PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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SCHEDE PER LA RIFLESSIONE

IN PREPARAZIONE

ALLA XVI ASSEMBLEA DEGLI SPOSI

S. Giorgio - Chirignago

7 Ottobre 2001

SPOSI IN CRISTO, SERVI PER AMORE

IL MINISTERO REGALE DEGLI SPOSI 

 

IL REGNO DI DIO

 

L’ annuncio.

L’ annuncio: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino” (Mc 1, 14; Gesù pronuncia la parola “regno” 90 volte), svela che “Dio è fra noi”, svela la sua “presenza” fra gli uomini. Questo significa “Regno di Dio”. Così Gesù rivela che la sua umanità è rivolta essenzialmente a  Dio e alla venuta del Regno di Dio, su cui egli stesso ha rischiato la vita, anzi non l’ha tenuta in nessun conto. Per Gesù, la causa di Dio – il Regno di Dio come salvezza degli uomini e per gli uomini – era più importante della sua stessa vita.

Questo riferimento a Dio, che Gesù ha chiamato Creatore e Padre, contiene la definizione e il vero significato del Regno.  

Nel Credo questo concetto di Gesù ha per sfondo la fede in Dio Creatore. La fede cristiana nella creazione significa che Dio ci ama senza condizioni o limiti, senza alcun nostro merito e in modo infinito. Dio crea liberamente l’umanità per la felicità umana e in questo atto egli propone se stesso come supremo significato, salvezza e felicità della vita umana.

La creazione e il dono della vita nel disegno di Dio Creatore sono mozioni di fiducia nell’umanità e nella nostra storia, senza esigere dall’uomo condizioni o garanzie di sorta.

  È un atto di fiducia che dà, a chi crede nel Dio Creatore, coraggio di credere che il Regno di Dio – cioè la salvezza, la felicità e il benessere veramente umani, nonostante molte esperienze anche disastrose - sono in realtà in fase di preparazione per l’umanità nella potenza della creazione di Dio che chiama tutti gli uomini a fare di questo Regno una realtà.

E poiché di Dio  ci si può fidare, Dio è, in tutta la sua assoluta libertà, una costante sorpresa per l’umanità: “Egli è colui che è, era e sarà” (Ao 1, 8; 4, 8).

Allora, per chi crede nel Dio dell’Antico e Nuovo Testamento, la causa dell’umanità è la causa di Dio stesso, senza che ciò diminuisca la responsabilità degli uomini per la loro storia.

Per i cristiani, dunque, Gesù è la rivelazione decisiva e definitiva di Dio. In Gesù, Dio rivela se stesso in quanto vuol essere, in lui, la salvezza degli uomini e per gli uomini.  

Gesù Cristo è Re.

In Gv 12, 27, Gesù confida: “Ora l’anima mia è turbata e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome!”.

Soltanto sulla Croce Gesù manifesta chi egli è, e lo conferma Paolo in Gal 3, 13: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, divenendo lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno”.

A Pilato Gesù dichiara d’essere Re (Gv 18,33-38), e proprio per questo Gesù è condannato a morte (Gv 19,19).

Ma Gesù sceglie di vivere la sua regalità nella direzione assolutamente opposta ai re di questo mondo: “Il mio regno non è di questo mondo” (cf Gv 18,33-36); è re per “servire”, non per farsi servire (Mc 10,42-45); non ha sudditi, gli uomini sono tutti suoi fratelli.

Il re dà udienza sotto condizione, Gesù invece “ci ha amati per primo”  (1Gv 4,19). Il re sta nel suo palazzo, il luogo di Gesù è “il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota” (Gv 19,17), fuori le mura, lontano dalla città, là dove stanno i non aventi diritto, i rifiutati, gli insignificanti; egli entra nel territorio impensabile a Dio della “disperazione”: “Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46); nel territorio della “miscredenza” e della “irrisione” (cf Mt 27,40-43); nel territorio della “morte”: “Gesù gridò a gran voce e spirò” (Mt 27,50).

  L’unica potenza di Gesù è l’impotenza, non l’impotenza inerme del parassita o del fatalista. Così egli ha rovesciato la scala dei valori e fa dire a S.Paolo: “Cristo crocifisso è scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani” (1Cr 1,23). 

Dunque, Gesù vuole essere riconosciuto soltanto per l’ “impotenza” assoluta del suo amore, che egli manifesta di fronte al rifiuto, alla condanna, all’abbandono, alla morte. È la sua unica, invincibile potenza.

Niente e nessuno – ci ricorda ancora don Germano – può vincere il suo amore, che si manifesta nell’interrelazione dei rapporti, che dona e non possiede, che serve e non pretende, che offre e non prende,; che contesta l’egoismo delle virtù borghesi dell’avere, del potere, del riuscire; che contesta i falsi valori, che propone valori riconoscibili, mettendo in movimento l’imperativo evangelico della Croce, tutto assorbito nell’amore.

  Regalità di Cristo, dunque, per dare il vero “senso” della persona umana, della convivenza fra gli uomini e di tutte le cose: inserendo tutto in un ordine che porta a Dio.  

Il Regno e il discepolo

“Venga il tuo Regno” è la seconda invocazione del Padre nostro. Il Regno è già presente nella nostra storia, ora come “seme”.

  “Tuo”: il Regno è di Dio. È il Regno che viene, non è l’uomo che lo  costruisce. È la Signoria di Dio, non la “nostra”. È Lui il Signore del mondo, non l’uomo, né la Chiesa.

Ma  Gesù insegna nelle parabole del Regno  che l’uomo e la Chiesa sono chiamati non ad essere passivi spettatori di fronte al Regno, devono essere veri attori. 

Infatti, il “Padre Nostro” è la preghiera del discepolo, che vive nell’ “attesa” del Regno: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in più”. “Cercare”, esprime un desiderio sentito, sincero, appassionato.

  Fra i discepoli, alcuni sono “chiamati a lasciare tutto”: “Va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi!”.  Soltanto il Regno, per questi!

Altri discepoli –come Zaccheo- sono “chiamati” non a lasciare tutto e a fare della missione l’unico scopo della loro vita, ma a “lottare per la giustizia” e a “condividere con i fratelli” anche i loro beni  

Ed ecco alcune scelte per il discepolo di Gesù fondamentali in vista del Regno.

“La scelta di Dio”: se il discepolo non sceglie Dio, che senso avrebbe per lui l’invocazione: “Venga il tuo Regno?”.

“La vita come dono di sé”: è lo “stile” della regalità di Gesù Cristo, dono di sé fino alla morte di croce in obbedienza d’amore al Padre.

È lo stile del “Servo”: nel Regno di Dio non è più possibile alcun dominio dell’uomo sull’uomo.

Gesù spiega: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra di voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. (Mc 10,42-45).  

Le “novità” del Regno di Dio.  

Regno di Dio.

È un termine chiave del messaggio di Gesù: indica la natura di Dio, amore incondizionato, liberatore e signore.

È una nuova relazione tra gli esseri umani e Dio che ha, per elemento tangibile, un nuovo tipo di relazione liberatrice tra gli uomini in una società pacifica e riconciliata.

Il suo significato specifico trascende il nostro potere umano d’immaginazione.

Ce ne formiamo solo una vaga idea, da un lato, attraverso le esperienze umane di bontà, significato e amore e, dall’altro, vedendolo riflesso in situazioni in cui sperimentiamo che l’umano  in noi – in quanto individui e società – è minacciato, soggiogato e oscurato in modo da provocare la nostra ribellione.

 

Regno di Dio.

Il Nuovo Testamento ne parla in uno dei suoi brani più antichi quando dice che, con Gesù, il Regno di Dio si avvicina a noi (Mc 1, 15; Lc 11, 20; cf Mt 3, 2; 4, 17; 10, 7).

Credere che Gesù è il Cristo significa riconoscere che Gesù ha un’importanza eccezionale, permanente e decisiva nel far avvicinare il Regno di Dio e quindi nel guarire e risanare l’intera umanità.

In tutto questo, il punto essenziale è la relazione specifica e unica di Gesù con il Regno di Dio. che viene come salvezza dell’umanità. Che poi, con la venuta di Gesù, anche Dio venga vicinissimo a noi,  è una convinzione cristiana fondamentale.

 

Regno di Dio.

È un mondo nuovo senza sofferenze: un mondo di uomini completamente sani o risanati in una società in cui prevalgono le relazioni da padrone a servo.

Ed è proprio qui che Gesù si rivolge ai poveri: “La salvezza è annunciata  ai poveri”.

In gran parte, l’azione di Gesù è consistita nello stabilire comunicazioni sociali e nel mantenere aperte queste comunicazioni soprattutto dove la scomunica e l’espulsione erano ufficialmente all’ordine del giorno, come nel caso dei peccatori pubblici, gabellieri che si arricchivano a spese dei poveri, lebbrosi e tutti quelli che e erano “impuri”.

Erano proprio questi, invece, che Gesù cercava. Egli traduceva in realtà l’azione di Dio per gli uomini. Gesù agisce come agisce Dio.

  Agli ebrei, irritati dalle sue relazioni con i poveri e gli impuri, Gesù vuol dimostrare con la sua azione che Dio si rivolge agli uomini perduti e vulnerabili. Gesù agisce come agisce Dio. Egli dimostra che nelle sue azioni e parole è presente Dio stesso.

Agire come Gesù è la prassi del Regno di Dio, e dimostra al tempo stesso che il Regno di Dio è la salvezza degli uomini.

Di più ancora, Gesù dimostra che il suo “essere” più profondo sta nel suo vincolo personale e unico con Dio e con gli esseri umani.  

Regno di Dio.

Ciò che ancora colpisce nel corso della vita di Gesù è dunque la relazione essenziale tra la persona di Gesù e il suo messaggio dell’avvento del Regno di Dio.

Il messaggio di Gesù riguardo a Dio s’integrava talmente nel suo attivo impegno per il prossimo, per liberarlo e comunicare con lui, che questo suo messaggio e il suo stile di vita s’interpretavano a vicenda, trasformando al tempo stesso e rinnovando la gente, rendendola disponibile al prossimo in amore e solidarietà. Rivolgendosi tanto ai ricchi pubblicani – peccatori e impuri secondo la Legge – quanto ai bambini vulnerabili, ai malati o agli ossessi, agli storpi e ai poveri, Gesù rendeva  immediatamente visibile ciò che annunciava nel suo messaggio, anticipando così qui ed ora la salvezza escatologica, cioè il Regno di Dio.

   

IL MINISTERO REGALE DEGLI SPOSI

Il disegno di Dio sull’amore uomo-donna:  il sacramento del matrimonio, la famiglia “chiesa domestica”, il ministero coniugale.

 

Dio “chiama” l’uomo e la donna a consacrare a Lui, nel sacramento del matrimonio,  il loro amore umano – dono divino -, perché Dio ne disponga, in Gesù Cristo nello Spirito Santo, per la “salvezza” del mondo per la realizzazione del suo Regno.  

Il sacramento del matrimonio fa dell’amore sponsale rivelazione, profezia, segno dell’amore di Dio per l’uomo e per l’umanità intera, e dell’amore di Gesù per la Chiesa.  

Dall’amore uomo-donna, divenuto sacramento, nasce la “famiglia chiesa domestica”.  

Gli sposi cristiani sono chiamati a costruire con Gesù Cristo nello Spirito la “storia della salvezza”, annunciando e proclamando proprio nella loro vita coniugale di ogni giorno che Cristo sulla Croce si dona tutto e per sempre agli uomini.

È Cristo che affida all’uomo e alla donna, ormai “sposi nel Signore” e quindi partecipi del suo “mistero grande” (Ef 5, 32), il “ministero” loro specifico, che è il suo stesso triplice ministero profetico, sacerdotale e regale.

  Gli sposi, per realizzare la loro “vocazione”, si impegnano insieme, a due, in coppia, come comunità coniugale. alla “Imitazione di Cristo” nella loro vita quotidiana, per fare di sé la “memoria di Cristo”.

La “memoria di Cristo” si realizza e alimenta con la conoscenza e la contemplazione di Lui da parte degli sposi, per esprimerla agli uomini come rivelazione-profezia del disegno di amore del Padre (ministero profetico); e, quindi, diventa da parte loro “accoglienza” stupita e gioiosa, “lode” e “liturgia” di adorazione e di rendimento di grazie, esperienza e  vincolo  di comunione fraterna con tutti (ministero sacerdotale); e, in terzo luogo, ma contemporaneamente, si concretizza nel loro specifico “servizio” d’amore ad ogni uomo e alla comunità degli uomini (ministero regale).

  Questa, la prospettiva del Concilio Vaticano II° e, precisamente, nella Lumen Gentium, nn.33-37, prospettiva arricchita dalla C.E.I.  nel documento “Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio”, 1975; da Giovanni Paolo II° nella “Familiaris Consortio”, 1981; dal Patriarca Marco Cé  nella Lettera “Il granello di senapa”, 1991. Noi seguiremo anche l’apporto di don Germano Pattaro.

   

Il ministero regale degli sposi nasce dal sacramento del matrimonio secondo il Magistero.

Anzitutto il Concilio Vaticano II°, Lumen Gentium 31:

“ Il compito sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo e originale, alla famiglia cristiana dal sacramento del matrimonio. Assumendo la realtà umana dell’amore coniugale, il sacramento abilita  e impegna coniugi e genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali o ordinandole secondo Dio”.

  E Giovanni Paolo II conferma, Familiaris Consortio 47:

“Il compito sociale e politico rientra in quella missione regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li stimola. In tal modo la famiglia cristiana è chiamata ad offrire la testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata ai problemi sociali, mediante la scelta ‘preferenziale’ dei poveri e degli emarginati. Perciò essa, progredendo nella sequela del Signore mediante una speciale dilezione verso i poveri, deve avere a cuore specialmente gli affamati, gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza famiglia”.

  Il Patriarca Marco Cé propone concretamente (cf Granello di senapa 127):

Gli sposi cristiani sono chiamati alla costruzione della “Civiltà dell’amore”, di un amore capace di cambiare la storia, capace di cambiare il mondo verso forme più solidali e umane, di sollecitare i movimenti di opinione e legislativi, che facciano crescere la Società e lo Stato e tutte le realtà sociali in umanità e solidarietà, partecipando così  alla costruzione della “città degli uomini” con i  carismi e le risorse loro proprie.

L’iniziativa degli sposi cristiani è frutto della convinzione che la loro responsabilità culturale, sociale e politica nasce dal sacramento del matrimonio.

  Il Direttorio di Pastorale familiare (C.E.I.), 44, ribadisce:

“La testimonianza della vita familiare, con le sue specifiche espressioni connesse con l’amore coniugale, la procreazione e l’educazione, pur essendo insostituibile, se rimane chiusa in se stessa, non è sufficiente per la promozione umana della società. Le famiglie, sia singole che associate, possono e devono vivere il loro protagonismo anche con interventi espliciti e diretti nell’ambiente sociale e mediante molteplici opere di servizio ed espressioni di solidarietà e condivisione, fino ad assumere forme propriamente politiche di partecipazione democratica alla vita della società”.

  In sintesi, fra gli altri, dal Magistero emergono due elementi:

1. l’impegno politico o ministero regale degli sposi è espressione stessa del sacramento del matrimonio, esso non ha quindi solo un’origine storica, ma anche soprattutto religiosa;

2. il principale obiettivo del ministero regale-sociale-politico degli sposi, cioè un loro sincero impegno verso la società, è la “promozione umana”, dell’uomo, della persona umana.

Volendo concretizzare questi due elementi, sembra opportuno porsi alcune domande:

con che stile la coppia si impegna nella società e nella politica? con che progetto?

  Tentiamo qualche risposta.

·       Lo stile della coppia che si impegna non è solo una questione di forma. La forma è abbastanza connessa con la sostanza: crediamo sia presente a tutti  che l’impegno sociale e politico può talvolta essere originato da interessi personali, piuttosto che da autentico spirito di servizio.

È vero che questo servizio rimane un’attività umana, e come tale è naturale che si svolga attraverso la valorizzazione delle competenze dei singoli, che comporti un certo desiderio di affermazione di progetti in cui si crede.

Tutto però ha un confine preciso che non si può valicare, che possiamo comprendere attraverso una “imitazione” di Cristo. La  regalità di Cristo  va in una direzione opposta alla visione degli uomini: vicino alla Croce, Gesù annuncia che il suo  Regno è completamente al di fuori degli schemi umani.

  ·       Inoltre, verso un concreto ed efficace servizio degli sposi bisognerà convincersi, per convincere poi le nostre comunità, che nel nostro mondo socializzato e complesso si aiuta colui che soffre non solo con la risposta immediata al suo bisogno, ma anche con la mediazione e l’aiuto di strutture sociali ed economiche,  di ideali politici ed etici. Il Patriarca dice che l’impegno della carità della comunità cristiana e, in particolare degli sposi, non deve quindi rispondere solo all’emergenza, ma deve divenire sempre più “sapienza”, per far progredire la storia verso forme più umane e solidali. La solidarietà chiede di attuarsi anche attraverso forme dirette di “partecipazione” politica e gli sposi, in quanto generati dall’amore e generanti amore solidale, sono chiamati ad esprimere il loro compito sociale anche in forma di intervento politico.

  ·       Dalla risposta immediata al progetto, quindi, il passo non è facile, sia perché progettare significa andare alle radici del disagio – richiede competenza e conoscenza dei problemi – sia perché gli interessi che si toccano possono essere molto più forti, e le soluzioni avanzate da altri possono essere diverse e quindi fonti di dialettica.

Di fronte a queste difficoltà, cui spesso si aggiunge quella della fatica di vedere un effetto immediato, può prevalere la mentalità della delega, ovvero l’affidarsi ai “professionisti” della politica.

Si tende cioè a separare l’azione politica dalla promozione umana, intendendo la prima come affare di pochi e di potenti, relegando la promozione umana ad interventi di tipo familiare o al più parrocchiale.

Come, allora, gli sposi e le famiglie potranno partecipare alla costruzione della città degli uomini? come eserciteranno gli sposi la loro responsabilità culturale, sociale e politica, responsabilità che nasce direttamente dalla specificità del sacramento del Matrimonio?  

Il ministero regale all’interno della vita coniugale e familiare. 

È necessario che gli sposi vivano convinti che la “grazia politica”, donata loro dallo Spirito Santo, mediante il sacramento del matrimonio, già operi all’interno della vita coniugale potenziando la dimensione di Chiesa domestica della famiglia, sviluppando la passione educativa nei confronti loro e dei figli al “senso” della vita, della vita umana come “dono che si fa dono”, della “persona umana”, che ha la sua ragione nell’essere “con” gli altri e “per” gli altri. Infatti, il vero senso sociale e politico degli sposi e della famiglia nasce unicamente da qui: educare l’uomo ad essere e a vivere come persona umana.

  Nella coppia in primo luogo, e quindi nella famiglia, si possono comporre le diversità da viversi come opportunità di ricchezza e non solo come handicap, attraverso l’apertura all’altro, al rispetto, alla solidarietà. All’interno della famiglia è possibile l’educazione alla uguaglianza, alla giustizia e alla libertà rispettosa dei diritti degli altri. Nella famiglia ciascuno ha una propria vocazione, identità che deve essere valorizzata.

  La famiglia creata dalla coppia non può considerarsi unico luogo di educazione, ma deve appropriarsi il primo posto rispetto alle altre realtà o agenzie educative: solo nella famiglia, infatti, si possono trovare delle caratteristiche fondamentali per l’educazione della persona umana

Il ministero regale degli sposi intende dare, per ora, alcune risposte alle molteplici esigenze presenti tra le   donne e gli uomini del territorio.

  1. Un servizio di amore agli sposi e alla loro famiglia, che hanno in casa un malato psichico : Gesù chiama gli sposi più fortunati a dilatare “senza confini” il loro amore alle famiglie così provate (sono più di tremila quelle residenti nelle parrocchie della diocesi di Venezia, senza tener conto delle famiglie che hanno handicappati di vario genere, colpiti da un male congenito o dalle conseguenze di un incidente, anziani, tossicodipendenti  o altro).

  2. Un servizio di amore degli sposi alle mamme con figlio minore a carico, accolte nella Casa Famiglia S.Pio X alla Giudecca.

Dal maggio 1999 il Patriarca  ha affidato, attraverso la Commissione diocesana, ad un gruppo di sposi della nostra Chiesa la guida delle mamme e dei loro bimbi, con impegno educativo e amministrativo, con la collaborazione di alcune operatrici professionali.

  È noto che queste due realtà, appena descritte, la Commissione da alcuni anni le sta proponendo all’attenzione delle comunità parrocchiali e in primo luogo degli sposi sotto il titolo “La famiglia per le famiglie”, anche come impegno proprio del “ministero sacerdotale” dei coniugi.  

  3. Un servizio di amore degli sposi perché – scrive il Patriarca nella lettera Il granello di senapa (72)- fra attività pastorale e consultoriale , per quanto distinte, devono realizzarsi maggiore conoscenza e collaborazione”: il compito a questo riguardo, insieme ai Responsabili del ‘Centro di formazione e consulenza alla coppia e alla famiglia S.Maria Mater Domini’, è della Commissione diocesana e delle parrocchie, e quindi in particolare degli sposi, dato che – continua il Patriarca – “I consultori di ispirazione cristiana (…) fanno parte integrante dell’attenzione che la nostra Chiesa intende dare al matrimonio e alla famiglia, in obbedienza al piano di Dio che ha costituito come sacramento dell’amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa proprio la realtà umana del Matrimonio. (…) Oggi le scienze umane relative alla persona e ai suoi dinamismi possono essere di provvidenziale aiuto per costruire un incontro affettivo più maturo e, per questo, più pieno e più vero” (cf Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, Raccomandazioni e Voti n.2).

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