di questa Alleanza d'amore, chiamati come sono a costruire, nel "quotidiano" della loro vita coniugale, con Gesù Cristo nello Spirito, la "storia della salvezza" del mondo.

Ciò evidentemente esige negli sposi l'impegno di una specifica "imitazione di Cristo" a due, cioè proprio come “comunità sponsale”. “Imitazione d Cristo” per far di loro la “memoria” di Cristo attraverso la “conoscenza” e la “contemplazione” che è innanzitutto”rivelazione-profezia del progetto del Padre”, quindi “accoglienza” stupita e gioiosa, e “lode e liturgia di adorazione e di rendimento di grazie” per il mistero d’amore di cui Dio li ha fatti partecipi, e di conseguenza, esperienza “di comunione, vincolo profondo di unità con tutti, e servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità umana".

Il ministero coniugale, allora, è autentico e cresce solo se ha il suo fondamento nell’"imitazione di Cristo", perché, essendo lo stesso ministero di Cristo, solo lui può rivelarne il "senso" e la "modalità" di incarnazione nella storia, solo e sempre in sintonia, in comunione con Io Spirito di Gesù.

In conclusione, diremo che il "ministero coniugale" è il "ministero dell'Amore di Dio per l'uomo", che gli sposi e la loro famiglia svolgeranno nelle tre "modulazioni del ministero di Gesù": il ministero "profetico-creativo-educativo"; il ministero "sacerdotale- caritativo-eucaristico"; il ministero "regale-sociale-politico".

 

AL SOMMARIO 

IL MINISTERO CONIUGALE "PROFETICO-CREATIVO-EDUCATIVO O DELL’ANNUNCiO DELL’AMORE DI DIO

1. Gesù Cristo, il Profeta

Gesù Cristo è "profeta" perché dice le cose che ha ascoltato presso il Padre secondo il Vangelo di Giovanni: «Gli dissero allora: 'Tu, chi sei?'. Gesù rispose loro: 'Quello che fin dal principio anch 'io vi dico. Molte cose ho da dire a voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo '. Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: 'Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora riconoscerete che Io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato'» (Gv 8,25-29); «lo non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui che cosa devo annunciare. E io so che il suo comandamento è la vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a Me»(Gv 12,49-50).

Gesù può dire queste cose con verità e in maniera così trasparente che la sua Parola ci porta a entrare in comunione con il Padre perché il suo parlare viene dal suo rapporto con il Padre: «Chi vede me vede il Padre» (Gv 13,9).

Gesù è profeta perché, mentre ci parla del Padre, fa sì che il Padre venga a noi: la sua Parola lo rende presente e operante.

Gesù è profeta perché, mentre parla a noi di Lui, parla anche di noi: Gesù cioè ci rivela a noi stessi davanti al Padre e ci introduce nella "comunione" con Lui.

Gesù, infine, è profeta perché continua a parlarci e a spiegarci la parola mentre noi siamo ancora lungo la via, «strada facendo», e questo suo parlare è attraversato e reso fecondo dallo Spirito Santo (cf Lc24, 13-35).

Gesù è profeta perché rivela la "relazione d'amore" che Dio intrattiene con gli uomini e, mentre l'annuncia, egli è anche il "protagonista narrante" di questa storia.

AL SOMMARIO 

2 Gesù affida agli sposi questo ministero

"La Parola di Dio è il cuore stesso dell'amore coniugale. Se la fede viene dall'ascolto, la profezia entra “vocativamente” in questo ministero e lo rende vivente e adorante della Parola che avvolge e nutre il Matrimonio", osserva Pattaro.

È, perciò, questo il significato della "consegna" della Bibbia da parte del Patriarca alle famiglie ogni anno nella Cattedrale di S.Marco.

L'amore coniugale diventa, allora, la proclamazione di questa Parola; vivendo dalla Parola e nella Parola, gli sposi narrano da "dentro" la loro storia, per la forza creativa e trasformante di questa parola, la storia stessa della salvezza. Essi imparano, di conseguenza, che la Parola di Dio, perché piena di vita, è "giudizio" che sana, orienta e benedice; è grazia che libera e non legge che deprime.

Gli sposi saranno sorpresi gioiosamente di vivere nella "novità di vita" della Pasqua, che continua e che canta le meraviglie di Dio Saranno sorpresi d'essere amati.

Per questo - afferma ancora don Germano - gli sposi stanno nella umiltà, mai umiliante, della riconciliazione, che perdona l'egoismo e lo vince. "Vivono, allora, gli sposi di e con Gesù, che è compagno di viaggio, che tende l'amore, al di là di ogni difficoltà, verso il compimento a cui è chiamato (cf  Lc 24,13-35)".

Una parola che rende capaci di "discernimento", illumina il giudizio e "rende chiare" le decisioni.

La dimensione profetica del ministero coniugale è la sua qualità radicale, fa degli sposi i primi testimoni ed educatori alla fede dei figli: non per "delega", ma per vocazione.

Gli sposi chiederanno alla Comunità ecclesiale di sostenerli in questo ministero con un "dialogo" dove la comunità ascolta come un privilegio le parole della loro esperienza, anche affettiva e in un certo senso pedagogica, psicologica e etica.

Dunque, il ministero coniugale è ministero "profetico" verso la "Comunità -  ecclesiale": gli sposi sono chiamati ad annunciare-testimoniare in mezzo ai fratelli che il Matrimonio è un dono di Dio prima alla sua Chiesa e quindi agli sposi, è il ministero coniugale che li chiama ad essere "profezia vivente del Vangelo dell'unità".

"Il Matrimonio appartiene - osserva don Germano - ai beni primari e inconfondibili dell'Umanità. Gli sposi, dunque, devono viverlo in maniera tale che gli uomini, incontrandoli e guardandoli, siano costretti a porsi la domanda del perché mai i cristiani lo sanno vivere, nonostante la debolezza condivisa, dove tendenzialmente gli altri falliscono"

Pertanto, il Matrimonio è vissuto dai cristiani davanti all'esperienza sponsale di tutti, non come Matrimonio perfetto, riuscito o felice, ma come Matrimonio "convertìto". Non deve convertire nessuno, ma solo mostrarsi convertito, appunto. Solo in questo modo diventerà credibile. Quanto all'essere “creduto” si sa che è  affare di Dio e non dell'uomo.

AL SOMMARIO 

3. Espressioni attuative del ministero profetico-creativo-educativo

Dunque, agli sposi e alla famiglia il Signore affida questo ministero come attuazione concreta, secondo le indicazioni del magistero della Chiesa e la lettura dei “segni” nella storia, del ministero della rivelazione dell'Amore di Dio per l'Uomo.

I genitori partecipano alla paternità di Dio e alla sua pedagogia: questa è fatta conoscere dal Figlio che, incarnandosi, ha svelato la vocazione dell’uomo.ad essere figlio di Dio e, conseguentemente, ha manifestato il significato salvifico dell'educazione.

I genitori sono i primi e principali educatori secondo il principio di sussidiarietà, che si pone al servizio dell'amore dei genitori stessi. La famiglia e la Chiesa sono coinvolte nell'educazione con compiti specifici e reciproci: la famiglia educa insieme con la Chiesa e nella Chiesa, e questa educa attraverso la famiglia.

Sostegno e senso del processo educativo è l'amore "sponsale" dei genitori: è un amore chiamato a continua verifica con l'amore di Cristo. Al riguardo vedere la Lettera alle famiglie 16.

Ma in realtà oggi la famiglia ha perso, come altre agenzie educative, il suo tradizionale ruolo di principale veicolo dell'educazione dei figli, per cui sperimenta un profondo senso di impotenza sia a causa di una sua diffusa carenza di valori che per lo strapotere dei mass media.

Anche la comunità, con una catechesi ancorata ai ritmi della scuola dell'obbligo, non riesce ad andare oltre, se si eccettua la percentuale minima dei ragazzi che seguono cammini associativi, dopo la tappa della cresima.

Il sistema scolastico ha da tempo abdicato alla sua parte di responsabilità educative. I giovani restano per lo più in balia di "persuasori" e di agenzie che sanno dare risposte ai bisogni immediati (discoteche, circoli, gruppi informali.. .), anche se poi tali risposte risultano illusorie, se non addirittura pericolose per la maturazione delle persone.                                                       .

Nella sfida educativa giovani e famiglie provano a diverso titolo un profondo disagio e la comunità cristiana fa fatica a prendere la giusta misura in questa situa­zione.

Alcuni obiettivi del ministero creativo-educativo.

> Gli sposi e la loro famiglia hanno l'impegno per una "nuova cultura della vita", incominciando col dare ragione alle giovani generazioni del "senso della vita".

Giustamente affermiamo: educare significa "rendere ragione alle giovani generazioni del senso della vita", che esse hanno ricevuto e che intanto vivono inconsapevolmente. Ora, chi può dar meglio ragione della vita di cui godono coloro che vi si affacciano, se non coloro che gliel'hanno donata?

Ciò costringe i genitori a cominciare da se stessi a rendersi ragione di quanto è loro successo e hanno accettato di servire col loro amore. È un punto di vista tanto più vero in un'ottica di fede, in ultima analisi perché la ragione vera nella vita è una ragione religiosa. Importanti al riguardo l'enciclica Centesimus annus (31) e la lettera alle famiglie (10,ll,12).

> Obiettivo fondamentale del ministero educativo degli sposi è riportare al primo" posto nel cuore dei giovani e nella vita delle famiglie "la "presenza viva di Gesù Cristo", come unica risposta valida alle domande più profonde dell'uomo sul senso della vita, sull'amore, sul soffrire e sul morire.

Si tratta, cioè, di orientare in modo sempre più deciso la vita dei giovani e delle famiglie all'incontro con il Signore che per tutti è via, verità e vita; Da questo incontro, scaturisce la novità della vita delle persone.

II Signore ha consegnato un messaggio particolare alla famiglia e ai giovani, come ha ripetuto Giovanni Paolo II in occasione delle Giornate della Gioventù e dell'Anno Internazionale della Famiglia.

> È condivisa l'esigenza di fare dei giovani e delle famiglie - come ricorda il Patriarca in vista dell'anno 2000 - i "protagonisti principali della nuova evangelizzazione". Ma né i giovani senza la risorsa della famiglia, né la famiglia senza la proiezione dei figli lanciati verso il futuro, potranno corrispondere a questo compito ad essi consegnato dalla Chiesa ed esigito dalla storia.

In particolare, dai quattro obiettivi fondamentali del Convegno ecclesiale di Palermo si sollecita l'approfondimento di alcuni percorsi comuni legati alla necessità di curare in modo unitario la formazione, la comunione, la missione e la spiritualità.

> In questo contesto diventa fondamentale "la prospettiva vocazionale". Educare in famiglia vuoi dire tendere all'accompagnamento dei giovani alle "scelte di vita" e, in particolare, alla scelta di vita "matrimoniale" o "religiosa".

Il progetto educativo dei giovani ha il fine di condurli ad un incontro personale e decisivo con il Signore. Da questo incontro deve progressivamente scaturire uno stile di vita ispirato al Vangelo, un'adesione convinta e partecipata alla comunità cristiana, un impegno ad essere testimoni della fede nel mondo.

Ma questo cammino sarebbe incompiuto se non sfociasse in una risposta al progetto di Dio e nella conseguente scelta dello stato di vita verginale o coniugale. Ma come e cosa fare perché i cammini giovanili entrino decisamente nella prospettiva "vocazionale"?

D'altra parte, non mancano interrogativi anche per gli sposi e per famiglie. Moltissimi di loro, infatti, hanno celebrato il Matrimonio senza aver maturalo una scelta vocazionale e vivono questo momento in chiave intimistica o come un puro fatto tradizionale. > È nell'intento di concretizzare la "dimensione vocazionale" che s'inserisce l'esperienza dell'assemblea degli sposi in S. Marco, convocati dal Patriarca per riflettere con lui sul problema delle 'Vocazioni sacerdotali e religiose" nella nostra Chiesa, il 13 aprile scorso.

"Il sacramento del Matrimonio - diceva il Patriarca - vi consacra ad un servizio nei confronti gli uni degli altri come marito e moglie, nei confronti della famiglia e nei confronti della Chiesa nel mondo e per il mondo. Voi siete titolari di un sacramento ministeriale, che vi fa ulteriormente responsabili della Chiesa e del mondo… la vostra responsabilità è anche nei confronti dell'annuncio del Vangelo e quindi anche dello strumento necessario che è il ministero sacerdotale".

Riprenderemo, allora, il dialogo su questo tema con il nostro Patriarca, con i responsabili del Seminario e dell'Opera diocesana vocazioni.

> Aspetti fondamentali della "dimensione vocazionale", da prendere in considerazione con impegno e competenza, sono: l'educazione all'amore (alla sessualità, all'affettività...); gli itinerari formativi; l'accompagnamento spirituale.

> Conclusione ineludibile ed urgente: è necessaria, oggi più che mai, una Pastorale unitaria e organica, espressione della collaborazione, anzitutto a livello diocesano, tra pastorale familiare e pastorale giovanile, attraverso un dialogo e un confronto.

Infatti, è evidente che molti di questi problemi concernenti i giovani, i genitori e la famiglia s'intrecciano e possono essere affrontati seriamente solo se visti in continuità tra questi due ambiti e all'interno della loro interazione.

I primi argomenti da affrontare insieme per ora potrebbero ruotare attorno ai seguenti nodi pastorali:

q     come i giovani e la famiglia interagiscono tra loro nel vissuto odierno della Chiesa;

q     quali convergenze possono e debbono esistere tra pastorale giovanile e pastorale familiare;

q     in che modo attuare dei percorsi pastorali comuni.

Va da sé che questa collaborazione potrebbe o dovrebbe allargarsi anche subito ad altri settori diocesani di pastorale come la pastorale vocazionale e la pastorale della catechesi.

Comunque, certamente la collaborazione di queste realtà pastorali diocesane tra di loro dovrà contare sull’apporto antropologico professionale del Centro S. Maria Mater Domini, per lo specifico compito che gli è stato affidato dallo stesso Patriarca ormai sono dieci anni.

Ad ogni modo questa è una forte esigenza che la Commissione della pastorale degli sposi e della famiglia esprime con semplicità e piena disponibilità a questi ambiti pastorali diocesani.

AL SOMMARIO 

IL MINISTERO SACERDOTALE-CARITATIVO-EUCARISTICO O DELL'ACCOGLIENZA DELL'AMORE DI DIO E DELL'ADORAZIONE E DEL RENDIMENTO DI GRAZIE

1. Gesù Cristo, il Sacerdote

Il sacerdozio di Cristo rivela che è Dio che si fa strada verso l'uomo e gli viene incontro; Dio stesso, il Padre, che, inviando il Figlio in Gesù di Nazareth, prende l'iniziativa della "benevolenza" verso l'uomo.

Cosi Gesù dal Padre riceve il compito di prendere casa in mezzo agli uomini e di dar fondo a tutte le sue possibilità d'Amore, che il Padre gli ha affidato, perché cessi il "giudizio" e accada la "salvezza" per tutti, (cf  Gv 1,10-14).

Ciò, contrariamente alle tradizioni delle religioni naturali e di quella giudea, secondo le quali il sacerdote viene dagli uomini e sta tra Dio e gli uomini, e che è l'uomo che si fa strada verso Dio per implorarne la "benevolenza".

Inoltre, il sacerdozio di Gesù non ha bisogno di un luogo sacro. Il suo tempio non è una casa di pietra, ma il suo "Corpo" stesso è il "tempio nuovo". E la vittima del sacrificio del sacerdozio di Gesù sarà egli stesso, non sarà presa tra le cose degli uomini né tra gli uomini (cf  Gn22,2).

Nulla, cioè, dalla terra può essere gradito a Dio, se non il Figlio suo Unigenito, sul quale stabilisce il suo "beneplacito". Gesù, perciò, è "sacerdote e vittima del suo stesso sacrificio", e il "luogo" del sacrificio è la Croce, punto d'arrivo necessario dell'intera sua vita.

Per questo è sacerdotale appunto l'intera vita di Gesù, vissuta in obbedienza d'amore al Padre per tutti gli uomini. Nell'unità, dunque, della sua Persona, Dio gli ha dato di trasformare in offerta a lui gradita ogni atto della sua esistenza.

Un sacerdozio, quindi, da intendersi come atto d'amore interamente donato dal principio alla fine della vita terrena di Cristo, come conferma il suo stesso "grido" secondo il racconto della lettera agli Ebrei: «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,7). E Giovanni spiega il significato della sua morte d'amore: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,37). È il mistero dell’Eucaristia.

AL SOMMARIO 

2. Gesù unisce al suo ministero sacerdotale il ministero degli sposi

> L'amore coniugale, elevato a "segno" di grazia, deve essere radicalmente vissuto come "dono" di Dio. La logica del donarsi di Dio chiede a chi lo riceve in dono di ridonarsi continuamente a Lui per dirgli "grazie": è il suo "rendimento di grazie eucaristico".

È un'attitudine richiesta "vocativamente" agli sposi, perché essi stiano nello "stupore" gioioso di Dio che è entrato nel loro cuore e si aprano all' "adorazione" della sua presenza attiva ed efficace.

È proprio questo l'atteggiamento sacerdotale di Gesù che, oltre che "adorazione", è perenne "rendimento di grazie".

Per lo stesso motivo, il ministero coniugale sollecita chi è sposato nel Signore ad assumere questo atteggiamento profondo e a farne il filtro portante dell'intera sua esistenza. Di conseguenza, gli sposi, quando dialogano tra di loro del loro amore, dialogano con il Signore della loro Alleanza.

"Il loro dialogo, perciò - diceva don Germano - è un parlarsi a tre. Questa è preghiera 'sacerdotale', perché si realizza nell'apertura radicale del cuore, in modo che l'esistenza intera ne venga avvolta nell'estensione del quotidiano". È la preghiera "sacrificio spirituale", di cui scrive Paolo: «Vi esorto, fratelli, ad offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente a Lui dedicato e a Lui gradito. È questo il vero culto che gli dovete»(Rsn 12,1).

> Il ministero coniugale è fondamentalmente eucaristico-sacerdotale perché “L'Eucaristia - dice il nostro Patriarca agli sposi - sta nel cuore della famiglia. È al centro perché l'amore cristiano e l'amore sponsale scaturiscono dalla pasqua di Cristo di cui è sacramento. L'Eucaristia è la pasqua della Chiesa, celebrata dalla Chiesa, che diventa la vita della Chiesa. L'Eucaristia è la sorgente del nostro vivere quotidiano: dall'Eucaristia celebrata nel giorno del Signore scaturisce una cultura della convivenza umana vissuta da cristiani all'insegna della solidarietà e dell'amore.

Dall'Eucaristia scaturisce il sogno, che vuole diventare realtà, di una 'Civiltà dell'amore', di cui voi siete i testimoni, capace di cambiare la storia e di cambiare il mondo. E - continua a Patriarca - noi viviamo una cultura, che marginalizza, estrania sempre più il Matrimonio cristiano. Vivere il Matrimonio cristiano diventa sempre più una testimonianza resa alla pasqua, non più l'inserirsi in una cultura a cui il Matrimonio cristiano è omogeneo e in qualche modo organico, come poteva essere trenta o quaranta anni fa.

Di fronte a questa situazione, che potrebbe portarci a pensare che vivere la famiglia con al centro l'Eucaristia, come modello di famiglia, sia soltanto un'utopia, c'è la parola del Signore: «lo apro i vostri sepolcri e io vi risuscito» (Ez 3, 12b). Dio, come ha aperto il sepolcro di Cristo, è capace di aprire la situazione in cui viviamo e di risuscitarla, anche se ci sembra disperata, totalmente estranea nei confronti della fede".

Tutto ciò mette in gioco la fede degli sposi nell'Eucaristia, espressione massima dell'amore che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa. È il "rendimento di grazie" che la Chiesa con Cristo, per Cristo, in Cristo eleva al Padre e, con la Chiesa, tutto l'universo.

É nel sacrificio eucaristico che i coniugi trovano la sorgente e l'alimento della loro "alleanza" sponsale e sono chiamati a scoprire il "mistero grande", fonte della "comunione" e della "missione", che in Cristo unico sacerdote del Padre, diventa il loro ministero (cf  FC 57).

Di ogni evento di salvezza, che l'Eucaristìa attualizza, il sacramento del Matrimonio fa "memoria".ai figli, alla Chiesa e al mondo. È negli sposi che il ministero coniugale sacerdotale-eucaristico viene messo in piena evidenza. Qui e non altrove gli sposi cristiani trovano le radici del loro essere in Cristo sacerdoti della nuova alleanza, continuatori dell'opera del Signore, raccordo fra la parola di Dio e la storia, coloro, cioè, che raggiungono l'uomo nella sua concreta situazione per introdurlo nella novità del Vangelo.

> La coppia e la famiglia sono chiamate a rivelare la realtà e la grandezza del "bell'amore".

La storia del "bell'amore" prende inizio dall'Annunciazione. Con il "sì di Maria "Dio da Dio e Luce da Luce" diventa Figlio dell'uomo. Maria è sua Madre, Madre del "bell'amore".

Questa verità prende pieno significato man mano che Maria segue il Figlio nel pellegrinaggio della Fede. La Madre del "bell'amóre" viene accolta da Giuseppe, suo sposo: «Non temere di prendere con te Maria, ciò che è generato in lei viene dallo Spirito Santo». Il reciproco amore sponsale, per essere pienamente il "bell'amore", esige che Giuseppe accolga Maria e il figlio di lei.

Si può dire, anche, che la storia del "bell'amore" inizia con Adamo ed Eva. Il peccato non li priva completamente della capacità del "bell'amore" perché Cristo non viene per condannare il primo Adamo e la prima Eva, ma per redimerli; viene a rinnovare "il bell'amore".

L'evento, quindi, del "bell'amore" è l'evento della salvezza dell'uomo. Nella creazione Eva si rivela ad Adamo, come Adamo si rivela ad Eva. Inizia così la nar­razione del "bell'amore".

Oggi come, ieri le nuove coppie umane si dicono reciprocamente:

"Cammineremo insieme nella vita". Da questa realtà inizia la famiglia, che in forza del sacramento del Matrimonio, diventa nuova comunità in Cristo.

L'amore, perché sia realmente bello, deve essere dono di Dio. La Chiesa nel sacramento del Matrimonio domanda allo Spirito Santo di visitare i cuori umani e perché sia veramente il "bell'amore", dono della persona alla persona, deve provenire da Colui che è dono egli stesso.

Il Vangelo delicatamente colloca il "bell'amore" nel contesto "del grande mistero" (Ef 5, 32). Quando si parla del "bell'amore" si parla della bellezza. Bellezza dell'amore e bellezza umana che, in virtù dello Spirito Santo, è capace di tale amore.

L'uomo e la donna sono persone chiamate da Dio a diventare dono reciproco. Dal dono originario dello Spirito "che dà la vita" scaturisce il dono vicendevole di essere marito e moglie.

Nel mistero dell'Incarnazione Gesù rivela l'uomo all'uomo ed è qui che si trova la fonte di una bellezza nuova. Alla luce di questo mistero si scopre che la famiglia può essere la grande "rivelazione": la vicendevole scoperta degli sposi e, poi, di ogni figlio o figlia che nasce da loro.

Il futuro, quindi, di ogni famiglia dipende da questo "bell'amore", fonte della sua unità e della sua forza, (cf  Lettera alle famiglie).

> Al ministero coniugale Gesù chiede anche di rivelare che l’ "amore umano" è retto e sorretto dall'Amore di Dio che si è riversato su di noi.

La Carità di Dio ci precede, siamo immersi in essa. C'è un processo "storico" dell'amore: ogni atto di amore non emerge dal nulla; ogni persona che ama non parte da zero.

È la Bibbia che insiste nel ricordarci che c'è una Carità che ci precede, quella di Dio; non siamo noi che per primi amiamo, bensì veniamo da una lunga catena di Carità. Siamo amati e perciò possiamo amare. C'è dunque un cosmo di amore, un universo di effetti e di doni prodotti dalla Carità di altri che ci hanno preceduto (Dio e le altre generazioni prima di noi), un cosmo che chiede a noi che il nostro amore attinga sempre alle fonti già aperte, per progredire in avanti.

L'amore di Dio, dunque, è più grande di noi, siamo immersi in esso. Il già donato, il già frutto dell'amore, il cosmo già creato dall'amore, deve diventare punto di partenza, presupposto per la nuova "creatività" dell'amore. Rispetto dun­que per l'esistente, valorizzazione del dono già costruito e messo a disposizione.

Ogni cosa che esiste essenzialmente è un dono di Dio e di altri soggetti che, nel piano di Dio, sono intervenuti da intermediari. Se pretendessi di amare come se l'amore cominciasse da me, e come se io fossi il creatore libero e autonomo di un mio cosmo, mostrerei di amare me solo stesso.

Questa “rivelazione” sull'amore che ci precede e ci avvolge, da sempre, è oggetto del ministero coniugale.

> Altro oggetto del ministero degli coniugi sposati nel Signore è fare proprio l’impegno di Paolo: «Ebbene, vi mostrerò io la via più sublime» (1 Cor 12, 31):

«...e la viadella carità (1 Cor 13).

Questo capitolo, con l'inno all'Amore, è la pagina più celebre delle lettere di Paolo: la carità non si identifica con la donazione dei beni o di se stessi; la carità anima tutta l’esistenza, essa sta alla radice della fede e della speranza. La carità anticipa nel tempo la piena e definitiva comunione con Dio. Essa rimane per sempre.

«Se non ho l'amore, non sonò nulla», in questo passaggio dall'avere all'essere sta la radicalità del discorso di Paolo. Qui c'è un avere che è un essere e un non aver che  è un non-essere. Chi ama è; chi non ama non esiste.

La testimonianza di amore sincero degli sposi dovrebbe convincere gli uo­mini, le famiglie, la comunità cristiana e la società, che il vero loro essere è solo l’amore. Nulla può sostituirlo.

Solo chi ama è uno che esiste.

Il Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo, pienezza dell'essere, ha nell'amore la sua massima realtà. Nel mondo non c'è nessuna storia che ci narri la storia di un Dio che si dona all’uomo, come il nostro Dio si dona a noi nel Cristo.

Se questo è il progetto di Dio per l'uomo, l'amore, vuol dire che l'uomo non ha altra scelta se vuole vivere e salvarsi.

> L'amore degli sposi nel Signore è da Gesù "chiamato" a rivelare il significato del suo comando: «Amatevi come io vi ho amato» (Gv 13,34).

Specifico del Vangelo non è l'amore; questo è un comandamento antico, è di sempre e per tutta l'umanità. Peculiare del Vangelo è il "come" si deve amare. In questo sta la diversità assoluta del cristianesimo.

Cristo è il modello "nuovo" e "unico" per tutta l'umanità. «Come» io mi sono donato a voi, così voi donatevi ai fratelli. E Gesù si è donato fino «alla morte di Croce».

> É nella concreta e quotidiana vita familiare che si fa esperienza del passaggio faticoso dall’ "io" al "noi", da "gli altri per me" a "l'io per gli altri". Per questo la famiglia è scuola di comunione e d'amore.

In essa si impara a porsi la domanda: "chi è l'altro per me?"; a conoscere se stessi e ad assumere le responsabilità dell'altro, fino a "portare i pesi gli uni degli altri", a consegnarsi l'uno all'altro, non solo lo sposo alla sposa, ma i figli ai genitori e viceversa. In essa ciascuno impara ad affidarsi al Signore.

> La coppia e la famiglia sono chiamate ad aprirsi e consacrarsi al bene di tutti gli uomini, a partire dalle altre coppie e dalle altre famiglie, rivelando I’"immagine ridente e dolce della Chiesa" proprio della "chiesa domestica" (S. G. Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, e cf  LG 11).

Sono sempre più frequenti i matrimoni "misti" e "interreligiosi, che richiedono discernimento e preparazione, in particolare sulla concezione del Matrimonio e sulla famiglia.

Hanno bisogno di un'attenzione particolare i coniugi separati, che pur essendo ammessi ai sacramenti, devono trovare nella comunità stima, solidarietà, comprensione ed aiuto per conservare la fedeltà e la disponibilità all'eventuale ripresa della vita coniugale (cf  FC 83).

I divorziati non risposati, i divorziati risposati, gli sposati solo civilmente, i conviventi. Queste situazioni, certamente le più gravi per cui, coloro che si trovano in una di esse, non sono in piena comunione con Chiesa (non sono ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica). Però, poiché, in forza del Battesimo, sono membri di essa, possono unirsi alla sua preghiera e alla sua carità, all'ascolto della Parola di Dio e alla celebrazione eucaristica, ed a educare cristianamente i figli.

Gli sposi insieme con la loro comunità siano loro vicini con l'amicizia e il rispetto, con la preghiera e con la fiducia nella benevolenza e misericordia del Signore, senza giudicare le coscienze, perché amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme (cf La verità vi farà liberi 737; FC 79-84; Lettera ai Vescovi della Congr. Dottrina della Fede, Il granello di senapa; Vademecum per i confes­sori. Direttorio di Pastorale familiare).

>È ancora proprio del ministero coniugale l'amore degli sposi impegnato a guardare anche alle infermità umane, a tenere conto soprattutto della debolezza e della fragilità degli ultimi, delle vittime dell'oppressione.

Amare veramente tutti acquista sincerità e autenticità solo se di fatto si amano coloro che rischiano di essere lasciati o cacciati fuori dal banchetto della vita, fuori dal cosmo dei doni dell'amore.

Voler amare tutti in genere, senza privilegiare i deboli e gli emarginati, equivale a rafforzare solo i potenti e ad aiutarli a diventare prepotenti. L'amore al "fratello universale" è menzogna.

In ogni caso, si rimane sempre dentro un contesto di amore: l'amore di Dio, che precede tutto e tutti, e che ha offerto in dono a ciascuno tutto intero l’"universo"; e I’"amore finale" di Dio che accoglierà al termine della storia, non solo i doni sparsi da lui, ma anche i doni prodotti dall'amore umano suscitato da Dio.

Questo vuol dire "ricapitolazione universale in Cristo": Cristo è la rivelazione massima della Carità di Dio.

> Gesù chiama l'amore coniugale, divenuto "grazia" sacramentale, ad un "nuovo" atteggiamento di fronte ai "sofferenti", che sono la maggioranza degli uomini e delle donne nella storia.

Costretti su lettighe, handicappati, gente lacerata da mille sofferenze fisiche prodotte da un tumore selvaggio, ("il drago che ti rode dentro", diceva D. M. Turoldo). Gente stritolata da un male congenito, dalla nascita: ciechi, sordomuti, poveri, handicappati. Gente schiacciata dalle conseguenze nefaste di un incidente stradale, oppure mutilata sul lavoro, che ti ha stroncato i progetti nei quali avevi riposte mille speranze e tante attese. E i vecchi nelle cosiddette case di riposo, che una volta contavano in casa, in chiesa, nella società, ora aspettano la morte.

Che stanno a fare? Hanno uno scopo, un ruolo da giocare? Sono mendicanti in cerca di pietà? Poveri in cerca di surrogati di speranza?

Partiamo da questa considerazione: il mondo corre sui binari dell'efficienza. Se non produci, se non riesci a costruire qualcosa nella società, a che servi da ammalato? Che cosa stanno a fare gli ammalati di fronte a questo meccanismo che stritola i più deboli?

Generalmente gli sposi e le famiglie conoscono e vivono queste situazioni, alle quali essi di volta in volta danno delle risposte. Ora si potrebbero considerare alla luce della testimonianza di mons. Tonino Bello: "Se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti, il mondo si scompenserebbe... La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell'universo verso il traguardo del Regno. In questo. Gesù è il nostro capo. Lui confitto su un versante della croce e noi confitti, non sconfitti, sull'altro versante della croce.... la nostra malattia è quella parte della nostra identità che ci fa rassomigliare di più a Gesù Cristo. È una tessera di riconoscimento incredibile, straordinaria.

Certo, dobbiamo lottare contro la malattia..: mai rassegnarci, come non si è mai rassegnato Gesù.

...Il Signore è con noi. Tanti amici sono con noi. Ci vogliono bene" (Coraggio, Lettera agli ammalati)

AL SOMMARIO 

3. Espressioni attuative del ministero “sacerdotale-caritativo-eucaristico”

  >- vedi:

1. '"Schede per la riflessione" dell’XI Assemblea degli sposi, 1996, fasc. n. 34, p. 42-44;

2. "La famiglia che accoglie la famiglia sofferente", don D. Giabardo, dagli Atti XI Assemblea 1996, fasc. 35, p. 32-40.

 

>- vedi:

  1. "Gli sposi e le famiglie per la Casa Famiglia della Ghidecca", don G. Nicolini, fasc. n 35, p. 41-48'.

 

AL SOMMARIO 

 

IL MINISTERO "REGALE-SOCIALE-POLITICO" O DELL'AMORE DI DIO DONATO AGLI UOMINI, COME ESPERIENZA DI COMUNIONE, VINCOLO PROFONDO E SERVIZIO D'AMORE AD OGNI UOMO E ALLA COMUNITÀ UMANA

1. Regalità di Gesù, l'opposto del "potere umano"

Il tema della "regalità" di Gesù è nel racconto del processo davanti a Pilato (cf  Gv 18, 28-40): «Tu lo dici: io sono re» (Gv 18,37), e viene solennemente e pubblicamente proclamata (seppure per scherno) davanti al mondo intero (ebraico, greco e latino erano le tre lingue che rappresentavano l'universalità).

Appare subito il forte contrasto tra questa affermazione di Gesù e la sua evi­dente "impotenza". Gesù, infatti, dichiara che tutte le "ore" della sua vita vanno verso l'unica direzione: «Ma per questo sono giunto a quest'ora» (Gv 12, 27b). Quest'ora si compie sul Calvario.

L'intera vita di Gesù cammina da subito verso questo appuntamento ultimo e definitivo. Solo sulla Croce Gesù manifesta a tutti "chi" egli è, e "come" a noi è dato di incontrarlo e riconoscerlo.

Ma dove sta la regalità di Gesù se lui stesso è "divenuto maledizione per noi" (Gal 3,13)? Il re, secondo l'uomo, ha il trono, ha il potere, ha i sudditi. La regalità di Gesù va in direzione esattamente opposta.

«Il mio regno non è di questo mondo» (cf  Gv 18, 33-36): Gesù ribadisce che il suo regno è completamente al di fuori degli schemi umani il re ha diritto di farsi servire. Gesù si pone al contrario: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi esercitano su di esse il potere. Tra voi non è così; ma chi vuoi diventare grande fra voi sarà vostro servitore, e chi vuoi essere il primo tra, voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-44).

Il re dà udienza sotto condizione; Gesù inverte questa regola: «Egli ci ha amati per primo» (1 Gv 4,19). il re sta nel suo palazzo; il luogo di Gesù è invece «il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota» (Gv 19,17), fuori le mura, lontano dalle città, dove stanno i non aventi diritto, i rifiutati, gli insignificanti; entra nel territorio, impensabile per Dio, della "disperazione"; «Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato» (Mt 27,46) nel territorio della "miscredenza" e della "irrisione" (cf  Mt 27, 40-43); nel territorio della "morte «Gesù di nuovo gridò a gran voce e spirò» (Mt 27, 50).

L'unica potenza di Gesù è l'impotenza. Non l’impotenza inerme del parassiti o del fatalista.

Così egli ha rovesciato la scala dei valori, al punto da far dire a Paolo: «Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,23).

Del resto, secondo Marco, Gesù chiede a quanti fa dono del miracolo, di tacere e di non dirlo a nessuno. Egli non vuole essere riconosciuto Messia per la potenza del miracolo, ma per l'amore che sta alla sua radice. Per fare questo l'impotenza assoluta del suo amore di fronte al rifiuto, alla condanna all'abbandono, alla morte, è la sua unica, invincibile potenza.

Niente e nessuno può vincere il suo amore, che si manifesti nell'interrelazione dei rapporti che dona e non possiede, che serve e non pretende, che offre e non prende; che contesta l'egoismo delle virtù borghesi dell'avere, del potere, del riuscire; che contesta i falsi valori; che propone valori riconoscibili.. mettendo in movimento l'imperativo evangelico della Croce, tutto assorbito nell'amore.

Regalità di Cristo, dunque, per dare il vero "senso" della persona umana della convivenza fra gli uomini e di tutte le cose: inserendo tutto in un ordine che porta a Dio.

AL SOMMARIO 

2 Gesù affida agli sposi questo ministero di "servizio" a tutti gli uomini

> La coppia e la famiglia sono per vocazione il centro della "Civiltà dell'amore", così qualificata da Paolo VI (1975) e riproposta da Giovanni Paolo II (cf  Lettera alle famiglie).

La tematica della "Civiltà dell'amore" ormai è diventata familiare nell'insegnamento della Chiesa. Essa fa parte della tradizione della "chiesa domestica" nel cristianesimo delle origini, come è un preciso riferimento oggi. Il termine "civiltà" deriva da "civis" cioè "cittadino" e mette in luce, oltre che la sua dimensione politica, il senso profondo "umano".

La civiltà appartiene alla storia dell'uomo e, quindi, alle sue esigenze spirituali ed umane: Dio che "ha creato l'uomo e sua immagine e somiglianza". Dio a questo uomo consegna il mondo perché lo plasmi e lo umanizzi a propria immagine e somiglianza. Da qui scaturisce la civiltà.

La "Civiltà dell'amore", oggi, si ispira alle parole della Gaudium et Spes (22): "Cristo rivelando il mistero del Padre e del suo Amore svela pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione". La "Civiltà dell'amore" prende, quindi, avvio dalla Rivelazione di Dio che è Amore (cf 1 Gv 4, 8.16; 1 Cor 13; 1-13; Rom 5,5; Gv 15,1-2).

Se è vero che la famiglia è "la via della Chiesa", anche la "Civiltà dell'amore" diventa "la via della Chiesa". Su questa via, allora, il mondo, le istituzioni sociali e qualsiasi altro organismo, a motivo delle famiglie e attraverso le famiglie, sono chiamati a camminare. Tutto questo però parte se c'è la consapevolezza che Dio è Amore e che l'uomo, creato a sua immagine e somiglianza, "ritrova pienamente" se stesso solo nel dono sincero di sé. Senza questa presa di coscienza, la "Civiltà dell'amore" nella famiglia e nella società è impossibile, perché viene a mancare il concetto di persona e di comunione.

Se da un lato esiste la "'Civiltà dell'amore", dall'altro lato esiste la possibilità di una "anticiviltà-distruttiva" Oggi viviamo in una società dove l'utilitarismo è una cultura del prodotto, delle cose e non delle "persone"; una cultura in cui le persone si usano come cose, dove la donna diventa oggetto, i figli un ostacolo, la famiglia un'istituzione ingombrante e via di questo passo.

Quanto è contrario alla "Civiltà dell'amore", è contrario alla verità sull'uomo perché gli impedisce di ritrovare se stesso e di sentirsi sicuro come uomo e come donna, coniuge, genitore e figlio. La persona come la famiglia si trovano in questo pericolo, pericolo che è dato dalla perdita della verità, della libertà e dello stesso amore. Gesù dice: «La verità vi farà liberi» (Gv 8, 32). Solo la verità può prepa­rare ogni uomo e ogni donna ad un amore esigente di cui si possa dire che è veramente"bello".

È della “Civiltà dell'amore" la gioia, gioia per tutto ciò che accade nella vita della coppia e della famiglia: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gn 4, 1);

«Un uomo è venuto al mondo» (Gv 16, 21); siamo diventati genitori!

La "Civiltà dell'amore" porta, di conseguenza, a "compiacersi della verità" (cf 1 Cor 13, 6). Una civiltà, ispirata solo ad una mentalità consumistica, non potrà mai essere una "Civiltà dell'amore", un amore esigente, perché in esso sta il fondamento veramente bello e saldo della famiglia.

> In questa regalità di servizio i coniugi sposati nel Signore, sceglieranno come loro eredità privilegiata lo stare presso gli "ultimi", i deboli. Lo faranno perché sanno di essere in radice come essi.

Con un'attitudine umile che, pur coscienti di ciò che è bene e di ciò che è male davanti a Dio, essi non diventeranno mai giudici delle persone e a loro si rivolgeranno con "solidarietà", meglio nella "condivisione", con la discrezione e il rispetto di chi "propone" e mai "impone".

> Gli Sposi e la Famiglia, la Società e lo Stato sono chiamati a vivere in pienezza; il Papa nella sua Lettera alle Famiglie afferma anche: “La famiglia è soggetto più di ogni altra istituzione sociale: Io è più della Nazione, dello Stato, più della società e delle Organizzazioni internazionali. Queste società, specialmente le Nazioni, in tanto godono di soggettività propria in quanto la ricevono dalle persone e dalle loro famiglie".

Infatti, la famiglia è il 'luogo" di amore, di promozione e di difesa della vita, di comunicazione, di creazione di "senso personale e comunitario", di "servizi" anche alla società e alla democrazia.

Una famiglia "solidale" al suo interno, nel riconoscimento dei diritti personali di tutti i suoi componenti, diventa una scuola di vita dove si compongono realizzazione personale e responsabilità, soggettività e coscienza del limite, esperienza di "accoglienza" accolta e data.

Il senso di "appartenenza", che nasce dal vissuto della quotidianità familiare, è il presupposto per la maturazione di un senso di "appartenenza sociale e politica" più ampio. Sta qui il vero motivo per cui la famiglia è "soggetto politico" e come tale va promosso. Di questo principio parlano la Familiaris consortio e la Carta dei Diritti della Famiglia: deve realizzarsi sì, una politica "per" la famiglia, ma sempre "con la famiglia e "della" famiglia.

Allora gli sposi e le famiglie hanno il diritto e il dovere di intervenire in ogni ambito della politica, in forza del principio di "sussidiarietà" - fondamentale nella Dottrina Sociale della Chiesa -, che pone questi punti fermi:

q     la società e lo stato non devono intervenire là dove le famiglie hanno la capacità di intervenire e di fatto intervengono;

q     la società e lo Stato hanno il dovere di aiutare le famiglie ad autorealizzarsi all'interno della società e dello Stato;

q     in modo specifico, le famiglie hanno il diritto di intervenire nell'ambito propriamente coniugale e familiare.

> Ma l'intervento degli sposi e della famiglie nell'ambito sociale politico, è possibile ad una duplice condizione:

a) la carità della Chiesa, scrive il Patriarca nella lettera pastorale // granello di senapa, divenga "sapienza", per far progredire la storia verso forme più solidali e umane;

b) la carità, allora, diventerà anche impegno sociale e politico, per spingere le istituzioni, per sollecitare i movimenti di opinione e legislativi, che facciano crescere la società e lo Stato in umanità e solidarietà (cf  Gds 127).

Questo richiede (secondo la Nota pastorale della CEI: La formazione all'impegno sociale e politico) preparazione e competenza.

> Allora, l'influsso sociale e culturale degli sposi e delle famiglie può e deve svilupparsi a partire da qualcosa di originale, di proprio: educare i componenti della famiglia, in particolare i figli, al "senso" della vita, alla "ragione" della vita della "persona umana". Ciò ha una forza singolare per modificare, e in profondità, gli atteggiamenti e i comportamenti della vita sociale e dell'attività politica.

E qual è il "senso" della vita della persona umana? "Annunciare" il progetto della vita umana come "dono che si fa dono": la persona è un essere "con" gli altri e "per" gli altri, e matura come persona nella misura in cui, coscientemente e liberamente, si apre e si dona agli altri.

il vero senso sociale e politico degli sposi e delle famiglie nasce unicamente da qui: educare al vero senso del vivere della persona umana.

Ancora più concretamente, il Patriarca ricorda con chiarezza: "Gli sposi sono chiamati alla costruzione della civiltà dell'amore, di un amore capace di cambiare la storia, capace di cambiare il mondo".

> La famiglia cristiana è chiamata ad offrire "segni" profetici della civiltà dell'amore, potenziando al suo interno la dimensione di Chiesa domestica, sviluppando la passione educativa al posto della diffusa mentalità della delega o, peggio, della rinuncia, che facilmente assegna la carità al volontariato.

Gli interventi di carità degli sposi, delle comunità ecclesiali, della Chiesa in genere, diverranno sempre più "sapienza" (conoscenza e competenza) per far progredire la società e la storia verso forme più umane e solidali.

"Ma quando l'impegno è diretto verso il bene comune di ampi strati di cittadini, la conoscenza e competenza dei problemi diviene difficile e ci si affida ai "professionisti" della politica. Anzi si tende a separare l'azione politica dalla promozione umana, intendendo la prima come "cosa" per pochi e per potenti - ai quali chiedere al massimo la soluzione dei singoli problemi di emergenza che richiedono magari l'esborso di denaro pubblico - relegando la seconda ad interventi di tipo familiare o, al più, parrocchiale.

L'abitudine a non accomunare la politica alla promozione dell'uomo, viene considerata, in linea di principio, negativamente anche se poi, al lato pratico, ci si sente impotenti verso il modo di fare politica, soprattutto quello attuale. Si ha la sensazione che esistano altre forme per incidere sul governo della cosa pubblica che non sia il semplice voto alle elezioni, ma non si sa bene quali.

Gli sposi e le famiglie, comunque, sono consapevoli di dover partecipare alla costruzione della "città degli uomini" proponendosi con le loro risorse e i loro carismi a favore di tutti gli uomini e di tutte le realtà sociali.

Non devono fermarsi alla sola "testimonianza" e tanto meno accettare la tentazione "corporativa".

> La consapevolezza e l'iniziativa degli sposi e della famiglia sono frutto della convinzione che la loro responsabilità culturale, sociale e politica nasce dal sacramento del Matrimonio che ha una sua "specificità cristiana".

E questo stesso sacramento il 'luogo" nel quale viene proclamata l'istanza etica dell'impegno politico della coppia e delle famiglie cristiane. È dal sacramento del Matrimonio che deriva ed è sostenuto il "comandamento" rivolto ai coniugi di impegnarsi politicamente.

Possiamo parlare di una "grazia politica" donata dal Sacramento, una grazia che costituisce la risorsa interiore e l'impulso continuo per assumere e vivere la responsabilità sociale.

È necessario assolutamente che le famiglie conoscano e vivano questa grazia del Matrimonio cristiano; in tal modo l'impegno culturale, sociale e politico non deriva agli sposi e alla famiglia da nessuna autorità esterna o dalle circostanze sto­riche entro le quali è inserita, ma deriva dal "cuore nuovo" creato dallo Spirito Santo, effuso mediante la celebrazione del sacramento del Matrimonio.

"Il compito sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo e originale, alla famiglia cristiana dal sacramento del Matrimonio. Assumendo la realtà umana dell'amore coniugale, il sacramento abilita e impegna coniugi e genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a cercare il regno di Dio trattando le cose temporali o ordinandole secondo Dio" (LG 31).

“Il compito sociale e politico rientra in quella missione regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del sacramento del Matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li stimola. In tal modo la famiglia cristiana è chiamata ad offrire a tutti la testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata ai problemi sociali, mediante la scelta 'preferenziale' dei poveri e degli emarginati.

Perciò essa, progredendo nella sequela del Signore mediante una speciale predilezione verso i poveri, deve avere a cuore specialmente gli affamati, gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza famiglia" (FC 47).

La questione della "responsabilità politica" della famiglia, prima che essere questione di iniziative concrete e precise, è questione "culturale", ossia questione di "mentalità".

AL SOMMARIO 

3. Espressioni attuative del ministero coniugale "regale-sociale-politìco"

> Si propone all'attenzione degli sposi, fra gli altri, questo aspetto, della vita sociale e politica: umanizzare l'economia.

a) La situazione.

Non c'è dubbio che tanta parte della conflittualità dilagante nella società è dovuta ad un sistema economico strutturalmente iniquo. Nella Centesimus Annus (33) il Papa Io conferma con forza: 'Di fatto, oggi molti uomini, forse la grande maggioranza, non dispongono di strumenti che consentono di entrare in modo effettivo ed umanamente degno all'interno di un sistema di impresa, nel quale il lavoro occupa una posizione davvero centrale.

Essi non hanno la possibilità di acquisire le conoscenze di base, che permettono di esprimere la loro creatività e di sviluppare le loro potenzialità, né di entrare nella rete di conoscenze e di intercomunicazioni, che consentirebbe di vedere apprezzate e utilizzate le loro qualità...queste critiche sono rivolte non tanto contro un sistema economico, quanto contro un sistema etico- culturale.

L'economia, infatti, è solo un aspetto ed una dimensione della complessa attività umana. Se essa è assolutizzata, se la produzione ed il consumo delle merci finiscono con l'occupare iì centro della vita sociale e diventano l'unico valore della società, non subordinato ad alcun altro, la causa va ricercata non solo e non tanto nel sistema economico stesso, quanto nel fatto che l'intero sistema socio-culturale, ignorando la dimensione etica e religiosa, si è indebolito e ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi.

Tutto ciò si può riassumere affermando ancora una volta che la libertà economica è soltanto un elemento della libertà umana. Quando quella si rende autonoma, quando cioè l'uomo è visto più come un produttore o un consumatore di beni che come un soggetto che produce e consuma per vivere, allora perde la sua necessaria relazione con la persona umana e finisce con l'alienarla ed opprimerla".

Cosa può fare il singolo cittadino, da solo o insieme alla sua famiglia, alla comunità, alle associazioni per cambiare questo sistema non sostenibile di economia, per renderlo più umano o almeno per ridurre la propria complicità con i meccanismi perversi di un modello economico che non si cura dei diritti dell'uomo e appare lontano dai fondamentali principi dell'etica?

La cittadinanza attiva si esprime oggi non solo sottoscrivendo dichiarazioni e documenti, ma soprattutto organizzando la solidarietà e la democrazia in comportamenti da realizzare in prima persona, nella famiglia e nel gruppo, cosi come in grandi movimenti e organismi sociali. Piccoli gesti di un'economia "leggera" che si iscrivono però in grandi orizzonti.

b) Comportamenti alternativi (cf  Centesimus annus, 36-39).

Solo dentro a un contesto e un disegno consapevole di una economia "civile" assumono un significato singoli comportamenti, come il risparmio solidale gestito attraverso una banca etica, l'acquisto di "merce" come quella del commercio solidale, l'operazione “Bilanci di giustizia" proposta per le famiglie, le varie forme di consumo, le varie forme di consumo critico e di boicottaggio di certi prodotti, gli itinerari di turismo responsabile, le adozioni a distanza di bambini come modalità diretta di cooperazione e di solidarietà, le reti territoriali di aiuto reciproco e le cosiddette "banche dei tempo", l'organizzazione dell'azionariato popolare per un'informazione più controllata e rispettosa della verità.

Che cosa hanno in comune tutte queste forme e altre di cittadinanza attiva e solidale? Essenzialmente tre dimensioni:

I.     il coinvolgimento diretto delle persone,

II.     la centralità della realtà economica,

III.    l'organizzazione dell'azione sociale.

E l'obiettivo operativo è: giungere a comportamenti economici alternativi, a scelte di economia "leggera" che sono alla portata di ogni cittadino.

É forse questo il modo migliore per avviare un processo che coinvolga un numero ampio di persone e che sia finalizzato, attraverso azioni sociali, a introdurre elementi di giustizia, equità e solidarietà nel mondo dell'economia.

É quanto appunto afferma il Papa: “È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l'educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche autorità....Non è male desiderare di vivere meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume migliore, quando è orientato all'avere e non all'essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso.

È necessario, perciò, adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti.

In proposito, non posso ricordare solo il dovere della carità, cioè il dovere di sovvenire col proprio ‘superfluo' e, talora, anche col proprio 'necessario' per dare ciò che è indispensabile alla vita del povero. Alludo al fatto che anche la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una 'scelta morale e culturale'.

Poste certe condizioni economiche e di stabilità politica assolutamente imprescindibili, la decisione di investire, cioè di offrire ad un popolo l'occasione di valorizzare il proprio lavoro è anche determinata da un atteggiamento di simpatia e di fiducia nella provvidenza, che rivelano la qualità umana di colui che decide" (36).

Questi   comportamenti   scendono  a  suscitare  un  processo   di "democratizzazione" dell'economia a partire dal cittadino e dal territorio. Il valore-guida adatto a svolgere le funzioni di orientamento complessivo della vita economica non può che essere individuato nella libertà coniugata con la "solidarietà", con la "condivisione" e con la "giustizia".

Non che i parametri economici siano da trascurare - che anzi restano alla ba­se di un reale miglioramento delle condizioni materiali della vita - ma è necessario che vengano integrati da parametri "antropologici" ed "ecologici".

Sicché se un modello di sviluppo assicura un incremento di ricchezza, ma contemporaneamente produce un generale impoverimento antropologico, o un danno ecologico, questo modello è da ritenere "non sostenibile", in quanto intrinsecamente violento, non orientato a un'economia di pace, di giustizia e salvaguardia del creato.

Oggi però la gravita della situazione è tale che non basta più insistere unicamente sull'etica dei singoli comportamenti economici dei cittadini: occorre anche intervenire a livello di etica delle istituzioni economiche.

Tuttavia, se non si modificano certe regole del gioco, se non si interviene sui meccanismi generatori di distorsioni e di ineguaglianze strutturali, l'aspetto a comportamenti individuali, eticamente ispirati, rischia di essere inefficace e di andare incontro a pericolose frustrazioni.

In definitiva, occorre prendere atto che un'economia dal volto umano richiede che si ripensino ex novo le relazioni tra mercato, stato e società civile, quest'ultima intesa come insieme articolato di soggetti collettivi intermedi, il cosiddetto terzo settore.

AL SOMMARIO 

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