SCHEDE PER LA RIFLESSIONE
IN PREPARAZIONE ALLA
XIX ASSEMBLEA
19)
10 Ottobre 2004, per la zona di Veneza, parrocchia di S. Maria
Elisabetta al Lido
17
Ottobre, per la zona di Mestre e terraferma, parrocchia di S. Pietro
Orseolo
23
Ottobre, per la zona del Litorale, Casa S.Maria Assunta del Cavallino
L'amore
coniugale
nella pastorale della Parrocchia
|
INTRODUZIONE
L’Assemblea
continuerà a sviluppare l’obiettivo dell’ultima Assemblea di Marghera: “L’amore degli sposi meraviglia della creazione,
dono per la persona, per la famiglia e per la comunità umana e
cristiana. Progettare la pastorale della parrocchia con gli sposi e
con la famiglia”, e ancora si
ispirerà all’Istruzione del Patriarca per l’anno pastorale
2003-2004: “Il volto missionario della Parrocchia”.
Il
Patriarca diceva agli sposi a S.Antonio di Marghera: “La prima
missione, il primo compito della parrocchia è partire
dall’esperienza elementare della gente…Parrocchia significa
letteralmente “case vicine” dal greco, abitare vicino, e infatti,
nella storia della Chiesa, dopo il IV secolo, la parrocchia è stata
la chiesa in mezzo alle case vicine. La parrocchia, a partire dal
Battesimo, dalla Comunione e dalla Cresima, investe la dimensione
naturale del rapporto tra l’uomo e la donna… Il volto missionario
della parrocchia - ci ha ricordato il nostro Patriarca - si rivela
nella trasfigurazione degli affetti, dell’amore tra l’uomo e la
donna che si apre alla vita: papà, mamma e bambino, radicandoli nel
centro affettivo più potente, che è Gesù Cristo, come afferma
S.Paolo nella lettera agli Efesini (5, 25-27)”.
Sì,
vogliamo puntare decisamente ancora, in questo nuovo appuntamento
diocesano degli sposi, sull’amore tra l’uomo e la donna proprio
perché in loro “Le differenze sono altrettante promesse di
relazione”, il “dato” oggettivo di realtà con cui veniamo al
mondo: maschio e femmina e, soprattutto, perché “Nell’amore
umanissimo che celebra la bellezza dei corpi e la felicità della
ricerca reciproca, si esprime l’amore divino”, leggiamo nella “Lettera
ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e
della donna nella Chiesa e nel mondo”,
pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede, a firma del
Card. J.Ratzinger, del 31 maggio 2004. Questo documento
importantissimo ci aiuterà nel nostro cammino.
Il
tema della XIX Assemblea degli
sposi si arricchisce ora anche della recentissima Nota Pastorale della
Conferenza Episcopale Italiana: “Il volto missionario della
parrocchia in un mondo che cambia”.
“Come
voi testimoniate – ci diceva ancora il Patriarca
– abbiamo fatto dei passi eccellenti con la pastorale
familiare nel nostro Patriarcato. Ora ne dobbiamo fare un altro, dobbiamo
aiutare tutti i sacerdoti, tutti i responsabili, ad avere il coraggio
di partire dagli sposi come “soggetto”, perché
la parrocchia deve modularsi molto di più su questa
dimensione dell’esperienza umana: nel compito, nella missione
di arricchire, trasfigurare gli affetti. Laddove c’è l’amore,
bisogna testimoniare come vivere di Cristo. Nel modo stesso di
vivere l’amore coniugale nella famiglia fedele e stabile, si compie
la promessa contenuta nell’amore uomo-donna, cioè si realizza il
“per sempre”, si apre la vita e la genera, si edifica la Chiesa,
si costruisce la società”.
E
queste parole sono eco del documento della C.E.I. ESM 32 (1975):
“L’Ordine e il Matrimonio significano e attuano una nuova e
particolare forma del continuo rinnovarsi dell’alleanza nella
storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale
vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e
dilatazione del popolo di Dio”. E lo stesso documento aggiunge (44):
“Così gli sposi, mediante il sacramento, ricevono quasi una
consacrazione che attinge, trasformandola, tutta la loro esistenza
coniugale (GS 48). Nell’incontro sacramentale il Signore affida ai
coniugi anche una missione per la Chiesa e per il mondo, arricchendoli
di doni e di ministeri particolari (LG 11)”.
É
proprio per questo che vogliamo partire sempre dalla “contemplazione
di Cristo”, perché è Gesù che
vuole farci vedere la realtà della nostra vita, della nostra storia
d’amore di sposi, in una maniera trasfigurata, diversa, ancora più
bella di quanto la viviamo con la sua presenza in mezzo a noi.
Questo
passaggio è fondamentale, come ci viene ricordato nella lettera
pastorale “Se vuoi essere compiuto”, con la quale il Patriarca,
assieme al Consiglio Episcopale,
ci annuncia la Visita Pastorale che, adeguatamente preparata
dall’ “Assemblea Ecclesiale”
del 9-10 Aprile prossimo, incomincerà nel 2005. “Questa lettera ha
a che fare con Gesù Crocifisso che noi sappiamo essere vivo, ancora
oggi, perché è risorto… Lo Spirito del Signore risorto sostiene la
nostra Chiesa, in questa sua quotidiana azione in favore degli
uomini”.
Allora,
la XIX Assemblea diocesana degli sposi si svolgerà in tre zone
pastorali diverse e non in
un’unica sede, come finora è avvenuto, e precisamente:
1)
domenica 10 ottobre 2004, nel Centro Storico (parrocchia di
S.M.Elisabetta, vicariato del Lido);
2)
domenica 17 ottobre, nella Terraferma ( parrocchia di S.Pietro
Orseolo, vicariato di Carpenedo;
3)
sabato 23 ottobre, pomeriggio, nel Litorale.
È
nostra intenzione proseguire il dialogo nelle 3 sedi in altri due
successivi incontri.
Da
queste tre Assemblee, e ovviamnete dall’intensa attività di
preparazione degli ultimi mesi, la Commissione si prefigge di far
emergere dei contributi concreti degli sposi all’ASSEMBLEA
ECCLESIALE del 9 e 10 aprile 2005.
Nello
stesso contesto e quindi anche in vista dell’Assemblea Ecclesiale,
si svolgeranno gli altri due appuntamenti diocesani: 1) la XXV FESTA
DIOCESANA della FAMIGLIA domenica 16 gennaio 2005 alle ore 15.30 nella
Cattedrale di S.Marco,con la rinnovazione delle promesse coniugali e
l’ XI CONSEGNA della BIBBIA alle Famiglie; 2) l’ XI ASSEMBLEA DEI
FIDANZATI CON IL PATRIARCA domenica 13 marzo 2005 alle ore 15.00 nella
Cattedrale di S.Marco.
DUE PISTE PER IL DIALOGO PASTORALE
Va
sottolineato innanzitutto, non solo come nota di merito, ma
soprattutto perché è una nota di sostanza, come la Commissione sia
stata notevolmente stimolata l’anno scorso dal Vicariato di Marghera
da un modo nuovo di dialogare, di cercare nella Pastorale strade nuove
da percorrere; il che ha implicato nuove modalità nell’incontrare
le persone, nel porci i problemi, nel ripensare le nostre comunità.
Abbiamo così iniziato un percorso veramente interessante, che
vogliamo continuare anche in questa XIX Assemblea, puntando ancora su
due piste:
1.
dall’amore uomo-donna all’amore sponsale e al sacramento
del matrimonio
2.
progettare la pastorale parrocchiale con gli sposi e la
famiglia.
òòòòòòòòò
PARTIAMO SEMPRE DALLA CONTEMPLAZIONE DI GESÙ
CRISTO
Prima
di addentrarci a percorrere queste due piste per la riflessione e il
dialogo “pastorale” tra noi in questa
nuova Assemblea, ci soffermiamo su un tema per noi
fondamentale, irrinunciabile.
Sono
sette anni che cerchiamo di sostare in contemplazione del
“mistero” Gesù Cristo.
Guardiamo
a Lui e ci si spalancano
orizzonti infiniti, che ci superano e ci aprono a Dio.
Una
realtà che non riusciamo a comprendere, a misurare con il nostro
metro umano. É il mistero.
Contemplare
il mistero di Gesù, non soltanto per un piacere intellettuale, ma per
lasciarci prendere dal suo fascino e poi seguirlo, perché Lui è
l’unico nostro salvatore, al di fuori del quale non c’è salvezza.
Il
fatto che ci sta a cuore
è proprio capire sempre di più Gesù, perché ci è stata data la
grazia di intuire che niente è più bello, niente ci spalanca gli
spazi della felicità, più che conoscere, aderire a Gesù Cristo, e
ad amarlo, per seguirlo e entrare in sempre più personale comunione
con Lui.
Egli
è, infatti, il “tu” della nostra vita, il Figlio di Dio Padre,
appunto l’unico nostro salvatore.
Contemplando
Gesù, abbiamo compreso meglio che Gesù è un “rivelatore”, è più
semplice dire: è un “narratore” del Padre. Proprio questo ha
fatto nella sua vita. Come figlio conosce bene il Padre, sa cosa
pensa. Ha narrato il Padre nelle cose che ha fatto e detto. Nella sua
vita di misericordia e di bontà ci ha narrato il Padre. Però non
narra tutto del Padre da solo. Per narrare in pienezza la paternità
e la maternità – che in Dio si identificano – si serve della
nostra umanità, dell’umanità degli sposi. Così Gesù ci
rivela che Dio appartiene anche alla nostra storia, non è più solo
un mistero invisibile ma, grazie a questo disegno di Dio, che ha
pensato, ha desiderato, ha voluto, ha amato e ha realizzato il
matrimonio, è un mistero visibile, parte integrante della storia
umana. Questa verità fondamentale della fede cristiana, Dio è Uno e
Trino, prima di impararla dal catechismo, noi la incontriamo là dove
l’esperienza coniugale e familiare corrisponde al disegno di Dio.
Inoltre,
abbiamo riflettuto su alcuni attributi di Gesù, secondo una
catalogazione convenzionale, però molto ricca: Cristo sacerdote,
Cristo re, Cristo profeta. Potremmo aggiungere altre peculiarità del
Cristo, ma già in queste riusciamo a cogliere e con sufficiente
completezza la persona del Signore Gesù. Infatti, contemplare Gesù
è fissare lo sguardo su Gesù ed egli ci dona la sua amicizia, la sua
grazia di comunione con noi.
Sta
a noi poi tradurre questi doni nella concretezza della nostra vita e
vedere come essa ne risulta impregnata; vedere che senso la nostra
vita prende se si apre a questo dono, che il Signore dona agli sposi
oltre che a tutti i cristiani.
Questa
esigenza deve nascere dal più profondo di noi stessi
dobbiamo invocare
lo Spirito affinché ci renda capaci di esercitare, come battezzati e
come Chiesa nella sua totalità, il dono del discernimento evangelico
e comunitario; ciò è indispensabile per saper leggere la realtà in
cui viviamo e soprattutto capire dove Dio ci parla in questo contesto.
Perché
contemplare Gesù di Nazareth, ce lo ricordava l’anno scorso Daniele Garota, non è un prendere l’anima e volare chissà dove, bensì
cercare di vedere chi era quest’uomo per assomigliare a Lui in
qualche modo, un chiedersi ogni volta: che cosa avrebbe fatto Gesù
nella situazione in cui mi trovo.
Bibliografia
“Dalla
conoscenza alla contemplazione di Gesù Cristo”, M.Cè, q.42, 1997
“La
Parola di Dio sul Matrimonio”, A.Marangon, biblista, 1996
òòòòòòòòò
I
DALL’AMORE
UOMO-DONNA
ALL’AMORE
SPONSALE E AL
SACRAMENTO
DEL MATRIMONIO
I.1.
L’AMORE TRA L’UOMO E LA DONNA È UN’ESPERIENZA
UNIVERSALE
Il
“mistero nuziale” è un’esperienza dell’uomo e della donna di
qualunque latitudine, diceva il Patriarca agli sposi durante
l’Assemblea di Marghera: uno può essere mussulmano, induista, animista, shintoista, può essere ateo, non battezzato, ma per il
fatto stesso di essere un uomo e di vivere in relazione con altri,
anche se non è capace di spiegarselo, percepisce che quando dice
amore, dice l’unità indissolubile della differenza sessuale che fa
spazio all’altro e che tende a generare
la vita.
E
per quanto siano fortissime tra gli uomini le differenze di cultura,
di razza, di civiltà, di storia, di ceto, c'è un'esperienza
elementare di base che sta al fondo di tutte le differenze e che crea
l'unità di ciò che normalmente chiamiamo la natura dell'uomo. Se noi
riportiamo l’amore a questo livello elementare, siamo
automaticamente dentro la realtà, dentro la storia.
La
quasi totalità degli uomini e delle donne, dunque, si attraggono, si
innamorano, si amano, si sposano e costruiscono la famiglia. L’amore
tra uomo e donna è un’esperienza “universale”.
____
Per
il dialogo
Questa
realtà naturale, questo mistero dell'amore insito nell'uomo e nella
donna, lo percepiamo come un dato universale?
L'esperienza
dell'innamoramento, della relazione, del dialogo affettivo e
spirituale, della scoperta dell'amore, della scelta di amarsi e di
sposarsi, di costruire famiglia, l’esperienza della decisione di
generare il figlio quanto
e cosa può contare nella vita dell'uomo e della donna?
In
tutto ciò si avverte che c'è qualcosa o qualcuno che ci trascende?
Cosa
tutto ciò può significare in ordine a quello che
noi cristiani viviamo in coppia, in famiglia, nella comunità
umana e cristiana?
Durante
il confronto dello scorso anno a Marghera,emerse questa
considerazione: conosco dei coniugi sposati in municipio che, secondo
l’opinione comune, mostrano di vivere dei valori positivi, mi
domando: anche a loro Dio ha fatto il “dono”
dell’amore? e
questa realtà “naturale”, prima di essere redenta, nonostante i
limiti dell’uomo e i peccati, può far avvertire in un certo senso
la presenza dell’amore di Dio? Ma cos’è l’Amore di Dio?
Che
cosa può significare tutto questo in ordine alla pastorale
parrocchiale, a quello che viviamo nella nostra parrocchia?
____
I.2.
L' AMORE UOMO E DONNA NELL’ATTUALE
CONTESTO CULTURALE E SOCIALE.
Esiste
una nuova antropologia assai diffusa nel mondo d’oggi,
un’antropologia mutilata, scarsa, povera, utilitarista, positivista,
dove i valori sono spesso abbandonati o non contano più. In tale
contesto, si assiste alla dissoluzione progressiva del matrimonio e
della famiglia, ma anche della persona, dell’amore libero e
responsabile, della piena donazione.
Il
nostro Patriarca l’anno scorso a Marghera sottolineava: “La
situazione di transizione, di cambiamento anche violento che stanno
attraversando le nostre società, è caratterizzata da grande
confusione. Si avvalora una concezione dell’amore inteso come un
concatenarsi di tante esperienze, di relazioni tra uomo e donna o
addirittura tra persone dello stesso sesso, con la possibilità di
passare dall’eterosessualità alla omosessualità: e più sono le
esperienze più si considera una persona “riuscita”. Vi è inoltre
una grandissima difficoltà all’accoglienza, all’ospitalità; una
profonda insipienza di fronte al calo demografico nel nostro paese in
particolare, che si esprime nel non fare spazio all’elemento più
reale della speranza che sono i figli”.
E
a conferma di questa durezza della vita nelle nostre famiglie anche
Daniele Garota faceva notare come i più grossi drammi e delitti
maturano spesso all’interno del nucleo familiare.
In
realtà, ce lo ricorda frequentemente Giovanni Paolo II, è proprio
sulla concezione dell’uomo e del mondo che si giocano le scelte a
favore o contro la vita, la libertà, la giustizia, la pace, e si
tocca con mano come questi grandi temi, nell’attuale orizzonte
culturale, abbiano perso di spessore.
In
definitiva, è sempre il pensiero del Papa, l’impegno o addirittura
la sfida affidata a tutti
gli “uomini di buona volontà”, si gioca sul terreno della
fondamentale scelta biblica tra la luce e le tenebre, la morte e la
vita, la verità e la cultura della menzogna e, di conseguenza, sulle
scelte a favore o contro la vita, la libertà, la giustizia e la pace.
Con
queste parole il Santo Padre ribadisce la proposta o svolta
“antropologica” a cui Il Concilio Vaticano II ha impegnato tutta
la pastorale della Chiesa, proposta
antropologica “adeguata”, che coniuga insieme teologia e
filosofia, fede e ragione, che unifica pertanto quel sapere
frammentario che caratterizza particolarmente la cultura
contemporanea.
____
Per
il dialogo
Domandiamoci
perché e da dove venga questa drammatica confusione? dove
nasca la crisi della differenza sessuale, dell'amore inteso come dono
di sé. dell'amore uomo/donna vissuto nella fecondità e nell'apertura
alla vita? la crisi della bellezza dell'accoglienza dell'altro e della
vita stessa ?
In
che misura l’atteggiamento
dei cristiani nei confronti della bellezza dell’amore ha
contribuito a generare
questa drammatica confusione?
Ma,
domandiamoci anche, è proprio tutta negativa la situazione della
vita coniugale e familiare, tale da non saper leggerci la presenza
di realtà positive, belle e ricche, magari nascoste nell’"ordinarietà"
dell'esistenza ?
Questa
realtà risuona nelle nostre comunità parrocchiali, come
esse vi reagiscono, come si possano aprire a nuove prospettive anche
in ordine alla proposta “antropologica”?
____
I.3.
QUANDO L'AMORE TRA L’UOMO E LA DONNA É “AMORE SPONSALE” ?
Lettura
antropologica
C’è
un primo amore che si sperimenta nel cuore umano come un “evento”,
un qualcosa che accade, un sentimento,
nel quale si può essere coinvolti o addirittura sollecitati
all'adesione, senza implicare ancora
una scelta, né un progetto.
Così
avere una relazione, vivere un legame affettivo senza l'esplicita
volontà di volersi amare può essere un amore, non già donazione
reciproca della propria persona maschile o femminile.
L'uomo
e la donna, cioè, possono vivere l'amore ma non assumere l'identità
propria di sposi, che invece si produce solo attraverso l'atto della
libera volontà, nuovo, originale, capace di trasformare l'amore in
impegno, l'amarsi in volontà di amarsi.
Allora,
perché si costituisca la nuova ed originale identità dei due nel
"noi" matrimoniale, è indispensabile un atto della volontà
del tutto nuovo e fondamentale: il consenso matrimoniale. Quel sì
esclusivo e totale, che può pronunciare solo chi si possiede
totalmente.
Si
può e si deve dire che questo impegno non è contrario all'amore,
anzi lo realizza nella sua pienezza. E mentre non tutti coloro che
dicono di amarsi, possono di fatto considerarsi sposi, gli sposi sono
coloro che si amano a tal punto da compromettere tutto il loro
passato, presente e futuro nella libera e responsabile unione delle
loro vite. Giungendo all’atto del totale donarsi, la coppia crea una
realtà nuova e originale: la realtà sponsale dei due in uno, il
“noi” delle due vite unite senza fine.
Qui
l’amore non solo non cessa, ma si rinnova rinnovando l’intera
esistenza dei due, diventa forza e sostegno, valore da realizzare e
custodire, dono da vivere ogni giorno, da comunicarsi reciprocamente
in modo unico e originale, come
amore “creativo”, quindi “procreativo”.
É
avvenuta così quella trasformazione dell’amore e tramite l’amore
di cui la coppia è protagonista e destinataria ed in cui la
comunicazione dei corpi sessuati diventa principio di intima
“comunione” di vita, ma anche principio di “procreazione umana
personalizzata”, dove ha dignità il nascere e il crescere di
un’altra vita umana: il figlio.
Allora,
la donazione sponsale degli sposi è resa possibile dalla libertà del
dono con cui entrambi realizzano il significato sponsale del corpo. In
ciascuno è richiesta la padronanza di se stessi
per non disgregarsi sotto l’istinto e le passioni,
l’egoismo e l’aggressività ed è richiesto il rispetto
dell’altro e di tutte le esigenze dell’amore autentico. L’amore
sponsale, infatti, presuppone un cammino di crescita nella conoscenza
di sé e di educazione all’autodominio. La sessualità è un valore
ed è pienamente espressa all’interno del matrimonio perché
realizza nel dono il significato sponsale del corpo.
Non
si può ignorare che l’orizzonte antropologico odierno è
contraddistinto da una progressiva riduzione dei significati e dei
valori che appartengono alla dignità della persona umana, al suo
ethos, alla verità del bene inscritto profondamente nella sua natura.
Però è un tempo che presenta anche delle grandi opportunità.
Di
questo scenario è necessario tener conto così come continuamente ci
richiama Giovanni Paolo II, al quale - è noto - stanno a cuore i
temi conciliari specialmente riguardanti la persona umana e la sua
dignità: è la proposta “antropologica” della Chiesa del
Vaticano II.
Tra
i quali temi spicca quello del “dono di sé”, che trova il
suo paradigma nella reciprocità uomo-donna. Attraverso il “dialogo
dei doni” l’uomo prende coscienza del suo carattere personale e
arriva alla propria maturazione. L’uomo sa che la sua esistenza è
dovuta al dono e, quando viene generato in modo umano dal dono
sponsale di un uomo e di una donna, lo scopre fin dal grembo materno,
prima ancora di vedere la luce. Egli poi è affidato all’amore di
Dio, che nel battesimo (qui stiamo entrando per un momento soltanto
nel discorso cristiano) lo inonda di doni, ed apprende la storia
dell’amore sponsale narrata anzitutto dal volto e dalle parole di
coloro che lo hanno generato alla vita. Non sarà difficile per
quest’uomo convincersi che è solo l’amore che salva l’uomo e
solo l’amore sponsale e, di conseguenza, non gli sarà difficile
decidersi per l’amore sponsale nel matrimonio e per l’amore
sponsale nella vita consacrata, anzi sarà segno di gratitudine e
motivo di gioia
____
Per
il dialogo
Siamo
convinti che la realtà dell’amore uomo/donna, valore
“universale”, meraviglia della creazione, esige di raggiungere
la sua pienezza nell’amore sponsale-matrimonio come scelta personale,
libera e responsabile dell’uomo e della donna, per essere veramente
sposi?
Qual
è l’atteggiamento della comunità parrocchiale di fronte al primo
amore, che troverà la sua pienezza nell’amore sponsale?
E’ capace di stupirsi e di gioire di fronte a questo amore,
all’amore che nasce tra due giovani, tra due fidanzati che poi
chiedono di “sposarsi nel Signore”?
É
proprio della comunità parrocchiale rivolgere particolare attenzione
agli sposi e ai genitori accompagnandoli e sostenendoli per aiutarli nel
loro compito di educare all’amore i figli fin dall’infanzia,
all’adolescenza e giovinezza, tenendo presente che essi potranno
essere domani fidanzati e sposi, oltre che chiamati alla vocazione di
consacrazione e al sacerdozio.
Più
precisamente, sappiamo che Gesù ha affidato alla Chiesa il
“servizio all’uomo”; che esige di conoscere e comprendere
l’uomo, le sue vere esigenze e i suoi valori autentici, per
promuoverli: è questa la “promozione umana”, contenuto
essenziale dell’evangelizzazione.
Di
conseguenza, è compito della comunità ecclesiale anzitutto offrire a
coloro cui rivolge la sua attività pastorale, a cominciare dai più
giovani, una formazione-informazione antropologicamente adeguata sulle
tematiche della relazione uomo/donna, della sessualità,
dell’affettività e dell’amore, in vista delle loro scelte
fondamentali di vita.
A
questo obiettivo sono impegnate le parrocchie che possono contare
sulla collaborazione “professionale” del Centro S.Maria Mater
Domini che da molto tempo ormai opera con i
tre Consultori diocesani a Venezia, Mestre e Eraclea,
voluti oltre quindici anni fa dal Patriarca per collaborare con
tutte le parrocchie della nostra comunità diocesana alla
“formazione” e alla “consulenza” della coppia e della famiglia
e delle singole persone.
É
necessario che il Consultorio divenga finalmente nelle singole
parrocchie un’esigenza improrogabile per lo svolgimento
del compito loro proprio indelegabile della “formazione alla fede”
dei battezzati a partire dai sacramenti dell’iniziazione cristiana
fino al Matrimonio.
BIBLIOGRAFIA
“Il
Mistero Nuziale”, 1 e 2, A.Scola, Pul Mursia
“Uomo-donna:
il caso serio dell’amore”, A.Scola
, Marietti, 2002
Antropologia
cristiana”, G.Colzani, PM
“Chiamati
per nome, Antropologia teologica”, I.Sanna. EP
“Il
granello di senapa”, lettera pastorale M.Cè, 1990
____
I.4.
IL MATRIMONIO DEI CRISTIANI É UN SACRAMENTO
L’amore
tra l’uomo e la donna è un “dono” e una “vocazione” di Dio.
L' amore sponsale nasce dall'iniziativa di Dio. É Dio che chiama
e convoca. I due sposi sanno che il loro incontro non è frutto del
caso, ma è opera di Dio. Alla radice ultima di ogni matrimonio non
sta il cuore dell'uomo e della donna, ma il cuore stesso di Dio.
Lo sposarsi è sì una possibilità che l'uomo e la donna
hanno, ma è una possibilità che viene aperta nella loro esistenza da
Dio stesso.
La
decisione al matrimonio è, perciò, “risposta” ad una
“vocazione” che viene dall’alto.
La
risposta alla "chiamata" di Dio al matrimonio sarà libera e
il sì dell'adesione sarà fiduciosa accoglienza del "dono della
persona". Se l'uomo si ritrova solo donandosi, perché ci sia
dono sponsale, è necessario che le due persone "reciprocamente e
totalmente" siano coinvolte nello stesso progetto di amore. I due
sposi nel "consenso matrimoniale" prendono in mano il loro
destino personale e irrevocabilmente lo depongono ciascuno nelle mani
dell'altro. Avviene qui la "trasformazione" dell'amore e
la nascita della nuova identità sponsale. Per l’ulteriore
opportuno approfondimento sull’amore uomo donna è bene seguire i
due documenti: “Gaudium et Spes” 47-52 del Concilio Vaticano II e
“Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione
dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”, J.Ratzinger,
31.05.2004.
Il
matrimonio dei cristiani è un "sacramento".
Chi si sposa, “si sposi nel Signore”: per i
cristiani il matrimonio è, innanzitutto, un appuntamento di Dio, un
luogo dove incontrarlo, un tempo di grazia. Una scadenza, quindi,
per una comunione, dove Dio celebra e manifesta unità-amore con
due cristiani che si amano di un amore sponsale.
Dio
ha voluto il sacramento del matrimonio perché nella storia umana ci
fosse un'immagine viva di Dio e del suo amore. Contenuto
essenziale delle fede cristiana è che Dio sia uno in tre persone, un
Dio unico che vive la sua vita di comunione d'amore come vita del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E questo mistero lo si
avverte presente e operante nella storia proprio grazie a questa
esperienza di vita degli sposi. La prima strada assieme alla
“consacrazione verginale” che Dio ha scelto per rivelare se
stesso, il suo amore trinitario, è proprio questa esperienza di vita
degli sposi e della famiglia.
Difatti
la sorpresa di Dio raggiunge l’uomo dove egli sta; e gli dà di
incontrarlo da dentro l’esistenza dove egli vive. La grandezza
dell’intervento di Dio si riflette in questo disegno: poter vivere
di Dio e con Dio, al suo servizio, lì dove la vita dell’uomo è
umana. Nello stile del Vangelo, secondo il quale Cristo si dispone
all’uomo che egli visita, raggiungendolo nelle situazioni datate
della sua condizione sociale, morale, religiosa.
La
“sorpresa” di Dio è “nuova” anche per questa ragione. Dio non
distrae mai l’uomo dagli obblighi della vita, perché egli ama
abitare dove gli uomini abitano e non altrove, valorizzando appieno la
loro esperienza umana in
tutte le sue espressioni. Ciò
vuol dire che Dio va all’uomo nel cuore stesso della storia, che
egli pratica.
Ciò
accade anche per il matrimonio: gli sposi sono chiamati ad entrare in
questa prospettiva, per avvertire fino in fondo
la visita di Dio che fa a loro nel matrimonio. Devono, cioè,
portare se stessi e il loro progetto a questo appuntamento, per
offrirlo al Signore della vita. Per fedeltà alla vocazione
battesimale, che passa attraverso il loro amore, per compiersi nel
matrimonio.
Il
matrimonio, di conseguenza, chiede agli sposi di essere
innanzitutto uomini di fede, così che in questo matrimonio essi
renderanno evidente che la volontà di Dio è decisiva per il loro
amore. Non una volontà fiscale o di controllo.
Liberatrice, invece, e fonte di salvezza. Nella consapevolezza,
quindi, dei valori in gioco, che si esprimono certamente secondo
l’etica e il costume dell’uomo, ma nel filtro della Pasqua di
morte e risurrezione, così da esserne l’ “annuncio” proclamato
nel loro esistere quotidiano.
Ma
nella storia umana Dio ha voluto che ci fosse un'immagine non soltanto
del mistero di Dio, ma anche del mistero di Gesù Cristo, che ama
tutti e ciascuno di noi come egli ama la Chiesa. É ciò che deve
essere scoperto o riscoperto ed enucleato in tutta la sua singolare
ricchezza.
Non
si può capire Gesù Cristo e non si può capire la storia umana, che
è compendiata in Lui, se non ci si dà appuntamento ai piedi della
croce., dove Gesù dà prova del suo amore per noi
Per
questo Paolo, in un testo fondamentale per capire il matrimonio
cristiano, chiede agli sposi che guardino decisamente a Cristo: "Mariti,
amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se
stesso per lei". Ef 5, 23.
Giovanni
Paolo II gli fa eco nella FC 13: "Gli sposi sono il richiamo
permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce".
____
Per
il dialogo
Questi
valori cristiani sono noti agli sposi e, in genere, alla comunità
cristiana? o hanno bisogno di essere riconosciuti e
approfonditi dagli sposi, in primo luogo, perché sono la chiave di
lettura e di interpretazione della loro realtà ultima?
É
motivata l'impressione, che tante volte si ha
che quando la Chiesa affronta il tema del matrimonio ,
della coniugalità ecc., faccia discorsi lontani, estranei, o
addirittura astratti rispetto ai problemi concreti, spesso cosi
vivi e così difficili della vita quotidiana delle coppie?
Tutta
la realtà umana dell’amore compreso il matrimonio viene elevata da
Gesù Cristo a sacramento: percepiamo che alla radice ultima del
matrimonio non sta solo
il cuore dell’uomo e della donna, ma il cuore stesso di Dio, che
opera nella coppia?
Dio
ha creato la coppia umana e il sacramento perché nella storia umana
ci fosse un’immagine viva del suo amore per l’umanità intera: è
un’affermazione che ci appartiene, familiare?
Dio
ha creato la coppia e il sacramento del matrimonio perché ci fosse
nella nostra storia un’immagine viva dell’amore di Cristo per la
Chiesa?
Quali
conseguenze e novità, anche a livello pastorale possono
derivare dalla consapevolezza delle nostre comunità di questo
progetto di Dio?
Siamo
giunti alla convinzione che l’elemento cardine della vita della
famiglia è nell’ “amore coniugale come dono di Dio”. Abbiamo
cercato di leggere l’amore uomo-donna nella vita di tutti i giorni,
così come gli sposi lo vivono e lo alimentano; quindi un amore che
vuole vivificare la presenza di Cristo all’interno della vita della
coppia e della famiglia,
facendo diventare il matrimonio un “rapporto a tre”. Un
amore, così inteso, vuole rendere la coppia un modello di
condivisione e di accoglienza per tutta la Chiesa e di speranza per il
mondo.
A
scoprire il “progetto” di Dio sull’amore e sul matrimonio si
giunge gradualmente, attraverso un cammino, da percorrere sempre, per
tutta la vita: progetto che supera i nostri desideri, aspettative
e obiettivi.
Stiamo
riflettendo sugli elementi fondanti
della vita di una coppia di “sposi in Cristo”: il solo
fatto che si amano “è cosa molto buona”. É necessario che
l’amore uomo/donna sia visto in tutte le sue manifestazioni, sia
nelle coppie di diritto che in quelle di fatto, nelle coppie cristiane
e non. É necessario vedere in questo amore il “dono”
dell’innamoramento fino alla pienezza dell’amore. La coppia
deve interrogarsi sull’ “origine” dell’amore: Dio, per
riscoprire la fede nell’esperienza di più coppie di sposi.
Il
rapporto che S.Paolo nella lettera agli Ef ha descritto tra Cristo e
la Chiesa e tra marito e moglie, significa che Gesù ha aperto
all’amore uomo-donna la prospettiva della “agape”, della gratuità”,
dell’ “amore totale di sé”, dalla “reciprocità”, dalla
corrispondenza, dall’inclinazione, dalla simpatia.
L’amore
uomo/donna riflette l’amore di
Dio, è immagine di Dio: sono “attori” di questo amore gli
sposi cristiani e gli sposi non credenti. E ci chiediamo:
che cosa hanno di diverso l’amore e il matrimonio dei cristiani?
Hanno qualcosa di più? Come il sacramento rende concretamente diverso
il matrimonio? Gli sposi e Gesù nell’evento delle nozze di Cana:
come noi sposi cristiani possiamo essere testimoni visibili di Gesù,
e con “discrezione”?
BIBLIOGRAFIA
“Teologia
sponsale e sacramento delle nozze”. 1 e 2, G.Mazzanti
“Il
Sacramento della coppia. Saggio di telogia del Matrimnio, C.Rocchetta,
EDB
“Lexicon”,
Pontificio consiglio per la famiglia, EDB, Bo 2003
“Direttorio
di pastorale familiare”, CEI,
“Cari
sposi, care famiglie…”, M.Cè, EDB 1995
GGGGGGGGGG
II
PROGETTARE
LA
PASTORALE PARROCCHIALE
CON
GLI SPOSI E LA FAMIGLIA
É
noto il significato ecclesiale del sacramento del matrimonio: da
qui deriva la rete di legami che salda la comunità sponsale alla
comunità ecclesiale nel progetto di Dio.
LA
COMUNITÀ ECCLESIALE
Il
punto di riferimento è la qualità della vita della Chiesa che,
secondo la prospettiva del Concilio, è detta ecclesiologia di
“comunione”. Ma che cosa significa “comunione” riferito alla
“Chiesa”?
La
Chiesa viene dalla volontà di Dio, è opera delle sue mani. La
comunità ecclesiale non è il frutto della buona volontà dei
credenti: essa non può mai in nessun caso essere immaginata solo
come il momento socio-istituzionale, assunto dall’organizzazione dei
cristiani che si radunano insieme. In questo caso la Chiesa sarebbe
solo umana come una qualsiasi altra società.
Essa
viene da Dio, è un dono del suo amore. “Quando due o tre si
raccolgono” nel nome del Signore, Mt 18, 20, è la Chiesa. Paolo
aggiunge: “Nessuno può confessare che Gesù è il Signore, se non
gli è dato dallo Spirito”, 1 Cor 12, 5.
Invocare
il nome di Dio non è, allora, un rito che giustifica e costituisce
l’assemblea dei credenti. L’invocazione, mentre si esprime nel
loro pregare, viene da prima di loro e da oltre loro. Viene appunto
dallo Spirito di Dio, che chiama “a gran voce” gli eletti alla
fede.
Così
nasce la Chiesa: dove Dio scende nel cuore dell’uomo e lo incontra,
per farlo “suo”; vuole
essere il Dio della sua vita, in modo che l’uomo, con lo
stesso movimento di grazia, lo riconosca
come unico Signore della propria esistenza.
É
chiaro che la Chiesa non nasce dalla disponibilità dell’uomo a Dio,
ma dalla disponibilità di Dio all’uomo. Per questa ragione la
Chiesa, affidata da Gesù Cristo alla guida del Papa e dei Vescovi (Christus Dominus, 1), è la celebrazione di tale incontro, deciso e desiderato
dal Padre che sta nei cieli. Un “segreto” nascosto in lui da
sempre, “sconosciuto” sia agli angeli che agli uomini, Col 1,26,
reso finalmente manifesto da Gesù di Nazaret.
La
Chiesa, perché incontro, è appunto la “comunione” di Dio con
l’uomo, perché l’uomo sia in “comunione” con Dio. La
“comunione” dichiara che l’incontro è pieno di intimità, più
profonda di quanto l’uomo possa
immaginare. Una
“comunione” di “unità”, la stessa comunione-unità che lega
il Padre al Figlio nell’amore indicibile dello Spirito. La
“comunione” stessa di Dio, vissuta nell’intimità della stessa
realtà divina, cf Gv 17, 21.
LA
COMUNITÀ SPONSALE
Per
il sacramento del matrimonio la comunità coniugale è essa pure
“segno” e “profezia” della “comunione” di Dio con gli
sposi: la “comunione” che egli celebra dall’interno del loro
amore e fa dell’unione sponsale il “lieto annuncio” dell’amore
di “Cristo per la Chiesa”. Dio scende in questo amore e lo
celebra come Dio dell’amore, trasformandolo in un luogo di intimità
vivente tra sé e gli sposi, intrattenendosi in dialogo di grazia e di
salvezza con loro, così che anche loro, a causa di Dio, si
intrattengano nello stesso dialogo che, mentre li lega a Dio, li lega
in maniera ineffabile anche tra di loro.
Per
questo si può e si deve affermare che la Chiesa e il matrimonio
nascono dallo stesso mistero pasquale; hanno la stessa vocazione e la
stessa missione. La “comunione” pasquale è il principio normativo
del loro rapporto. Per questo S.Paolo (lo abbiamo già ricordato), in
un testo fondamentale per capire il matrimonio cristiano, chiede agli
sposi di guardare decisamente a Cristo: “Mariti, amate le vostre
mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”,
Ef 5, 25. E Giovanni Paolo II ribadisce nella FC 13: “Gli sposi sono
il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla
croce”.
Tra
l’altro, diversamente, come si saprebbe comprendere e giustificare
l’interesse appassionato della Chiesa nei confronti del matrimonio e
della famiglia, che dal matrimonio ha origine?
Dunque,
l’amore sponsale - insieme al carisma della consacrazione verginale
- è un dono particolare che lo Spirito Santo elargisce agli sposi per
l’edificazione della Chiesa e la promozione della comunità umana, cf
1Cor 12, 12-13. Lo Spirito che unse il Cristo, inviandolo come
testimone del Padre e redentore degli uomini, ha effuso sopra i
coniugi cristiani - e i consacrati del Signore (sarà necessario
riprendere presto questa sublime realtà) - perché siano nel mondo
“sale” e “luce”, Mt 5, 13-14, “lievito che fermenta
tutta la pasta”, Mt 13, 44. La triplice funzione profetica,
sacerdotale e regale a cui sono chiamati tutti i battezzati si
specifica nel matrimonio attraverso la formazione della famiglia, che
deriva dal sacramento del matrimonio, come “piccola chiesa
domestica”, chiamata a vivere
l’ascolto e l’annuncio della Parola, la preghiera comune e
i sacramenti nella grande famiglia ecclesiale soprattutto verso altre
famiglie in difficoltà.
IL
VOLTO MISSIONARIO DELLA PARROCCHIA
“La
parrocchia è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo
alle case dei suoi figli delle
sue figlie”
(Giovanni Paolo II, Christifideles laici 26, citando
a sua volta il Vaticano II, Sacrosanctum Concilium 42): difficilmente
si può trovare una definizione più sintetica e incisiva della realtà
ecclesiale di base, nella quale tutti in qualche modo siamo dentro da
sempre, dalla quale siamo stati generati alla fede e alla vita
cristiana, nella quale viviamo il nostro battesimo ed esercitiamo i
vari ministeri, alla quale ricorriamo per nutrire di grazia
il nostro quotidiano specialmente nei momenti più signficativi
o difficili della nostra esistenza personale, familiare e comunitaria.
Nella
Nota pastorale dei Vescovi italiani “Il volto missionario delle
parrocchie in un mondo che cambia”, dello scorso maggio, è
affermato con vigore che la Chiesa italiana non può fare a meno della
parrocchia e che “il futuro della Chiesa in Italia ha bisogno della
parrocchia” (n.5).
Con
il Concilio si è iniziato un
processo di incalcolabile importanza: il risveglio della coscienza dei
cristiani al “senso della Chiesa”. Il risveglio passa ancora per
larga parte attraverso il tessuto connettivo di base: la parrocchia.
Scrive
il Patriarca nella Lettera pastorale: “Lieti nella speranza. IL
VOLTO MISSIONARIO DELLA PARROCCHIA” (31.10.2003): “La
parrocchia è la comunità in cui la casa è assunta in una più ampia
dimora: La famiglia si arricchisce e trova il suo equilibrio oggettivo
nella trama stabile di rapporti che la comunità parrocchiale propone.
La condizione per questo è l’annuncio che apre gli affetti della
carne e del sangue all’affezione di comunione. È la missione.
Senza la missione la casa non diventa dimora. Infatti, come spesso
costatiamo, senza la dimora della comunità, la casa (la famiglia) per
sé sola non ce la fa! Il volto missionario della parrocchia è
quindi originario e costitutivo” .
Nascono
però interrogativi che non sono nuovi: la parrocchia
potrà di nuovo annunciare il Vangelo nelle forme della vita
degli uomini d’oggi? Quali saranno le forme della trasmissione della
fede nel contesto attuale? Che cosa si intende quando si auspica che
la parrocchia deve diventare “missionaria”?
Iniziamo
qui una prima risposta agli interrogativi.
È
noto che la vocazione cristiana comporta che la vita quotidiana
(lavoro, famiglia, impegni sociali), sia vissuta come un cammino di
sequela del Signore.
La
parrocchia, per essere chiesa, (predicazione evangelica, celebrazione
eucaristica, doni dello Spirito, unità fraterna con la presidenza del
ministero ordinato) deve plasmare la libertà dei credenti,
configurandola come un obiettivo della fede cristiana in rapporto alle
condizioni storico-civili della loro esistenza. Questo è proprio
il suo volto missionario.
In
realtà questo traguardo è da raggiungere attraverso
un lavoro comune delle parrocchie in ordine ad una proposta del
Vangelo che penetri effettivamente nella vita della gente:
Ad
esempio, valorizzare la solidarietà che consiste nel dare un volto e
un nome a delle persone concrete; considerare il lavoro un contributo,
non solo al mantenimento ma alla promozione dell’uomo; vivere la
globalizzazione come opportunità di un amore diffuso e non solo come
una preoccupazione sociale
Questo
è il volto missionario della parrocchia. Ciò consentirà di
approdare ad una visione di comunità più “articolata” sul
territorio, uscendo dalla riproduzione di figure di comunità,
pressoché usuali, che presentano attività ripetute per tutti.
Si
tratta di un lavoro comune che esige uno spirito fresco e nuove figure
laicali, di profilo pastorale e missionario. Ciò dovrà avvenire
anche in parrocchie che si ritengono grandi a sufficienza
La
sfida di una pastorale sinfonica è dunque per tutti. Per questo
bisogna che tutti si mettano in movimento: occorre fare oggi per
scelta ciò che si dovrà fare domani per forza. La sorpresa dovrebbe
essere quella di veder nascere forze ed energie, soprattutto laicali,
in particolare di sposi, che operino nella parrocchia
in un rapporto di stima e di fiducia con il parroco.
L’obiettivo
è far si che ogni cristiano riscopra che la sua vita è testimonianza
dentro le forme della vita quotidiana, nella famiglia, nel lavoro, nei
luoghi del divertimento e del volontariato fino agli spazi sterminati
della vita sociale, culturale e politica.
Senza
la testimonianza diffusa dei credenti il volto missionario della
parrocchia sembrerà sequestrato dall’impegno degli specialisti
della pastorale. La parrocchia serve la fede della gente
perché la vita di ogni giorno possa irradiare ancora lo
splendore del Vangelo.
Preziose
sono le numerose indicazioni concrete descritte dal nostro Patriarca
nella sua Lettera: “Il volto missionario della parrocchia”, la
quale, in sintonia con la Nota pastorale dei Vescovi italiani,
intravvede prospettive nuove per la parrocchia che si sforza di
immaginare in modo nuovo e geniale la Chiesa nel proprio tempo: a
servizio missionario di tutti e di ciascuno!
Per
il dialogo
-
Allora, la reciprocità del fondamento salvifico
mette le due comunità una in rapporto con l’altra, così da non
essere pensabili separatamente e la comunità sponsale non può mai
staccarsi dalla comunità ecclesiale. Non quindi per un
riconoscimento esterno con il quale la Chiesa promuove il matrimonio a
“soggetto” pastorale e missionario. Ma per la fedeltà a se
stessa, perché nella misura in cui la comunità dei credenti è
attenta ai doni che costituiscono la sua vita, non può che incrociare
il matrimonio, quale dono emergente e pieno di qualità che le
viene dal Signore.
In realtà, questi
valori stanno diventando oggetto della consapevolezza degli sposi, dei
presbiteri e delle comunità parrocchiali?
-
L’obiettivo della scorsa Assemblea: “Mettere al
centro della programmazione pastorale della comunità parrocchiale
l’amore tra l’uomo e la donna”, dovrebbe informare tutta
l’attività parrocchiale nelle sue manifestazioni sacramentali ed
organizzative, e rimane di assoluta e indiscutibile priorità, come
affermano i Vescovi in ESM 44: “In forza del loro ministero, gli
sposi sono il soggetto attivo e responsabile della sollecitudine
pastorale della Chiesa” (cf LG 11 e AA 11).
-
“Progettare la pastorale della
parrocchia con gli sposi e la famiglia” significa delineare
il “cammino di conversione” che deve fare una parrocchia per
essere qui ed ora segno e strumento del Regno di Dio, cioè
per essere testimone credibile dell’amore di Dio, per essere segno e
strumento di comunione e per promuovere la crescita integrale delle
persone.
Non
significa elaborare una strategia operativa a partire dai nostri
criteri umani, ma vuol dire cercare di scoprire, con la luce dello
Spirito Santo e con il “discernimento
comunitario”, qual è il
progetto di Dio sulla nostra comunità parrocchiale e impostare
l’azione pastorale in modo che la parrocchia diventi ciò che Dio le
chiede di essere in questo momento storico e in questo contesto
sociale e culturale.
Quali sono le
scelte che siamo chiamati a fare per avviare questo nuovo stile di
chiesa, che trova nelle coppie degli sposi e nelle famiglie i suoi
protagonisti e i suoi modelli di riferimento?
-
In realtà, le
nostre parrocchie sono chiamate a una grande “conversione
pastorale”, cioè a passare (si tratta di una semplice
traccia di indicazioni della commissione da discutere e definire
insieme già in
Assemblea):
Ø
dall’idea di famiglia intesa come “oggetto” delle
cure pastorali, ad una famiglia come “soggetto pastorale”;
Ø
da una parrocchia intesa come un insieme di persone
singole ad una parrocchia intesa come “famiglia delle famiglie”,
in cui le famiglie sono la “base” della parrocchia e dove le
famiglie si sentono come nella propria casa;
Ø
da una famiglia “oggetto” ad una famiglia vista
come “fonte generativa” della comunità parrocchiale e come
“perno” della progettazione e della gestione della parrocchia;
Ø
da una famiglia vista come un “settore” della
pastorale, ad una famiglia comsiderata come “trasversale” a tutta
la pastorale; da un’attenzione quasi esclusiva alle famiglie
praticanti, ad un coinvolgimento missionario di tutte le famiglie.
-
Le parrocchie, che fanno questa
conversione pastorale sono chiamate ad assumere la coppia e la
famiglia come “modello” in base al quale strutturarsi e perciò
sono chiamate:
Ø
a dare il primato alle “relazioni interpersonali”
rispetto alle azioni pastorali;
Ø
ad assumere lo “stile” della vita di famiglia,
caratterizzato dall’amore sponsale e genitoriale, da rapporti
amicali, dall’accoglienza, dalla pazienza, dalla concretezza, dalla
gradualità, dalla condivisione, dalla corresponsabilità, dalla
compartecipazione;
Ø
a rispettare i ritmi della vita e gli orari degli
sposi e delle famiglie.
-
Le parrocchie, che fanno questa
conversione, si impegnano a “progettare” l’azione pastorale
con gli sposi e le famiglie. Più concretamente, sono chiamate:
Ø
a prevedere nel consiglio pastorale parrocchiale
la presenza di una o più coppie di sposi o di intere famiglie;
a far partecipare le coppie di sposi e le famiglie alla progettazione
pastorale, alla sua attuazione e alla verifica del cammino percorso;
Ø
a stabilire un rapporto di stima e di fiducia
vicendevole tra presbitero e coppie sposi e a instaurare tra di loro
un rapporto di amicizia, di familiarità e di servizio reciproco;
Ø
a creare in parrocchia il gruppo sposi e famiglie con
una propria vitalità e con momenti di condivisione e comunione
all’interno dell’unica comunità parrocchiale;
Ø
a promuovere e sostenere un gruppo di sposi che
collaborino nello svolgimento delle attività per la formazione dei
fidanzati al matrimonio.
-
Per realizzare una pastorale in cui gli sposi e le
famiglie sono considerate come “soggetti pastorali”, si ritiene
necessaria un’adeguata
formazione spirituale e teologico-culturale, sia degli sposi che dei
presbiteri.
In questa
formazione bisogna approfondire la “teologia della nuzialità” e
imparare a rileggere tutta la storia della salvezza con questa
prospettiva, con decisa e seria attenzione ai “dati umani”.
bibliografia
“Progettare
la Pastorale con la famiglia in parrocchia”, a cura di R.Bonetti
Uff.CEI pastorale della famiglia, Cantagalli, Siena 2001
“Evangelizzazione
e Sacramento del Matrimonio”, 59-60,
CEI
“Gli
sposi servi del Signore”, G.Pattaro, EDB. BO 1979
“Lieti
nella speranza. IL VOLTO MISSIONARIO DELA PARROCCHIA”, Card. Angelo
Scola, 2003-4
“Il
volto missionario della Parrocchia”, CEI, 2004
“Se
vuoi essere compiuto”, Lettera del Patriarca e cel Consiglio
Episcopale.
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