PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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SCHEDE PER LA RIFLESSIONE 

IN PREPARAZIONE ALLA 

XIX ASSEMBLEA

19) 10 Ottobre 2004, per la zona di Veneza, parrocchia di S. Maria Elisabetta al Lido

17 Ottobre, per la zona di Mestre e terraferma, parrocchia di S. Pietro Orseolo

23 Ottobre, per la zona del Litorale, Casa S.Maria Assunta del Cavallino

L'amore coniugale 

nella pastorale della Parrocchia

 

INTRODUZIONE

 L’Assemblea continuerà a sviluppare l’obiettivo dell’ultima Assemblea di Marghera: “L’amore degli sposi meraviglia della creazione, dono per la persona, per la famiglia e per la comunità umana e cristiana. Progettare la pastorale della parrocchia con gli sposi e con la famiglia”, e ancora si ispirerà all’Istruzione del Patriarca per l’anno pastorale 2003-2004: “Il volto missionario della Parrocchia”.

 Il Patriarca diceva agli sposi a S.Antonio di Marghera: “La prima missione, il primo compito della parrocchia è partire dall’esperienza elementare della gente…Parrocchia significa letteralmente “case vicine” dal greco, abitare vicino, e infatti, nella storia della Chiesa, dopo il IV secolo, la parrocchia è stata la chiesa in mezzo alle case vicine. La parrocchia, a partire dal Battesimo, dalla Comunione e dalla Cresima, investe la dimensione naturale del rapporto tra l’uomo e la donna… Il volto missionario della parrocchia - ci ha ricordato il nostro Patriarca - si rivela nella trasfigurazione degli affetti, dell’amore tra l’uomo e la donna che si apre alla vita: papà, mamma e bambino, radicandoli nel centro affettivo più potente, che è Gesù Cristo, come afferma S.Paolo nella lettera agli Efesini (5, 25-27)”.

 Sì, vogliamo puntare decisamente ancora, in questo nuovo appuntamento diocesano degli sposi, sull’amore tra l’uomo e la donna proprio perché in loro “Le differenze sono altrettante promesse di relazione”, il “dato” oggettivo di realtà con cui veniamo al mondo: maschio e femmina e, soprattutto, perché “Nell’amore umanissimo che celebra la bellezza dei corpi e la felicità della ricerca reciproca, si esprime l’amore divino”, leggiamo nella “Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”, pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede, a firma del Card. J.Ratzinger, del 31 maggio 2004. Questo documento importantissimo ci aiuterà nel nostro cammino. 

Il tema della XIX Assemblea  degli sposi si arricchisce ora anche della recentissima Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana: “Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia”.

 “Come voi testimoniate – ci diceva ancora il Patriarca  – abbiamo fatto dei passi eccellenti con la pastorale familiare nel nostro Patriarcato. Ora ne dobbiamo fare un altro, dobbiamo aiutare tutti i sacerdoti, tutti i responsabili, ad avere il coraggio di partire dagli sposi come “soggetto”, perché la parrocchia deve modularsi molto di più su questa  dimensione dell’esperienza umana: nel compito, nella missione di arricchire, trasfigurare gli affetti. Laddove c’è l’amore, bisogna testimoniare come vivere di Cristo. Nel modo stesso di vivere l’amore coniugale nella famiglia fedele e stabile, si compie la promessa contenuta nell’amore uomo-donna, cioè si realizza il “per sempre”, si apre la vita e la genera, si edifica la Chiesa, si costruisce la società”.

 E queste parole sono eco del documento della C.E.I. ESM 32 (1975): “L’Ordine e il Matrimonio significano e attuano una nuova e particolare forma del continuo rinnovarsi dell’alleanza nella storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e dilatazione del popolo di Dio”. E lo stesso documento aggiunge (44): “Così gli sposi, mediante il sacramento, ricevono quasi una consacrazione che attinge, trasformandola, tutta la loro esistenza coniugale (GS 48). Nell’incontro sacramentale il Signore affida ai coniugi anche una missione per la Chiesa e per il mondo, arricchendoli di doni e di ministeri particolari (LG 11)”.

 É proprio per questo che vogliamo partire sempre dalla “contemplazione di Cristo”, perché è Gesù che vuole farci vedere la realtà della nostra vita, della nostra storia d’amore di sposi, in una maniera trasfigurata, diversa, ancora più bella di quanto la viviamo con la sua presenza in mezzo a noi.

 Questo passaggio è fondamentale, come ci viene ricordato nella lettera pastorale “Se vuoi essere compiuto”, con la quale il Patriarca, assieme al Consiglio Episcopale,  ci annuncia la Visita Pastorale che, adeguatamente preparata dall’ “Assemblea Ecclesiale” del 9-10 Aprile prossimo, incomincerà nel 2005. “Questa lettera ha a che fare con Gesù Crocifisso che noi sappiamo essere vivo, ancora oggi, perché è risorto… Lo Spirito del Signore risorto sostiene la nostra Chiesa, in questa sua quotidiana azione in favore degli uomini”.

 Allora, la XIX Assemblea diocesana degli sposi si svolgerà in tre zone pastorali diverse e non in un’unica sede, come finora è avvenuto, e precisamente:

1) domenica 10 ottobre 2004, nel Centro Storico (parrocchia di S.M.Elisabetta, vicariato del Lido);

2) domenica 17 ottobre, nella Terraferma ( parrocchia di S.Pietro Orseolo, vicariato di Carpenedo;

3) sabato 23 ottobre, pomeriggio, nel Litorale.

È nostra intenzione proseguire il dialogo nelle 3 sedi in altri due successivi incontri.

 Da queste tre Assemblee, e ovviamnete dall’intensa attività di preparazione degli ultimi mesi, la Commissione si prefigge di far emergere dei contributi concreti degli sposi all’ASSEMBLEA ECCLESIALE del 9 e 10 aprile 2005.

 Nello stesso contesto e quindi anche in vista dell’Assemblea Ecclesiale, si svolgeranno gli altri due appuntamenti diocesani: 1) la XXV FESTA DIOCESANA della FAMIGLIA domenica 16 gennaio 2005 alle ore 15.30 nella Cattedrale di S.Marco,con la rinnovazione delle promesse coniugali e l’ XI CONSEGNA della BIBBIA alle Famiglie; 2) l’ XI ASSEMBLEA DEI FIDANZATI CON IL PATRIARCA domenica 13 marzo 2005 alle ore 15.00 nella Cattedrale di S.Marco.

 

DUE PISTE PER IL DIALOGO PASTORALE

 Va sottolineato innanzitutto, non solo come nota di merito, ma soprattutto perché è una nota di sostanza, come la Commissione sia stata notevolmente stimolata l’anno scorso dal Vicariato di Marghera da un modo nuovo di dialogare, di cercare nella Pastorale strade nuove da percorrere; il che ha implicato nuove modalità nell’incontrare le persone, nel porci i problemi, nel ripensare le nostre comunità. Abbiamo così iniziato un percorso veramente interessante, che vogliamo continuare anche in questa XIX Assemblea, puntando ancora su due piste:

 1.    dall’amore uomo-donna all’amore sponsale e al sacramento del  matrimonio

 2.    progettare la pastorale parrocchiale con gli sposi e la famiglia.

AL SOMMARIO

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 PARTIAMO SEMPRE DALLA CONTEMPLAZIONE DI GESÙ CRISTO

 Prima di addentrarci a percorrere queste due piste per la riflessione e il dialogo “pastorale” tra noi in questa  nuova Assemblea, ci soffermiamo su un tema per noi fondamentale, irrinunciabile.

Sono sette anni che cerchiamo di sostare in contemplazione del “mistero” Gesù Cristo.

Guardiamo a  Lui e ci si spalancano orizzonti infiniti, che ci superano e ci aprono a Dio.

Una realtà che non riusciamo a comprendere, a misurare con il nostro metro umano. É il mistero.

Contemplare il mistero di Gesù, non soltanto per un piacere intellettuale, ma per lasciarci prendere dal suo fascino e poi seguirlo, perché Lui è l’unico nostro salvatore, al di fuori del quale non c’è salvezza.

 Il fatto che ci sta a  cuore è proprio capire sempre di più Gesù, perché ci è stata data la grazia di intuire che niente è più bello, niente ci spalanca gli spazi della felicità, più che conoscere, aderire a Gesù Cristo, e ad amarlo, per seguirlo e entrare in sempre più personale comunione con Lui.

Egli è, infatti, il “tu” della nostra vita, il Figlio di Dio Padre, appunto l’unico nostro salvatore.

 Contemplando Gesù, abbiamo compreso meglio che Gesù è un “rivelatore”, è più semplice dire: è un “narratore” del Padre. Proprio questo ha fatto nella sua vita. Come figlio conosce bene il Padre, sa cosa pensa. Ha narrato il Padre nelle cose che ha fatto e detto. Nella sua vita di misericordia e di bontà ci ha narrato il Padre. Però non narra tutto del Padre da solo. Per narrare in pienezza la paternità e la maternità – che in Dio si identificano – si serve della nostra umanità, dell’umanità degli sposi. Così Gesù ci rivela che Dio appartiene anche alla nostra storia, non è più solo un mistero invisibile ma, grazie a questo disegno di Dio, che ha pensato, ha desiderato, ha voluto, ha amato e ha realizzato il matrimonio, è un mistero visibile, parte integrante della storia umana. Questa verità fondamentale della fede cristiana, Dio è Uno e Trino, prima di impararla dal catechismo, noi la incontriamo là dove l’esperienza coniugale e familiare corrisponde al disegno di Dio. 

Inoltre, abbiamo riflettuto su alcuni attributi di Gesù, secondo una catalogazione convenzionale, però molto ricca: Cristo sacerdote, Cristo re, Cristo profeta. Potremmo aggiungere altre peculiarità del Cristo, ma già in queste riusciamo a cogliere e con sufficiente completezza la persona del Signore Gesù. Infatti, contemplare Gesù è fissare lo sguardo su Gesù ed egli ci dona la sua amicizia, la sua grazia di comunione con noi.

 Sta a noi poi tradurre questi doni nella concretezza della nostra vita e vedere come essa ne risulta impregnata; vedere che senso la nostra vita prende se si apre a questo dono, che il Signore dona agli sposi oltre che a tutti i cristiani.

 Questa esigenza deve nascere dal più profondo di noi stessi  dobbiamo  invocare lo Spirito affinché ci renda capaci di esercitare, come battezzati e come Chiesa nella sua totalità, il dono del discernimento evangelico e comunitario; ciò è indispensabile per saper leggere la realtà in cui viviamo e soprattutto capire dove Dio ci parla in questo contesto.

 Perché contemplare Gesù di Nazareth, ce lo ricordava l’anno scorso Daniele Garota, non è un prendere l’anima e volare chissà dove, bensì cercare di vedere chi era quest’uomo per assomigliare a Lui in qualche modo, un chiedersi ogni volta: che cosa avrebbe fatto Gesù nella situazione in cui mi trovo.

 

Bibliografia

  “Dalla conoscenza alla contemplazione di Gesù Cristo”, M.Cè, q.42, 1997

“La Parola di Dio sul Matrimonio”, A.Marangon, biblista, 1996

AL SOMMARIO

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I

DALL’AMORE UOMO-DONNA

ALL’AMORE SPONSALE E AL

SACRAMENTO DEL  MATRIMONIO

 

 

I.1. L’AMORE TRA L’UOMO E LA DONNA È UN’ESPERIENZA  UNIVERSALE 

Il “mistero nuziale” è un’esperienza dell’uomo e della donna di qualunque latitudine, diceva il Patriarca agli sposi durante l’Assemblea di Marghera: uno può essere mussulmano, induista, animista, shintoista, può essere ateo, non battezzato, ma per il fatto stesso di essere un uomo e di vivere in relazione con altri, anche se non è capace di spiegarselo, percepisce che quando dice amore, dice l’unità indissolubile della differenza sessuale che fa spazio all’altro e che tende a generare  la vita. 

E per quanto siano fortissime tra gli uomini le differenze di cultura, di razza, di civiltà, di storia, di ceto, c'è un'esperienza elementare di base che sta al fondo di tutte le differenze e che crea l'unità di ciò che normalmente chiamiamo la natura dell'uomo. Se noi riportiamo l’amore a questo livello elementare, siamo automaticamente dentro la realtà, dentro la storia. 

La quasi totalità degli uomini e delle donne, dunque, si attraggono, si innamorano, si amano, si sposano e costruiscono la famiglia. L’amore tra uomo e donna è un’esperienza “universale”.

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 Per il dialogo

 Questa realtà naturale, questo mistero dell'amore insito nell'uomo e nella donna, lo percepiamo come un dato universale?

 L'esperienza dell'innamoramento, della relazione, del dialogo affettivo e spirituale, della scoperta dell'amore, della scelta di amarsi e di sposarsi, di costruire famiglia, l’esperienza della decisione di generare il  figlio quanto e cosa può contare nella vita dell'uomo e della donna?  

In tutto ciò si avverte che c'è qualcosa o qualcuno che ci trascende?

 Cosa tutto ciò può significare in ordine a quello che  noi cristiani viviamo in coppia, in famiglia, nella comunità umana e cristiana?

 Durante il confronto dello scorso anno a Marghera,emerse questa considerazione: conosco dei coniugi sposati in municipio che, secondo l’opinione comune, mostrano di vivere dei valori positivi, mi domando: anche a loro Dio ha fatto il “dono” dell’amore? e questa realtà “naturale”, prima di essere redenta, nonostante i limiti dell’uomo e i peccati, può far avvertire in un certo senso la presenza dell’amore di Dio? Ma cos’è l’Amore di Dio?

  Che cosa può significare tutto questo in ordine alla pastorale parrocchiale, a quello che viviamo nella nostra parrocchia?

AL SOMMARIO

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 I.2. L' AMORE UOMO E DONNA NELL’ATTUALE  CONTESTO CULTURALE E SOCIALE.

 Esiste una nuova antropologia assai diffusa nel mondo d’oggi, un’antropologia mutilata, scarsa, povera, utilitarista, positivista, dove i valori sono spesso abbandonati o non contano più. In tale contesto, si assiste alla dissoluzione progressiva del matrimonio e della famiglia, ma anche della persona, dell’amore libero e responsabile, della piena donazione.

 Il nostro Patriarca l’anno scorso a Marghera sottolineava: “La situazione di transizione, di cambiamento anche violento che stanno attraversando le nostre società, è caratterizzata da grande confusione. Si avvalora una concezione dell’amore inteso come un concatenarsi di tante esperienze, di relazioni tra uomo e donna o addirittura tra persone dello stesso sesso, con la possibilità di passare dall’eterosessualità alla omosessualità: e più sono le esperienze più si considera una persona “riuscita”. Vi è inoltre una grandissima difficoltà all’accoglienza, all’ospitalità; una profonda insipienza di fronte al calo demografico nel nostro paese in particolare, che si esprime nel non fare spazio all’elemento più reale della speranza che sono i figli”.

 E a conferma di questa durezza della vita nelle nostre famiglie anche Daniele Garota faceva notare come i più grossi drammi e delitti maturano spesso all’interno del nucleo familiare.

 In realtà, ce lo ricorda frequentemente Giovanni Paolo II, è proprio sulla concezione dell’uomo e del mondo che si giocano le scelte a favore o contro la vita, la libertà, la giustizia, la pace, e si tocca con mano come questi grandi temi, nell’attuale orizzonte culturale, abbiano perso di spessore.

In definitiva, è sempre il pensiero del Papa, l’impegno o addirittura la sfida  affidata a tutti gli “uomini di buona volontà”, si gioca sul terreno della fondamentale scelta biblica tra la luce e le tenebre, la morte e la vita, la verità e la cultura della menzogna e, di conseguenza, sulle scelte a favore o contro la vita, la libertà, la giustizia e la pace.

 Con queste parole il Santo Padre ribadisce la proposta o svolta “antropologica” a cui Il Concilio Vaticano II ha impegnato tutta la pastorale della Chiesa, proposta  antropologica “adeguata”, che coniuga insieme teologia e filosofia, fede e ragione, che unifica pertanto quel sapere frammentario che caratterizza particolarmente la cultura contemporanea.

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Per il dialogo

 Domandiamoci perché e da dove venga questa drammatica confusione? dove nasca la crisi della differenza sessuale, dell'amore inteso come dono di sé. dell'amore uomo/donna vissuto nella fecondità e nell'apertura alla vita? la crisi della bellezza dell'accoglienza dell'altro e della vita stessa ?

In che misura  l’atteggiamento dei cristiani nei confronti della bellezza dell’amore ha contribuito  a generare questa drammatica confusione?

 Ma, domandiamoci anche, è proprio tutta negativa la situazione della vita coniugale e familiare, tale da non saper leggerci la presenza di realtà positive, belle e ricche, magari nascoste nell’"ordinarietà" dell'esistenza ?

 Questa realtà risuona nelle nostre comunità parrocchiali, come esse vi reagiscono, come si possano aprire a nuove prospettive anche in ordine alla proposta “antropologica”?

  AL SOMMARIO

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I.3. QUANDO L'AMORE TRA L’UOMO E LA DONNA É “AMORE SPONSALE” ?

Lettura antropologica

C’è un primo amore che si sperimenta nel cuore umano come un “evento”, un qualcosa che accade, un sentimento,  nel quale si può essere coinvolti o addirittura sollecitati all'adesione, senza implicare  ancora una scelta, né un progetto.

 Così avere una relazione, vivere un legame affettivo senza l'esplicita volontà di volersi amare può essere un amore, non già donazione reciproca della propria persona maschile o femminile.

L'uomo e la donna, cioè, possono vivere l'amore ma non assumere l'identità propria di sposi, che invece si produce solo attraverso l'atto della libera volontà, nuovo, originale, capace di trasformare l'amore in impegno, l'amarsi in volontà di amarsi.

Allora, perché si costituisca la nuova ed originale identità dei due nel "noi" matrimoniale, è indispensabile un atto della volontà del tutto nuovo e fondamentale: il consenso matrimoniale. Quel sì esclusivo e totale, che può pronunciare solo chi si possiede totalmente.

 Si può e si deve dire che questo impegno non è contrario all'amore, anzi lo realizza nella sua pienezza. E mentre non tutti coloro che dicono di amarsi, possono di fatto considerarsi sposi, gli sposi sono coloro che si amano a tal punto da compromettere tutto il loro passato, presente e futuro nella libera e responsabile unione delle loro vite. Giungendo all’atto del totale donarsi, la coppia crea una realtà nuova e originale: la realtà sponsale dei due in uno, il “noi” delle due vite unite senza fine.

 Qui l’amore non solo non cessa, ma si rinnova rinnovando l’intera esistenza dei due, diventa forza e sostegno, valore da realizzare e custodire, dono da vivere ogni giorno, da comunicarsi reciprocamente in modo unico e originale,  come amore “creativo”, quindi “procreativo”.

É avvenuta così quella trasformazione dell’amore e tramite l’amore di cui la coppia è protagonista e destinataria ed in cui la comunicazione dei corpi sessuati diventa principio di intima “comunione” di vita, ma anche principio di “procreazione umana personalizzata”, dove ha dignità il nascere e il crescere di un’altra vita umana: il figlio.

 Allora, la donazione sponsale degli sposi è resa possibile dalla libertà del dono con cui entrambi realizzano il significato sponsale del corpo. In ciascuno è richiesta la padronanza di se stessi  per non disgregarsi sotto l’istinto e le passioni, l’egoismo e l’aggressività ed è richiesto il rispetto dell’altro e di tutte le esigenze dell’amore autentico. L’amore sponsale, infatti, presuppone un cammino di crescita nella conoscenza di sé e di educazione all’autodominio. La sessualità è un valore ed è pienamente espressa all’interno del matrimonio perché realizza nel dono il significato sponsale del corpo.

 Non si può ignorare che l’orizzonte antropologico odierno è contraddistinto da una progressiva riduzione dei significati e dei valori che appartengono alla dignità della persona umana, al suo ethos, alla verità del bene inscritto profondamente nella sua natura.  Però è un tempo che presenta anche delle grandi opportunità.

 Di questo scenario è necessario tener conto così come continuamente ci richiama Giovanni Paolo II, al quale - è noto - stanno a cuore i temi conciliari specialmente riguardanti la persona umana e la sua dignità: è la proposta “antropologica” della Chiesa del Vaticano II.

 Tra i quali temi spicca quello del “dono di sé”, che trova il suo paradigma nella reciprocità uomo-donna. Attraverso il “dialogo dei doni” l’uomo prende coscienza del suo carattere personale e arriva alla propria maturazione. L’uomo sa che la sua esistenza è dovuta al dono e, quando viene generato in modo umano dal dono sponsale di un uomo e di una donna, lo scopre fin dal grembo materno, prima ancora di vedere la luce. Egli poi è affidato all’amore di Dio, che nel battesimo (qui stiamo entrando per un momento soltanto nel discorso cristiano) lo inonda di doni, ed apprende la storia dell’amore sponsale narrata anzitutto dal volto e dalle parole di coloro che lo hanno generato alla vita. Non sarà difficile per quest’uomo convincersi che è solo l’amore che salva l’uomo e solo l’amore sponsale e, di conseguenza, non gli sarà difficile decidersi per l’amore sponsale nel matrimonio e per l’amore sponsale nella vita consacrata, anzi sarà segno di gratitudine e motivo di gioia  

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 Per il dialogo

 Siamo convinti che la realtà dell’amore uomo/donna, valore “universale”, meraviglia della creazione, esige di raggiungere la sua pienezza nell’amore sponsale-matrimonio come scelta personale, libera e responsabile dell’uomo e della donna, per essere veramente sposi?

Qual è l’atteggiamento della comunità parrocchiale di fronte al primo amore, che troverà la sua pienezza nell’amore sponsale? E’ capace di stupirsi e di gioire di fronte a questo amore, all’amore che nasce tra due giovani, tra due fidanzati che poi chiedono di “sposarsi nel Signore”?

 É proprio della comunità parrocchiale rivolgere particolare attenzione agli sposi e ai genitori accompagnandoli e sostenendoli per aiutarli nel loro compito di educare all’amore i figli fin dall’infanzia, all’adolescenza e giovinezza, tenendo presente che essi potranno essere domani fidanzati e sposi, oltre che chiamati alla vocazione di consacrazione e al sacerdozio.

 Più precisamente, sappiamo che Gesù ha affidato alla Chiesa il “servizio all’uomo”; che esige di conoscere e comprendere l’uomo, le sue vere esigenze e i suoi valori autentici, per promuoverli: è questa la “promozione umana”, contenuto essenziale dell’evangelizzazione.

Di conseguenza, è compito della comunità ecclesiale anzitutto offrire a coloro cui rivolge la sua attività pastorale, a cominciare dai più giovani, una formazione-informazione antropologicamente adeguata sulle tematiche della relazione uomo/donna, della sessualità, dell’affettività e dell’amore, in vista delle loro scelte fondamentali di vita.

A questo obiettivo sono impegnate le parrocchie che possono contare sulla collaborazione “professionale” del Centro S.Maria Mater Domini che da molto tempo ormai opera con i  tre Consultori diocesani a Venezia, Mestre e Eraclea,  voluti oltre quindici anni fa dal Patriarca per collaborare con tutte le parrocchie della nostra comunità diocesana alla “formazione” e alla “consulenza” della coppia e della famiglia e delle singole persone.

 É necessario che il Consultorio divenga finalmente nelle singole parrocchie un’esigenza improrogabile per lo svolgimento del compito loro proprio indelegabile della “formazione alla fede” dei battezzati a partire dai sacramenti dell’iniziazione cristiana fino al Matrimonio.

 

BIBLIOGRAFIA

“Il Mistero Nuziale”, 1 e 2, A.Scola, Pul Mursia

“Uomo-donna: il caso serio dell’amore”, A.Scola  , Marietti, 2002

Antropologia cristiana”, G.Colzani, PM

“Chiamati per nome, Antropologia teologica”, I.Sanna. EP

“Il granello di senapa”, lettera pastorale M.Cè, 1990

AL SOMMARIO

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 I.4. IL MATRIMONIO DEI CRISTIANI É UN SACRAMENTO

 L’amore tra l’uomo e la donna è un “dono” e una “vocazione” di Dio. L' amore sponsale nasce dall'iniziativa di Dio. É Dio che chiama e convoca. I due sposi sanno che il loro incontro non è frutto del caso, ma è opera di Dio. Alla radice ultima di ogni matrimonio non sta il cuore dell'uomo e della donna, ma il cuore stesso di Dio.  Lo sposarsi è sì una possibilità che l'uomo e la donna hanno, ma è una possibilità che viene aperta nella loro esistenza da Dio stesso.

 La decisione al matrimonio è, perciò, “risposta” ad una “vocazione” che viene dall’alto.

La risposta alla "chiamata" di Dio al matrimonio sarà libera e il sì dell'adesione sarà fiduciosa accoglienza del "dono della persona". Se l'uomo si ritrova solo donandosi, perché ci sia dono sponsale, è necessario che le due persone "reciprocamente e totalmente" siano coinvolte nello stesso progetto di amore. I due sposi nel "consenso matrimoniale" prendono in mano il loro destino personale e irrevocabilmente lo depongono ciascuno nelle mani dell'altro. Avviene qui la "trasformazione" dell'amore e la nascita della nuova identità sponsale. Per l’ulteriore opportuno approfondimento sull’amore uomo donna è bene seguire i due documenti: “Gaudium et Spes” 47-52 del Concilio Vaticano II e “Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”, J.Ratzinger, 31.05.2004.

 Il matrimonio dei cristiani è un "sacramento".  Chi si sposa, “si sposi nel Signore”: per i cristiani il matrimonio è, innanzitutto, un appuntamento di Dio, un luogo dove incontrarlo, un tempo di grazia. Una scadenza, quindi, per una comunione, dove Dio celebra e manifesta unità-amore con due cristiani che si amano di un amore sponsale.

 Dio ha voluto il sacramento del matrimonio perché nella storia umana ci fosse un'immagine viva di Dio e del suo amore. Contenuto essenziale delle fede cristiana è che Dio sia uno in tre persone, un Dio unico che vive la sua vita di comunione d'amore come vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E questo mistero lo si avverte presente e operante nella storia proprio grazie a questa esperienza di vita degli sposi. La prima strada assieme alla “consacrazione verginale” che Dio ha scelto per rivelare se stesso, il suo amore trinitario, è proprio questa esperienza di vita degli sposi e della famiglia.

 Difatti la sorpresa di Dio raggiunge l’uomo dove egli sta; e gli dà di incontrarlo da dentro l’esistenza dove egli vive. La grandezza dell’intervento di Dio si riflette in questo disegno: poter vivere di Dio e con Dio, al suo servizio, lì dove la vita dell’uomo è umana. Nello stile del Vangelo, secondo il quale Cristo si dispone all’uomo che egli visita, raggiungendolo nelle situazioni datate della sua condizione sociale, morale, religiosa.

La “sorpresa” di Dio è “nuova” anche per questa ragione. Dio non distrae mai l’uomo dagli obblighi della vita, perché egli ama abitare dove gli uomini abitano e non altrove, valorizzando appieno la loro  esperienza umana in tutte le sue espressioni.  Ciò vuol dire che Dio va all’uomo nel cuore stesso della storia, che egli pratica.

 Ciò accade anche per il matrimonio: gli sposi sono chiamati ad entrare in questa prospettiva, per avvertire fino in fondo  la visita di Dio che fa a loro nel matrimonio. Devono, cioè, portare se stessi e il loro progetto a questo appuntamento, per offrirlo al Signore della vita. Per fedeltà alla vocazione battesimale, che passa attraverso il loro amore, per compiersi nel matrimonio.

 Il matrimonio, di conseguenza, chiede agli sposi di essere innanzitutto uomini di fede, così che in questo matrimonio essi renderanno evidente che la volontà di Dio è decisiva per il loro amore. Non una volontà fiscale o di controllo.  Liberatrice, invece, e fonte di salvezza. Nella consapevolezza, quindi, dei valori in gioco, che si esprimono certamente secondo l’etica e il costume dell’uomo, ma nel filtro della Pasqua di morte e risurrezione, così da esserne l’ “annuncio” proclamato nel loro esistere quotidiano.

 Ma nella storia umana Dio ha voluto che ci fosse un'immagine non soltanto del mistero di Dio, ma anche del mistero di Gesù Cristo, che ama tutti e ciascuno di noi come egli ama la Chiesa. É ciò che deve essere scoperto o riscoperto ed enucleato in tutta la sua singolare ricchezza.

Non si può capire Gesù Cristo e non si può capire la storia umana, che è compendiata in Lui, se non ci si dà appuntamento ai piedi della croce., dove Gesù dà prova del suo amore per noi

 Per questo Paolo, in un testo fondamentale per capire il matrimonio cristiano, chiede agli sposi che guardino decisamente a Cristo: "Mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei". Ef 5, 23.

Giovanni Paolo II gli fa eco nella FC 13: "Gli sposi sono il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce".

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 Per il dialogo

 Questi valori cristiani sono noti agli sposi e, in genere, alla comunità cristiana? o hanno bisogno di essere riconosciuti e approfonditi dagli sposi, in primo luogo, perché sono la chiave di lettura e di interpretazione della loro realtà ultima?

 É motivata l'impressione, che tante volte si ha  che quando la Chiesa affronta il tema del matrimonio , della coniugalità ecc., faccia discorsi lontani, estranei, o addirittura astratti rispetto ai problemi concreti, spesso cosi vivi e così difficili della vita quotidiana delle coppie?

 Tutta la realtà umana dell’amore compreso il matrimonio viene elevata da Gesù Cristo a sacramento: percepiamo che alla radice ultima del matrimonio non sta  solo il cuore dell’uomo e della donna, ma il cuore stesso di Dio, che opera  nella coppia?

Dio ha creato la coppia umana e il sacramento perché nella storia umana ci fosse un’immagine viva del suo amore per l’umanità intera: è un’affermazione che ci appartiene, familiare?

Dio ha creato la coppia e il sacramento del matrimonio perché ci fosse nella nostra storia un’immagine viva dell’amore di Cristo per la Chiesa?

Quali conseguenze e novità, anche a livello pastorale possono derivare dalla consapevolezza delle nostre comunità di questo progetto di Dio?

 Siamo giunti alla convinzione che l’elemento cardine della vita della famiglia è nell’ “amore coniugale come dono di Dio”. Abbiamo cercato di leggere l’amore uomo-donna nella vita di tutti i giorni, così come gli sposi lo vivono e lo alimentano; quindi un amore che vuole vivificare la presenza di Cristo all’interno della vita della coppia e della  famiglia, facendo diventare il matrimonio un “rapporto a tre”. Un amore, così inteso, vuole rendere la coppia un modello di condivisione e di accoglienza per tutta la Chiesa e di speranza per il mondo.

 A scoprire il “progetto” di Dio sull’amore e sul matrimonio si giunge gradualmente, attraverso un cammino, da percorrere sempre, per tutta la vita: progetto che supera i nostri desideri, aspettative e obiettivi.

 Stiamo riflettendo sugli elementi fondanti  della vita di una coppia di “sposi in Cristo”: il solo fatto che si amano “è cosa molto buona”. É necessario che l’amore uomo/donna sia visto in tutte le sue manifestazioni, sia nelle coppie di diritto che in quelle di fatto, nelle coppie cristiane e non. É necessario vedere in questo amore il “dono” dell’innamoramento fino alla pienezza dell’amore. La coppia deve interrogarsi sull’ “origine” dell’amore: Dio, per riscoprire la fede nell’esperienza di più coppie di sposi.

 Il rapporto che S.Paolo nella lettera agli Ef ha descritto tra Cristo e la Chiesa e tra marito e moglie, significa che Gesù ha aperto all’amore uomo-donna la prospettiva della “agape”, della gratuità”, dell’ “amore totale di sé”, dalla “reciprocità”, dalla corrispondenza, dall’inclinazione, dalla simpatia.

 L’amore uomo/donna riflette l’amore di  Dio, è immagine di Dio: sono “attori” di questo amore gli sposi cristiani e gli sposi non credenti. E ci chiediamo: che cosa hanno di diverso l’amore e il matrimonio dei cristiani? Hanno qualcosa di più? Come il sacramento rende concretamente diverso il matrimonio? Gli sposi e Gesù nell’evento delle nozze di Cana: come noi sposi cristiani possiamo essere testimoni visibili di Gesù, e con “discrezione”?

 

BIBLIOGRAFIA

 “Teologia sponsale e sacramento delle nozze”. 1 e 2, G.Mazzanti

“Il Sacramento della coppia. Saggio di telogia del Matrimnio, C.Rocchetta, EDB

“Lexicon”, Pontificio consiglio per la famiglia, EDB, Bo 2003

“Direttorio di pastorale familiare”, CEI,     

“Cari sposi, care famiglie…”, M.Cè, EDB 1995

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II

PROGETTARE

LA PASTORALE PARROCCHIALE

CON GLI SPOSI E LA FAMIGLIA

 

É noto il significato ecclesiale del sacramento del matrimonio: da qui deriva la rete di legami che salda la comunità sponsale alla comunità ecclesiale nel progetto di Dio.

 

LA COMUNITÀ ECCLESIALE

Il punto di riferimento è la qualità della vita della Chiesa che, secondo la prospettiva del Concilio, è detta ecclesiologia di “comunione”. Ma che cosa significa “comunione” riferito alla “Chiesa”?

La Chiesa viene dalla volontà di Dio, è opera delle sue mani. La comunità ecclesiale non è il frutto della buona volontà dei credenti: essa non può mai in nessun caso essere immaginata solo come il momento socio-istituzionale, assunto dall’organizzazione dei cristiani che si radunano insieme. In questo caso la Chiesa sarebbe solo umana come una qualsiasi altra società.

Essa viene da Dio, è un dono del suo amore. “Quando due o tre si raccolgono” nel nome del Signore, Mt 18, 20, è la Chiesa. Paolo aggiunge: “Nessuno può confessare che Gesù è il Signore, se non gli è dato dallo Spirito”, 1 Cor 12, 5.

Invocare il nome di Dio non è, allora, un rito che giustifica e costituisce l’assemblea dei credenti. L’invocazione, mentre si esprime nel loro pregare, viene da prima di loro e da oltre loro. Viene appunto dallo Spirito di Dio, che chiama “a gran voce” gli eletti alla fede.

 

Così nasce la Chiesa: dove Dio scende nel cuore dell’uomo e lo incontra, per farlo “suo”; vuole   essere il Dio della sua vita, in modo che l’uomo, con lo stesso movimento di grazia, lo riconosca  come unico Signore della propria esistenza.

 

É chiaro che la Chiesa non nasce dalla disponibilità dell’uomo a Dio, ma dalla disponibilità di Dio all’uomo. Per questa ragione la Chiesa, affidata da Gesù Cristo alla guida del Papa e dei Vescovi (Christus Dominus, 1), è la celebrazione di tale incontro, deciso e desiderato dal Padre che sta nei cieli. Un “segreto” nascosto in lui da sempre, “sconosciuto” sia agli angeli che agli uomini, Col 1,26, reso finalmente manifesto da Gesù di Nazaret.

 

La Chiesa, perché incontro, è appunto la “comunione” di Dio con l’uomo, perché l’uomo sia in “comunione” con Dio. La “comunione” dichiara che l’incontro è pieno di intimità, più profonda di quanto l’uomo possa   immaginare.  Una “comunione” di “unità”, la stessa comunione-unità che lega il Padre al Figlio nell’amore indicibile dello Spirito. La “comunione” stessa di Dio, vissuta nell’intimità della stessa realtà divina, cf Gv 17, 21.

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LA COMUNITÀ SPONSALE

Per il sacramento del matrimonio la comunità coniugale è essa pure “segno” e “profezia” della “comunione” di Dio con gli sposi: la “comunione” che egli celebra dall’interno del loro amore e fa dell’unione sponsale il “lieto annuncio” dell’amore di “Cristo per la Chiesa”. Dio scende in questo amore e lo celebra come Dio dell’amore, trasformandolo in un luogo di intimità vivente tra sé e gli sposi, intrattenendosi in dialogo di grazia e di salvezza con loro, così che anche loro, a causa di Dio, si intrattengano nello stesso dialogo che, mentre li lega a Dio, li lega in maniera ineffabile anche tra di loro.

  Per questo si può e si deve affermare che la Chiesa e il matrimonio nascono dallo stesso mistero pasquale; hanno la stessa vocazione e la stessa missione. La “comunione” pasquale è il principio normativo del loro rapporto. Per questo S.Paolo (lo abbiamo già ricordato), in un testo fondamentale per capire il matrimonio cristiano, chiede agli sposi di guardare decisamente a Cristo: “Mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”, Ef 5, 25. E Giovanni Paolo II ribadisce nella FC 13: “Gli sposi sono il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce”.

Tra l’altro, diversamente, come si saprebbe comprendere e giustificare l’interesse appassionato della Chiesa nei confronti del matrimonio e della famiglia, che dal matrimonio ha origine?

Dunque, l’amore sponsale - insieme al carisma della consacrazione verginale - è un dono particolare che lo Spirito Santo elargisce agli sposi per l’edificazione della Chiesa e la promozione della comunità umana, cf 1Cor 12, 12-13. Lo Spirito che unse il Cristo, inviandolo come testimone del Padre e redentore degli uomini, ha effuso sopra i coniugi cristiani - e i consacrati del Signore (sarà necessario riprendere presto questa sublime realtà) - perché siano nel mondo “sale” e “luce”, Mt 5, 13-14, “lievito che fermenta tutta la pasta”, Mt 13, 44. La triplice funzione profetica, sacerdotale e regale a cui sono chiamati tutti i battezzati si specifica nel matrimonio attraverso la formazione della famiglia, che deriva dal sacramento del matrimonio, come “piccola chiesa domestica”, chiamata a vivere  l’ascolto e l’annuncio della Parola, la preghiera comune e i sacramenti nella grande famiglia ecclesiale soprattutto verso altre famiglie in difficoltà.

 

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IL VOLTO MISSIONARIO DELLA PARROCCHIA

“La parrocchia è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli   delle sue figlie” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici 26, citando a sua volta il Vaticano II, Sacrosanctum Concilium 42): difficilmente si può trovare una definizione più sintetica e incisiva della realtà ecclesiale di base, nella quale tutti in qualche modo siamo dentro da sempre, dalla quale siamo stati generati alla fede e alla vita cristiana, nella quale viviamo il nostro battesimo ed esercitiamo i vari ministeri, alla quale ricorriamo per nutrire di grazia  il nostro quotidiano specialmente nei momenti più signficativi o difficili della nostra esistenza personale, familiare e comunitaria.

Nella Nota pastorale dei Vescovi italiani “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”, dello scorso maggio, è affermato con vigore che la Chiesa italiana non può fare a meno della parrocchia e che “il futuro della Chiesa in Italia ha bisogno della parrocchia” (n.5).

Con il Concilio si è iniziato  un processo di incalcolabile importanza: il risveglio della coscienza dei cristiani al “senso della Chiesa”. Il risveglio passa ancora per larga parte attraverso il tessuto connettivo di base: la parrocchia.  

Scrive il Patriarca nella Lettera pastorale: “Lieti nella speranza. IL VOLTO MISSIONARIO DELLA PARROCCHIA” (31.10.2003): “La parrocchia è la comunità in cui la casa è assunta in una più ampia dimora: La famiglia si arricchisce e trova il suo equilibrio oggettivo nella trama stabile di rapporti che la comunità parrocchiale propone. La condizione per questo è l’annuncio che apre gli affetti della carne e del sangue all’affezione di comunione. È la missione. Senza la missione la casa non diventa dimora. Infatti, come spesso costatiamo, senza la dimora della comunità, la casa (la famiglia) per sé sola non ce la fa! Il volto missionario della parrocchia è quindi originario e costitutivo” .

 Nascono però interrogativi che non sono nuovi: la parrocchia  potrà di nuovo annunciare il Vangelo nelle forme della vita degli uomini d’oggi? Quali saranno le forme della trasmissione della fede nel contesto attuale? Che cosa si intende quando si auspica che la parrocchia deve diventare “missionaria”?

Iniziamo qui una prima risposta agli interrogativi.

È noto che la vocazione cristiana comporta che la vita quotidiana (lavoro, famiglia, impegni sociali), sia vissuta come un cammino di sequela del Signore.

La parrocchia, per essere chiesa, (predicazione evangelica, celebrazione eucaristica, doni dello Spirito, unità fraterna con la presidenza del ministero ordinato) deve plasmare la libertà dei credenti, configurandola come un obiettivo della fede cristiana in rapporto alle condizioni storico-civili della loro esistenza. Questo è proprio il suo volto missionario.

In realtà questo traguardo è da raggiungere attraverso  un lavoro comune delle parrocchie in ordine ad una proposta del Vangelo che penetri effettivamente nella vita della gente:

Ad esempio, valorizzare la solidarietà che consiste nel dare un volto e un nome a delle persone concrete; considerare il lavoro un contributo, non solo al mantenimento ma alla promozione dell’uomo; vivere la globalizzazione come opportunità di un amore diffuso e non solo come una preoccupazione sociale

Questo è il volto missionario della parrocchia. Ciò consentirà di approdare ad una visione di comunità più “articolata” sul territorio, uscendo dalla riproduzione di figure di comunità, pressoché usuali, che presentano attività ripetute per tutti. 

Si tratta di un lavoro comune che esige uno spirito fresco e nuove figure laicali, di profilo pastorale e missionario. Ciò dovrà avvenire anche in parrocchie che si ritengono grandi a sufficienza  

La sfida di una pastorale sinfonica è dunque per tutti. Per questo bisogna che tutti si mettano in movimento: occorre fare oggi per scelta ciò che si dovrà fare domani per forza. La sorpresa dovrebbe essere quella di veder nascere forze ed energie, soprattutto laicali, in particolare di sposi, che operino nella parrocchia  in un rapporto di stima e di fiducia con il parroco.

L’obiettivo è far si che ogni cristiano riscopra che la sua vita è testimonianza dentro le forme della vita quotidiana, nella famiglia, nel lavoro, nei luoghi del divertimento e del volontariato fino agli spazi sterminati della vita sociale, culturale e politica.

Senza la testimonianza diffusa dei credenti il volto missionario della parrocchia sembrerà sequestrato dall’impegno degli specialisti della pastorale. La parrocchia serve la fede della gente  perché la vita di ogni giorno possa irradiare ancora lo splendore del Vangelo.

Preziose sono le numerose indicazioni concrete descritte dal nostro Patriarca nella sua Lettera: “Il volto missionario della parrocchia”, la quale, in sintonia con la Nota pastorale dei Vescovi italiani, intravvede prospettive nuove per la parrocchia che si sforza di immaginare in modo nuovo e geniale la Chiesa nel proprio tempo: a servizio missionario di tutti e di ciascuno!

 

Per il dialogo

  • Allora, la reciprocità del fondamento salvifico mette le due comunità una in rapporto con l’altra, così da non essere pensabili separatamente e la comunità sponsale non può mai staccarsi dalla comunità ecclesiale. Non quindi per un riconoscimento esterno con il quale la Chiesa promuove il matrimonio a “soggetto” pastorale e missionario. Ma per la fedeltà a se stessa, perché nella misura in cui la comunità dei credenti è attenta ai doni che costituiscono la sua vita, non può che incrociare  il matrimonio, quale dono emergente e pieno di qualità che le viene dal Signore.

In realtà, questi valori stanno diventando oggetto della consapevolezza degli sposi, dei presbiteri e delle comunità parrocchiali?

  • L’obiettivo della scorsa Assemblea: “Mettere al centro della programmazione pastorale della comunità parrocchiale l’amore tra l’uomo e la donna”, dovrebbe informare tutta l’attività parrocchiale nelle sue manifestazioni sacramentali ed organizzative, e rimane di assoluta e indiscutibile priorità, come affermano i Vescovi in ESM 44: “In forza del loro ministero, gli sposi sono il soggetto attivo e responsabile della sollecitudine pastorale della Chiesa” (cf LG 11 e AA 11).

  • “Progettare la pastorale della  parrocchia con gli sposi e la famiglia” significa delineare il “cammino di conversione” che deve fare una parrocchia per essere qui ed ora segno e strumento del Regno di Dio, cioè per essere testimone credibile dell’amore di Dio, per essere segno e strumento di comunione e per promuovere la crescita integrale delle persone.

        Non significa elaborare una strategia operativa a partire dai nostri criteri umani, ma vuol dire     cercare di scoprire, con la luce dello Spirito Santo e con il “discernimento                     comunitario”, qual è il progetto di Dio sulla nostra comunità parrocchiale e impostare l’azione pastorale in modo che la parrocchia diventi ciò che Dio le chiede di essere in questo momento storico e in questo contesto sociale e culturale.

Quali sono le scelte che siamo chiamati a fare per avviare questo nuovo stile di chiesa, che trova nelle coppie degli sposi e nelle famiglie i suoi protagonisti e i suoi modelli di riferimento? 

 

  • In realtà,  le nostre parrocchie sono chiamate a una grande “conversione pastorale”, cioè a passare (si tratta di una semplice traccia di indicazioni della commissione da discutere e definire insieme  già in Assemblea):

Ø dall’idea di famiglia intesa come “oggetto” delle cure pastorali, ad una famiglia come “soggetto pastorale”;

Ø da una parrocchia intesa come un insieme di persone singole ad una parrocchia intesa come “famiglia delle famiglie”, in cui le famiglie sono la “base” della parrocchia e dove le famiglie si sentono come nella propria casa;

Ø da una famiglia “oggetto” ad una famiglia vista come “fonte generativa” della comunità parrocchiale e come “perno” della progettazione e della gestione della parrocchia;

Ø da una famiglia vista come un “settore” della pastorale, ad una famiglia comsiderata come “trasversale” a tutta la pastorale; da un’attenzione quasi esclusiva alle famiglie praticanti, ad un coinvolgimento missionario di tutte le famiglie.

  • Le parrocchie, che fanno questa conversione pastorale sono chiamate ad assumere la coppia e la famiglia come “modello” in base al quale strutturarsi e perciò sono chiamate:

Ø a dare il primato alle “relazioni interpersonali” rispetto alle azioni pastorali;

Ø ad assumere lo “stile” della vita di famiglia, caratterizzato dall’amore sponsale e genitoriale, da rapporti amicali, dall’accoglienza, dalla pazienza, dalla concretezza, dalla gradualità, dalla condivisione, dalla corresponsabilità, dalla compartecipazione;

Ø a rispettare i ritmi della vita e gli orari degli sposi e delle famiglie.

 

  • Le parrocchie, che fanno questa conversione, si impegnano a “progettare” l’azione pastorale con gli sposi e le famiglie. Più concretamente, sono chiamate:

Ø a prevedere nel consiglio pastorale parrocchiale  la presenza di una o più coppie di sposi o di intere famiglie; a far partecipare le coppie di sposi e le famiglie alla progettazione pastorale, alla sua attuazione e alla verifica del cammino percorso;

Ø a stabilire un rapporto di stima e di fiducia vicendevole tra presbitero e coppie sposi e a instaurare tra di loro un rapporto di amicizia, di familiarità e di servizio reciproco;

Ø a creare in parrocchia il gruppo sposi e famiglie con una propria vitalità e con momenti di condivisione e comunione all’interno dell’unica comunità parrocchiale;

Ø a promuovere e sostenere un gruppo di sposi che collaborino nello svolgimento delle attività per la formazione dei fidanzati al matrimonio.

  • Per realizzare una pastorale in cui gli sposi e le famiglie sono considerate come “soggetti pastorali”, si ritiene necessaria  un’adeguata formazione spirituale e teologico-culturale, sia degli sposi che dei presbiteri.

In questa formazione bisogna approfondire la “teologia della nuzialità” e imparare a rileggere tutta la storia della salvezza con questa prospettiva, con decisa e seria attenzione ai “dati umani”.

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ALL'ELENCO DELLE ULTIME ASSEMBLEE

bibliografia

“Progettare la Pastorale con la famiglia in parrocchia”, a cura di R.Bonetti Uff.CEI pastorale della famiglia, Cantagalli, Siena 2001

“Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio”, 59-60,  CEI

“Gli sposi servi del Signore”, G.Pattaro, EDB. BO 1979 

“Lieti nella speranza. IL VOLTO MISSIONARIO DELA PARROCCHIA”, Card. Angelo Scola, 2003-4

“Il volto missionario della Parrocchia”, CEI, 2004

“Se vuoi essere compiuto”, Lettera del Patriarca e cel Consiglio Episcopale.

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