SCHEDE PER LA RIFLESSIONE
IN
PREPARAZIONE
ALLA XII ASSEMBLEA DEGLI SPOSI
S. Michele
Arcangelo – Quarto d’Altino
19 Ottobre 1997
Sposi in Gesù Cristo
per mezzo dello Spirito Santo,
nella chiesa e
nel mondo
|
-
Lo
spirito di Gesù
-
Lo spirito della Chiesa
>
Excursus
>
Santità
> Cattolicità
> Unità
>Apostolicità
-
Per
l'avvento del regno di Dio
-
Per Cristo nello Spirito a! Padre
A Il
Ministero coniugale "profetico-creativo-educarivo" o
dell'annuncio dell'amore di Dio
1.
Gesù Cristo, il Profeta
2.
Gesù affida agii sposi questo ministero
3.
Espressioni attuative
B.
Il ministero coniugale "sacerdotale-caritanvo-eucaristico"
o dell'accoglienza dell'amore di Dio e dell'adorazione e nei
rendimento di grazie
1. Gesù Cristo, il Sacerdote
2. Gesù unisce gli sposi al suo ministero
3. Espressioni attuative
C.
Il ministero coniugale "regale-sociale-politico" o
dell'amore di Dio donato agli uomini, come esperienza di comunione,
vincolo profondo e servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità
umana
1. Regalità di Gesù Cristo l'opposto de! potere umano
2. Gesu affida agli sposi il ministero di servizio agli uomini
3. Espressioni attuative
PRESENTAZIONE
(don
Silvio Zardon - Doniela e Sandro Giantìn)
È
noto che l'Assemblea è un appuntamento pastorale, con il quale gli
.sposi intendono offrire la loro collaborazione alla pastorale della
nostra Chiesa, pregando, dialogando e lavorando con il nostro
Patriarca. Come di consueto, l'Assemblea si colloca nel contesto
pastorale della nostra Diocesi.
>
Il progetto pastorale della comunità diocesana quest'anno è
arricchito della nuova lettera del Patriarca: "LA COMUNITÀ
CRISTIANA IN MISSIONE, verso una Chiesa viva nei suoi battezzati,
radicata nel territorio e serva del Vangelo per tutti".
Il
suo orizzonte è la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Tertio
millennio adveniente, per la celebrazione del bimillenario della
nascita di Gesù Cristo.
"Sarà un "Anno di grazia del
Signore" - ci scrive il Patriarca - che impegnerà la nostra
Chiesa ad intraprendere una "Missione lunga", nella quale
l'ordinaria vita della comunità cristiana viene celebrata in modo che
esprima il massimo delle sue potenzialità. Perciò all' "Anno di
grazia del Signore" ci si prepara per due anni a riscoprire e a
capire i "tesori" che sono nelle nostre mani, la
"grazia" che fruttifica nella vita di una comunità
ecclesiale e la "missionarietà" che da essa si
sprigiona.
Pertanto,
il nostro programma prevede il coinvolgimento di sposi e di famiglie,
fra l'altro, a "cooperare alla preparazione e allo svolgimento
della MISSIONE", in obbedienza all'azione dello Spirito del
Signore, ed a realizzare un modello di Chiesa e di parrocchia
prevalentemente protesa nell' "evangelizzazione fuori le mura,
imparando da Gesù per andare ad annunciare il Regno di Dio in ogni
luogo dove l'uomo vive, lavora, soffre, lotta, spera".
Per
questo, la Scuola per la formazione permanente degli sposi al
ministero coniugale si aprirà alle finalità della formazione
degli evangelizzatori, articolate nell'apposito PRO MEMORIA
della segreteria per il Coordinamento della pastorale.
>
La XII Assemblea diocesana degli Sposi si colloca proprio in questo
contesto ecclesiale già nel suo titolo: "SPOSI, IN GESÙ
CRISTO PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO, NELLA CHIESA E DENTRO LA
STORIA".
Questo
tema, infatti, è stato scelto nell'intento di "riscoprire - come
dice il nostro Patriarca - la presenza attiva dello Spirito e del suo
significato nella vita della Chiesa e nella storia degli uomini. Lo
Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio al compimento del
disegno della nostra salvezza".
Riflettere
sullo Spirito Santo, in Assemblea, vuol dire entrare decisamente
nell'anno 1997-98 consacrato dal Papa proprio alla terza Persona della
Trinità.
Si
ricorderà che l'itinerario di fede per i fidanzati e per gli sposi ha
l'obiettivo di guidare la coppia all'incontro
personale con la Persona di Gesù Cristo attraverso lo Spirito nella
Chiesa, per lasciarsi da Lui guidare, celebrato il sacramento del
Matrimonio, alla piena comunione d'amore coniugale nella famiglia,
Chiesa domestica. Solo Gesù per lo Spirito Santo è questa guida,
perché la comunione sponsale prende sì inizio dall'amore dell'uomo e
della donna, ma scaturisce radicalmente dal mistero di Dio" (Lettera
alle Famiglie 6; cf GS
24).
Gesù
Cristo, dunque, mediante il suo Spirito, chiama e conduce gli sposi a
collaborare alla sua missione, affidando loro il "ministero
coniugale", che consiste nel realizzare, attraverso "il
tessuto quotidiano della loro vita coniugale nella chiesa domestica,
la Civiltà dell'Amore".
Di
conseguenza, sarà facile comprendere perché la XII Assemblea degli
sposi continuerà a proporre il "Ministero coniugale affidato
dallo Spirito di Gesù agli sposi, chiamati a rivelare il dono
dell'Amore di Dio all'uomo attraverso il loro amore consacrato dal
Matrimonio".
>
L'Assemblea si svolgerà così:
1.
Al mattino, ci dedicheremo alla riflessione o, meglio, alla
"contemplazione" di Gesù Cristo, al quale va la priorità
assoluta su qualsiasi altro progetto o obiettivo della nostra
esistenza. Come ogni cristiano, abbiamo scelto la "sequela",
itinerario dinamico, che ha come meta la "comunione con Gesù,
voluta dal Padre e suscitata dallo Spirito Santo, un rapporto cioè
secondo la comunione sponsale di Cristo".
Questa
esperienza sarà guidata personalmente dal nostro Patriarca.
Noi
speriamo che sarà coinvolgente e proficua per tutti, convinti che il
ministero coniugale è autentico e cresce solo se ha il suo fondamento
nell' "imitazione di Cristo", perché, trattandosi dello
stesso suo ministero, solo Lui può rivelarne il "senso" e
la “modalità" di "incarnazione" nella storia, solo e
sempre in comunione con lo Spirito di Gesù.
2. Al pomeriggio, rinnovato l'annuncio che il
ministero coniugale di "rivelazione" dell'Amore di Dio per
l'uomo è lo stesso Gesù Cristo ad affidarlo agli sposi nella
celebrazione del sacramento del Matrimonio, punteremo l'attenzione su
tre modulazioni di questo stesso ministero:
a)
il ministero profetico-creativo-educativo: ministero che chiede alla
"comunità sponsale" di fare memoria di Gesù Cristo,
che è innanzi tutto "rivelazione-profezia" del progetto
eterno dell'Amore del Padre per l'uomo. Gli sposi sono chiamati a
svolgere questo ministero prima di tutto nel loro compito
"educativo" a partire dalla sua "dimensione
vocazionale". Riprenderemo allora il dialogo con la nostra
comunità diocesana e, in particolare, con il Seminario e l'Opera
diocesana vocazioni, iniziato con l'Assemblea straordinaria del 13
aprile scorso in S. Marco. Ma vorremo anche stabilire uno stile di
collaborazione con l'Ufficio per il Coordinamento della Pastorale
Giovanile.
b)
il ministero sacerdotale-caritativo-eucaristico: ministero dell'
"accoglienza" stupita e gioiosa, della "lode e liturgia
di adorazione e di rendimento di grazie per il dono dell'Amore di cui
Dio ha fatto partecipi gli sposi, la famiglia, gli uomini".
Questo dovrà essere il primo obiettivo e lo stile delle iniziative:
"La famiglia per le famiglie" e "La Casa Famiglia S.
Pio X".
c)
il ministero regale-sociale-politico: ministero dell'Amore di Dio
"donato" agli uomini, come esperienza di "comunione,
vincolo profondo e servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità
umana".
Partiamo
dall'affermazione che la responsabilità culturale, sociale e politica
degli sposi e della famiglia nasce dal sacramento del Matrimonio, che
dona loro una "grazia politica". Responsabilità che non
deriva agli sposi da nessuna autorità esterna o dalle circostanze
storiche, ma dal "cuore nuovo" creato in loro dallo
Spirito" (cf FC 47).
Dopo
di che, metteremo attenzione, fra gli altri, a questo aspetto della
nostra vita sociale e politica: l' "Umanizzazione
dell'Economia", secondo le accorate espressioni dell 'enciclica
Centesimus annus, (cf nn. 36-39).
3.
La celebrazione dell'Eucaristia sarà il culmine dell'Assemblea:
"l'Eucaristia è il cuore, la sorgente del nostro vivere
quotidiano e l'amore sponsale scaturisce dalla pasqua di Cristo di cui
è sacramento. Dalla celebrazione dell'Eucaristia nel giorno del
Signore scaturisce - continua ancora il Patriarca - una cultura della
convivenza umana vissuta da cristiani all'insegna della solidarietà,
della condivisione, dell'amore".
È
evidente che la XII Assemblea inizierà la discussione di questi
aspetti del ministero coniugale, per riprenderli in nuovi
appuntamenti durante l'anno.
DALLA
CONOSCENZA ALLA CONTEMPLAZIONE DI GESÙ CRISTO
> Il cristiano è colui
che in Gesù Cristo riceve una "vita nuova" da Figlio di
Dio, suscitata
dallo Spirito Santo e di cui Gesù Cristo è insieme causa efficiente,
esemplare e finale; egli è il mediatore unico, universale, eterno.
Scegliere
da parte del cristiano di vivere la "sequela" vuol dire
entrare in un itinerario dinamico, che ha come meta la comunione con
Gesù. voluta dal Padre e suscitata dallo Spirito Santo.
La
sequela ha tre fasi: andare dietro di lui, stare con lui, vivere in
lui.
Nella
Chiesa abbiamo cominciato a conoscere che la vita di Gesù, la sua
avventura
terrena, conclusa con la morte violenta sulla croce e la sua
risurrezione, sono propriamente il contenuto della fede cristiana,
perché sono l'evento centrale della Rivelazione di Dio.
I
discepoli, chiamati a vivere in intimità con Gesù, loro Signore e
Maestro, sono condotti gradualmente alla sua
"contemplazione", così da fare della propria persona e
della propria storia il segno, l'immagine, l'icona nella quale Dio si
rende visibile al mondo e si offre alla comprensione degli uomini: Gesù
Cristo e questi Crocifisso (cf Gal 6,14-17).
L'uomo
è stato creato da Dio ad immagine di Gesù Cristo. Quando il
discepolo
si dedica alla contemplazione lo fa puntando lo sguardo su Gesù e lo
fa non indirizzando l'attenzione all'esterno di sé, bensì nella
propria interiorità: «il Giusto abita per la fede nei nostri
cuori» (Ef 3, 17), «Esaminate voi stessi se siete nella fede,
mettetevi nella prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in
voi?» (2 Cor 13, 5).
>
Riflettendo, quindi, sul Vangelo in questa Chiesa, nella nostra
parrocchia, abbiamo cominciato a capire che ciò che presenta il
Vangelo non è l'inventario di una dottrina o un elenco di verità o
un catalogo di fatti, ma la Persona di Gesù.
Le
Scritture in generale ed il Vangelo in particolare, vanno presentate
come il luogo in cui è possibile fare esperienza esistenziale
dell'incontro con Gesù Cristo Persona.
È
importante sollecitare la confidenza con le pagine del Vangelo, ma
soprattutto bisogna proporre un atteggiamento di lettura-ascolto
della parola di Dio: introdurre il concetto di Parola di Dio che
diviene persona, persona fedele a cui sempre riferirsi per ottenere
aiuto e orientamento.
Si
dovrebbe dire, a questo punto, che il Vangelo va letto con attenzione
di fede, o meglio, come dice Paolo con l’«obbedienza della fede»,
per scoprire nella descrizione delle parole di Gesù, dei suoi
comportamenti, delle sue opere, che ci si sta incontrando con il
Vivente, con il sempre Presente.
È
questo il presupposto, la condizione necessaria per essere in grado di
sentire il Vangelo come Parola piena di verità e di grazia, secondo
l'esperienza dell'evangelista Giovanni (cf Gv 1, 14), oppure secondo
l'esperienza dei discepoli di Emmaus la sera di Pasqua: Gesù apparve
all'improvviso e «aprì loro la mente alla comprensione delle
Scritture» (Lc 29, 45). È leggere il Vangelo guidati dallo
Spirito di Gesù.
>
Allora, fatta così, questa lettura del Vangelo fa andare al di là
dei gesti e delle parole di Gesù, fa sentire la necessità di
cercarne e di scoprirne il volto ulteriore, di penetrare nel profondo
della sua personalità, di raggiungere in qualche modo il centro
vivente da cui provengono fatti, gesti e parole di Gesù, cioè il suo
cuore. Da questo approccio personale al Vangelo, facilmente segue
anche l'esperienza liturgica nella quale Gesù si consegna, con e
nell'Assemblea, al Padre.
L'incontro,
dunque, è con la Persona di Cristo: non con una persona del passato,
neppure fuori del tempo e dello spazio, ma reale, una Persona proprio
di adesso. Un Uomo fortemente inserito nel nostro tempo e spazio.
È
la lieta scoperta che fece la donna samaritana, la quale, dopo aver
dialogato con Gesù anche sulla sua situazione personale, «andò
in città e disse alla gente: Venite a vedere un uomo che mi detto
tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?»(Gv 4,
28-29).
È
l'esperienza di chi comprende che l'uomo vero è quello che si vede
realizzato in Gesù, avendo cercato di entrare nel suo pensare,
volere e agire, e di metterne in risalto gli aspetti profondamente
umani. Gesù nel Vangelo mostra gli atteggiamenti, i sentimenti; i
comportamenti più genuini dell'uomo.
>
La conoscenza del mistero di Dio, rivelato in Gesù Cristo, è
l'obiettivo proprio dell'attività teologica e della formazione alla
vita cristiana del discepolo di Gesù Cristo. Di conseguenza, la
conoscenza che porta all'amore, genera e alimenta un impulso così
forte verso Dio da provocare l'estasi, cioè l'uscita, l'esodo dal
proprio
essere per entrare nella beatitudine della contemplazione.
Ne
consegue che la Sacra Scrittura dev'essere letta e interpretata con
l'aiuto dello Spirito mediante il quale è stata scritta, il cristiano
si dispone ad accogliere la Rivelazione di Dio fatta da Gesù Cristo
nella consapevolezza, donata dalla fede, che Dio si è definitivamente
manifestato in lui e attraverso di lui.
Questa accoglienza comporta l'impegno a
rispettare la storia di Gesù narrata dai Vangeli, accettandone
l'interpretazione data dalla primitiva comunità cristiana,
interpretazione difesa, spiegata e approfondita dal Magistero della
Chiesa, soprattutto nei Concili.
>
Nello svolgere questo suo compito, la Chiesa è sempre stata guidata e
assistita dallo Spirito Santo, il quale è l'interprete autorevole,
l’esegeta del Mistero di Cristo e del Padre. Si comprende che
nessuno arriverebbe a capire, accogliere e annunciare correttamente
la verità teologica inerente a Gesù Cristo se non fosse ammaestrato
dallo Spirito Santo: «Nessuno può dire 'Gesù è il Signore’ se
non sotto l'azione dello Spirito Santo» (1 Gv 12,3).
È
sempre lo Spirito a concedere la grazia e la gioia di scoprire che
l’unico, il vero teologo è il Verbo: Gesù Cristo Salvatore, perché
solo Gesù Cristo è mediatore tra Dio e gli uomini: «Tutto mi
è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre
e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio
lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
>
Certo, parlare agli uomini per farsi accettare pienamente, non è mai
stato facile a nessuno.
Gesù
ha voluto sottostare a questa condizione: non ha voluto imporsi, si è
proposto con autorità, sì, ma con dolcezza, ha invitato e attratto i
discepoli pazientemente, ha operato miracoli per gli increduli, ma
non ha mai costretto nessuno. Egli ha sempre parlato a ciascuno e alla
gente, secondo ciò che potevano intendere e secondo ciò che si
aspettavano.
Gesù,
dunque, nei Vangeli rivela di essere una Persona, come attestano fin
da principio gli Apostoli e i discepoli, i quali, «non cessavano
di insegnare e di dare il buon annuncio che è Cristo Gesù» (At
5,42).
Allora,
dall'ascolto del Vangelo nella comunità cristiana, il credente coglie
il significato dell'affermazione della Gaudium et Spes:
"Gesù è così perfettamente uomo, perché è Dio. E ciò che può
svelare l'uomo all'uomo, è che Dio stesso abbia voluto farsi
uomo" (GS 22).
È
questo, infatti, il percorso unico che il Vangelo ci propone:
"Introdurre i credenti nella pienezza dell'umanità di Cristo,
per farli entrare nella pienezza della sua divinità" (DB 60).
Pertanto,
è naturale che il cristiano, insieme all'impegno per la ricerca,
senta crescere anche il desiderio di progredire nella conoscenza e
nell'amore, che a sua volta genera e nutre la conoscenza; tutto ciò
lo conduce ad entrare nella verità che riguarda Dio Uno e Trino.
È il percorso che la Chiesa da sempre fa nel
suo compito di formazione alla fede, che è come dire che in nessun
momento della formazione alla fede bisogna far pensare che Gesù sia
solamente uomo. Infatti, l'essenza della fede cristiana è il
riconoscimento
e la proclamazione della divinità di Cristo, come insegna Paolo (cf
1 Cor 8,9).
>
Questo è, allora, l'annuncio originale e assolutamente nuovo del
Vangelo, che deve essere proclamato dalla Chiesa e da noi cristiani:
'"Dio è sceso in terra! Dio vive con noi! Dio è uno di
noi!".
È l'annuncio che finalmente dà ad ogni uomo
il senso della sua vita, aprendolo alle prospettive della sua
vocazione battesimale.
Senza
la fede della Chiesa, rappresentata a ciascuno di noi dal sacerdote,
dagli sposi, dalla famiglia, dai catechisti, dalla vita consacrata,
cosa sarebbe la nostra fede cristiana? Dove potremmo radicare la
nostra decisione di stare e di essere per e con Gesù?
Di
certo la nostra fede sarebbe più povera, mancheremmo di preziosi
riferimenti per vivere da credenti. La fede della Chiesa è il luogo
in cui il credente può raggiungere la verità di Dio che è Gesù
Cristo, la sua memoria storica e le dimensioni cosmiche del suo
messaggio.
La
Chiesa, dunque, nella sua vita e nella vita dei cristiani, nella sua
liturgia, nel suo insegnamento, trasmette agli uomini, che la
incontrano, ciò che essa è e tutto ciò che essa crede.
Le
stesse parole di Gesù e le sue azioni ci sono state trasmesse
attraverso la fede appassionata di donne e di uomini (li ricordiamo
con il loro volto, con il loro nome), che hanno cercato di cogliere il
senso dell'esistenza di lui e lo hanno espresso nella testimonianza
della parola e della vita.
>
L'esperienza di fede nella comunità cristiana convince il credente
che la Persona di Gesù Cristo è "dono" dell'amore del
Padre per ogni uomo.
A
questo amore Gesù faceva allusione quando diceva alla samaritana: «Se
tu conoscessi il dono di Dio», ma anche ad una realtà ancora più
meravigliosa: "Il dono della vita di Dio". Numerose sono le
parole di Gesù che si riferiscono a questo dono della vita divina: «Io
sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv
10,10).
L'
"amicizia" di Gesù, la “vita" di Gesù: queste sono
le due componenti del dono di Dio agli uomini. È, dunque, l'amore di
Dio, che deriva dal cuore umano di Cristo, che si manifesta cordiale,
caloroso, umile, sollecito, compassionevole.
Da
qui si scopre che, accogliendo così la Rivelazione di Gesù Cristo «Dio
è amore», l'uomo, che cerca sempre di afferrare Dio, viene a
conoscere anzitutto che Dio non è lontano da ciascuno di noi. Dio si
rivela pienamente nel Figlio suo Gesù Cristo. Non si può, perciò,
capire Dio senza capire Gesù Cristo ci avverte Giovanni (cf
Gv 8,9 e 12,15).
È
così che l'uomo, sempre ascoltando Gesù nel Vangelo, scopre anche
che Dio è il più vicino a tutti e ad ognuno perché come Creatore
Dio ha inventato questa nuova centrale di pensiero e di amore che è
ogni Uomo; lo ha "inventato" come Padre e come Padre lo
"ama".
Dio
è vicino e visibile agli uomini in Gesù Cristo: «Chi vede me,
vede il Padre» (Gv 34,9) e li ama con lo stesso amore con cui
ama il Figlio: «affinchè siano uniti in una comunione d'amore,
fonte di gioia e di felicità» (Gv 17, 2). Noi siamo figli di
Dio per mezzo di Gesù Cristo, proclama Paolo (cf
Gal 3,26).
>
Allora, «teniamo lo sguardo fisso in Gesù: è lui che ci ha
aperto la strada della fede e ci condurrà sino alla fine a Dio Padre
nostro» (Eb 12,2).
Ma
si comprenderà che l'amore del Padre si rivela pienamente quando il
Figlio dona se stesso sulla Croce: lo scopre «il centurione che
gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: Veramente
quest'uomo era il Figlio di Dio!» (Mc 5,39).
Poi
con la Risurrezione Gesù Cristo realizza la salvezza, elargisce i
suoi doni, massimo fra tutti lo Spirito Santo, per mezzo del quale gli
uomini potranno rivolgersi a Dio come loro Padre.
>
Insomma, è nella comunità cristiana, guidata dallo Spirito Santo
nell'ascolto della Parola, che il credente trova la risposta alla
domanda: "Qual è l'elemento più profondo e più originale della
Persona e della Missione di Gesù Cristo, del suo mistero?"
Risponde Giovanni: «È l'unione intima, fra Dio e gli
uomini e perciò degli uomini fra di loro... la comunità d'amore fra
Dio e gli uomini in Gesù Cristo»" (Gv 1,5,2,29; 4.8).
IN
GESÙ CRISTO, PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO
Dopo
il Vaticano II c'è stata una vera riscoperta dello Spirito Santo sia
come Signore e datore della vita, sia come orizzonte della teologia e
della pastorale della Chiesa. Lo Spirito è infatti il maestro, il mistagogo, che introduce
alla verità e all'esperienza del mistero salvifico di Gesù Cristo.
La costituzione dogmatica Lumen Gentium e quella pastorale Gaudium
et Spes sono due documenti esemplari della nuova prospettiva
intorno allo Spirito Santo o "pneumatologica".
"Nella
nostra epoca, dunque, - scrive il Papa nell'enciclica Dominum et
vivificantem - siamo nuovamente chiamati dalla sempre antica e
sempre nuova fede della Chiesa ad avvicinarci allo Spirito Santo come
a colui che da la vita..., in tal modo la Chiesa risponde anche a
certe istanze profonde, che ritiene di leggere nel cuore degli uomini
d'oggi: una nuova scoperta di Dio nella sua trascendenza di Spirito
infinito, come la presenta Gesù alla samaritana: il bisogno di
adorarlo «in spirito e verità», la speranza di trovare in
lui il segreto dell'amore e la forza di una «nuova creazione»:
sì, proprio colui che dà la vita" (DeV 2)
D'altro
canto, un nuovo motivo spinge la Chiesa e i cristiani in questa
rinnovata
attenzione allo Spirito Santo: "il 1998, secondo anno della fase
preparatoria, sarà dedicato in modo particolare allo SPIRITO SANTO ed
alla sua presenza santificatrice all'interno della Comunità dei
discepoli di Cristo. Il grande giubileo, conclusivo del secondo
Millennio ha un profilo "pneumatologico", poiché il mistero
dell'incarnazione si è compiuto 'per opera dello Spirito Santo'.
L’ha 'operato' quello Spirito che - consostanziale al Padre e al
Figlio - è, nell'assoluto mistero di Dio uno e trino, la Persona-amore, il dono increato, che è fonte eterna di ogni
elargizione proveniente da Dio nell'ordine della creazione, il
principio diretto e, in certo senso, il soggetto dell'autocomunicazione
di Dio nell'ordine della grazia. Di questa
elargizione, di
questa divina
autocomunicazione, il mistero
dell'Incarnazione costituisce il culmine" (Tertio millennio
adveniente 44; cf Dominum
et vivifìcantem 50).
LA
STORIA DELLO SPIRITO SANTO
Ora,
per un approfondimento del tema "GESÙ CRISTO E LO SPIRITO
SANTO", viene proposta la riflessione sulla seconda parte di
"VIENI, SANTO SPIRITO, in cammino verso il Duemila Anno di
Grazia. Programma pastorale 1997-98", della Segreteria per il
coordinamento della Pastorale, ed. CID, Venezia 1997.
Lo
Spirito di Gesù
13.
L'evangelista Luca sottolinea con una certa frequenza la presenza e
l'azione dello Spirito Santo nella vita di Gesù.
Al
momento del concepimento lo Spirito Santo prepara il grembo di Maria
ad accogliere il Figlio, coeterno al Padre, che si fa uomo. Queste le
parole dell'Angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te
stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà
sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35).
Qui,
in realtà, l'azione non viene compiuta sul Figlio ma su Maria:
"Lo Spirito Santo che è 'Signore e dà la vita', è mandato a
santificare il grembo della Vergine Maria e a fecondarla
divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno del
Padre in un umanità tratta dalla sua" (CCC 485). Per la venuta e
l'azione dello Spirito, il Verbo è divenuto Gesù.
Nel
battesimo al fiume Giordano Io Spirito Santo consacra Gesù
“Cristo", "Messia". «Quando tutto il popolo fu
battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in
preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in
apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu
sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc
3,21-22).
Un
autore spirituale del nostro tempo cosi commenta l'evento del
Giordano:
"Lo
Spirito Santo viene a ungere, cioè, nel linguaggio biblico, a
consacrare, a dare rinvestitura e i poteri necessari a Gesù per
questa missione, che non è semplicemente la missione di salvare gli
uomini, ma di salvarli in un certo modo preciso stabilito dal Padre e
cioè attraverso l'abbassamento, l'obbedienza volontaria e il
sacrificio
espiatorio. (...) A partire dal battesimo e dalle tentazioni nel
deserto, c'è qualcosa di nuovo nella storia della salvezza: c'è il
consenso libero e umano di un Dio! 'umano', ma di un,'Dio': cioè di
un 'sì' di qualità pienamente umana, ma di potenza divina" (R. Cantalamessa).
Sempre
lo stesso autore soggiunge che il mistero dell'unzione "crea una
novità nell'itinerario spirituale di Cristo, tanto che c'è stato un
momento in cui (...) si faceva derivare da questo momento il nome
stesso di Cristo. Si tratta di una novità funzionale, cioè
nella missione, non metafisica, cioè nella realtà profonda della
persona. Essa si manifesta attraverso effetti grandiosi e immediati:
miracoli, predicazione con autorità, instaurazione del regno di Dio,
vittoria sui demoni. (...) I Vangeli senza l'episodio iniziale del
battesimo di Gesù sarebbero come gli Atti degli Apostoli senza il
racconto iniziale della Pentecoste: mancherebbe ad essi la chiave di
lettura per comprendere tutto il resto".
Lo
Spirito Santo conduce Gesù nel deserto a lottare contro la logica
sottile e seduttiva del diavolo per mantenersi fedele alla logica di
amore del Padre suo. «Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò
dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove per quaranta
giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma
quando furono terminati ebbe fame» (Lc 4,1-2).
Lo Spirito Santo sostiene Gesù in questa lotta
che "percorre tutta la sua esistenza, passo dopo passo. Egli si
conquista il campo di Satana, respinge il suo potere. Davvero la
vita di Gesù è stata un continuo tagliente discernimento degli
spiriti" (H. U. von Balthasar).
14. Lo Spirito Santo guida Gesù, che nella
sinagoga di Nazareth, inaugura la sua missione di Messia, l'anno di
grazia, riferendo a se stesso le parole del profeta Isaia: «Lo
Spirito del "Signore è sopra di me» (Lc 4,18).
Ascoltiamo
il testo sacro: «Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello
Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava
nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a
Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito,
di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo
del profeta Isaia: apertolo, trovò il passo dove era scritto: Lo
Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con
l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi
la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno
di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò
all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano
fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: Oggi si è adempiuta
questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc
4,16-19).
Con
lui, «oggi si è adempiuta questa scrittura» (Lc 4,18). Lo
Spirito Santo, fedele alla sua missione,lo guida verso i poveri perché
sia loro data la lieta notizia che Dio si prende cura di loro nella
persona di Gesù di Nazareth. Lo Spirito conduce Gesù nelle lande
desertiche della vita per far rifiorire la speranza, a portare luce e
libertà lì dove prima regnavano tenebre e prigionia.
Le
opere di Gesù testimoniano la potenza dello Spirito che opera in Lui.
«Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi
il regno di Dio» (Lc 11,20).
«Ma
se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo
giunto fra voi il regno di Dio» (Mt 12,28).
Luca
è l'evangelista che più degli altri ama descrivere Gesù in
preghiera. «Folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire
dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a
pregare» (Lc 5,15-16).
«In
quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la
notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e
ne scelse dodici» (Lc
6,12-13).
"Circa
otto giorni dopo questi discorsi" [Gesù] prese, con sé Pietro,
Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava, il,
suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e
sfolgorante» (Lc
9,28-29).
«In
quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo. (Lc
10,21).
«Un
giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno
dei discepoli gli disse:
Signore, insegnaci a pregare... » (Lc
11,1).
«[Nel Getsemani] si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e,
inginocchiatosi, pregava»
(Lc 22,41).
Noi
sappiamo che lo Spirito Santo è la preghiera di Gesù. Ce lo
conferma l'apostolo Paolo quando, nella lettera ai Galati, scrive: «Che
voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandalo nei vostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal
4,6).
15.
Nella passione e morte di Gesù l’azione dello Spirito Santo giunge
al suo culmine: «Gesù gridando a gran voce, disse: "Padre;
nelle tue mani consegno il mio spirito ". Detto questo spirò» (Lc
23,46).
Meditando la parola di Dio la Chiesa ha
compreso il senso di questo evento. Insegna il papa Giovanni Paolo:
"Nel sacrificio del Figlio dell'uomo lo Spirito Santo è presente
e agisce così come agiva nel suo concepimento, nella sua venuta al
mondo, nella sua vita nascosta e nel suo ministero pubblico. Secondo
la lettera agli Ebrei, sulla via della sua 'dipartita' attraverso il
Getsemani e il Golgota, lo stesso Cristo Gesù nella propria umanità
si è aperto totalmente a questa azione dello Spirito-Paraclito, che
dalla sofferenza fa emergere l'eterno amore salvifico" (DeV 40).
Anche
il Patriarca lo ricorda nella sua predicazione: “È lo Spirito che
ha condotto Gesù sulla croce, con piena libertà, offrendosi in un
gesto di indicibile amore al Padre per noi. In tal modo lo Spirito ha
fatto del Crocifisso la rivelazione suprema dell'amore di Dio Padre.
Il
Crocifisso: la parola più alta su Dio che mai sia stata detta e possa
dirsi; la rivelazione più ineffabile e più luminosa; la realtà che,
unica, può rendere felici e santificare.
Il
Crocifisso: l'amore folle di Dio, è opera dello Spirito Santo: il suo
capolavoro offerto al Padre".
16.
L'evangelista Giovanni vede nell'ora della morte di Gesù l'inizio del
fluire dello Spirito sull'umanità: «E chinato il capo, rese lo
Spirito. [...] Uno dei soldati con un colpo di lancia gli
trafisse il fianco e ne uscì sangue ed acqua» (Gv 19,30.34).
Più
che i concetti, ci possono essere maggiormente di aiuto i paragoni
come il seguente: “Come la pioggia, nella sua stagione, discende
abbondantemente dal cielo e si raccoglie nei penetrali rocciosi di una
montagna, finché trova un varco verso l'esterno e si trasforma in
fontana che sgorga in continuazione notte e giorno, estate e inverno,
così lo Spirito che scese si raccolse tutto quanto in Gesù durante
la sua vita terrena, sulla croce trovò un varco, una ferita, e
divenne fontana che zampilla per la vita eterna nella Chiesa. Il
momento in cui Gesù, sulla croce, 'spirò’ (Gv 19, 30), è anche,
per l'evangelista, il momento in cui 'effuse lo Spirito'; la stessa
espressione greca deve essere intesa, secondo l'uso proprio di
Giovanni, nell'uno e nell'altro senso: nel senso letterale di
'spirare' e in quello mistico di 'dare lo Spirito'" (R. Cantalamessa),
L'umanità
di Gesù, unta di Spirito Santo, è come quel vasetto di alabastro
pieno di profumo, di cui paria il vangelo (cf
Mc 14,3ss.). Esso si infrange quando Gesù muore in croce
donandoci il profumo del suo Spirito che inonda «tutta la casa».
Questo passaggio dello Spirito di Gesù alla sua Chiesa, viene così
stupendamente commentato da Ignazio d'Antiochia: “il Signore ha
ricevuto sul suo capo un'unzione profumata, per spirare sulla Chiesa
l'incorruttibilità" (Agli Efesini 17).
17.
Con la potenza dello Spirito Santo il Padre ha preso per mano Gesù
nel sepolcro, lo ha destato dai morti risuscitandolo, l'ha
costituito primizia dell'umanità nuova che in lui è destinata a
risorgere (1 Cor 15,45 e Rom 1,4). Entrando nella gloria Gesù ha
inaugurato un modo nuovo di essere il Figlio di Dio mezzo a noi.
Egli
si rende contemporaneo e vicino a tutti nel suo Spirito. Le parole che
egli ha rivolto ai suoi apostoli durante l'ultima cena: «Ora io vi
dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me
ne vado, non verrà a voi il Consolatore» (Gv 16,7), ci dicono
con chiarezza, che l’incontro con Gesù avviene grazie allo Spirito
effuso nel cuore dei credenti.
Il
motivo di questo intervallo, dello Spirito prima tutto raccolto in Gesù
e poi donato alla Chiesa, viene così spiegato da Ireneo di Lione:
"Lo Spirito Santo discese sul Figlio di Dio, divenuto Figlio
dell'uomo, abituandosi, in lui, ad abitare e riposarsi tra gli uomini,
per poter operare in essi la volontà del Padre e rinnovarli dalla
vecchiaia alla novità di Cristo" (Contro le eresie
4,17,1).
Lo
Spirito nella Chiesa
18.
"Lo Spirito Santo, che Cristo, Capo, diffonde nelle sue membra,
edifica, anima e santifica la Chiesa, sacramento della comunione della
Santissima Trinità e degli uomini" (CCC 747).
La
Chiesa è, dunque, comunità mediante la quale gli uomini sono
chiamati alla comunione con Dio, è la "creatura" dello
Spirito Santo. Pur non identificandosi con il Regno di Cristo,
tuttavia essa "di questo Regno costituisce in terra il germe e
l'inizio" (LG 4).
' '
Eppure,
anche la Chiesa, dimora di Dio nello Spirito (Ef 2,19-22), assume
spesso agli occhi dell'uomo di oggi fisionomie diverse e non sempre
rispondenti alla sua vera realtà: "Molti vedono la comunità
cristiana come un fatto sociale positivo, perché svolge,
un'importante azione educativa assistenziale. Nello stesso tempo, però,
non la ritengono necessaria per il loro rapporto con Dio.
L'individualismo religioso è molto diffuso" (CdA 415).
Non
di rado, anche coloro, che abitualmente frequentano le nostre
assemblee eucaristiche domenicali, partecipano delle stesse difficoltà
e dubbi di coloro che apertamente manifestano visioni di Chiesa molto
soggettive.
Come
possiamo noi credenti comunicare l'esperienza dello Spirito Santo,
presente e operante nella Chiesa? Come rendere la Chiesa un
segno sempre più trasparente e significativo?
Occorre
"ricercare l'origine e il segreto della sua vitalità" (CdA
415) perché la storia umana possa incontrarsi con vita trinitaria e
l'universo intero sia portato nella sfera di Dio (cf
1 Cor 3,16-17) (F. Lambiasi).
Ascoltiamo quanto ci dicono gli Atti degli
apostoli: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, [gli
apostoli] si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne
all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatté
gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero lingue
come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed
essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in
altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi»
(At 2,1-4).
19.
"L'evento [della Pentecoste di Luca] costituisce la definitiva
manifestazione di ciò che si era compiuto nello stesso cenacolo già
la Domenica di Pasqua. Il Cristo risorto, venne e «portò» agli
apostoli lo Spirito santo. Ciò che era avvenuto allora all'interno
del cenacolo, 'a porte chiuse’, più tardi, il giorno della
Pentecoste si manifesta anche all'esterno, davanti agli uomini. Si
aprono le porte del cenacolo, e gli apostoli si dirigono verso gli
abitanti e i pellegrini convenuti a Gerusalemme in occasione della
festa, per rendere testimonianza a Cristo nella potenza dello Spirito
Santo" (DeV 25).
La
Pentecoste narrata nel libro degli Atti degli Apostoli va vista
in stretto collegamento con l'evento pasquale di Gesù morto, risorto,
elevato al cielo e datore del suo Spirito
Non
va dunque disgiunta dalla narrazione dell'evangelista Giovanni e da
altre effusioni di Spirito Santo narrate negli Atti degli Apostoli (cf
At 4,31; 8; 10; 19),
poiché la Pentecoste appartiene all'oggi della Chiesa inviata a tutto
il mondo e protesa al regno di Dio
EXCURSUS
20.
L'evangelista Giovanni colloca nel tempo il dono dello Spirito Santo
sugli apostoli la sera del giorno della risurrezione di Gesù. Atti
2,1-4, invece narrano del dono del Risorto cinquanta giorni dopo la
risurrezione di Gesù.
Quali
sono i motivi di questa "duplice Pentecoste"? Anzitutto
dobbiamo considerare che la morte - risurrezione - ascensione ed
effusione dello Spirito Santo sono un evento unitario. Vale a dire che
Gesù, nel momento in cui è risorto è stato elevato al cielo
(ascensione) e ha fatto dono, subito e in modo perenne, del suo
Spirito all'umanità. L'unitarietà del mistero pasquale è sempre
stata presente tra i primi cristiani i quali, fin dal Il secolo,
prolungavano la sua celebrazione festosa per cinquanta giorni. Questo
periodo veniva chiamato «beata Pentecoste».
Per
S. Agostino i cinquanta giorni del tempo di Pasqua sono come «un solo
giorno» o «una sola grande Domenica». E non è casuale che si
tratti di sette Domeniche di Pasqua che si concludono con l’
"ottava Domenica" che è appunto la Pentecoste.
Soltanto
in seguito i momenti sono stati celebrati separatamente. I racconti
della Pentecoste di Giovanni e Atti sono la descrizione di due momenti
diversi, ma egualmente importanti, dell'unica effusione dello Spirito
Santo che continua anche oggi. Giovanni, collocando l'effusione dello
Spirito Santo alla sera di Pasqua, nel contesto di un'apparizione del
Risorto, intende mostrare il compimento della promessa, più volte
ripetuta da parte di Gesù nel corso della sua vita, di inviare lo
Spirito Santo.
Gli
Atti degli Apostoli invece intendono illustrare come "a
Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua
espansione" (CdA 419).
Rimandando
a testi specifici la spiegazione dettagliata di questo brano biblico,
vogliamo sottolineare di seguito alcuni aspetti importanti per il
nostro cammino pastorale.
21.
Pentecoste era una festa ebraica che celebrava Ia festa
agricola della mietitura (Es 23,16). Nel tempo aveva assunto anche un
altro significato: celebrava il dono della Legge e dell'Alleanza sul
Monte Sinai. Il dono della legge fa dato a Mosè mentre «tutto il
popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte
fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano»
(Es 20,18).
Un
fatto analogo avviene a Gerusalemme mentre sta per finire il giorno di
Pentecoste. Gli apostoli, Maria, uomini e donne, per un totale di
centoventi persone, sono riuniti nel cenacolo. Venne improvvisamente
un «rombo [un rumore cupo] come di vento che si abbatte
gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano» (At 2,2),
Subito dopo «apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano
e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo» (At 2,3-4). Siamo dunque di fronte ad un nuovo
Sinai; ma mentre lì venivano dati dal Signore i comandamenti scritti
su tavole e veniva stipulata un'alleanza ancora imperfetta, qui
viene donata una legge nuova, Io Spirito di Gesù, che diventa
esigenza ulteriore anziché imposizione dall'esterno. Si realizza
quanto aveva profetizzato Geremia: «Porrò la mia legge nel loro
animo, la scriverò sul loro cuore» (Ger 31,31).
Il
profeta Ezechiele, riprendendo le parole di Geremia, così le
commenta: «Vi darò un cuore
nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo. Porrò il mio Spirito
dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò
osservare e mettere in pratica le mie leggi. Voi sarete il mio popolo
e io sarò il vostro Dio» (Ez 36,26-28).
22.
All'origine della Chiesa e alle sorgenti della sua inesauribile
vitalità c,'è il dono, da parte del Padre, dello Spirito di Gesù.
Per
questa ragione sono insufficienti le definizioni di tipo sociologico
per descrivere la Chiesa e si preferisce giustamente dire di essa
che è anzitutto mistero di comunione.
Sono
tutti termini che definiscono la realtà interiore, spirituale,
invisibile della Chiesa che si manifesta in una comunità visibile,
formata da persone concrete, non esenti dalla debolezza e dal peccato,
animate però dallo Spirito e sospinte a fare le stesse cose compiute
da Gesù nel corso della sua vita.
Le "note" che caratterizzano la
Chiesa sono: la santità, la cattolicità, l'unità e l’apostolicità.
SANTITÀ
23..
«Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con
alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui»
(A 1,14).
Agli
albori della Chiesa nascente lo Spirito agisce in un contesto di
preghiera e di invocazione.
Questo
atteggiamento fondamentale continua e si specifica sempre meglio anche
dopo l'effusione dello Spirito dove si dice: «Erano assidui nella
frazione del pane e nelle preghiere»(At 2,42).
In
questa perseveranza avviene l'opera dello Spirito che santifica la
Chiesa, trasformandola in corpo di Cristo e popolo messianico.
È importante allora
individuare i segni di santità, operati dallo Spirito Santo. Essi si
manifestano in orientamenti di vrta, scelte e comportamenti
"fecondi", capaci cioè di rendere fruttuosa la vita. Per
esempio, un'esperienza spirituale autentica di un giovane, di una
coppia di sposi, di un prete, di chi è particolarmente colpito
dalla sofferenza... Sono tutti segni resi trasparenti ed efficaci
dall'eucaristia, sacramento che forma sempre più ad immagine di
Cristo la nostra umanità. Gli uomini del nostro tempo hanno bisogno
di scoprire la bellezza della santità per poterla riconoscere
ovunque si trovi incarnata e sentirsi da essa attratti per accoglierla
nella loro vita.
Poiché
non vi è santità senza preghiera, noi, cristiani della Chiesa di
Venezia, siamo chiamati a fare nostro l'atteggiamento di preghiera o
di invocazione dello Spirito Santo che distingueva i primi cristiani.
Il 1997-98 dev'essere dunque un anno di preghiera, di invocazione
per poter comprendere la voce dello Spirito Santo e mettere in pratica
i suoi suggerimenti.
CATTOLICITÀ
24.
La trasformazione interiore operata dallo Spirito Santo si manifesta
attraverso la capacità di comunicare a tutti, in lingue diverse, il
messaggio di salvezza.
La
lingua nuova è il segno del cuore nuovo: «...e [gli apostoli e
coloro che erano riuniti nel cenacolo] incominciarono a parlare in
altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
Si
trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che
è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase
sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.
Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano:
"Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com 'è che
li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti,
Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della
Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia,
dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di
Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle
nostre lingue le grandi opere di Dio» (At
2,4-12).
Le
lingue simbolizzano la possibilità reale che lo Spirito dà agli
uomini di tutto il mondo di intendere l'evangelo e di comprendersi tra
di loro, sulla base di questa parola.
Nella
sua predicazione il Patriarca ci fa notare che “lo Spirito opera
nella Chiesa il miracolo della capacità di tradurre nelle lingue
della gente l'unica parola che salva consegnata alla comunità
cristiana (At 2,7-8). Così ogni cristiano, che vive nella
comunione,ha dallo Spirito questa grazia, in forza della quale diventa
capace di intendere e perciò di annunziare ai suoi - nella loro
lingua, nella loro sensibilità, nella loro cultura e nei loro simboli
- le grandi opere della salvezza da Dio compiute.
In
questo modo, tutta la terra, tutte le realtà sacre e profane, sono
raggiunte dalla salvezza e dalla speranza".
Con
un raffronto efficace fra Babele e Gerusalemme si mette in evidenza
che “vi sono due grandi cantieri aperti nella storia e sta a noi
scegliere in quale dei due lavorare. I due racconti di Genesi 11 e di
Atti 2 ci dicono qual è il diverso risultato delle due imprese: da
una parte la confusione e la dispersione, dall'altra la mirabile
armonia dei cuori e delle voci; da una parte la rivalità, dall'altra
l'unità" (R. Cantalamessa).
La
Chiesa è fin dalle sue origini «cattolica» ed è fedele alla sua
vocazione di universalità quando va incessantemente verso gli altri,
ricercando al tempo stesso l’unità fra i suoi componenti.
UNITÀ
25.
Dopo la Pentecoste la primitiva comunità viene descritta così: «La
moltitudine... aveva un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32).
É
il risultato dell'azione dello Spirito, che Ireneo di Lione considera
con ammirazione, richiamandosi al simbolo biblico dell'acqua, che
scende dall'alto: “nfatti come la farina non si amalgama in un'unica
massa pastosa, né diventa un unico pane senza l'acqua, cosi neppure
noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un'unica chiesa in
Cristo Gesù senza ‘l’acqua’ che discende dal cielo, E come la
terra arida se non riceve l'acqua non può dare frutti, così anche
noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di
vita senza la ‘pioggia’ mandata liberamente dall'alto" (Contro
le eresie 3,17,1-2).
Il
dono dell'unità lo si riceve nella docilità allo Spirito Santo. Egli
oggi ci attira, liberandoci dal peso delle nostre dispersioni e
reciproche separatezze, egli continua a suscitare il desiderio della
riconciliazione fraterna fra tutti i credenti in Cristo, egli ci
spinge a sperare attivamente la costruzione di un mondo, in cui si vive
la convivialità delle differenze.
APOSTOLICITÀ
26.
Gli Atti degli Apostoli ci presentano i primi credenti «assidui
nell'accettare I'insegnamento degli apostoli» (2,42).
La
Chiesa costituita dallo Spirito Santo è apostolica; ciò significa
che il "tempio" dello Spirito è formato da pietre umane «edificate
sopra il fondamento degli apostoli» (Ef2,20; 1 Pt 2,5; Ap 21,14)
per diventare memoria vivente di Gesù e luogo di incontro con lui
nella trasmissione fedele del suo Vangelo, nella custodia amorosa
dei suoi doni di salvezza, nella dedizione inesausta al compimento
della sua missione su tutte le strade del mondo.
27.
La Chiesa insomma è una "comunità storica vivificata dallo
Spirito, segno pubblico ed efficace del regno di Dio e della salvezza,
popolo della nuova alleanza aperto a tutte le genti, santa e bisognosa
di purificazione, una su tutta la terra e presente nella molteplicità
delle Chiese particolari, fedele all’eredità apostolica e
inesorabilmente creativa in culture ed epoche diverse"(CdA 414).
28.
Se viene ad oscurarsi l'aspetto misterico detta Chiesa, diventa
difficile comprendere anche il senso spirituale della Sacra Scrittura:
"senza l’epiclesi (=invocazione) dello Spirito, la lettura
della Bibbia si riduce .a raccogliere frammenti aridi di archeologia
e non diventerà mai 'memoriale' capace di ^escatologia" (F-Lambiasi).
Cosi
pure si perde il rapporto che deve sussistere tra Parola e Sacramenti
e il significato stesso dei segni sacramentali.
È
sotto gli occhi di tutti, il rischio .che siano banalizzati i
sacramenti dell'Iniziazione cristiana, in particolar modo il
sacramento della Cresima, puntualmente seguito da esodi in massa
dalla comunità, ma anche fraintesi gli altri sacramenti, quali il
Matrimonio e l'Ordine. È vitale, dunque per noi cristiani riscoprire
“la forza trasformatrice dello Spirito Santo nella liturgia [che]
affretta la venuta del Regno e la consumazione del mistero
della salvezza" (CCC 1107).
“Nella
Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto
viene ad incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro
condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione.
Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei
sacramenti in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo
Spirito" (CdA 608).
La
presenza del Signore risorto si attua dunque nella proclamazione della
Prola e nei "sette sacramenti... azioni simboliche, con cui il
Signore Gesù ci viene incontro e ci comunica la grazia dello
Spirito Santo secondo modalità corrispondenti a diverse situazioni
dell'esistenza" (CdA 652}.
"Il
centro di tutto l'organismo sacramentale è appunto l'eucaristia
rispetto alla quale tutti gli altri sacramenti sono inizio e
condizione (battesimo e confermazione) o maturazione ed
esplicitazione (Matrimonio, ordine, confessione e unzione degli
infermi)" (F. Lambiasi).
In
particolare sul sacramento della Cresima la nostra Chiesa ha molto
riflettuto e proposto iniziative pratiche nell'anno pastorale
1993-94. Ad esso rimandiamo soprattutto per la presentazione dello
sfondo teologico-pastorale della Cresima.
Ravvivare
in noi il dono dello Spirito, ricevuto con la Confermazione, aiuta a
comprendere sempre meglio il progetto che il Padre ha su ognuno di
noi.
Questa
consapevolezza da parte degli adulti permetterà inoltre alle nostre
comunità cristiane di aiutare i preadolescenti, che riceveranno il
sacramento della Confermazione, e i giovani che da poco l'hanno
ricevuto, a riscoprire e ravvivare, a loro volta, il dono ricevuto
nella ricerca del loro progetto di vita alla luce della fede.
29.
Lo Spirito opera nella Chiesa attraverso la varietà dei carismi,
compiti e ministeri che egli abbondantemente suscita in essa per il
bene di tutti. Lo Spirito di Gesù viene riversato nei discepoli di
Gesù e si realizza quanto profetizzava il profeta Gioele: «Dopo
questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diventeranno
profeti i vostri figli e le vostre figlie» (3,1).
Di
tutti il dono più grande che lo Spirito fa alla Chiesa è la carità.
Certamente uno dei segni positivi del rinnovamento conciliare è il
recupero della ministerialità di tutta Chiesa, lo Spirito
continuamente "provvede [la Chiesa] di diversi doni gerarchici
e carismatici, coi quali la dirige e la abbellisce dei suoi frutti (cf
Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4, Gal 5,22)" (LG 4).
Ogni
servizio ecclesiale ha la sua origine in una chiamata personale del
Signore
ai battezzati, attraverso il suo Spirito.
In questo senso la vita di ogni cristiano
diventa un cammino vocazionale. Passando attraverso le età, ogni uomo
è chiamato a cercare, riconoscere e rispondere alla propria
vocazione suscitata dallo Spirito Santo e in seguito a rimanere fedele,
a custodirla e a farla maturare. La risposta alla chiamata ha come Sue
caratteristiche essenziali l'arricchimento della comunità e del
mondo intero e, come conseguenza, per il soggetto che risponde» la
propria realizzazione, la gratitudine e la gioia.
Quando
però ci si allontana dal luogo fontale, e cioè dalla luce
vivificante dello Spirito Santo, i ministeri e i carismi rischiano di
prendere una piega efficientista, diventando anzitutto un
"fare" invece che un "essere". E la Chiesa rischia
di apparire, nel suo insieme, più un'organizzazione che non la
manifestazione dello Spirito che la rende libera di amare, orientata
al bene, sciolta da ogni catena di schiavitù per essere totalmente
sottomessa alla volontà di Dio.
Per
l'avvento del Regno di Dio
30.
La Chiesa, manifestata a Pentecoste, rappresenta l'anti-Babele,
l'inizio di una storia destinata a realizzare un tessuto di
comunicazione. Al di là di tutte le difficoltà oggettive, in forza
del dono dello Spirito Santo essa, sia pure in mezzo a tante difficoltà,
annuncia e testimonia che la fraternità universale è possibile: «Ecco
quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme»
(Sal 133, 1).
Per
raggiungere questo scopo occorre però che noi cristiani abbiamo ben
chiaro il motivo oggettivo e trascendente che dà senso al nostro
vivere insieme.
Perdere di vista la direzione verso cui ci
chiama il Signore significa trasformare la Chiesa in club: "Più
una comunità è autentica e creativa nella sua ricerca
dell'essenziale, e più i suoi membri chiamati a superarsi tendono ad
unirsi. AI contrario, più una comunità diventa tiepida nei
confronti del suo scopo iniziale, e più l'unità tra i suoi membri
rischia di sbriciolarsi e possono apparire delle tensioni. I membri
non parlano più di come rispondere meglio alla chiamata di Dio e dei
poveri, ma di se stessi, dei loro problemi, delle loro strutture,
della loro ricchezza e povertà, ecc. C'è un intimo legame tra i due
poli della comunità: il suo scopo e l'unità dei suoi membri.
Una
comunità diviene veramente radiosa quando tutti i suoi membri provano
un senso di urgenza. C'è nel mondo troppa gente senza speranza,
troppi gridi lasciati senza risposta, troppe persone che muoiono
nella loro solitudine. E quando i membri di una comunità si rendono
conto di non essere lì per se stessi, né per la loro piccola
santificazione, ma per accogliere il dono di Dio e perché Dio venga a
dissetare i cuori inariditi, che vivono pienamente la comunità. Una
comunità dev'essere una luce in un mondo di tenebre, una sorgente
nella Chiesa e per gli uomini. Non abbiamo il diritto di essere
tiepidi" (J. Vanier).
31.
La voce di Dìo che gli Israeliti avevano udito uscire dalla montagna,
al Sinai, ora si fa sentire attraverso Pietro che parla «a voce
alta»: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazareth
- uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi
e segni, che Dio stesso operò fra voi per opera sua, come voi ben
sapete - dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza
di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per
mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio l'ha risuscitato, sciogliendolo
dal potere della morte, perché non era possibile che questa lo
tenesse in suo potere» (At 2,22-24).
Come
il battesimo di Gesù sta al discorso di Gesù nella sinagoga di
Nazareth, cosi il battesimo della Chiesa [Pentecoste] narrato negli
Atti degli Apostoli sta al discorso di Pietro.
Lo
Spirito Santo abilita la Chiesa a «predicare» a tutti la
buona novella (At 4,31). La sua vocazione consiste nell'essere la voce
di Dio nella storia. Allo stesso modo che lo Spirito sospinse Gesù
all'evangelizzazione, così sospinge la Chiesa di tutti i tempi ad
annunciare l'unica parola che salva.
Lo
Spirito santo è l' "agente principale della nuova
evangelizzazione" (IMA 45). "È lo Spirito Santo che, come
agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci
possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le parole che solo non
saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo l'animo di chi
ascolta perché sia aperto ad accogliere la buona novella e il regno
annunziato.
Le
tecniche dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette
tra di esse potrebbero sostituire l’azione discreta dello Spirito.
Anche la preparazione più raffinata dell'evangelizzatore, non opera
nulla senza di lui. Senza di lui la dialettica più convincente è
impotente sullo spirito degli uomini. Senza di lui, i più elaborati
schemi a base sociologica, o psicologica, si rivelano vuoti e privi di
valore" (EN 75).
32.
Lo Spirito sollecita anche la nostra Chiesa di Venezia, di fronte alla
crescente scristianizzazione della società, a mettersi in stato di
missione per annunciare la lieta novella alle persone che vivono e
lavorano nel territorio. È un appello che riguarda in primo luogo i
battezzati laici (GdS 21).
Per
raggiungere questo obiettivo - dice il nostro Patriarca -
"occorre una forte presa di coscienza dei battezzati laici. I
battezzati laici devono rendersi coscienti che il Battesimo li ha resi
responsabili del vangelo, su due versanti: sul versante della
evangelizzazione diretta, e su quello dell'impegno nella costruzione
del futuro dell'uomo portandovi, grazie alla luce della fede, un
supplemento di umanità (valorizzando la mediazione della razionalità).
[...] La Chiesa, oltre che di presbiteri, ha bisogno di questo tipo di
'laici per i laici e per la storia'. [....] Di conseguenza, la
Missione, intesa come Anno di grazia del Signore, di cui paria Gesù (Lc
4), suppone una conversione e un rinnovamento ecclesiologico (ricupero
dell'immagine del battezzato e del ministero ordinato nella loro
reciprocità) e liturgico-sacramentale (nel quale l'Anno Liturgico è
il tempo di Dio che salva il tempo dell'uomo, fatto nuovo dai
sacramenti). Tutto sommato, ciò che noi proponiamo come 'missione'
non è altro che una forte chiamata a vedere con stupore e a finire
con rendimento di grazie, ciò che già viviamo: come il cieco di
Gerico a cui Gesù apre gli occhi. È chiamata a vedere che cos'è la
Chiesa (quinto evangelo), che cosa sono i sacramenti (gesti di Cristo
oggi), l'Anno liturgico (la grazia attuale dei misteri di Cristo, che
ci raggiunge nel nostro esistere)" (CCM 10).
33.
Tutta la storia della salvezza ci dice che "Dio è carità":
un Dio che sceglie, perdona, rimane fedele al suo popolo nonostante i
tradimenti. Ma fino a che punto Dio è carità, lo si scopre
solo in Gesù Cristo, nella sua offerta per la salvezza di tutti gli
uomini.
Credere
che "Dio è carità" è confessare che egli, nella croce, si
rivela a noi come infinito, gratuito e totale dono di sé. Questa
carità «viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito
Santo» (Rom 5,5).
Essere
amati da Dio in Cristo e in lui amare Dio per mezzo dello Spirito «con
tutto il cuore, con tutta la mente con tutte le forze» e amare il
prossimo come «se stessi» (Mc 12,28-31), è già la vita
eterna che inizia in mezzo a noi e anela al suo gratuito compimento.
Anche
gli Atti degli Apostoli, accanto allo stile della condivisione delle
comunità sorte per opera dello Spirito e della parola (At 2,41 ss),
ci indicano lo svelarsi della carità con la preoccupazione degli
apostoli di accudire in modo adeguato agli orfani e alle vedove
attraverso la costituzione dei sette (At 6,1 ss) e la preoccupazione
di Paolo perché si raccolga l'offerta da inviare ai poveri della
Chiesa di Gerusalemme (1 Cor 16,1-4).
Il
Concilio ci ricorda: "Lo Spirito, unificando il corpo con la sua
virtù e con l'intera connessione dei membri, produce e stimola la
carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso
tutte le altre membra, se un membro è onorato, ne gioiscono con
esso tutte le altre membra (1 Cor 12,26)'> (LG 7).
Ma
questa verità cristiana non è una teoria astratta. É verità
incarnata nella persona vivente del Signore Gesù. Può quindi essere
accolta, compresa e comunicata solo all'interno di una esperienza
umana, personale e comunitaria, concreta e pratica nella quale la
consapevolezza della verità trovi riscontro nell'autenticità della
vita. Questa esperienza ha un volto preciso: il volto e la fisionomia
dell'amore.
Da
qui l'impegno di lasciare che lo Spirito ci guidi ad amare Dio e il
prossmo e ci indichi come e dove condividere questo amore: in
famiglia, nel mondo del lavoro, verso i poveri o gli ammalati, verso
coloro che attendono un segno di speranza, quella che nasce dallo
Spirito realizzatasi in Cristo Gesù morto e risorto.
34. La fede nello Spirito Santo presente nella
Chiesa e nella storia fa del cristiano un uomo di speranza. La “virtù
teologale della speranza” (IMA 45) è anzitutto un dono di Dio, che,
tuttavia richiede da parte del cristiano e della Chiesa una continua
risposta caratterizzata da un attento discernimento ovvero dalla
capacità di scorgere con gratitudine la presenza dei "segni dei
tempi" dentro la storia per tanti aspetti contraddittoria e
sconcertante. La speranza è un dono dello Spirito che viene
incontro meravigliosamente alla vocazione naturale di ogni uomo di
desiderare e ricercare la verità, la bontà e la bellezza.
É
dall’incontro con Cristo risorto che nasce una incrollabile fiducia
nelle 'promesse di Dio, la forza di resistere nelle avversità e di
impegnarsi attivamente nella trasformazione del mondo a misura d'uomo.
Lo
Spirito che rese possibile ciò che umanamente non lo era - «nulla
è impossibile a Dio» (Lc 1,37) - sostiene ogni uomo che si
apre al Vangelo e nella condizione in cui si trova, si dona come
potenza di assumere, trasformare, significare e cioè salvare.
35.
La presenza di luci e di ombre, di bene e di male che caratterizza la
storia del nostro tempo, trova la sua spiegazione più profonda nella
rivelazione biblica che ci presenta l'uomo, creato da Dio e quindi
buono, ma incline al male a causa della ferita inferta dal peccato
alla sua natura umana.
La
redenzione operata da Cristo rende l'uomo capace di compiere il bene e
di agire secondo Io Spirito Santo, tuttavia non Io esime dalla lotta e
da possibili ricadute. Non bisogna scandalizzarsi né cadere
in.preda allo scoraggiamento se troveremo, nel campo della storia
umana, della nostra e di quella altrui, il grano buono mescolato con
la zizzania (cf Mt
13,24-30).
Ai
discepoli del Signore è richiesto di "star dentro la storia con
amore" mantenendosi pazienti e tolleranti finché non sia venuto
il Signore, il quale metterà in luce ciò che le tenebre nascondono e
manifesterà i consigli del cuore (cf
1 Cor 4.5).
36.
L'atteggiamento di fiducia e di speranza, che sempre deve qualificare
il cristiano, nasce dalla certezza che il bene compiuto è il frutto
dell'azione dello Spirito Santo, il quale guida, in modo misterioso ma
reale, la storia verso la salvezza.
Al
di fuori di questa verità sull'uomo, fioriscono visioni
antropologiche e conseguenti prassi, oscillanti tra l'ottimismo
ingenuo e il cupo pessimismo, ambedue fortemente riduttive e
illusorie perché incapaci di rendere ragione delle strutturali e
profonde contraddizioni dell'uomo e quindi di indicargli le vie
d'uscita e con esse le ragioni autentiche della speranza.
37.
Il Papa nella TMA sottolinea alcuni "segni di speranza
presenti, in questo ultimo scorcio di secolo, nonostante le
ombre che spesso li nascondono ai nostri occhi: in campo civile,
i progressi realizzati dalla scienza, dalla tecnica e soprattutto
dalla medicina a servizio della vita umana, il più vivo senso di
responsabilità nei confronti dell'ambiente, gli sforzi per
ristabilire la pace e la giustizia ovunque siano state violate, la
volontà di riconciliazione e di solidarietà fra i diversi popoli, in
particolare nei complessi rapporti fra Nord e Sud del mondo...; in
campo ecclesiale, il più attento ascolto della voce dello Spirito
attraverso l'accoglienza dei carismi e la promozione del laicato,
l'intensa dedizione alla causa dell'unità di tutti i cristiani, lo
spazio dato al dialogo con le religioni e con la cultura
contemporanea..." (TMA 46).
Per
Cristo nello Spirito al Padre
38.
La riscoperta della presenza attiva dello Spirito e del suo
significato nella vita della Chiesa e nella storia degli uomini può
continuare percorrendo le vie della Parola, custodita nella
Scrittura e trasmessa nella tradizione dottrinale e liturgica.
"Lo
Spirito Santo è all'opera con il Padre e il Figlio dall'inizio al
compimento del disegno della nostra salvezza. Tuttavia è solo negli
'ultimi tempi', inaugurati con l'Incarnazione redentrice del Figlio,
che egli viene rivelato e donato, riconosciuto e accolto come
Persona" (CCC 685).
A
partire dalla rivelazione che Gesù ci ha fatto sull'identità e il
ruolo dello Spirito Santo, noi oggi siamo in grado di riconoscere e
interpretare più chiaramente la sua azione nella storia della
salvezza, a partire da Abramo, Mosè, i profeti, i re, fino a Giovanni
Battista, Maria, compreso il tempo della Chiesa fino ai nostri giorni.
Per
questa ragione non sarà certamente fuori luogo dare spazio alla
descrizione del rapporto particolarissimo che univa lo Spirito Santo
al Gesù terreno; questo ci permetterà di capire meglio il legame
esistente tra lo Spirito Santo e la Chiesa, il mistero della sua
nascita e della sua vita.
Lo
Spirito Santo infatti fa compiere alla Chiesa le stesse cose che
faceva compiere a Gesù.
39.
Se prestiamo attenzione a quanto ci dicono i vangeli sinottici,
notiamo che lo Spirito è presente e accompagna tutta l'esistenza di
Gesù, dal momento del suo concepimento nel seno della vergine Maria
al battesimo nel fiume Giordano, dalle tentazioni nel deserto al suo
discorso inaugurale di Nazareth (Lc 4,18), dalla preghiera di lode
al Padre (Lc 10,21) alla sua passione, morte e risurrezione, momento
in cui Gesù fa dono del suo Spirito ai discepoli compiendo la
costituzione della Chiesa.
In
modo sintetico Basilio di Cappadoria cosi legge il ruolo dello Spirito
nella vita di Gesù: "Venuta del Cristo: lo Spirito Santo
precede; incarnazione: lo Spirito Santo è presente; operazioni
miracolose, grazie e guarigioni: attraverso lo Spirito; i demoni
cacciati, il diavolo incatenato: mediante lo Spirito Santo; remissione
dei peccati, congiunzione con Dio: mediante lo Spirito Santo;
risurrezione; dei morti: per virtù dello Spirito" (De Spiritu
sancto 19).
Giovanni,
nel suo vangelo, insiste sullo Spirito intimamente unito a Gesù,
presente in tutta la sua opera e che è suo dono.
All'inizio
del vangelo si legge che Giovanni Battista vide lo Spirito scendere e
posarsi su Gesù (Gv 1,32-33), e alla fine si legge che il Signore
risorto donò lo Spirito ai discepoli: «Soffiò su di loro e
disse: Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20, 22).
Sempre
per ribadire questo legame l'evangelista dice che dopo che il soldato
ebbe colpito Gesù con la lancia, ne uscì dal fianco sangue ed acqua (Gv
19,34), intendendo quest'acqua come il dono dello Spirito.
40.
Le due persone divine, il Figlio e lo Spirito Santo, sono distinte ma
inseparabili "tanto nella vita intima della Trinità quanto nel
suo dono d'amore per il mondo" (CCC 689) che ha il suo inizio
nell'incarnazione del Verbo fino alla Pasqua.
Dire
che Gesù è il Cristo significa esprimere l'intima unione tra Gesù
e lo Spirito Santo. Nella lingua greca infatti Cristo significa «unto»
e lo Spirito Santo, secondo il simbolismo biblico, è l'Unzione.
"La
nozione di unzione suggerisce che non c'è alcuna distanza tra il
Figlio e lo Spirito. Infatti, come tra la superficie del corpo e
l'unzione dell'olio né la ragione né la sensazione conoscono
intermediari, cosi è immediato il contatto del Figlio con lo Spirito;
di conseguenza colui che sta per entrare in contatto con il Figlio
mediante la fede, deve necessariamente dapprima entrare in contatto
con l’olio. Nessuna parte infatti è priva dello Spirito Santo. Ecco
perché la confessione della Signoria del Figlio avviene nello Spirito
Santo per coloro che la ricevono, dato che lo Spirito Santo viene da
ogni parte incontro a coloro che si approssimano per la fede"
(Gregorio di Nissa, Sullo Spirito Santo 3,1).
41.
L'identità o la fisionomia dello Spirito Santo emerge dalla vita di
Gesù come potenza che si espande e apre la comunione trinitaria agli
uomini. La Bibbia traduce questo movimento dello Spirito mediante
immagini come: «respiro», «vento»; alcuni Padri della Chiesa, in
termini poetici, hanno paragonato la forza dinamica dello Spirito a «profumo»
che si espande, a bellezza radiosa e raggiante.
Possiamo
definire ancora lo Spirito Santo come amore compiuto nel
nascondimento
e fino al dono totale di sé. Lo Spirito Santo è infatti la la Persona-amore, il dono increato, che è fonte eterna di ogni
elargizione proveniente da Dio nell'ordine della creazione, il
principio diretto e, in certo senso, il soggetto
deIl’autocomunicazione di Dio nell'ordine della grazia" (TMA
44).
Infine,
secondo una definizione cara ad Agostino e a tutta la tradizione
occidentale
lo Spirito è definito come 'la somma carità che unisce ambedue le
Persone [il Padre e il Figlio] e noi in dipendenza di loro" (DeTrinitate
7,3,6).
GESÙ»
CRISTO SPOSO DELLA CHIESA SPOSA
Il
mistero di Cristo sposo della Chiesa è rivelato in tutta la
Scrittura, ma esso ha come una chiave di lettura nel testo di Paolo
agli Efesini, dove si rivela insieme l'amore di Cristo per la sua
Chiesa e l'amore degli sposi cristiani (Ef 5,25-32).
La
figura di Gesù Sposo della Chiesa sposa, nell'insegnamento
magisteriaie di Giovanni Paolo II
II
Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium assume il tema del
Cristo sposo per definire il particolare legame che lo unisce alla
Chiesa. Nel descrivere poi la Chiesa come corpo mistico la stessa
costituzione dogmatica ritorna sul tema della sponsalità:
"Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, e si è reso
esempio del marito che ama la sua moglie come il suo proprio corpo (Cf
Ef 5, 25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo Capo".
La
figura di Cristo sposo ritorna poi nella Gaudium et Spes quando
si approfondisce il tema del Matrimonio nella società
contemporanea: "Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo
con un patto di amore e di fedeltà, cosi ora il Salvatore degli
uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani
attraverso
il sacramento del Matrimonio".
Nei
testi conciliari viene recuperata la tradizione patristica e si
ricorre all'uso classico della tipologia coniugale secondo
l'insegnamento paolino.
Un
passo avanti nell'approfondimento del tema si registra con la Familiaris
consortio dove, approfondendo la teologia del Matrimonio, il Papa
riserva una particolare attenzione alla figura del Cristo sposo:
"La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento
definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore
dell'umanità, unendola a sé come suo corpo. Egli rivela la verità
originaria del Matrimonio, la verità del principio e, liberando
l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla
interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva
nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la
natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla
Croce per la sua Sposa, la Chiesa".
Il Matrimonio in quanto sacramento è
rappresentazione reale dell'unione che esiste tra Cristo e la Chiesa e
l'unica carne degli sposi "rappresenta il mistero
dell'Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza". È da
sottolineare l'estensione del significato sponsale anche
all'Incarnazione. L'unione della natura umana con quella divina
avvenuta con l'Incarnazione della seconda persona della Trinità viene
rappresentata come evento sponsale. Diventano così due i poli di
riferimento
dell'incontro sponsale: da una parte con l'incarnazione si realizza
l'assunzione o meglio l'incorporazione della condizione umana alla
vita del Cristo, dall'altra con il Mistero Pasquale si realizza la
definitiva rigenerazione dell'umanità che assume l'immagine della
sposa consacrata all'amore dello sposo
Su
questi temi il Papa ritornerà a più riprese nei cicli di catechesi
dedicati all'amore umano, in queste riflessioni è da sottolineare
come la figura di Cristo sposo venga sottratto all'esclusivo
riferimento alla problematica matrimoniale per diventare il paradigma
della sponsalità che fa da sfondo ad ogni stato di vita e in modo
tutto particolare al dono della verginità. "In quella chiamata
alla continenza per il regno dei Cieli, prima gli stessi discepoli e
poi tutta la viva Tradizione della Chiesa scopriranno presto l'amore
che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa, Sposo
delle anime, alle quali Egli ha donato se stesso sino alla fine,
nel mistero della sua Pasqua e dell'Eucaristia. In tal modo la
continenza per il regno dei Cieli, la scelta della verginità o del
celibato per tutta la vita, è divenuta nell'esperienza dei discepoli
e dei seguaci di Cristo l'atto di una risposta particolare
dell'amore dello Sposo Divino, e perciò ha acquisito il
significato di un atto di amore sponsale; cioè di una donazione
sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo particolare
l'amore sponsale del Redentore, una
donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per
amore".
Non
mancano poi ulteriori approfondimenti della teologia paolina del
Matrimonio
che il Santo Padre riprende e sviluppa in diversi discorsi.
La
figura di Cristo sposo, soprattutto in rapporto alla sponsalità della
Chiesa viene ripresa e approfondita dal Santo Padre anche nelle
catechesi sul credo: "Sul terreno preparato dai profeti, il Nuovo
Testamento presenta Gesù Cristo come Sposo per il nuovo Popolo di
Dio: è lui quel redentore, il Santo di Israele previsto e annunciato
da lontano, è in lui che si sono compiute le profezie: il
Cristo-sposo".
Due
catechesi sono inoltre dedicate alla figura della Chiesa come sposa.
La presentazione che ne viene fatta è organica e ricca di spunti
teologici.
Il
punto più alto di sintesi della riflessione teologica e Magisteriale
sulla sponsalità del Cristo e della Chiesa, ma anche in riferimento
al cristiano nel diversi stati di vita, è stato raggiunto nella Mulieris
dignitatem (MD).
Il
Papa spiega il significato dell'amore sponsale ricorrendo
costantemente all'analogia che sussiste tra la comunione
intratrinitaria e la chiamata alla comunione interpersonale, tra
l'unione di Cristo con la Chiesa e il legame sacramentale dell'uomo e
della donna nel Matrimonio. Analogia significa che tra due realtà si
riconosce una profonda somiglianza nella permanente dissomiglianza.
La
riflessione sulla sponsalità viene sviluppata in questo documento a
partire dai presupposti antropologici. Se tutta l'antropologia
cristiana si riassume nel concetto di persona esistente per se
stessa e finalizzata al dono di sé, la categoria dell'amore sponsale
ne diviene parte integrante e diventa il presupposto per ogni
specifico orientamento vocazionale: "Già il libro della Genesi
permette di scorgere - afferma il Papa -, come in un primo abbozzo,
questo carattere sponsale della relazione tra le persone, sul cui
terreno si svilupperà a sua volta la verità sulla maternità,
nonché quella sulla verginità, come due dimensioni particolari della
vocazione della donna alla luce della rivelazione divina. Queste due
dimensioni troveranno la loro più alta espressione all'avvento
della pienezza del tempo (cf . Gal 4,4) nella figura della donna di
Nazareth: madre-vergine" (MD 7).
Le
due dimensioni della vocazione della donna, ma potremmo dire in
generale
la stessa cosa per l'uomo, trovano la loro radice e la sorgente
ispiratrice nell'amore sponsale nel quale fin dall'inizio l'uomo e la
donna sono stati posti da Dio.
Alla
base di ogni scelta/risposta vocazionale deve esserci una forte
esperienza dell'amore
sponsaIe
che
lega la creatura al creatore. Lo sfondo sponsale come donazione
generosa e totale di sé deve trasparire sempre sia nella scelta della
maternità come in quella della verginità.
Il
mistero dell'amore sponsale iscritto nel cuore dell'uomo trova la sua
"misura definitiva" in Cristo e nel suo rapporto con la
Chiesa sposa: "La misura del vero amore sponsale trova la sua
sorgente più profonda in Cristo, che è lo sposo della Chiesa, sua
sposa" (MD 24).
Nel
legame con la Chiesa, secondo la descrizione paolina del "grande
mistero", Cristo ci ha offerto il vero paradigma per ogni
forma, materna o verginale, di amore sponsale (cf . MD 23, 25}
Questo paradigma ha il suo fulcro nell'evento della croce e continua a
manifestarsi nella vita della Chiesa attraverso l'Eucaristia.
Il
dono sincero contenuto nel sacrificio della croce, fa risaltare in
modo definitivo il senso sponsale dell'amore di Dio. Cristo è
lo sposo della Chiesa, come redentore del mondo. L'Eucaristia è il
sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello sposo,
della sposa. L'Eucaristia rende presente e in modo sacramentale
realizza
di nuovo l'atto redentore di Cristo, che crea la Chiesa suo corpo. Con
questo corpo Cristo è unito come lo sposo con la sposa" (MD 26).
Infine,
se l'amore sponsale come carattere fondamentale dell'antropologia
cristiana tocca la dignità e la Vocazione di ogni uomo e di ogni
donna, il Papa nella sua riflessione dedicata in modo particolare alla
donna, si sofferma sulla sua originale posizione e sul suo
particolare 'ruolo profetico’: “L'analogia dello sposo e della
sposa parla dell'amore con cui ogni uomo è amato da Dio in Cristo,
ogni uomo e ogni donna. Tuttavia, nel contesto dell'analogia biblica
e in base alla logica interiore del testo, è proprio la donna colei
che manifesta a tutti questa verità: la sposa. Questa caratteristica
profetica della donna nella sua femminilità trova la più alta
espressione nella vergine Madre di Dio" (MD 29).
A
conclusione di questa veloce lettura dei testi del magistero di
Giovanni Paolo II accenniamo solo al particolare rilievo dato alla
figura del Cristo sposo nell'esortazione apostolica Pastores dabo
vobis.
La figura di Gesù Sposo viene presentata come
modello della carità e dell'amore che i pastori devono nutrire nei
confronti della Chiesa e di ogni suo membro. Il sacerdote "è
chiamato, pertanto, nella sua vita spirituale a rivivere ' l'amore di
Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa. La sua vita dev'essere
illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli
chiede di essere testimone dell'amore sponsale di Cristo, di essere
quindi capace di amare la gente con cuore nuovo grande e puro, con
autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele, e
insieme con una specie di 'gelosia divina' (cf 2 Cor 11,2), con una
tenerezza che si riveste persino di sfumature dell'affetto materno,
capace di farsi carico dei 'dolori del parto' finché "Cristo non
sia formato' nei suoi fedeli".
SPOSI
CRISTIANI
>
La'Parola di Rivelazione di Dio (Antico e Nuovo Testamento) annuncia
una proposta "radicale" sull'amore degli sposi e della
famiglia.
É
una proposta che non solo è possibile, ma che è anche l’unica
capace di imprimere agli sposi e alla famiglia "normali" -
senza titoli particolari di eroismo o di eccezionalità - energia e
prospettive "nuove", anche di fronte alle sfide più
difficili
del nostro tempo.
Ma
che cosa vuoi dire "proposta radicale" ?
q
In
primo luogo, almeno, non corrisponde alla decisione di assumere
determinati stili di vita o criteri di giudizio etico. Questa
proposta evangelica corrisponde ad un atteggiamento fondamentale di
"totale confidenza nella presenza fedele di Dio e nel suo amore
in Gesù Cristo" nella realtà dell'amore uomo-donna.
q
Di
conseguenza, questa proposta è un'evidente e forte punto di contatto
tra questo atteggiamento fondamentale e gli atteggiamenti che ispirano
e sorreggono la vita coniugale e familiare.
In verità, è
l'amore stesso della coppia che, già come realtà umana creaturale,
chiede d'essere vissuto in una "forma radicale e
totalizzante".
La
Parola di Rivelazione di Dio conferma che l'amore di coppia ha il suo
riferimento più adeguato nell' "amore unico e totale di Dio
verso l'umanità". La radicalità evangelica, quindi, corrisponde
a quella genuinità e integralità di proposta che l'uomo e la donna
realizzano sempre in modo limitato e storicamente situato, ma che non
per questo perde di valore e di concretezza. Essa appare, per ciò
stesso, capace di raccogliere la sfida di quella cultura dell'
"amore debole", che si confessa incapace di progetti di
vita totali e di lungo respiro.
Questa proposta è anche l'unica adeguata ad
attestare l'originaria appartenenza di vita e di amore, per cui la
vita ha senso pieno in quanto intesa ed accolta con dono d'amore, e
l'amore ha da misurarsi in primo luogo nel rispetto del valore
intangibile della vita dell'altro in tutte le sue fasi.
Di
conseguenza, la famiglia, a partire dal gruppo fondante - la coppia
coniugale - può sussistere sempre e solo a patto di custodire,
salvaguardare e coltivare le relazioni interpersonali che la
qualificano come famiglia, relazioni tra persone e da persona a
persona.
Perciò
la famiglia - e quindi la coppia - è detta 'la prima e originaria
espressione della dimensione sociale della persona e luogo primario
dell'umanizzazione della persona e della società" (ChL 40).
>
Il Magistero non presenta la famiglia come oggetto di un'attenzione
puramente strategica e strumentale, e non attribuisce mai alla
famiglia una specie di investitura missionaria in extremis in una
società il cui tessuto morale e civile sembra ormai sbriciolarsi.
Al
contrario, al centro di questa sua analisi il Magistero pone una
motivazione teologica esplicita, che fa leva sulla "sacramentalità"
del Matrimonio e della famiglia
Per
riconoscere questa centralità, questa valenza forte, che vede la
famiglia come una "comunità salvata e che salva", bisogna
anche riconoscere che una grande opera educativa e culturale deve
essere riconosciuta e chiesta alle scienze umane, e bisogna mediare la
verità del Matrimonio con quelle linee di tendenza che aiutano a
comprendere più da vicino le possibilità di vivere e di incarnare
questi valori nella concretezza della vita, cioè "dentro la
storia" (cf Centesimus
Annus 36).
L'invito
del Magistero è esplicito, anzi pressante. Infatti il documento della
CEI Evangelizzazione e testimonianza della carità (30) spinge,
attraverso gli sposi e la famiglia, a ritessere rapporti di autentica
umanità nella vita sociale, e cita anche un importante testo di
Giovanni Paolo II la Familiaris Consortio (17). Anche la Christifideles
laici (40) considera la famiglia luogo primario di
"umanizzazione" e "prima esperienza di Chiesa".
Il
Magistero intende cosi sottolineare che siamo di fronte ad uno snodo
nel quale si decide il rapporto sul piano interpersonale, ma anche
culturale, di tutta un'epoca, tra cultura e fede, tra maturità umana
e maturità cristiana.
>
Ma il Magistero continua ad arricchire di fondamenti teologici
l'invito a riconoscere la comunione coniugale e familiare “luogo
di umanizzazione e luogo unificante” per la vita della Chiesa e
della società umana.
Segnaliamo
tre di questi fondamenti teologici:
1.
Gli sposi e la famiglia "segno dell'unione e della comunione
trinitaria".
"Alla
luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come il modello
originario della famiglia vada ricercato in Dio stesso, nel mistero
trinitario della sua vita. il noi divino costituisce il modello eterno
del noi umano; di quel noi innanzi tutto che è formato dall'uomo e
dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina" (Lettera
alle famiglie o Gratissimam sane 6).
"Nelle
parole del Concilio (GS 24) la comunione delle persone è, in un certo
senso, dedotta dal mistero del Noi trinitario e quindi anche la
comunione coniugale viene riferita a tale mistero. La famiglia, che
prende inizio dall'amore dell'uomo e della donna, scaturisce
radicalmente dal mistero di Dio. Ciò corrisponde all'essenza più
intima dell'uomo e della donna, alla loro nativa ed autentica dignità
di persone" (LF 8). "La famiglia stessa è il grande mistero
di Dio" (id 19).
Cosi,
gli sposi cristiani e la loro famiglia affondano le loro radici nel
mistero della Trinità: l'unità dei due nella coppia porta in sé un
mistero affascinante che dev'essere continuamente contemplato,
approfondito e testimoniato.
La
Chiesa, adunata nell'unità delle tre Persone divine, si manifesta e
si attua anche attraverso la famiglia, "santuario domestico della
Chiesa".
In
un mondo segnato dall'individualismo e dalla frammentazione, la
famiglia costituisce un argine, un segno di contraddizione e uno
spazio fecondo di speranza.
2.
L'amore dello sposo per la sposa è la rappresentazione dell'amore
divino.
"Il Matrimonio dei
battezzati diviene simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza,
sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona
il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come
Cristo ci ha amati" (FC 13).
La
rappresentazione reale dell'amore divino che si attua nel patto
nuziale rende i coniugi testimoni del mistero pasquale. Essi sono
spazio sacramentale di salvezza.
"La
vocazione al dono di sé" nella vita coniugale e familiare può
essere vissuta in pienezza solo abbracciando integralmente il
vangelo fino al martirio.
I
coniugi cristiani intraprendono un cammino di santità in cui l'unica
cosa certa è la grazia del Signore che accompagna tutti coloro che
donano la vita "per" seguirlo.
3.
Gli sposi e la famiglia chiamati a partecipare alla missione
evangelizzatrice della Chiesa.
"Prima
e più di intraprendere qualsiasi altra iniziativa, ogni famiglia
cristiana e in essa ogni coppia di sposi sappia riscoprire la
grandezza e l'originalità di questa chiamata a partecipare all'opera
evangelizzatrice della Chiesa. Confidando nel dono dello Spirito che
l'accompagna e la sostiene, si impegni ogni giorno a vivere secondo
le dimensioni e le caratteristiche proprie dell'amore coniugale e
familiare. Con gioiosa e umile fierezza, in una società che sempre più
va smarrendo queste certezze, testimoni a tutti la possibilità e la
bellezza di un amore che rimane fedele e vero in ogni situazione della
vita. L'intera comunità cristiana, d'altra parte, sappia riconoscere
e accogliere con gratitudine questa preziosa testimonianza offerta
dalle famiglie e si interroghi costantemente sui modi per
illuminarle e sostenerle nella loro missione evangelizzatrice" {Direttorio
di Pastorale Familiare 142).
La
famiglia evangelizza perché in essa si può vivere un dinamismo di
reciproca e costante evangelizzazione. Tutta la storia della
famiglia può essere inquadrata in questa missione evangelizzatrice.
L'opera
evangelizzatrice della famiglia avviene attraverso le vicende
quotidiane
ed ha un suo momento di particolare intensità nell'educazione dei
figli.
Anche
la famiglia, chiesa domestica, è chiamata ad annunciare
profeticamente
il Regno. La "trasfigurazione" delle realtà umane inserisce
la famiglia in una prospettiva escatologica.
>
Allora, per "famiglia cristiana" cosa intendiamo?
Spesso
con questa espressione si dà per scontato l'aspetto cristiano
riducendolo
al dato anagrafico in quanto coppia sposata in chiesa, coppia di
battezzati che fanno battezzare i figli.
La
famiglia è cristiana solo se qualificata dai soggetti adulti - gli
sposi - in quanto soggetti che hanno incominciato un'assunzione
responsabile del modo cristiano di vivere, pensare e agire,
particolarmente qualificati da un modo cristiano di vivere il nucleo
centrale e fondamento della famiglia cristiana, che è il sacramento
del Matrimonio, che consacra la coppia come "MINISTRO" dell'
"Amore di Dio" e del "servizio credente alla vita del
mondo".
Così,
la famiglia che deriva dal sacramento può a ragione essere dichiarata
"quasi chiesa domestica": ha le caratteristiche della Chiesa
e nello stesso tempo riconosce che solo all'interno della grande
Chiesa può realizzare se stessa secondo il disegno di Cristo.
IL
MINISTERO CONIUGALE NELLA CHIESA E DENTRO LA STORIA
II
ministero coniugale è ministero di rivelazione dell'amore di Dio per
gli uomini e dell'amore di Gesù Cristo Sposo per la Chiesa sposa.
>
Ricordiamo alcuni punti di partenza della riflessione finora proposta:
i discepoli, che, dal Battesimo, vivono in intimità con Gesù Cristo,
loro Signore e Maestro, sono condotti gradualmente, attraverso la
contemplazione di lui, a fare della propria persona e della propria
storia il segno, l'immagine, l'icona nella quale Dio si rende visibile
al mondo e si offre alla comprensione degli uomini: Gesù Cristo e
questi Crocifisso (cf Gal
6,14-17).
Così
i cristiani volentieri si lasciano coinvolgere nella
"causa" di Gesù Signore per diventarne
"testimoni" credibili e riconoscibili, svolgendo con amore
gratuito, ciascuno secondo la sua vocazione, il "servizio"
o "ministero" a tutti gli uomini. Il ministero è Gesù
Cristo in persona che glielo ha affidato.
>
II "ministero coniugale" ha origine dal sacramento del
Matrimonio, che porta a compimento il sacramento del Battesimo. Il
Battesimo è l'ingresso nella vita cristiana. È l'atto con cui il
Padre, in Cristo e per lo Spirito, ci fa suoi figli, fratelli del
Figlio, fratelli tra di noi; con il vincolo stesso dell'unico amore
che è il suo Spirito, ci fa sua Famiglia, suo Popolo, sua Chiesa.
Il
Battesimo è il tutto della vita cristiana e della vita della Chiesa.
Un potenziale, quindi, che dovrà esprimersi in tutta la sua
ricchezza.
I Sacramenti sono i gesti con cui Dio porta a
compimento, nella esistenza della Chiesa e nel suo stare attivamente
in mezzo agli uomini, la "provocazione" iniziata con il
Battesimo fino al punto terminale della storia. I battezzati, cioè,
quando ricevono i sacramenti, vengono dal Battesimo sollecitati,
secondo le diverse vocazioni, a realizzare la tensione del
sacramento nuovo che ricevono.
Cosi
il Matrimonio è il punto d'arrivo di due cristiani, che si amano sul
fondamento della "vita nuova" in cui il Battesimo li ha
immessi. Ne vengono due conclusioni importanti.
A.
Il battezzato entra nella vita di Dio, è coinvolto dal Padre nel
Figlio a tempo pieno, ogni giorno, per l'eternità.
Dio
apre su di lui e con lui un dialogo: gli chiede di vivere interamente
a disposizione della sua Volontà. Non in astratto, acquisendo
concetti e dottrine su Dio, ma in concreto, dentro l'esistenza della
vita. Gli chiede di lasciarsi coinvolgere nella "causa" di
Gesù Signore, per diventarne il "testimone" credibile e
riconoscibile.
La
sua esistenza, consacrata dal Battesimo, diventa la parabola vivente
che prolunga nella storia il mistero dell'Incarnazione: egli annuncerà
con il proprio impegno e in maniera palese che Cristo è davvero
"Gesù": un Dio "con" noi (Mt 1,21) e
"Emmanuele": un Dio "per" noi (Mt 1,23). Il
battezzato entra nel movimento stesso dell'Incarnazione e ne diventa
il "servo fedele" (Lc 1,48), come Io stesso Gesù: a lode
del Padre, in comunione con i fratelli, a servizio degli uomini. La
sua identità definitiva si configura ormai e per sempre nella
"imitazione di Cristo"
(Mt 11,29).
B.
Considerato dentro questa logica, il Matrimonio è l'atto con cui un
uomo e una donna offrono a Dio il loro amore, perché egli ne disponga
in Cristo per la salvezza del mondo.
Paolo
precisa: una donna e un uomo, battezzati, amandosi, lasciano che Dio,
per la forza del suo Spirito, faccia del loro amore il "lieto
annuncio" di come Cristo ama la sua Chiesa, di come il Padre ama
gli uomini, di come Dio ama il mondo.
Il
Matrimonio è soltanto questo: è profezia di questo amore di Dio, di
questo amore di salvezza.
L'amore
di Dio, che va a compimento in Gesù Cristo, viene già dalla prima
alleanza del Sinai. In Gesù Cristo questa Alleanza diventa definitiva
con il patto della Croce: è il "si" di Gesù Cristo sul
Calvario, la dichiarazione sponsale con cui il Padre nel Figlio,
divenuto per noi Gesù, fa "sua sposa" l'umanità tutta.
Allora
il Matrimonio dei battezzati ha a che fare “vocativamente” con la
Promessa di questo amore di Dio che attraversa la storia del mondo,
divenuta AIleanza sul Calvario.
>
Di conseguenza, compito degli sposi è modularcela propria vita
coniugale sul modello di questa Alleanza d'amore. Essi sono chiamati
concretamente e esistenzialmente a guardare alla Croce: lì essi
sono nati come cristiani che si amano nella sponsalità ecclesiale e
sacramentale. Questa Alleanza deve ispirare in radice il
"progetto coniugale" di chi si ama nel Signore e che a lui
ha consacrato, sul fondamento del Battesimo, questo amore.
Esso,
perciò, diventa la storia in cui gli sposi devono entrare per capire
e vivere la loro storia personale, una storia di salvezza su cui
modulare la loro specifica "imitazione di Cristo".
"Imitazione
di Cristo" che è innanzi tutto "Lode al Padre",
liturgia di adorazione e di ringraziamento per il mistero in cui Dio
li ha fatti entrare. È luogo di "comunione" ecclesiale,
vincolo profondo di unità con tutti, principio d'amore e diaconia di
grazia, perché questa lode sia continuamente celebrata e questo amore
adorato.
>
Pertanto, la "missione" degli sposi, il loro
"ministero" specifico si configura nella chiamata a
diventare, dentro la loro vita d'amore l' "evangelo" di
questa Alleanza.
Da
"dentro" significa che la loro stessa realtà sponsale è il
"segno" che annuncia e proclama questo evangelo. Il che
vuol dire che Gesù Signore ha bisogno dei coniugi e del loro rapporto
coniugale, coscientemente vissuto, per continuare il suo lodare il
Padre, il suo radunare la Chiesa nella "comunione", il suo
donarsi, servendo agli uomini tutti.
Con un ampio "movimento" dentro la
storia: far conoscere di dove il Matrimonio viene, perché esso è
così e non altrimenti, come in esso ci si dona e dove esso conduce;
e, contemporaneamente, come Cristo rivela nella relazione
interpersonale degli sposi chi egli è, quale Figlio che viene dal
Padre per compiere la sua volontà impegnato nel mistero della sua
morte e risurrezione a donarsi tutto e per sempre agli uomini di ogni
tempo.
>
Dunque, Dio con il Battesimo chiama/associa per sempre il battezzato a
partecipare al mistero della sua vita trinitaria e a
"testimoniarla" a tutti gli uomini in modo credibile e
riconoscibile.
Il
sacramento del Matrimonio di due battezzati, come detto sopra, porta a
compimento il loro Battesimo, e diventa il punto d'arrivo a cui
approdano i due sposi, che si amano sul fondamento della "vita
nuova" in cui il Battesimo li ha immessi Essi offrono a Dio il
loro amore, perché egli ne disponga in Cristo per la salvezza del
mondo, nella consapevolezza di fede che Gesù Cristo rivela nella loro
relazione interpersonale chi Egli è, quale Figlio che viene
dal Padre, per compiere la sua volontà, impegnato nel mistero della
sua Morte e della sua Risurrezione a donarsi tutto e per sempre agli
uomini di ogni tempo.
>
La parola di rivelazione di Dio annuncia che il fondamento della fede
cristiana è il rivelarsi di Dio al mondo attraverso l’"avvenimento" di Gesù Cristo e che in Gesù Cristo Dio si
manifesta come un Dio "amante della vita".
Egli
è il Dio che ha "creato" e "salvato" in
particolare l’ "uomo" in Gesù Cristo, come
"uomo" e come "donna" fatti "a sua
immagine".
Il
senso della creazione dell’uomo "a sua immagine" sta qui
secondo la Parola di Dio: l'uomo è fatto per essere nel mondo l’"icona", il "mediatore
responsabile" del disegno
di Dio sul mondo. Egli è mediatore tra Dio e il mondo. Dio e la vita
in tutte le sue forme. Dio è la stessa vita dell'uomo.
Tale
mediazione tra Dio e il mondo si esprime, in un modo tutto
particolare, nella "generazione-educazione della vita umana"
(le due espressioni sono necessariamente correlate), che passa
attraverso quel rapporto cosi intimo e singolare della donna e
dell'uomo, che li fa un'unica realtà di "comunione" che, in
quanto tale, è "fonte di vita" .
Ma
il "generare-educare umano", secondo la Parola di
Rivelazione (Gn 1,28) è dono e compito propri di Dio creatore, che
Dio partecipa alla coppia uomo-donna: quindi, il generare dell'uomo è
vissuto bene solo quando è accolto come un "dono" di Dio e
insieme vissuto come forma di un suo "comandamento".
>
Questa realtà creazionale viene "consacrata" nel Nuovo
Testamento attraverso il sacramento del Matrimonio.
Nel
sacramento non si inventa una nuova realtà, ma viene assunta e
trasformata una realtà che già si da nel disegno creazionale, quella
dell'amore uomo-donna fonte di una generazione riconosciuta come
dono-compito unicamente di Dio.
La
realtà creazionale, secondo la fede cristiana, riceve una nuova
"missione", di essere fonte non solo di vita, ma di una
vicenda cristiana per cui la vita dell'uomo, che si genera e si educa,
è destinata a diventare vita dei figli di Dio.
Così il sacramento del Matrimonio, prima di
tutto, rivela e comunica il mistero salvifico totale attuatosi in
Cristo per lo Spirito e nella Chiesa: lo rivela e comunica nella sua
"qualità coniugale".
Per
questo e solo per questo, il sacramento del Matrimonio fonda anche
una figura singolare di ministero nella Chiesa di fronte al mondo,
quel ministero che si realizza prima di tutto nel servizio di
"generare ed educare" la vita secondo la fede.
Proprio
perché il sacramento del Matrimonio consacra una realtà umana già
presente in tutte le culture umane, il "ministero
coniugale", che ne consegue, pone la coppia cristiana in un
fronte particolare della missione della Chiesa nel mondo, quel fronte
dove l'amore uomo-donna si incontra con la "capacità generante
ed educante" per offrire a Dio nuovi figli, suoi testimoni.
>
Così, la famiglia, che deriva dal sacramento, a ragione è dichiarata
"quasi Chiesa domestica"; ha le caratteristiche della Chiesa
e nello stesso tempo riconosce che solo all’intemo della grande
Chiesa può realizzare se stessa secondo il progetto del Signore.
In modo particolare, la famiglia rappresenta e
realizza nella vita della Chiesa la forma "primaria" della
vita e della fede: i figli possono riconoscere Dio e scoprire il
disegno di Dio che li riguarda. Così l'ambiente familiare, con le sue
interne articolazioni (coppia, genitori-figli..), è lo spazio
primario del compito assegnato al ministero coniugale.
Ciò va detto senza escludere
altri spazi nella vita della Chiesa e della società civile, ma per
affermare che il ministero coniugale si realizza in modo autentico e
vero anche oltre la famiglia, solo se prima di tutto si arricchisce
della sua tipicità, che si realizza all’interno della famiglia e
della vita di coppia: lì il ministero della coppia si prova
continuamente e quotidianamente nella sua verità e nella sua origine
più propria.
Con il sacramento del Matrimonio Gesù Cristo
nello Spirito Santo consacra gli sposi "Ministri dell'amore di
Dio per l’Uomo"
GESÙ
CRISTO AFFIDA AGLI SPOSI IL LORO MINISTERO
Premessa
Il
Matrimonio cristiano, dunque, è "rivelazione",
"profezia", "segno" dell'amore di Dio per l'uomo,
per tutta l'umanità, di quell'amore di Dio che Gesù Cristo per mezzo
dello Spirito Santo porta a compimento sulla Croce.
il
"ministero" specifico dei coniugi sta precisamente qui: essi
stessi sono "chiamati" ad essere "segno" che
annuncia e proclama - proprio nella loro relazione interpersonale -
che Gesù Cristo, quale Figlio che viene dal Padre, nello Spirito
Santo, si dona tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo.
.Infatti,
la storia personale di due sposi è considerata fondamentale nella
parola della Bibbia, come dice il Papa nella Lettera alle
famiglie: "Il Figlio Unigenito, consostanziale al Padre, Dio
da Dio e Luce da Luce, è entrato nel mondo degli uomini attraverso la
famiglia... il mistero divino dell'Incarnazione è dunque in stretto
rapporto con la famiglia umana" (2); e conclude: "La realtà
naturale del Matrimonio diventa, per volontà di Cristo, vero e
proprio sacramento della Nuova Alleanza, segnato dal sigillo del
sangue redentore di Cristo. Sposi e famiglie, ricordatevi a quale
prezzo siete stati comprati? (cf
1 Cor 6,20)" (18).
Per
questo Gesù affida ai coniugi, in quanto sposati nel Signore, e
quindi partecipi del suo "mistero grande" (Ef 5,32), questo
ministero specifico, che è il suo stesso ministero.
A
questo proposito don Germano Pattaro, parlando nel 1985 alla nostra
Commissione diocesana, della quale faceva parte, fra l'altro
sottolineava: "Si tratta di approfondire, almeno con intuizione e
con qualche linea di orientamento, il significato del Ministero
Coniugale, collocandolo sulla linea portante con cui Gesù ha
realizzato l'Alleanza definitiva del Padre. Sulle linee, quindi, della
sua Regalità, del suo Sacerdozio, della sua Profezia. Terremo
presenti le tre linee che hanno guidato l'essere e l'agire di Gesù:
l'annuncio della Parola, la lode al Padre, la convocazione della
chiesa sua sposa, il servizio a tutti gli uomini. Le applicheremo,
rispettivamente,
all'autocoscienza con cui i coniugi devono progettare sia i contenuti
che i metodi del ministero coniugale".
Questa,
come è noto, è la prospettiva disegnata dal Concilio Vaticano II e
precisamente nella Costituzione Lumen Gentium (33-3 7).
Di
conseguenza, compito degli sposi è modulare la propria vita coniugale
sul modello di questa Alleanza d'amore, chiamati come sono a
costruire, nel "quotidiano" della loro vita coniugale, con
Gesù Cristo nello Spirito, la "storia della salvezza" del
mondo.
Ciò
evidentemente esige negli sposi l'impegno di una specifica
"imitazione di Cristo" a due, cioè proprio come “comunità
sponsale”. “Imitazione d Cristo” per far di loro la
“memoria” di Cristo attraverso la “conoscenza” e la
“contemplazione” che è innanzitutto”rivelazione-profezia del
progetto del Padre”, quindi “accoglienza” stupita e gioiosa, e
“lode e liturgia di adorazione e di rendimento di grazie” per il
mistero d’amore di cui Dio li ha fatti partecipi, e di conseguenza,
esperienza “di comunione, vincolo profondo di unità con tutti, e
servizio d'amore ad ogni uomo e alla comunità umana".
Il
ministero coniugale, allora, è autentico e cresce solo se ha il suo
fondamento nell’"imitazione di Cristo", perché, essendo
lo stesso ministero di Cristo, solo lui può rivelarne il
"senso" e la "modalità" di incarnazione nella
storia, solo e sempre in sintonia, in comunione con Io Spirito di
Gesù.
In
conclusione, diremo che il "ministero coniugale" è il
"ministero dell'Amore di Dio per l'uomo", che gli sposi e la
loro famiglia svolgeranno nelle tre "modulazioni del ministero di
Gesù": il ministero "profetico-creativo-educativo"; il
ministero "sacerdotale- caritativo-eucaristico"; il
ministero "regale-sociale-politico".
IL
MINISTERO CONIUGALE "PROFETICO-CREATIVO-EDUCATIVO O
DELL’ANNUNCiO DELL’AMORE DI DIO
1.
Gesù Cristo, il Profeta
Gesù
Cristo è "profeta" perché dice le cose che ha ascoltato
presso il Padre secondo il Vangelo di Giovanni: «Gli dissero
allora: 'Tu, chi sei?'. Gesù rispose loro: 'Quello che fin dal
principio anch 'io vi dico. Molte cose ho da dire a voi, e da
giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho
udito da lui, le dico al mondo '. Non capirono che egli parlava loro
del Padre. Disse allora Gesù: 'Quando avrete innalzato il Figlio
dell'uomo, allora riconoscerete che Io sono e che non faccio nulla da
me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato'» (Gv
8,25-29); «lo non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha
mandato, mi ha ordinato lui che cosa devo annunciare. E io so che il
suo comandamento è la vita eterna. Le cose dunque che io dico, le
dico così come il Padre le ha dette a Me»(Gv 12,49-50).
Gesù
può dire queste cose con verità e in maniera così trasparente che
la sua Parola ci porta a entrare in comunione con il Padre perché il
suo parlare viene dal suo rapporto con il Padre: «Chi vede me vede
il Padre» (Gv 13,9).
Gesù
è profeta perché, mentre ci parla del Padre, fa sì che il Padre
venga a noi: la sua Parola lo rende presente e operante.
Gesù
è profeta perché, mentre parla a noi di Lui, parla anche di noi: Gesù
cioè ci rivela a noi stessi davanti al Padre e ci introduce nella
"comunione" con Lui.
Gesù,
infine, è profeta perché continua a parlarci e a spiegarci la
parola mentre noi siamo ancora lungo la via, «strada facendo»,
e questo suo parlare è attraversato e reso fecondo dallo Spirito
Santo (cf Lc24, 13-35).
Gesù
è profeta perché rivela la "relazione d'amore" che Dio
intrattiene con gli uomini e, mentre l'annuncia, egli è anche il
"protagonista narrante" di questa storia.
2
Gesù affida agli sposi questo ministero
"La
Parola di Dio è il cuore stesso dell'amore coniugale. Se la fede
viene dall'ascolto, la profezia entra “vocativamente” in questo
ministero e lo rende vivente e adorante della Parola che avvolge e
nutre il Matrimonio", osserva Pattaro.
È,
perciò, questo il significato della "consegna" della Bibbia
da parte del Patriarca alle famiglie ogni anno nella Cattedrale di
S.Marco.
L'amore
coniugale diventa, allora, la proclamazione di questa Parola; vivendo
dalla Parola e nella Parola, gli sposi narrano da "dentro"
la loro storia, per la forza creativa e trasformante di questa parola,
la storia stessa della salvezza. Essi imparano, di conseguenza, che la
Parola di Dio, perché piena di vita, è "giudizio" che
sana, orienta e benedice; è grazia che libera e non legge che
deprime.
Gli
sposi saranno sorpresi gioiosamente di vivere nella "novità di
vita" della Pasqua, che continua e che canta le meraviglie di
Dio Saranno sorpresi d'essere amati.
Per
questo - afferma ancora don Germano - gli sposi stanno nella umiltà,
mai umiliante, della riconciliazione, che perdona l'egoismo e lo
vince. "Vivono, allora, gli sposi di e con Gesù, che è compagno
di viaggio, che tende l'amore, al di là di ogni difficoltà, verso il
compimento a cui è chiamato (cf
Lc 24,13-35)".
Una
parola che rende capaci di "discernimento", illumina il
giudizio e "rende chiare" le decisioni.
La
dimensione profetica del ministero coniugale è la sua qualità
radicale, fa degli sposi i primi testimoni ed educatori alla fede dei
figli: non per "delega", ma per vocazione.
Gli
sposi chiederanno alla Comunità ecclesiale di sostenerli in questo
ministero con un "dialogo" dove la comunità ascolta come
un privilegio le parole della loro esperienza, anche affettiva e in
un certo senso pedagogica, psicologica e etica.
Dunque,
il ministero coniugale è ministero "profetico" verso la
"Comunità - ecclesiale":
gli sposi sono chiamati ad annunciare-testimoniare in mezzo ai
fratelli che il Matrimonio è un dono di Dio prima alla sua Chiesa e
quindi agli sposi, è il ministero coniugale che li chiama ad essere
"profezia vivente del Vangelo dell'unità".
"Il
Matrimonio appartiene - osserva don Germano - ai beni primari e
inconfondibili dell'Umanità. Gli sposi, dunque, devono viverlo in
maniera tale che gli uomini, incontrandoli e guardandoli, siano
costretti a porsi la domanda del perché mai i cristiani lo sanno
vivere, nonostante la debolezza condivisa, dove tendenzialmente gli
altri falliscono"
Pertanto,
il Matrimonio è vissuto dai cristiani davanti all'esperienza sponsale
di tutti, non come Matrimonio perfetto, riuscito o felice, ma come
Matrimonio "convertìto". Non deve convertire nessuno, ma
solo mostrarsi convertito, appunto. Solo in questo modo diventerà
credibile. Quanto all'essere “creduto” si sa che è
affare di Dio e non dell'uomo.
3.
Espressioni attuative del ministero profetico-creativo-educativo
Dunque,
agli sposi e alla famiglia il Signore affida questo ministero come
attuazione
concreta, secondo le indicazioni del magistero della Chiesa e la
lettura dei “segni” nella storia, del ministero della rivelazione
dell'Amore di Dio per l'Uomo.
I
genitori partecipano alla paternità di Dio e alla sua pedagogia:
questa è fatta conoscere dal Figlio che, incarnandosi, ha svelato la
vocazione dell’uomo.ad essere figlio di Dio e, conseguentemente, ha
manifestato il significato salvifico dell'educazione.
I
genitori sono i primi e principali educatori secondo il principio di
sussidiarietà, che si pone al servizio dell'amore dei genitori
stessi. La famiglia e la Chiesa sono coinvolte nell'educazione con
compiti specifici e reciproci: la famiglia educa insieme con la Chiesa
e nella Chiesa, e questa educa attraverso la famiglia.
Sostegno
e senso del processo educativo è l'amore "sponsale" dei
genitori: è un amore chiamato a continua verifica con l'amore di
Cristo. Al riguardo vedere la Lettera alle famiglie 16.
Ma
in realtà oggi la famiglia ha perso, come altre agenzie educative, il
suo tradizionale ruolo di principale veicolo dell'educazione dei
figli, per cui sperimenta un profondo senso di impotenza sia a causa
di una sua diffusa carenza di valori che per lo strapotere dei mass
media.
Anche la comunità, con una catechesi ancorata
ai ritmi della scuola dell'obbligo, non riesce ad andare oltre, se si
eccettua la percentuale minima dei ragazzi che seguono cammini
associativi, dopo la tappa della cresima.
Il
sistema scolastico ha da tempo abdicato alla sua parte di
responsabilità educative. I giovani restano per lo più in balia di
"persuasori" e di agenzie che sanno dare risposte ai
bisogni immediati (discoteche, circoli, gruppi informali.. .), anche
se poi tali risposte risultano illusorie, se non addirittura
pericolose per la maturazione delle persone.
• .
Nella
sfida educativa giovani e famiglie provano a diverso titolo un
profondo disagio e la comunità cristiana fa fatica a prendere la
giusta misura in questa situazione.
Alcuni
obiettivi del ministero creativo-educativo.
>
Gli sposi e la loro famiglia hanno l'impegno per una "nuova
cultura della vita", incominciando col dare ragione alle giovani
generazioni del "senso della vita".
Giustamente affermiamo: educare significa
"rendere ragione alle giovani generazioni del senso della
vita", che esse hanno ricevuto e che intanto vivono
inconsapevolmente.
Ora, chi può dar meglio ragione della vita di cui godono coloro che
vi si affacciano, se non coloro che gliel'hanno donata?
Ciò
costringe i genitori a cominciare da se stessi a rendersi ragione di
quanto è loro successo e hanno accettato di servire col loro amore.
È un punto di vista tanto più vero in un'ottica di fede, in ultima
analisi perché la ragione vera nella vita è una ragione religiosa.
Importanti al riguardo l'enciclica Centesimus annus (31) e la lettera
alle famiglie (10,ll,12).
>
Obiettivo fondamentale del ministero educativo degli sposi è
riportare al primo" posto nel cuore dei giovani e nella vita
delle famiglie "la "presenza viva di Gesù Cristo",
come unica risposta valida alle domande più profonde dell'uomo sul
senso della vita, sull'amore, sul soffrire e sul morire.
Si
tratta, cioè, di orientare in modo sempre più deciso la vita dei
giovani e delle famiglie all'incontro con il Signore che per
tutti è via, verità e vita; Da questo incontro, scaturisce la novità
della vita delle persone.
II
Signore ha consegnato un messaggio particolare alla famiglia e ai
giovani, come ha ripetuto Giovanni Paolo II in occasione delle
Giornate della Gioventù e dell'Anno Internazionale della Famiglia.
>
È condivisa l'esigenza di fare dei giovani e delle famiglie - come
ricorda il Patriarca in vista dell'anno 2000 - i "protagonisti
principali della nuova evangelizzazione". Ma né i giovani
senza la risorsa della famiglia, né la famiglia senza la proiezione
dei figli lanciati verso il futuro, potranno corrispondere a questo
compito ad essi consegnato dalla Chiesa ed esigito dalla storia.
In
particolare, dai quattro obiettivi fondamentali del Convegno
ecclesiale di Palermo si sollecita l'approfondimento di alcuni
percorsi comuni legati alla necessità di curare in modo unitario la
formazione, la comunione, la missione e la spiritualità.
>
In questo contesto diventa fondamentale "la prospettiva
vocazionale". Educare in famiglia vuoi dire tendere
all'accompagnamento dei giovani alle "scelte di vita" e, in
particolare, alla scelta di vita "matrimoniale" o
"religiosa".
Il
progetto educativo dei giovani ha il fine di condurli ad un incontro
personale e decisivo con il Signore. Da questo incontro deve
progressivamente scaturire uno stile di vita ispirato al Vangelo,
un'adesione convinta e partecipata alla comunità cristiana, un
impegno ad essere testimoni della fede nel mondo.
Ma
questo cammino sarebbe incompiuto se non sfociasse in una risposta al
progetto di Dio e nella conseguente scelta dello stato di vita
verginale o coniugale. Ma come e cosa fare perché i cammini giovanili
entrino decisamente nella prospettiva "vocazionale"?
D'altra parte, non mancano interrogativi anche
per gli sposi e per famiglie. Moltissimi di loro, infatti, hanno
celebrato il Matrimonio senza aver maturalo una scelta vocazionale e
vivono questo momento in chiave intimistica o come un puro fatto
tradizionale. > È nell'intento di concretizzare la "dimensione
vocazionale" che s'inserisce l'esperienza dell'assemblea degli
sposi in S. Marco, convocati dal Patriarca per riflettere con lui
sul problema delle 'Vocazioni sacerdotali e religiose" nella
nostra Chiesa, il 13 aprile scorso.
"Il sacramento del Matrimonio - diceva il
Patriarca - vi consacra ad un servizio nei confronti gli uni degli
altri come marito e moglie, nei confronti della famiglia e nei
confronti della Chiesa nel mondo e per il mondo. Voi siete titolari di
un sacramento ministeriale, che vi fa ulteriormente responsabili della
Chiesa e del mondo… la vostra responsabilità è anche nei confronti
dell'annuncio del Vangelo e quindi anche dello strumento necessario
che è il ministero sacerdotale".
Riprenderemo,
allora, il dialogo su questo tema con il nostro Patriarca, con i
responsabili del Seminario e dell'Opera diocesana vocazioni.
>
Aspetti fondamentali della "dimensione vocazionale", da
prendere in considerazione con impegno e competenza, sono:
l'educazione all'amore (alla sessualità, all'affettività...); gli
itinerari formativi; l'accompagnamento spirituale.
>
Conclusione ineludibile ed urgente: è necessaria, oggi più che mai,
una Pastorale unitaria e organica, espressione della collaborazione,
anzitutto a livello diocesano, tra pastorale familiare e pastorale
giovanile, attraverso un dialogo e un confronto.
Infatti,
è evidente che molti di questi problemi concernenti i giovani, i
genitori e la famiglia s'intrecciano e possono essere affrontati
seriamente solo se visti in continuità tra questi due ambiti e
all'interno della loro interazione.
I
primi argomenti da affrontare insieme per ora potrebbero ruotare
attorno ai seguenti nodi pastorali:
q
come
i giovani e la famiglia interagiscono tra loro nel vissuto odierno
della Chiesa;
q
quali
convergenze possono e debbono esistere tra pastorale giovanile e
pastorale
familiare;
q
in
che modo attuare dei percorsi pastorali comuni.
Va
da sé che questa collaborazione potrebbe o dovrebbe allargarsi anche
subito ad altri settori diocesani di pastorale come la pastorale
vocazionale e la pastorale della catechesi.
Comunque,
certamente la collaborazione di queste realtà pastorali diocesane tra
di loro dovrà contare sull’apporto antropologico professionale del
Centro S. Maria Mater Domini, per lo specifico compito che gli è
stato affidato dallo stesso Patriarca ormai sono dieci anni.
Ad
ogni modo questa è una forte esigenza che la Commissione della
pastorale degli sposi e della famiglia esprime con semplicità e
piena disponibilità a questi ambiti pastorali diocesani.
IL
MINISTERO SACERDOTALE-CARITATIVO-EUCARISTICO O
DELL'ACCOGLIENZA
DELL'AMORE DI DIO E DELL'ADORAZIONE E
DEL
RENDIMENTO DI GRAZIE
1.
Gesù Cristo, il Sacerdote
Il
sacerdozio di Cristo rivela che è Dio che si fa strada verso l'uomo e
gli viene incontro; Dio stesso, il Padre, che, inviando il Figlio in
Gesù di Nazareth, prende l'iniziativa della "benevolenza"
verso l'uomo.
Cosi
Gesù dal Padre riceve il compito di prendere casa in mezzo agli
uomini e di dar fondo a tutte le sue possibilità d'Amore, che il
Padre gli ha affidato, perché cessi il "giudizio" e accada
la "salvezza" per tutti, (cf
Gv 1,10-14).
Ciò,
contrariamente alle tradizioni delle religioni naturali e di quella
giudea, secondo le quali il sacerdote viene dagli uomini e sta tra Dio
e gli uomini, e che è l'uomo che si fa strada verso Dio per
implorarne la "benevolenza".
Inoltre,
il sacerdozio di Gesù non ha bisogno di un luogo sacro. Il suo tempio
non è una casa di pietra, ma il suo "Corpo" stesso è il
"tempio nuovo". E la vittima del sacrificio del sacerdozio
di Gesù sarà egli stesso, non sarà presa tra le cose degli
uomini né tra gli uomini (cf Gn22,2).
Nulla,
cioè, dalla terra può essere gradito a Dio, se non il Figlio suo
Unigenito, sul quale stabilisce il suo "beneplacito". Gesù,
perciò, è "sacerdote e vittima del suo stesso sacrificio",
e il "luogo" del sacrificio è la Croce, punto d'arrivo
necessario dell'intera sua vita.
Per
questo è sacerdotale appunto l'intera vita di Gesù, vissuta in
obbedienza d'amore al Padre per tutti gli uomini. Nell'unità, dunque,
della sua Persona, Dio gli ha dato di trasformare in offerta a lui
gradita ogni atto della sua esistenza.
Un
sacerdozio, quindi, da intendersi come atto d'amore interamente donato
dal principio alla fine della vita terrena di Cristo, come conferma il
suo stesso "grido" secondo il racconto della lettera agli
Ebrei: «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb
10,7). E Giovanni spiega il significato della sua morte d'amore: «E
io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv
12,37). È il mistero dell’Eucaristia.
2.
Gesù unisce al suo ministero sacerdotale il ministero degli sposi
>
L'amore coniugale, elevato a "segno" di grazia, deve essere
radicalmente vissuto come "dono" di Dio. La logica del
donarsi di Dio chiede a chi lo riceve in dono di ridonarsi
continuamente a Lui per dirgli "grazie": è il suo
"rendimento di grazie eucaristico".
È
un'attitudine richiesta "vocativamente" agli sposi, perché
essi stiano nello "stupore" gioioso di Dio che è entrato
nel loro cuore e si aprano all' "adorazione" della sua
presenza attiva ed efficace.
È
proprio questo l'atteggiamento sacerdotale di Gesù che, oltre che
"adorazione", è perenne "rendimento di grazie".
Per
lo stesso motivo, il ministero coniugale sollecita chi è
sposato nel Signore ad assumere questo atteggiamento profondo e a
farne il filtro portante dell'intera sua esistenza. Di conseguenza,
gli sposi, quando dialogano tra di loro del loro amore, dialogano con
il Signore della loro Alleanza.
"Il
loro dialogo, perciò - diceva don Germano - è un parlarsi a tre.
Questa è preghiera 'sacerdotale', perché si realizza nell'apertura
radicale del cuore, in modo che l'esistenza intera ne venga avvolta
nell'estensione del quotidiano". È la preghiera
"sacrificio spirituale", di cui scrive Paolo: «Vi
esorto, fratelli, ad offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente a
Lui dedicato e a Lui gradito. È questo il vero culto che gli dovete»(Rsn
12,1).
>
Il ministero coniugale è fondamentalmente eucaristico-sacerdotale
perché “L'Eucaristia - dice il nostro Patriarca agli sposi - sta
nel cuore della famiglia. È al centro perché l'amore cristiano e
l'amore sponsale scaturiscono dalla pasqua di Cristo di cui è
sacramento. L'Eucaristia è la pasqua della Chiesa, celebrata dalla
Chiesa, che diventa la vita della Chiesa. L'Eucaristia è la sorgente
del nostro vivere quotidiano: dall'Eucaristia celebrata nel giorno del
Signore scaturisce una cultura della convivenza umana vissuta da
cristiani all'insegna della solidarietà e dell'amore.
Dall'Eucaristia
scaturisce il sogno, che vuole diventare realtà, di una 'Civiltà
dell'amore', di cui voi siete i testimoni, capace di cambiare la
storia e di cambiare il mondo. E - continua a Patriarca - noi viviamo
una cultura, che marginalizza, estrania sempre più il Matrimonio
cristiano. Vivere il Matrimonio cristiano diventa sempre più una
testimonianza resa alla pasqua, non più l'inserirsi in una cultura a
cui il Matrimonio cristiano è omogeneo e in qualche modo organico,
come poteva essere trenta o quaranta anni fa.
Di
fronte a questa situazione, che potrebbe portarci a pensare che vivere
la famiglia con al centro l'Eucaristia, come modello di famiglia, sia
soltanto un'utopia, c'è la parola del Signore: «lo apro i vostri
sepolcri e io vi risuscito» (Ez 3, 12b). Dio, come ha aperto il
sepolcro di Cristo, è capace di aprire la situazione in cui viviamo e
di risuscitarla, anche se ci sembra disperata, totalmente estranea nei
confronti della fede".
Tutto
ciò mette in gioco la fede degli sposi nell'Eucaristia, espressione
massima dell'amore che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa. È il
"rendimento di grazie" che la Chiesa con Cristo, per Cristo,
in Cristo eleva al Padre e, con la Chiesa, tutto l'universo.
É
nel sacrificio eucaristico che i coniugi trovano la sorgente e
l'alimento della loro "alleanza" sponsale e sono chiamati a
scoprire il "mistero grande", fonte della
"comunione" e della "missione", che in Cristo
unico sacerdote del Padre, diventa il loro ministero (cf
FC 57).
Di
ogni evento di salvezza, che l'Eucaristìa attualizza, il sacramento
del Matrimonio fa "memoria".ai figli, alla Chiesa e al
mondo. È negli sposi che il ministero coniugale
sacerdotale-eucaristico viene messo in piena evidenza. Qui e non
altrove gli sposi cristiani trovano le radici del loro essere in
Cristo sacerdoti della nuova alleanza, continuatori dell'opera del
Signore, raccordo fra la parola di Dio e la storia, coloro, cioè, che
raggiungono l'uomo nella sua concreta situazione per introdurlo nella
novità del Vangelo.
>
La coppia e la famiglia sono chiamate a rivelare la realtà e la
grandezza del "bell'amore".
La
storia del "bell'amore" prende inizio dall'Annunciazione.
Con il "sì di Maria "Dio da Dio e Luce da Luce"
diventa Figlio dell'uomo. Maria è sua Madre, Madre del
"bell'amore".
Questa
verità prende pieno significato man mano che Maria segue il Figlio
nel pellegrinaggio della Fede. La Madre del "bell'amóre"
viene accolta da Giuseppe, suo sposo: «Non temere di prendere
con te Maria, ciò che è generato in lei viene dallo Spirito Santo».
Il reciproco amore sponsale, per essere pienamente il
"bell'amore", esige che Giuseppe accolga Maria e il figlio
di lei.
Si
può dire, anche, che la storia del "bell'amore" inizia con
Adamo ed Eva. Il peccato non li priva completamente della capacità
del "bell'amore" perché Cristo non viene per condannare il
primo Adamo e la prima Eva, ma per redimerli; viene a rinnovare
"il bell'amore".
L'evento,
quindi, del "bell'amore" è l'evento della salvezza
dell'uomo. Nella creazione Eva si rivela ad Adamo, come Adamo si
rivela ad Eva. Inizia così la narrazione del
"bell'amore".
Oggi
come, ieri le nuove coppie umane si dicono reciprocamente:
"Cammineremo
insieme nella vita". Da questa realtà inizia la famiglia, che in
forza del sacramento del Matrimonio, diventa nuova comunità in
Cristo.
L'amore,
perché sia realmente bello, deve essere dono di Dio. La Chiesa nel
sacramento del Matrimonio domanda allo Spirito Santo di visitare i
cuori umani e perché sia veramente il "bell'amore", dono
della persona alla persona, deve provenire da Colui che è dono egli
stesso.
Il Vangelo delicatamente colloca il
"bell'amore" nel contesto "del grande mistero" (Ef
5, 32). Quando si parla del "bell'amore" si parla della
bellezza. Bellezza dell'amore e bellezza umana che, in virtù dello
Spirito Santo, è capace di tale amore.
L'uomo
e la donna sono persone chiamate da Dio a diventare dono reciproco.
Dal dono originario dello Spirito "che dà la vita"
scaturisce il dono vicendevole di essere marito e moglie.
Nel
mistero dell'Incarnazione Gesù rivela l'uomo all'uomo ed è qui che
si trova la fonte di una bellezza nuova. Alla luce di questo mistero
si scopre che la famiglia può essere la grande
"rivelazione": la vicendevole scoperta degli sposi e, poi,
di ogni figlio o figlia che nasce da loro.
Il
futuro, quindi, di ogni famiglia dipende da questo
"bell'amore", fonte della sua unità e della sua forza, (cf
Lettera alle famiglie).
>
Al ministero coniugale Gesù chiede anche di rivelare che l’
"amore umano" è retto e sorretto dall'Amore di Dio che si
è riversato su di noi.
La
Carità di Dio ci precede, siamo immersi in essa. C'è un processo
"storico" dell'amore: ogni atto di amore non emerge dal
nulla; ogni persona che ama non parte da zero.
È
la Bibbia che insiste nel ricordarci che c'è una Carità che ci
precede, quella di Dio; non siamo noi che per primi amiamo, bensì
veniamo da una lunga catena di Carità. Siamo amati e perciò possiamo
amare. C'è dunque un cosmo di amore, un universo di effetti e di doni
prodotti dalla Carità di altri che ci hanno preceduto (Dio e le altre
generazioni prima di noi), un cosmo che chiede a noi che il nostro
amore attinga sempre alle fonti già aperte, per progredire in avanti.
L'amore
di Dio, dunque, è più grande di noi, siamo immersi in esso. Il già
donato, il già frutto dell'amore, il cosmo già creato dall'amore,
deve diventare punto di partenza, presupposto per la nuova
"creatività" dell'amore. Rispetto dunque per l'esistente,
valorizzazione del dono già costruito e messo a disposizione.
Ogni
cosa che esiste essenzialmente è un dono di Dio e di altri soggetti
che, nel piano di Dio, sono intervenuti da intermediari. Se
pretendessi di amare come se l'amore cominciasse da me, e come se io
fossi il creatore libero e autonomo di un mio cosmo, mostrerei di
amare me solo stesso.
Questa
“rivelazione” sull'amore che ci precede e ci avvolge, da sempre,
è oggetto del ministero coniugale.
>
Altro oggetto del ministero degli coniugi sposati nel Signore è fare
proprio l’impegno di Paolo: «Ebbene, vi mostrerò io la via più
sublime» (1 Cor 12, 31):
«...e
la viadella carità (1
Cor 13).
Questo
capitolo, con l'inno all'Amore, è la pagina più celebre delle
lettere di Paolo: la carità non si identifica con la donazione dei
beni o di se stessi; la carità anima tutta l’esistenza, essa sta
alla radice della fede e della speranza. La carità anticipa nel
tempo la piena e definitiva comunione con Dio. Essa rimane per sempre.
«Se
non ho l'amore, non sonò nulla»,
in questo passaggio dall'avere all'essere sta la radicalità del
discorso di Paolo. Qui c'è un avere che è un essere e un non aver
che è un non-essere. Chi
ama è; chi non ama non esiste.
La
testimonianza di amore sincero degli sposi dovrebbe convincere gli uomini,
le famiglie, la comunità cristiana e la società, che il vero loro
essere è solo l’amore. Nulla può sostituirlo.
Solo
chi ama è uno che esiste.
Il
Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo, pienezza dell'essere, ha
nell'amore la sua massima realtà. Nel mondo non c'è nessuna storia
che ci narri la storia di un Dio che si dona all’uomo, come il
nostro Dio si dona a noi nel Cristo.
Se
questo è il progetto di Dio per l'uomo, l'amore, vuol dire che l'uomo
non ha altra scelta se vuole vivere e salvarsi.
>
L'amore degli sposi nel Signore è da Gesù "chiamato" a
rivelare il significato del suo comando: «Amatevi come io vi ho
amato» (Gv 13,34).
Specifico
del Vangelo non è l'amore; questo è un comandamento antico, è di
sempre e per tutta l'umanità. Peculiare del Vangelo è il
"come" si deve amare. In questo sta la diversità assoluta
del cristianesimo.
Cristo
è il modello "nuovo" e "unico" per tutta l'umanità.
«Come» io mi sono donato a voi, così voi donatevi ai
fratelli. E Gesù si è donato fino «alla morte di Croce».
>
É nella concreta e quotidiana vita familiare che si fa esperienza del
passaggio faticoso dall’ "io" al "noi", da
"gli altri per me" a "l'io per gli altri". Per
questo la famiglia è scuola di comunione e d'amore.
In
essa si impara a porsi la domanda: "chi è l'altro per me?";
a conoscere se stessi e ad assumere le responsabilità dell'altro,
fino a "portare i pesi gli uni degli altri", a consegnarsi
l'uno all'altro, non solo lo sposo alla sposa, ma i figli ai genitori
e viceversa. In essa ciascuno impara ad affidarsi al Signore.
>
La coppia e la famiglia sono chiamate ad aprirsi e consacrarsi al bene
di tutti gli uomini, a partire dalle altre coppie e dalle altre
famiglie, rivelando I’"immagine ridente e dolce della
Chiesa" proprio della "chiesa domestica" (S. G.
Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, e cf
LG 11).
Sono
sempre più frequenti i matrimoni "misti" e
"interreligiosi, che richiedono discernimento e preparazione,
in particolare sulla concezione del Matrimonio e sulla famiglia.
Hanno
bisogno di un'attenzione particolare i coniugi separati, che pur
essendo ammessi ai sacramenti, devono trovare nella comunità stima,
solidarietà, comprensione ed aiuto per conservare la fedeltà e la
disponibilità all'eventuale ripresa della vita coniugale (cf FC
83).
I
divorziati non risposati, i divorziati risposati, gli sposati solo
civilmente, i conviventi. Queste situazioni, certamente le più gravi
per cui, coloro che si trovano in una di esse, non sono in piena
comunione con Chiesa (non sono ammessi alla riconciliazione
sacramentale e alla comunione eucaristica). Però, poiché, in forza
del Battesimo, sono membri di essa, possono unirsi alla sua preghiera
e alla sua carità, all'ascolto della Parola di Dio e alla
celebrazione eucaristica, ed a educare cristianamente i figli.
Gli
sposi insieme con la loro comunità siano loro vicini con l'amicizia e
il rispetto, con la preghiera e con la fiducia nella benevolenza e
misericordia del Signore, senza giudicare le coscienze, perché
amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme (cf
La verità vi farà liberi 737; FC 79-84; Lettera ai Vescovi
della Congr. Dottrina della Fede, Il granello di senapa; Vademecum per
i confessori. Direttorio di Pastorale familiare).
>È
ancora proprio del ministero coniugale l'amore degli sposi impegnato a
guardare anche alle infermità umane, a tenere conto soprattutto
della debolezza e della fragilità degli ultimi, delle vittime
dell'oppressione.
Amare
veramente tutti acquista sincerità e autenticità solo se di fatto si
amano coloro che rischiano di essere lasciati o cacciati fuori dal
banchetto della vita, fuori dal cosmo dei doni dell'amore.
Voler
amare tutti in genere, senza privilegiare i deboli e gli emarginati,
equivale a rafforzare solo i potenti e ad aiutarli a diventare
prepotenti. L'amore al "fratello universale" è menzogna.
In
ogni caso, si rimane sempre dentro un contesto di amore: l'amore di
Dio, che precede tutto e tutti, e che ha offerto in dono a ciascuno
tutto intero l’"universo"; e I’"amore finale"
di Dio che accoglierà al termine della storia, non solo i doni sparsi
da lui, ma anche i doni prodotti dall'amore umano suscitato da Dio.
Questo
vuol dire "ricapitolazione universale in Cristo": Cristo è
la rivelazione massima della Carità di Dio.
>
Gesù chiama l'amore coniugale, divenuto "grazia"
sacramentale, ad un "nuovo" atteggiamento di fronte ai
"sofferenti", che sono la maggioranza degli uomini e delle
donne nella storia.
Costretti
su lettighe, handicappati, gente lacerata da mille sofferenze fisiche
prodotte da un tumore selvaggio, ("il drago che ti rode
dentro", diceva D. M. Turoldo). Gente stritolata da un male
congenito, dalla nascita: ciechi, sordomuti, poveri, handicappati.
Gente schiacciata dalle conseguenze nefaste di un incidente stradale,
oppure mutilata sul lavoro, che ti ha stroncato i progetti nei quali
avevi riposte mille speranze e tante attese. E i vecchi nelle
cosiddette case di riposo, che una volta contavano in casa, in chiesa,
nella società, ora aspettano la morte.
Che
stanno a fare? Hanno uno scopo, un ruolo da giocare? Sono mendicanti
in cerca di pietà? Poveri in cerca di surrogati di speranza?
Partiamo
da questa considerazione: il mondo corre sui binari dell'efficienza.
Se non produci, se non riesci a costruire qualcosa nella società, a
che servi da ammalato? Che cosa stanno a fare gli ammalati di fronte
a questo meccanismo che stritola i più deboli?
Generalmente
gli sposi e le famiglie conoscono e vivono queste situazioni, alle
quali essi di volta in volta danno delle risposte. Ora si potrebbero
considerare alla luce della testimonianza di mons. Tonino Bello:
"Se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti, il
mondo si scompenserebbe... La sofferenza tiene spiritualmente in
piedi il mondo nella stessa misura in cui la passione di Gesù
sorregge il cammino dell'universo verso il traguardo del Regno. In
questo. Gesù è il nostro capo. Lui confitto su un versante della
croce e noi confitti, non sconfitti, sull'altro versante della
croce.... la nostra malattia è quella parte della nostra identità
che ci fa rassomigliare di più a Gesù Cristo. È una tessera di
riconoscimento incredibile, straordinaria.
Certo,
dobbiamo lottare contro la malattia..: mai rassegnarci, come non si è
mai rassegnato Gesù.
...Il
Signore è con noi. Tanti amici sono con noi. Ci vogliono
bene" (Coraggio, Lettera agli ammalati)
3.
Espressioni attuative del ministero
“sacerdotale-caritativo-eucaristico”
>-
vedi:
1.
'"Schede per la riflessione" dell’XI Assemblea degli
sposi, 1996, fasc. n. 34, p. 42-44;
2.
"La famiglia che accoglie la famiglia sofferente", don D.
Giabardo, dagli Atti XI Assemblea 1996, fasc. 35, p. 32-40.
>-
vedi:
-
"Gli
sposi e le famiglie per la Casa Famiglia della Ghidecca", don
G. Nicolini, fasc. n 35, p. 41-48'.
IL
MINISTERO "REGALE-SOCIALE-POLITICO" O DELL'AMORE DI DIO
DONATO
AGLI UOMINI, COME ESPERIENZA DI COMUNIONE,
VINCOLO
PROFONDO E SERVIZIO D'AMORE AD OGNI UOMO E
ALLA
COMUNITÀ UMANA
1.
Regalità di Gesù, l'opposto del "potere umano"
Il
tema della "regalità" di Gesù è nel racconto del processo
davanti a Pilato (cf Gv
18, 28-40): «Tu lo dici: io sono re» (Gv 18,37), e viene
solennemente e pubblicamente proclamata (seppure per scherno) davanti
al mondo intero (ebraico, greco e latino erano le tre lingue che
rappresentavano l'universalità).
Appare
subito il forte contrasto tra questa affermazione di Gesù e la sua
evidente "impotenza". Gesù, infatti, dichiara che tutte
le "ore" della sua vita vanno verso l'unica direzione: «Ma
per questo sono giunto a quest'ora» (Gv 12, 27b). Quest'ora si
compie sul Calvario.
L'intera
vita di Gesù cammina da subito verso questo appuntamento ultimo e
definitivo. Solo sulla Croce Gesù manifesta a tutti "chi"
egli è, e "come" a noi è dato di incontrarlo e riconoscerlo.
Ma
dove sta la regalità di Gesù se lui stesso è "divenuto
maledizione per noi" (Gal 3,13)? Il re, secondo l'uomo, ha il
trono, ha il potere, ha i sudditi. La regalità di Gesù va in
direzione esattamente opposta.
«Il
mio regno non è di questo mondo»
(cf Gv 18, 33-36): Gesù
ribadisce che il suo regno è completamente al di fuori degli schemi
umani il re ha diritto di farsi servire. Gesù si pone al contrario: «Voi
sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle
nazioni dominano su di esse e i loro capi esercitano su di esse il
potere. Tra voi non è così; ma chi vuoi diventare grande fra voi sarà
vostro servitore, e chi vuoi essere il primo tra, voi sarà schiavo di
tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi
servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti»
(Mc 10,42-44).
Il
re dà udienza sotto condizione; Gesù inverte questa regola: «Egli
ci ha amati per primo» (1 Gv 4,19). il re sta nel suo palazzo; il
luogo di Gesù è invece «il luogo detto del Cranio, in ebraico
Golgota» (Gv 19,17), fuori le mura, lontano dalle città, dove
stanno i non aventi diritto, i rifiutati, gli insignificanti; entra
nel territorio, impensabile per Dio, della "disperazione"; «Gesù
gridò a gran voce:
Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato»
(Mt 27,46) nel territorio della "miscredenza" e della
"irrisione" (cf Mt
27, 40-43); nel territorio della "morte «Gesù di nuovo gridò
a gran voce e spirò» (Mt 27, 50).
L'unica
potenza di Gesù è l'impotenza. Non l’impotenza inerme del
parassiti o del fatalista.
Così
egli ha rovesciato la scala dei valori, al punto da far dire a Paolo: «Cristo
crocifisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1
Cor 1,23).
Del
resto, secondo Marco, Gesù chiede a quanti fa dono del miracolo, di
tacere e di non dirlo a nessuno. Egli non vuole essere riconosciuto
Messia per la potenza del miracolo, ma per l'amore che sta alla sua
radice. Per fare questo l'impotenza assoluta del suo amore di fronte
al rifiuto, alla condanna all'abbandono, alla morte, è la sua unica,
invincibile potenza.
Niente
e nessuno può vincere il suo amore, che si manifesti
nell'interrelazione dei rapporti che dona e non possiede, che serve e
non pretende, che offre e non prende; che contesta l'egoismo delle
virtù borghesi dell'avere, del potere, del riuscire; che contesta i
falsi valori; che propone valori riconoscibili.. mettendo in movimento
l'imperativo evangelico della Croce, tutto assorbito nell'amore.
Regalità di Cristo, dunque, per dare il vero
"senso" della persona umana della convivenza fra gli uomini
e di tutte le cose: inserendo tutto in un ordine che porta a Dio.
2
Gesù affida agli sposi questo ministero di "servizio" a
tutti gli uomini
>
La coppia e la famiglia sono per vocazione il centro della
"Civiltà dell'amore", così qualificata da Paolo VI (1975)
e riproposta da Giovanni Paolo II (cf
Lettera alle famiglie).
La
tematica della "Civiltà dell'amore" ormai è diventata
familiare nell'insegnamento della Chiesa. Essa fa parte della
tradizione della "chiesa domestica" nel cristianesimo
delle origini, come è un preciso riferimento oggi. Il termine
"civiltà" deriva da "civis" cioè
"cittadino" e mette in luce, oltre che la sua dimensione
politica, il senso profondo "umano".
La civiltà appartiene alla storia dell'uomo e,
quindi, alle sue esigenze spirituali ed umane: Dio che "ha
creato l'uomo e sua immagine e somiglianza". Dio a questo uomo
consegna il mondo perché lo plasmi e lo umanizzi a propria immagine e
somiglianza. Da qui scaturisce la civiltà.
La
"Civiltà dell'amore", oggi, si ispira alle parole della Gaudium
et Spes (22): "Cristo rivelando il mistero del Padre e del
suo Amore svela pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua
altissima vocazione". La "Civiltà dell'amore" prende,
quindi, avvio dalla Rivelazione di Dio che è Amore (cf 1 Gv 4, 8.16;
1 Cor 13; 1-13; Rom 5,5; Gv 15,1-2).
Se
è vero che la famiglia è "la via della Chiesa", anche la
"Civiltà dell'amore" diventa "la via della
Chiesa". Su questa via, allora, il mondo, le istituzioni sociali
e qualsiasi altro organismo, a motivo delle famiglie e attraverso le
famiglie, sono chiamati a camminare. Tutto questo però parte se c'è
la consapevolezza che Dio è Amore e che l'uomo, creato a sua immagine
e somiglianza, "ritrova pienamente" se stesso solo nel dono
sincero di sé. Senza questa presa di coscienza, la "Civiltà
dell'amore" nella famiglia e nella società è impossibile, perché
viene a mancare il concetto di persona e di comunione.
Se
da un lato esiste la "'Civiltà dell'amore", dall'altro lato
esiste la possibilità di una "anticiviltà-distruttiva"
Oggi viviamo in una società dove l'utilitarismo è una cultura del
prodotto, delle cose e non delle "persone"; una cultura in
cui le persone si usano come cose, dove la donna diventa oggetto, i
figli un ostacolo, la famiglia un'istituzione ingombrante e via di
questo passo.
Quanto
è contrario alla "Civiltà dell'amore", è contrario alla
verità sull'uomo perché gli impedisce di ritrovare se stesso e di
sentirsi sicuro come uomo e come donna, coniuge, genitore e figlio. La
persona come la famiglia si trovano in questo pericolo, pericolo che
è dato dalla perdita della verità, della libertà e dello stesso
amore. Gesù dice: «La verità vi farà liberi» (Gv 8, 32).
Solo la verità può preparare ogni uomo e ogni donna ad un amore
esigente di cui si possa dire che è veramente"bello".
È
della “Civiltà dell'amore" la gioia, gioia per tutto ciò che
accade nella vita della coppia e della famiglia: «Ho acquistato un
uomo dal Signore» (Gn 4, 1);
«Un
uomo è venuto al mondo»
(Gv 16, 21); siamo diventati genitori!
La
"Civiltà dell'amore" porta, di conseguenza, a
"compiacersi della verità" (cf 1 Cor 13, 6). Una civiltà,
ispirata solo ad una mentalità consumistica, non potrà mai essere
una "Civiltà dell'amore", un amore esigente, perché in
esso sta il fondamento veramente bello e saldo della famiglia.
>
In questa regalità di servizio i coniugi sposati nel Signore,
sceglieranno come loro eredità privilegiata lo stare presso gli
"ultimi", i deboli. Lo faranno perché sanno di essere in
radice come essi.
Con
un'attitudine umile che, pur coscienti di ciò che è bene e di ciò
che è male davanti a Dio, essi non diventeranno mai giudici delle
persone e a loro si rivolgeranno con "solidarietà",
meglio nella "condivisione", con la discrezione e il
rispetto di chi "propone" e mai "impone".
>
Gli Sposi e la Famiglia, la Società e lo Stato sono chiamati a vivere
in pienezza; il Papa nella sua Lettera alle Famiglie afferma
anche: “La famiglia è soggetto più di ogni altra istituzione
sociale: Io è più della Nazione, dello Stato, più della società e
delle Organizzazioni internazionali. Queste società, specialmente le
Nazioni, in tanto godono di soggettività propria in quanto la
ricevono dalle persone e dalle loro famiglie".
Infatti,
la famiglia è il 'luogo" di amore, di promozione e di difesa
della vita, di comunicazione, di creazione di "senso personale e
comunitario", di "servizi" anche alla società e alla
democrazia.
Una
famiglia "solidale" al suo interno, nel riconoscimento dei
diritti personali di tutti i suoi componenti, diventa una scuola di
vita dove si compongono realizzazione personale e responsabilità,
soggettività e coscienza del limite, esperienza di
"accoglienza" accolta e data.
Il
senso di "appartenenza", che nasce dal vissuto della
quotidianità familiare, è il presupposto per la maturazione di un
senso di "appartenenza sociale e politica" più ampio. Sta
qui il vero motivo per cui la famiglia è "soggetto
politico" e come tale va promosso. Di questo principio parlano la
Familiaris consortio e la Carta dei Diritti della Famiglia:
deve realizzarsi sì, una politica "per" la famiglia, ma
sempre "con la famiglia e "della" famiglia.
Allora
gli sposi e le famiglie hanno il diritto e il dovere di intervenire in
ogni ambito della politica, in forza del principio di
"sussidiarietà" - fondamentale nella Dottrina Sociale della
Chiesa -, che pone questi punti fermi:
q
la
società e lo stato non devono intervenire là dove le famiglie hanno
la capacità di intervenire e di fatto intervengono;
q
la
società e lo Stato hanno il dovere di aiutare le famiglie ad
autorealizzarsi all'interno della società e dello Stato;
q
in
modo specifico, le famiglie hanno il diritto di intervenire
nell'ambito propriamente coniugale e familiare.
>
Ma l'intervento degli sposi e della famiglie nell'ambito sociale
politico, è possibile ad una duplice condizione:
a)
la carità della Chiesa, scrive il Patriarca nella lettera pastorale
// granello di senapa, divenga "sapienza", per far
progredire la storia verso forme più solidali e umane;
b)
la carità, allora, diventerà anche impegno sociale e politico, per
spingere le istituzioni, per sollecitare i movimenti di opinione e
legislativi, che facciano crescere la società e lo Stato in umanità
e solidarietà (cf Gds
127).
Questo
richiede (secondo la Nota pastorale della CEI: La formazione
all'impegno sociale e politico) preparazione e competenza.
>
Allora, l'influsso sociale e culturale degli sposi e delle famiglie può
e deve svilupparsi a partire da qualcosa di originale, di proprio:
educare i componenti della famiglia, in particolare i figli, al
"senso" della vita, alla "ragione" della vita
della "persona umana". Ciò ha una forza singolare per
modificare, e in profondità, gli atteggiamenti e i comportamenti
della vita sociale e dell'attività politica.
E
qual è il "senso" della vita della persona umana?
"Annunciare" il progetto della vita umana come "dono
che si fa dono": la persona è un essere "con" gli
altri e "per" gli altri, e matura come persona nella misura
in cui, coscientemente e liberamente, si apre e si dona agli altri.
il
vero senso sociale e politico degli sposi e delle famiglie nasce
unicamente da qui: educare al vero senso del vivere della persona
umana.
Ancora
più concretamente, il Patriarca ricorda con chiarezza: "Gli
sposi sono chiamati alla costruzione della civiltà dell'amore, di un
amore capace di cambiare la storia, capace di cambiare il mondo".
>
La famiglia cristiana è chiamata ad offrire "segni"
profetici della civiltà dell'amore, potenziando al suo interno la
dimensione di Chiesa domestica, sviluppando la passione educativa al
posto della diffusa mentalità della delega o, peggio, della rinuncia,
che facilmente assegna la carità al volontariato.
Gli
interventi di carità degli sposi, delle comunità ecclesiali, della
Chiesa in genere, diverranno sempre più "sapienza"
(conoscenza e competenza) per far progredire la società e la storia
verso forme più umane e solidali.
"Ma
quando l'impegno è diretto verso il bene comune di ampi strati di
cittadini, la conoscenza e competenza dei problemi diviene difficile
e ci si affida ai "professionisti" della politica. Anzi si
tende a separare l'azione politica dalla promozione umana,
intendendo la prima come "cosa" per pochi e per potenti - ai
quali chiedere al massimo la soluzione dei singoli problemi di
emergenza che richiedono magari l'esborso di denaro pubblico -
relegando la seconda ad interventi di tipo familiare o, al più,
parrocchiale.
L'abitudine
a non accomunare la politica alla promozione dell'uomo, viene
considerata, in linea di principio, negativamente anche se poi, al
lato pratico, ci si sente impotenti verso il modo di fare politica,
soprattutto quello attuale. Si ha la sensazione che esistano altre
forme per incidere sul governo della cosa pubblica che non sia il
semplice voto alle elezioni, ma non si sa bene quali.
Gli
sposi e le famiglie, comunque, sono consapevoli di dover partecipare
alla costruzione della "città degli uomini" proponendosi
con le loro risorse e i loro carismi a favore di tutti gli uomini e
di tutte le realtà sociali.
Non
devono fermarsi alla sola "testimonianza" e tanto meno
accettare la tentazione "corporativa".
>
La consapevolezza e l'iniziativa degli sposi e della famiglia sono
frutto della convinzione che la loro responsabilità culturale,
sociale e politica nasce dal sacramento del Matrimonio che ha una
sua "specificità cristiana".
E
questo stesso sacramento il 'luogo" nel quale viene proclamata
l'istanza etica dell'impegno politico della coppia e delle famiglie
cristiane. È dal sacramento del Matrimonio che deriva ed è sostenuto
il "comandamento" rivolto ai coniugi di impegnarsi
politicamente.
Possiamo
parlare di una "grazia politica" donata dal Sacramento, una
grazia che costituisce la risorsa interiore e l'impulso continuo per
assumere e vivere la responsabilità sociale.
È
necessario assolutamente che le famiglie conoscano e vivano questa
grazia del Matrimonio cristiano; in tal modo l'impegno culturale,
sociale e politico non deriva agli sposi e alla famiglia da nessuna
autorità esterna o dalle circostanze storiche entro le quali è
inserita, ma deriva dal "cuore nuovo" creato dallo Spirito
Santo, effuso mediante la celebrazione del sacramento del Matrimonio.
"Il
compito sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo e
originale, alla famiglia cristiana dal sacramento del Matrimonio.
Assumendo la realtà umana dell'amore coniugale, il sacramento abilita
e impegna coniugi e genitori cristiani a vivere la loro vocazione di
laici, e pertanto a cercare il regno di Dio trattando le cose
temporali o ordinandole secondo Dio" (LG 31).
“Il
compito sociale e politico rientra in quella missione regale o di
servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del
sacramento del Matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al
quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li
stimola. In tal modo la famiglia cristiana è chiamata ad offrire a
tutti la testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata ai
problemi sociali, mediante la scelta 'preferenziale' dei poveri e
degli emarginati.
Perciò
essa, progredendo nella sequela del Signore mediante una speciale predilezione
verso i poveri, deve avere a cuore specialmente gli affamati, gli
indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza
famiglia" (FC 47).
La questione della "responsabilità
politica" della famiglia, prima che essere questione di
iniziative concrete e precise, è questione "culturale",
ossia questione di "mentalità".
3.
Espressioni attuative del ministero coniugale
"regale-sociale-politìco"
>
Si propone all'attenzione degli sposi, fra gli altri, questo aspetto,
della vita sociale e politica: umanizzare l'economia.
a)
La situazione.
Non
c'è dubbio che tanta parte della conflittualità dilagante nella
società è dovuta ad un sistema economico strutturalmente iniquo.
Nella Centesimus Annus (33) il Papa Io conferma con forza: 'Di
fatto, oggi molti uomini, forse la grande maggioranza, non dispongono
di strumenti che consentono di entrare in modo effettivo ed
umanamente degno all'interno di un sistema di impresa, nel quale il
lavoro occupa una posizione davvero centrale.
Essi
non hanno la possibilità di acquisire le conoscenze di base, che
permettono di esprimere la loro creatività e di sviluppare le loro
potenzialità, né di entrare nella rete di conoscenze e di
intercomunicazioni, che consentirebbe di vedere apprezzate e
utilizzate le loro qualità...queste critiche sono rivolte non tanto
contro un sistema economico, quanto contro un sistema etico-
culturale.
L'economia,
infatti, è solo un aspetto ed una dimensione della complessa
attività
umana. Se essa è assolutizzata, se la produzione ed il consumo delle
merci finiscono con l'occupare iì centro della vita sociale e
diventano l'unico valore della società, non subordinato ad alcun
altro, la causa va ricercata non solo e non tanto nel sistema
economico stesso, quanto nel fatto che l'intero sistema
socio-culturale, ignorando la dimensione etica e religiosa, si è
indebolito e ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei
servizi.
Tutto
ciò si può riassumere affermando ancora una volta che la libertà
economica è soltanto un elemento della libertà umana. Quando
quella si rende autonoma, quando cioè l'uomo è visto più come un
produttore o un consumatore di beni che come un soggetto che produce e
consuma per vivere, allora perde la sua necessaria relazione con la
persona umana e finisce con l'alienarla ed opprimerla".
Cosa
può fare il singolo cittadino, da solo o insieme alla sua famiglia,
alla comunità, alle associazioni per cambiare questo sistema non
sostenibile di economia, per renderlo più umano o almeno per
ridurre la propria complicità con i meccanismi perversi di un
modello economico che non si cura dei diritti dell'uomo e appare
lontano dai fondamentali principi dell'etica?
La
cittadinanza attiva si esprime oggi non solo sottoscrivendo
dichiarazioni e documenti, ma soprattutto organizzando la solidarietà
e la democrazia in comportamenti da realizzare in prima persona,
nella famiglia e nel gruppo, cosi come in grandi movimenti e organismi
sociali. Piccoli gesti di un'economia "leggera" che si
iscrivono però in grandi orizzonti.
b)
Comportamenti alternativi (cf Centesimus
annus, 36-39).
Solo dentro a un
contesto e un disegno consapevole di una economia "civile"
assumono un significato singoli comportamenti, come il risparmio
solidale gestito attraverso una banca etica, l'acquisto di
"merce" come quella del commercio solidale, l'operazione
“Bilanci di giustizia" proposta per le famiglie, le varie
forme di consumo, le varie forme di consumo critico e di boicottaggio
di certi prodotti, gli itinerari di turismo responsabile, le adozioni a
distanza di bambini come modalità diretta di cooperazione e di
solidarietà, le reti territoriali di aiuto reciproco e le cosiddette
"banche dei tempo", l'organizzazione dell'azionariato
popolare per un'informazione più controllata e rispettosa della verità.
Che
cosa hanno in comune tutte queste forme e altre di cittadinanza attiva
e solidale? Essenzialmente tre dimensioni:
I.
il
coinvolgimento diretto delle persone,
II.
la centralità
della realtà economica,
III.
l'organizzazione
dell'azione sociale.
E
l'obiettivo operativo è: giungere a comportamenti economici
alternativi, a scelte di economia "leggera" che sono alla
portata di ogni cittadino.
É
forse questo il modo migliore per avviare un processo che coinvolga un
numero ampio di persone e che sia finalizzato, attraverso azioni
sociali, a introdurre elementi di giustizia, equità e solidarietà
nel mondo dell'economia.
É
quanto appunto afferma il Papa: “È, perciò, necessaria ed urgente
una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda
l'educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere
di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei
produttori, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di
massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche autorità....Non
è male desiderare di vivere meglio, ma è sbagliato lo stile di vita
che si presume migliore, quando è orientato all'avere e non
all'essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per
consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso.
È
necessario, perciò, adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali
la ricerca del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini
per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte
dei consumi, dei risparmi e degli investimenti.
In
proposito, non posso ricordare solo il dovere della carità, cioè il
dovere di sovvenire col proprio ‘superfluo' e, talora, anche col
proprio 'necessario' per dare ciò che è indispensabile alla vita del
povero. Alludo al fatto che anche la scelta di investire in un luogo
piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in
un altro, è sempre una 'scelta morale e culturale'.
Poste
certe condizioni economiche e di stabilità politica assolutamente
imprescindibili,
la decisione di investire, cioè di offrire ad un popolo l'occasione
di valorizzare il proprio lavoro è anche determinata da un
atteggiamento di simpatia e di fiducia nella provvidenza, che rivelano
la qualità umana di colui che decide" (36).
Questi
comportamenti scendono
a suscitare
un processo
di "democratizzazione" dell'economia a partire dal
cittadino e dal territorio. Il valore-guida adatto a svolgere le
funzioni di orientamento complessivo della vita economica non può
che essere individuato nella libertà coniugata con la
"solidarietà", con la "condivisione" e con la
"giustizia".
Non
che i parametri economici siano da trascurare - che anzi restano alla
base di un reale miglioramento delle condizioni materiali della vita
- ma è necessario che vengano integrati da parametri
"antropologici" ed "ecologici".
Sicché
se un modello di sviluppo assicura un incremento di ricchezza, ma
contemporaneamente produce un generale impoverimento antropologico, o
un danno ecologico, questo modello è da ritenere "non sostenibile", in quanto
intrinsecamente violento, non orientato
a un'economia di pace, di giustizia e salvaguardia del creato.
Oggi
però la gravita della situazione è tale che non basta più insistere
unicamente sull'etica dei singoli comportamenti economici dei
cittadini: occorre anche intervenire a livello di etica delle
istituzioni economiche.
Tuttavia,
se non si modificano certe regole del gioco, se non si interviene sui
meccanismi generatori di distorsioni e di ineguaglianze strutturali,
l'aspetto a comportamenti individuali, eticamente ispirati, rischia
di essere inefficace e di andare incontro a pericolose frustrazioni.
In
definitiva, occorre prendere atto che un'economia dal volto umano
richiede che si ripensino ex novo le relazioni tra mercato,
stato e società civile, quest'ultima intesa come insieme articolato
di soggetti collettivi intermedi, il cosiddetto terzo settore.
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