PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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SCHEDE PER LA RIFLESSIONE

IN PREPARAZIONE ALLA 

XVIII  ASSEMBLEA

 parrocchia di S. Antonio di Marghera

13 Ottobre 2003,

«... E Dio vide che era cosa molto buona»

 

 

SOMMARIO

Presentazione

Una prima proposta della Commissione Diocesana: Premesse

Le tappe verso il progetto pastorale

Fondamentale nel progetto pastorale è l'amore coniugale

Gli sposi e la famiglia "soggetto" nella comunità ecclesiale e nella società civile

Il ministero coniugale profetico-procreativo-educativo

Il ministero coniugale sacerdotale-eucaristico-caritativo

Il ministero coniugale regale-sociale-politico

Note dal dialogo nel Vicariato di Marghera

Proposta del Consiglio pastorale del Vicariato di Marghera

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PRESENTAZIONE 

della  XVIII ASSEMBLEA DIOCESANA DEGLI SPOSI          

domenica 12 ottobre 2003

nella Parrocchia di S.Antonio di Marghera

          l’Assemblea sarà presieduta dal nostro Patriarca Angelo: voi sposi, infatti,  partecipate insieme ai presbiteri, da Lui invitati  per dialogare su alcune concrete  prospettive pastorali, perché siete “soggetti” attivi nella Chiesa e nella Società per il sacramento del matrimonio.

         Siamo lieti di dirvi che a questo appuntamento annuale giungiamo con la stimolante  collaborazione del Consiglio Pastorale del Vicariato di Marghera.

         Abbiamo scelto come titolo dell’Assemblea l’espressione biblica: “e DIO VIDE CHE ERA COSA MOLTO BUONA”, con due sottotitoli esplicativi: “e pose l’uomo e la donna nel giardino perché lo coltivassero e lo custodissero”, “l’amore degli sposi meraviglia della creazione, dono per la persona. la famiglia, la comunità”.

          Approfondiremo l’AMORE UOMO/DONNA, fondamento irrinunciabile della vita umana secondo il progetto di Dio fin dalla Creazione e nella Redenzione.

       In questi fogli, troviamo una duplice traccia per il nostro dialogo in Assemblea:

1       Una proposta della Commissione diocesana           

2       Note dal dialogo nel Vicariato di Marghera.            

  Vi invitiamo a leggerle per preparare un personale intervento durante l’Assemblea sull’AMORE CONIUGALE CREATURALE E REDENTO necessario per progettare la pastorale della parrocchia con gli sposi e con la famiglia.

 

 

Una prima proposta della Commissione diocesana

PREMESSE

1. La PARROCCHIA.  Una delle principali ragioni per cui la parrocchia fatica a recuperare il suo tradizionale ruolo di “formazione” e di  “guida” alla fede, è dovuta principalmente al fatto che il mondo che l’ attornia è cambiato. La novità, maturatasi lungo tutto il ‘900, è che la condizione fondamentale dell’esistenza della Chiesa, cioè la “trasmissione” della fede di generazione in generazione, non è più un fatto favorito dalla stessa tradizione culturale in cui viviamo. La novità, quindi, tocca il punto sorgivo stesso della Chiesa, perché la Chiesa esiste appunto in forza della “comunicazione”  della fede. Questa svolta prende un po’ in contropiede la struttura della parrocchia che, ancor oggi, raramente è investita dell’ “accesso alla fede” dei non credenti e anche di quelli che sono “al di fuori”. La collocazione dell’evangelizzazione al centro come fulcro della vita parrocchiale richiede alcuni rilevanti aggiustamenti della pastorale.

Innanzitutto, la parrocchia deve trasformarsi in una “comunità accogliente”, capace di una pluralità di linguaggi, che crea spazi di accoglienza per tutti. Questo è l’opposto del proselitismo, che mira solo ad allargare il proprio gruppo e comporta la netta rinuncia a quella specie di prestigio sul territorio, che ha caratterizzato la parrocchia della “tradizione”.

In seconda battuta, l’attività pastorale non deve mai ignorare che il credente è inserito in una società secolarizzata. Si pensi alla “Catechesi dei bambini” che esige come ovvia la largamente improbabile collaborazione di famiglie nelle quali la fede spesso non è condivisa.

Oggi la parrocchia ha bisogno di tutti: famiglia, scuola, amministrazione pubblica, enti locali, stato, e in primo luogo deve essere collegata stabilmente con la Diocesi con tutte le sue articolazioni pastorali, movimenti d’ambiente e associazioni comprese, naturalmente. Pertanto, la parrocchia deve mettersi in rete con le altre parrocchie. Si evita così che la parrocchia venga ridotta al luogo del residuo della fede, un elemento irrilevante per la vita della gente.

Questo per ribadire che, in una società secolarizzata, restano “segno” di presenza nella città solo quelle parrocchie di “accoglienza”, dove tutti si sentono a casa propria e dove l’impegno pastorale include l’azione culturale e civile.

E’ noto certamente che, dal Concilio Vaticano II, sono stati numerosissimi gli studi sulla parrocchia (cf. Il Rinnovamento della parrocchia nella Chiesa italiana dal Conc.Vat.II ad oggi”. F.R.Romersa, Mursia Roma, 2000), che ha provocato una fioritura di esperienze, proposte e progetti pastorali per rinnovarla. Forse con una certa fatica si è maturata la necessità di un “progetto pastorale” della parrocchia. Bisognerà insistere soprattutto nella riflessione teologico-pastorale, per incrementare la ricerca di nuovi sentieri per la diffusione del Regno di Dio, per non arrestare quella creatività della comunità parrocchiale, creatività fedele all’ascolto dello Spirito nella sua Parola e nella Storia.

2.    Il PROGETTO PASTORALE. Si dovrebbe puntare non tanto su una modificazione organizzativa della parrocchia, quanto su una conversione delle persone della comunità ecclesiale, in primo luogo di quanti sono chiamati da uno specifico ministero, per progettare una pastorale a partire dalla “fede” nel matrimonio e nella famiglia, “mistero di Dio” (Lettera alle famiglie, Giovanni Paolo II, 19), nella coppia in quanto rivelazione creativa di Dio-Trinità, nell’amore nuziale immagine che Dio ha scelto per manifestarsi, nella coppia cristiana che per il sacramento del matrimonio è coinvolta, assunta, elevata dentro l’amore che unisce Cristo alla sua Chiesa (cf Ef 5,32). Da ciò, la consapevolezza che gli sposi e la famiglia siano una risorsa irrinunciabile per un progetto pastorale, sono un “dono” che Dio ha posto nelle nostre mani.

  3.      3. Certamente occorrerà sempre una continua lettura della realtà della vita coniugale e familiare nel contesto del “territorio” con dati statistici da conoscere e non sottovalutare, con gli elementi positivi da valorizzare e i problemi da risolvere, ma pur con fatica o trepidazione.

Cerchiamo di evidenziare gli aspetti positivi della vita degli sposi e della famiglia: essi corrispondono al disegno di Dio sugli sposi e sulla famiglia, il quale disegno perciò non si sovrappone superficialmente, ma è l’orientamento e l’esaltazione di quanto Dio stesso ha scritto nel creato. Dal punto di vista antropologico si può ripetere con A.Vergote che “la struttura familiare è virtualmte religiosa e, insieme, la religione è fondamentalmente contrassegnata dalla psicologia familiare” (Psicologia religiosa, Roma ’79). Dal punto di vista del cristianesimo: “Il progetto di vita per la famiglia esiste, è l’amore che lega il “Noi” divino alla Trinità, quell’amore stesso che il Verbo ha portato sulla terra: un progetto comunitario” (C.Lubich, Messaggio alle famiglie, ’98).

4.    4. Bisognerà tradurre in un progetto operativo l’enorme potenziale di insegnamenti della Chiesa su matrimonio e famiglia che si impernia sulla Parola di Dio nella Bibbia e nella Storia: Cf Enchiridion della famiglia, 1965-1999, Ed. Devoniane, Bo 2000; “Il granello di senapa”, Patriarca Cè, 1990; “Il Direttorio della Pastorale familiare”, C.E.I.

5.    5. Allora,  si può tentare di abbozzare un progetto pastorale che ha come meta la riscoperta della “dimensione coniugale e familiare della parrocchia” e la “dimensione ecclesiale della coppia e della famiglia”, nella convinzione che per la vita coniugale e familiare passa la frontiera tra Vangelo e Storia.  E’ questo il senso dell’intervento di Giovanni Paolo II dopo il Giubileo del 2000, in occasione della Beatificazione degli sposi Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini: “Alle spinte negative che si manifestano nel mondo, la Chiesa risponde rafforzando l’impegno per annunciare Cristo, speranza dell’uomo e speranza del mondo! In questa missione di speranza, un ruolo di primo piano è affidato alle famiglie. La famiglia, infatti, annuncia il Vangelo della speranza con la sua stessa costituzione, perché si fonda sulla fiducia reciproca e sulla Provvidenza. La famiglia annuncia la speranza, perché è luogo in cui sboccia e cresce la vita, nell’esercizio generoso e responsabile della sponsalità e della paternità e maternità. Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in sé stessa una “buona notizia” per il mondo. Nel nostro tempo, inoltre, sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione, sia nella propria parrocchia e diocesi, sia condividendo la stessa missione ad Gentes. Sì, care famiglie, è maturata nella Chiesa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria”.  E Paolo VI nella esortazione: Evangelii Nuntiandi (1975) così si era espresso: “Se  la grazia e la vocazione propria della Chiesa universale è l’evangelizzazione ed essa esiste per evangelizzare, allora anche la piccola chiesa domestica, che è la famiglia, ha la stessa grazia e la medesima vocazione: esiste per evangelizzare”.

  6.  6. Si giunge al progetto pastorale con l’impegno della comunità ecclesiale, in primo luogo dei presbiteri e degli sposi e famiglie, alla riscoperta della “buona notizia” su Matrimonio e Famiglia. Si tratta di elaborare dei percorsi formativi, secondo le dimensioni dell’azione ecclesiale: l’annuncio della parola e la catechesi,  la celebrazione liturgica, in primo luogo l’Eucaristia e la preghiera, l’esperienza della comunione e la testimonianza della carità, da estendere alla società civile con l’assunzione di responsabilità culturali, sociali e politiche.

7.    Verso un progetto pastorale in prospettiva culturale.

Infatti, la finalità della pastorale è missionaria: annunciare il Vangelo. Per questo obiettivo è necessario recuperare il valore centrale tra fede e cultura, per cui il progetto pastorale non può non essere  un progetto anche culturale. L’intento della pastorale, infatti, è aiutare i credenti e la comunità cristiana a motivare la propria fede cristiana. Convinti che Gesù, oltre all’emotività e alla corporeità,  ha redento anche la nostra intelligenza, la pastorale è giocata sul binomio “libertà- intelligenza” come necessario supporto alla fede: la libertà per una personale adesione a Cristo e l’intelligenza per un’elaborazione approfondita della fede. Il cristiano è chiamato a elaborare l’interazione tra i contenuti essenziali della fede e le caratteristiche essenziali della vita.

In particolare, va specificato che la dimensione culturale del progetto pastorale ruota attorno alla visione cristiana della persona umana: per questo sposi-famiglia sono direttamente chiamati in causa, per la loro innata “vocazione” educativa a far crescere  insieme persone diverse.  

AL SOMMARIO

LE TAPPE VERSO IL PROGETTO PASTORALE

1. Nella tradizione biblica Dio alle origini della creazione si è riconosciuto nella coppia umana che aveva creato. Ha giudicato ogni cosa “buona” trasparente l’impronta di Dio, ma soprattutto ha considerato cosa “molto buona” l’uomo e la donna in reciproca relazione. Dalla Bibbia sappiamo che ad Adamo ed Eva  Dio si “autocomunica” (Rahner) e con loro dialoga passeggiando nell’Eden. E’ come se avesse scelto il modo migliore per autopresentarsi: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. La gloria di Dio è l’uomo vivente perché è ciò che più gli assomiglia. Il plurale: “Facciamo l’uomo a nostra immagine” sottolinea che Dio si vede rispecchiato in una dualità comunicante. Egli è pluralità di persone in comunione e non potrebbe riconoscersi adeguatamente se non in una pluralità di persone destinate alla comunione.

2. Riconoscere nella relazione-amore uomo/donna l’opera più splendente della creazione. Se nell’universo intero c’è una legge di solidarietà tra tutte le creature, nessuna meglio della coppia umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, è vivo riflesso del suo Amore. Infatti, per il cristianesimo matrimonio e famiglia hanno la loro radice nella vocazione dell’uomo all’amore. “Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 1).

Secondo l’antropologia biblica e teologica questa destinazione creaturale  abbraccia tutto l’uomo fino alla sua dimensione corporea. Perciò nel rapporto tra marito e moglie nel matrimonio non vi può essere alcun ambito che rimanga estraneo a tale determinazione. Di conseguenza, già nel suo aspetto umano, il matrimonio non solo è contrassegnato da una destinazione che rimanda i coniugi oltre se stessi: esso vive piuttosto già del dono della fedeltà con cui Dio il Creatore ha accolto l’uomo in modo definitivo e incondizionato.  

3. Contemplare il Mistero Nuziale di Dio, sorgente di ogni amore umano. Il Mistero di Dio è ineffabile, tuttavia il Figlio di Dio Gesù Cristo ci ha introdotto alla conoscenza del Mistero di Dio Uno e Trino: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”, Gv 14,9; “Io e il Padre siamo una cosa sola”, Gv 10.30; “Il Padre è in me e io nel Padre”, Gv 10,30.38; “In verità, in verità vi dico: Chi accoglie Colui che io manderò (lo Spirito), accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”, Gv 13,20. Noi uomini siamo stati chiamati all’esistenza per entrare nell’Amore infinito, per far parte di quel “tu” che il Padre eternamente pronuncia rivolto al Figlio. Dunque la nuzialità diventa la chiave interpretativa del progetto salvifico del Padre: tutta l’umanità è chiamata in Cristo alle nozze eterne con Dio Uno e Trino.

4. Con la forza dello Spirito Santo, amarsi come Cristo ama la Chiesa. Gesù Sposo costituisce la Chiesa Sposa, mediante il dono eucaristico del suo Corpo, generandola, nutrendola, purificandola, santificandola nello Spirito Santo e coinvolgendola sponsalmente nella sua missione, Efesini 5,21-33.  In forza del loro sacramento, la vita degli sposi è inserita in questo Amore sponsale di Cristo verso la Chiesa ed è lo Spirito Santo che dona agli sposi un cuore nuovo, rendendoli capaci di amarsi come Cristo ci ha amati, Familiaris Consortio, 13.

5. Gli sposi e la famiglia, di conseguenza, sono chiamati “a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, proponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere e nel suo agire, in quanto intima comunità di vita e di amore.  Proprio per questo la famiglia è chiamata a giusto titolo ‘ecclesia domestica’ perché incarna il rapporto nuziale di Cristo e della Chiesa. Non ne è solamente un’immagine, ma la sua realizzazione fondata sulla verità del sacramento. Per questo, il sacramento delle nozze può essere visto come il paradigma della Chiesa e della sua vita, che è vita nuziale in riferimento allo Sposo crocifisso e risorto” (Familiaris Consortio, 50.140)..

In questa prospettiva evangelica, il progetto pastorale sarà dunque impegnato a promuovere una risposta concreta all’appello di Giovanni Paolo II: “Famiglia diventa ciò che sei”, FC 17.

 AL SOMMARIO

FONDAMENTALE NEL PROGETTO PASTORALE  È L’AMORE CONIUGALE

Lo conferma da sempre la storia dell’umanità: la quasi totalità degli uomini e delle donne si desiderano, si innamorano, si sposano e danno origine alla famiglia.  

Lo conferma la parola di rivelazione della bibbia, che inizia con l’annuncio: “Da principio Dio li creò maschio e femmina”.

1.    Trasmettere la Buona Notizia, parlare di Dio alle donne e agli uomini del terzo millennio non può esulare dal contemplare e far contemplare l’originario modo di presentarsi di Dio attraverso l’amore umano. Se facciamo il parallelo con gli esperti di comunicazione di massa, che fanno di tutto per inventare lo spot più adeguato a rendere un oggetto desiderabile per il cliente o per attrarre consensi e voti su un candidato nel mercato politico,vediamo che nel caso della missione evangelizzatrice che svolge una coppia non si tratta di impacchettare un prodotto  per renderlo appetibile, ma solo di lasciar parlare l’essere stesso dell’uomo e della donna restituendoli al loro originario splendore. Dio non usa la coppia in maniera strumentale, come trappola per la conquista, ma le affida veramente se stesso, soffiando il suo Spirito. L’immagine che Egli dà di sé attraverso un uomo e una donna che si amano è veritiera, vivente e libera.

2. Ogni progetto pastorale (di rievangelizzazione) non può che tornare a reinterpretare questo “principio”, cercando di comprendere sempre meglio il disegno iniziale di Dio. “Unidualità” è il termine che Giovanni Paolo II ha usato (Lettera alle donne, Il Papa scrive, le donne rispondono” EDB, BO ’96), per esprimere in una sola parola il senso del versetto biblico: “A immagine di Dio li creò, maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27). Che questo versetto sia riferimento fondamentale per l’antropologia e la teologia, lo dimostra il fatto che Gesù rimanda ad esso nel passo evangelico sul matrimonio (Mt 19, 3-7). Gesù è venuto a restaurare quel progetto, a redimerlo dal male e perfezionarlo. Al “principio” torna e ritorna nel tempo il cristianesimo che voglia approfondire la comprensione antropologica dell’uomo e della donna nella relazione che li rimanda, ciascuno e insieme, al Creatore, oltre che l’uno all’altra.

3. Non si è buoni evangelizzatori se non si sa apprezzare e valorizzare la realtà umana nella sua laicità, se non si sa fare silenzio e contemplare il mistero di un amore che nasce, eventualmente sostenendo quella aspirazione all’assoluto che è nascosta nei desideri stessi delle coppie. Spesso dimentichiamo questo originario riflettersi di Dio nella creazione, che è anche un ritirarsi, rinunciando a farsi riconoscere presente per affidare tutto ai due sposi. Giustamente la creazione è stata considerata la sua prima kenosi, antecedente l’Incarnazione. “Dio non ha creato la religione, ha creato il mondo”, ha scritto Rosenzweig, un filosofo ebreo del nostro tempo, volendo sottolineare che i riti, le cerimonie. gli abiti, le preghiere, le istituzioni vengono dopo, sono immagini di un secondo livello, che non possono sostituire l’immagine più diretta impressa nella creazione stessa, con al culmine l’amore tra un uomo e una donna. Perciò si è parlato del corpo come “sacramento primordiale”.

4. Per l’intrinseca bontà delle cose create, le prime pagine bibliche ci presentano, per così dire, il “manifesto della laicità” e insieme la “intrinseca” religiosità del creato. Nella creazione Dio si dona realmente, concede l’autonomia e si ritira per affidare alle sue creature, l’uomo e la donna in relazione, la libertà e il gusto di amarsi e sentirsi fecondi e concreatori. Dio si nasconde così bene da sembrare assente, avendo tutto affidato ai due che lo rappresentano. In questo senso una coppia di sposi, in quanto creati da Dio a sua immagine, realizzano la propria felicità e il proprio dover essere, essendo semplicemente quel che sono, quello per cui sono stati creati, ossia vivendo nell’amore reciproco. Vi sono coppie per le quali si potrebbe parlare di “ateismo religioso”, perché da una parte vivono come se Dio non esistesse, ma dall’altra grazie all’amore reciproco, anche senza volerlo sono una trasparenza di Dio. Anche ad esse si attaglia bene quanto Gesù dice del giudizio finale: se hanno custodito tra loro e attorno a loro la fiaccola dell’amore, forse un giorno saranno ringraziate da Colui che è stato nutrito, custodito, amato ogni volta che essi hanno rivolto un pensiero buono al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici. Non sarà chiesto loro se sono stati praticanti ne se hanno accettato le verità della fede. Questa realtà vale per ciascun uomo che nasce sulla terra, senza nulla togliere ai cristiani che partecipano esplicitamente alla Comunione dei Santi. Sostanzialmente è l’amore che rende trasparenti il Creatore, “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio” (Ef 2, 19).

5. Tutto questo richiede da parte dei pastori e delle comunità cristiane forte equilibrio e profonda saggezza. Infatti, tutti sappiamo che il cristianesimo conosce il regime di vita matrimoniale e familiare non solo nella sua realtà creaturale, ma anche come una realtà bisognosa della “salvezza” quella operata da Gesù Cristo. In questa realtà di vita, la dimensione personale e istituzionale, così come le significative esperienze dell’autorealizzazione nella libertà e nell’impegno, della reciprocità nello scambio del Tu, della relazionalità e comunità di vita, della responsabilità sociale e del bisogno di protezione, sono così fittamente intrecciate tra loro dall’amore e dalla sessualità e riguardano i coniugi nella loro concreta realtà storica e sociale. Matrimonio e famiglia non sono perciò meno esposti di altri ambiti esistenziali alla fallibilità della persona umana.

6. Trasmettere la buona notizia significa innanzitutto aprire gli occhi dei fidanzati a questa realtà “divina” del loro amore, aiutarli a prendere atto della meraviglia dell’avvento del loro amore e a prendersene cura fedele. Si può annunciare Dio alle famiglie attraverso annunci, missioni, progetti capillari di evangelizzazione, ma niente è paragonabile al servizio che viene reso loro aiutandole ad essere quello che sono, giorno per giorno, illuminando di senso dal di dentro il loro stesso essere. Bisognerà impegnarsi ad essere fedeli giorno per giorno al “tu” verso il “noi”, che la vita ha messo di fronte per percorrere, volenti o nolenti, il cammino che porta fino in fondo alla sorgente dell’amore. Lo Spirito è così vicino agli sposi che essi potrebbero anche non riconoscerlo, eppure, amandosi, ne trasmetterebbero ugualmente il profumo. Non poche finiscono col riconoscere prima o poi la presenza di Dio nella loro vita, a fargli festa, a rendergli grazie. Come si spiegherebbe diversamente la fedeltà ammirevole, lungo tutto l’arco della vita e in tutte le culture, di coppie di altre fedi o non credenti?

Di conseguenza, vale nella pastorale familiare la raccomandazione a non ritualizzare tutto, cooptare tutti in parrocchia. Si potrebbe correre il rischio di formare coppie clericali, come certe volte accade per malinteso ed eccessivo zelo, perfettamente integrate nella pastorale, ma non in grado di trasmettere il fascino del mistero della sponsalità che sono chiamate a rappresentare.

7. Proprio la prima pagina della Genesi rende comprensibili quei passi evangelici in cui Gesù, invitando ad amare tutti non trasmette solo una regola etica nuova, ma spinge ad imitare il comportamento stesso di Dio il quale, essendo Padre di tutti, distribuisce i suoi doni indiscriminatamente ai buoni e ai cattivi: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 43-45). Ad ogni essere creato lo Spirito distribuisce le risorse per non soccombere seguendo il filo d’oro della sua storia di vita, nella quale agisce un fattore X, apparentemente insignificante e minimo, che entra in gioco però in modo decisivo nell’intreccio degli eventi. Nelle situazioni concrete, tale fattore si rivela favorevole agli sposi, pre-reagisce, lavora a loro vantaggio, traendo il meglio dalle condizioni date.

  AL SOMMARIO

GLI SPOSI E LA FAMIGLIA “SOGGETTO” NELLA COMUNITÀ ECCLESIALE E NELLA SOCIETÀ CIVILE.

  Il documento della C.E.I. “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio”, 1975, afferma: “In forza del loro ministero, gli sposi sono il soggetto attivo e responsabile della sollecitudine pastorale della Chiesa… In forza del sacramento, Gesù Cristo associa al suo triplice ministero profetico, sacerdotale e regale gli sposi, consacrati per essere ministri di santificazione e di edificazione” (ESM 44-47.54; cf LG 11; AA 11).

Riportiamo di seguito l’ampia descrizione di questi compiti pastorali degli sposi e della famiglia che si trova in: “Storia ed evoluzione della pastorale diocesana degli sposi e della famiglia”, Venezia 2002, pp.18-26.

  “Oggi il compito è anche annunciare la ministerialità coniugale nella vita familiare e nella pastorale parrocchiale “ (Gds 60-62 e 70), per cui gli sposi “in forza del loro ministero… della sollecitudine pastorale della Chiesa… ne sono il soggetto attivo e responsabile. … In forza del sacramento, Gesù Cristo associa al suo triplice ministero profetico, sacerdotale e regale gli sposi,  “consacrati per essere ministri di santificazione e di edificazione” (ESM 44-47 e 54; cf LG 11; AA 11).

La Commissione diocesana ha iniziato la riflessione sul “ministero coniugale” dal 1986 con i il determinante contributo teologico di don G: Pattaro. Nella XII Assemblea degli Sposi,  che aveva il tema :”Sposi in Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo nella Chiesa e dentro la storia”, a S.Michele di Quarto d’Altino (19 ottobre 1997), è stata in grado di definire alcune concrete linee pastorali per ognuno dei tre ministeri, linee descritte in Atti n.42. Da allora, il tema è ritornato nelle cinque successive Assemblee, che hanno consentito alla Commissione di meglio definire singoli campi di impegno.                              Di questa evoluzione è stata data sempre notizia  personalmente ai responsabili degli  altri Uffici della pastorale diocesana, con l’intenzione di stabilire validi momenti di collaborazione. Lo facciamo con insistenza perché nella Commissione siamo ovviamente convinti che le iniziative pastorali, delle quali qui si parla, è assurdo pensare di realizzarle senza ampia collaborazione.

    AL SOMMARIO

IL MINISTERO CONIUGALE PROFETICO-PROCREATIVO-EDUCATIVO.

Il Matrimonio cristiano è rivelazione, profezia, segno dell’amore di Dio per l’uomo, per tutta l’umanità, di quell’amore di Dio che Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, porta a compimento sulla Croce. Il ministero specifico dei coniugi sta precisamente qui: essi stessi sono chiamati ad essere segno che annuncia e proclama – proprio nella loro relazione interpersonale – che Gesù Cristo, quale Figlio che viene dal Padre nello Spirito Santo, si dona tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo. Il Papa Giovanni Paolo II, nella lettera alle famiglie, afferma che la storia personale di due sposi è considerata fondamentale nella Parola di Rivelazione della Bibbia: “ Sposi e famiglie, ricordatevi a quale prezzo siete stati comprati (cf 1Cr 6,20)” (18).

Gli sposi e la famiglia e il “discernimento evangelico” della storia.

Il Concilio Vaticano II ha avviato lo spostamento da un’esperienza sociologica della fede (cristianità) ad un’esperienza evangelica della fede. Questo movimento è dovuto, da un lato, alle trasformazioni antropologiche che si manifestano nella civiltà tecnologica in cui viviamo, dall’altro, alla necessità della coscienza cristiana di discernere i “segni” di fecondità del Regno di Dio presenti dentro la storia; un compito di discernimento che è fondamentale, anzi è l’esercizio comunitario della sapienza cristiana, è l’esercizio del compito profetico dei cristiani nella Chiesa. Infatti, oggi noi cristiani stiamo riscoprendo – certamente per l’azione dello Spirito Santo – che il Vangelo, manifestatosi compiutamente in Gesù Cristo, investe la totalità della vita, abbraccia la totalità delle attese umane nella concretezza della quotidianità.

Giovanni Paolo II nella  “Familiaris Consortio” –  a cui fa eco la “Nota Pastorale” dopo Palermo (21) – afferma che  “discernimento evangelico” significa conoscere la situazione socio-culturale da parte della Chiesa e, in particolare, da parte degli sposi cristiani, significa saper cogliere le richieste e gli appelli dello Spirito Santo che risuonano negli stessi avvenimenti della storia (cf FC 4-5). Nel caso degli sposi la competenza profetica è addirittura sorretta da un segno sacramentale, quello del Matrimonio.

La formazione dei fidanzati al Matrimonio, è espressione fondamentale del ministero profetico-educativo (v. Sussidio, 2001).

Rispondere ai problemi che la bioetica pone agli sposi e alla famiglia.

Attorno al tema degli sposi e della famiglia si concentrano i problemi più delicati della bioetica: la contraccezione e la pianificazione familiare; la procreazione artificiale; la diagnosi prenatale, l’ingegneria genetica; l’identità e lo statuto del nascituro, la specificità e la natura dell’atto procreativo; l’assistenza al morente e l’eutanasia, il trapianto degli organi, l’AIDS nell’ambito coniugale, la droga e la prevenzione; il malato tumorale, l’anziano in famiglia. Non c’è  tema della bioetica, dunque, che non tocchi la vita della persona e che, quindi, non riguardi direttamente o indirettamente la famiglia.

E’ tutta una lunga serie di sfide, che richiedono delle risposte. Bisognerà lavorare con coraggio non solo per risolvere i problemi, ma anche per ristabilire e chiarire i fondamenti antropologici del matrimonio e della famiglia, della sessualità e della procreazione.

Ecco lo spazio prezioso per il Centro S.Maria Mater D.ni come conferma il nostro Patriarca.

Nota importante: una particolarissima attenzione si deve dare all’altro tema riguardante la “fecondazione medicalmente assistita”.

La famiglia genitoriale educante.

Nell’opinione comune sembra che si sia veramente famiglia soltanto quando ci sono dei figli. Infatti la famiglia moderna si dice che sia nata anzitutto come “famiglia genitoriale educante”, prima che come “coppia che si ama”; la famiglia moderna, prima che dalle relazioni di coppia, nasce a partire dai figli, perciò i figli diventano il centro affettivo e simbolo dell’attività affettiva stessa.

Ciò ha modificato in modo sostanziale non solo l’esperienza d’essere figli, ma anche quella d’essere genitori; ciò ancora ha modificato l’immagine della sessualità della coppia, la maternità-paternità, la procreazione, le attese costruite attorno al figlio. Ecco, allora, le situazioni “sterili per scelta” e “genitori ad ogni costo”, del figlio “programmato” come un oggetto e non accettato come persona.

Educare, per gli sposi cristiani, è esercitare il loro ministero profetico.

Profeta è colui che parla in nome di Dio e che dice la Parola di Dio. Sappiamo che il primo profeta è Gesù Cristo. E’ lui, Gesù, che ci parla nella maniera più esauriente di Dio, del Padre. Ce lo rivela: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Gesù ci dice tutte le cose che stanno a cuore al Padre. La sua parola ci educa, ci plasma, è luce ai nostri passi, ci indica il cammino da percorrere, che è poi imitazione sua, comunione con lui. Siamo chiamati ad essere figli nel Figlio, formando quasi un tutt’uno con lui.

La Chiesa, nel suo insieme, ha avuto la missione di essere profeta di Dio, annunciando il Vangelo che è Gesù. E nella Chiesa ciascuno di noi, a seconda della propria vocazione, è profeta: è chiamato ad annunciare il Signore, a raccontare le meraviglie del Signore con la vita e la parola. Siamo un popolo di profeti. esistiamo per annunciare il Signore.

Anche gli sposi, prima di tutto gli sposi l’uno all’altro e insieme ai propri figli annunciano Gesù: è quello che chiamiamo ministero profetico-creativo-educativo, parte del più ampio ministero coniugale. Specifico degli sposi è l’essere profeti del Matrimonio e dell’amore coniugale; annunciano che il Matrimonio è un dono di Dio, vivere l’amore fedele, per sempre, l’amore che fa definitivamente dei due una carne sola.

Così, per gli sposi cristiani educare è un ministero profetico. Per educare bisognerà continuare ed educare se stessi.

La scuola per genitori per essere “meglio” genitori.

Non sarà facile, ma cercheremo – con la cooperazione anche di altri organismi pastorali e con l’apporto di esperti qualificati da specifiche conoscenze - di approntare una risposta al diffondersi dell’esigenza di molti sposi-genitori di “aiutarsi fra genitori ed essere meglio genitori educatori o addirittura esperti in Educazione”.

  Lo scopo è offrire ai genitori un servizio per la nascita di una nuova cultura dell’orientamento, valorizzare la funzione educatrice degli sposi e della famiglia.

Conseguenze dirette e indirette in sintesi potrebbero essere: mutamento dell’ottica della relazione familiare, cambiamento del modo di parlarsi e relazionarsi; rafforzamento della propria identità di genitore educatore; sentire l’identità di “gruppo” dei genitori; sentire meglio la responsabilità di membri della società e della comunità cristiana.

La formazione dei genitori, allora, potrà avere una forte valenza educativa sia individuale sia sociale.

Individuale, perché favorisce l’orientamento e la crescita dei genitori e contribuisce a “rinegoziare” le relazioni familiari, per consentire un “distacco” che non significhi rottura dei rapporti, ma evoluzione ed autonomia.

Sociale, perché i genitori imparano a superare una visione isolata del loro ruolo e ad aprirsi alla sfera sociale come soggetti, protagonisti a pieno titolo, non solo rappresentanti formali di una categoria, ma operativi responsabili a pieno titolo.

Internet : un’avventura per tutta la famiglia.

Il mondo sta diventando teatro di una profonda rivoluzione, innescata e alimentata dall’uso delle nuove tecnologie, ma che stanno già trasformando radicalmente il nostro modo di vivere. Si pone ora in termini assolutamente più incisivi e radicali di quanto sia successo sinora, il grossissimo problema della gestione di questa ricchezza e anche i genitori devono essere pronti a far fronte a questi cambiamenti.

Un “progetto educativo” al matrimonio e alla famiglia dentro l’educazione globale.

La formazione al matrimonio e alla famiglia è da situare all’interno dell’educazione generale, in una situazione culturale che privilegia la crisi dei valori, i nuovi modelli di coppia pre-coniugale e coniugale.

Tale educazione dovrà essere attiva dall’infanzia, per proseguire nella preadolescenza e adolescenza, due età in cui i ragazzi hanno bisogno di essere illuminati e sorretti a scoprire la sessualità e i suoi fini, il significato dei primi amori. Va continuata poi nella giovinezza, quando l’amore si fa affettivo, si incentra sulle qualità interiori della persona, che deve decidere in ordine al proprio stato di vita e misurarsi con le qualità da acquisire per attingere una meta positiva.

Matrimonio e famiglia appaiono così non già l’esito di contingenze sociali ed esistenziali, ma piuttosto l’approdo di un lungo “itinerario”, che incomincia da lontano, guida la persona in crescita, attraverso gli specifici stadi evolutivi, alle disposizioni volute per compiere la scelta personale di vita.

I luoghi per tale educazione sono la famiglia d’origine, la comunità ecclesiale, la scuola, le associazioni giovanili, che a loro volta dovranno essere coadiuvate dall’azione della società nel suo complesso.

La Commissione, descrivendo un quadro di queste sue concrete attenzioni “profetiche- procreative-educative”, intende confermare la sua convinzione che già la ricerca di definire delle iniziative di servizi pastorali in ordine a questo complesso  primo ministero coniugale non è pensabile senza una collaborazione incrociata con altre Commissioni per la pastorale. Pensiamo, in primo luogo, alle Commissioni per l’evangelizzazione e la catechesi; per l’educazione e la scuola; per la salute;  Pensiamo all’Ufficio del coordinamento della pastorale giovanile e all’Oders e alla Scuola biblica diocesana.

     AL SOMMARIO

Il ministero coniugale sacerdotale-eucaristico-caritativo.

Un’attitudine richiesta, per vocazione, agli sposi è che essi stiano nello stupore gioioso di Dio entrato nel loro cuore e si aprano all’adorazione della sua presenza attiva ed efficace.

E’ proprio questo l’atteggiamento sacerdotale di Gesù, che non è solo “adorazione”, è   perenne “rendimento di grazie”. Per lo stesso motivo, il ministero coniugale sollecita chi è sposato nel Signore ad assumere questo atteggiamento profondo e a farne il filtro dell’intera sua esistenza.

Di conseguenza, gli sposi, quando dialogano tra di loro del loro amore, dialogano con il Signore della loro Alleanza. “Il loro dialogo – diceva don Germano – è un parlarsi a tre. Questa è preghiera “sacerdotale”, perché si realizza nell’apertura radicale del cuore, in modo che l’esistenza intera ne venga avvolta nell’estensione del quotidiano”. E’ la preghiera sacrificio spirituale di cui parla S.Paolo (Rm 12,1).

Il ministero coniugale è fondamentalmente “eucaristico-sacerdotale” perché “l’Eucaristia – così parla il Patriarca agli sposi – sta nel cuore della famiglia. E’ al centro perché l’amore cristiano e l’amore sponsale scaturiscono dalla Pasqua di Cristo di cui è sacramento. L’Eucaristia è la sorgente del nostro vivere quotidiano: dall’Eucaristia celebrata nel giorno del Signore scaturisce una cultura della convivenza umana vissuta da cristiani all’insegna della solidarietà e dell’amore. Dall’Eucaristia scaturisce un sogno, che vuole diventare realtà, di una “Civiltà dell’Amore”, di cui voi siete testimoni, capace di cambiare la storia e di cambiare il mondo.

Noi viviamo una cultura, che marginalizza, estrania sempre più il Matrimonio cristiano. Vivere il Matrimonio cristiano diventa sempre più una testimonianza resa alla Pasqua, non più l’inserirsi in una cultura a cui il Matrimonio cristiano è omogeneo e in qualche modo organico, come poteva essere trenta o quaranta anni fa.

Di fronte a questa situazione, che potrebbe portarci a pensare che vivere la famiglia con al centro l’Eucaristia sia soltanto una utopia, c’è la Parola del Signore: “Io apro i vostri sepolcri e io vi risuscito” (Ez 3,12b). Dio è capace di aprire qualsiasi situazione in cui viviamo e di risuscitarla.

Tutto ciò mette in gioco la fede degli sposi nell’Eucaristia. E’ il “rendimento di grazie” che la Chiesa con Cristo, per Cristo, in Cristo eleva al Padre e, con la Chiesa, tutto l’universo. E’ nel sacrificio eucaristico che i coniugi trovino la sorgente e l’alimento della loro “alleanza” sponsale e sono chiamati a scoprire il “grande mistero”, che in Cristo unico sacerdote del Padre, diventa il loro ministero”  (cf FC 57).

  Di ogni evento di salvezza che l’Eucaristia attualizza, il sacramento del Matrimonio fa memoria ai figli, alla Chiesa e al mondo. E’ negli sposi che il ministero sacerdotale-eucaristico, viene messo in piena evidenza.

Rivelare che l’amore umano è un “dono” di Dio.

Primo compito del ministero sacerdotale degli sposi cristiani è rivelare che l’amore umano è “dono” di Dio.

Gesù chiede agli sposi di rivelare che l’amore umano è retto e sorretto dall’Amore di Dio che si è riversato su di noi.

L’amore di Dio ci precede. Ogni atto di amore non procede dal nulla, ogni persona che ama, non parte da zero. La Bibbia ci rivela che c’è una Carità che ci precede, quella di Dio; non siamo noi che per primi amiamo, bensì veniamo da una lunga catena di Carità.  Siamo amati e perciò possiamo amare.

C’è dunque un cosmo di amore, un universo di doni prodotti dalla Carità di altri che ci hanno preceduto: Dio e le altre generazioni prima di noi.

L’amore di Dio, dunque, è più grande di noi, siamo immersi in esso. Il già donato, il già frutto dell’amore, il cosmo già creato dall’amore, deve diventare punto di partenza, presupposto per la “nuova creatività dell’amore”. Rispetto, dunque, per l’esitente, valorizzazione del dono già costruito e messo a disposizione.

Allora, questo è un compito del ministero sacerdotale degli sposi, credere e annunciare che ogni cosa che esiste essenzialmente è un “dono” di Dio e di altri soggetti che, nel piano di Dio, sono intervenuti da intermediari.

Se pretendessi di amare come se l’amore cominciasse da me e come se io fossi il creatore libero e autonomo di un mio cosmo, dimostrerei di amare solo me stesso.

Questa “rivelazione” sull’amore che ci precede e ci avvolge, da sempre, è oggetto del ministero coniugale.

“La via della carità” verso gli sposi in crisi tra loro.

Altro oggetto del ministero sacerdotale degli sposi è fare proprio l’impegno di S.Paolo: “Ebbene, vi mostrerò io la via più sublime “(1 Cor 12,31), “è la via della carità” (1 Cor 13).

Per Paolo la Carità non si identifica con la donazione dei beni o di se stessi; la carità anima tutta l’esistenza, sta alla radice della fede e della speranza. La carità anticipa nel tempo la piena e definitiva comunione con Dio. Essa rimane per sempre. “Se non ho l’amore, non sono nulla”, in questo passaggio dall’avere all’essere sta la radicalità del discorso di Paolo.   Qui c’è un avere che è un essere e un non avere che è un non essere.

Chi ama è, chi  non ama non esiste.

La testimonianza di amore sincero degli sposi dovrebbe convincere gli uomini, le famiglie, la comunità cristiana e la società, che il vero essere è solo l’amore.

La coppia e la famiglia sono chiamate ad aprirsi e consacrarsi al bene di tutti gli uomini a partire dalle altre coppie e dalle altre famiglie.

I divorziati non risposati, i divorziati risposati, gli sposati solo civilmente, i conviventi. Queste situazioni. certamente le più gravi per cui, coloro che si trovavo in una di esse, non sono in piena comunione con la Chiesa (non sono ammessi alla Riconciliazione e alla Comunione eucaristica).

Però, poiché, in forza del Battesimo, sono membri di essa, possono unirsi alla sua preghiera e alla sua carità, all’ascolto della Parola di Dio e alla celebrazione eucaristica e ad educare cristianamente i figli.

Gli sposi insieme con la loro comunità siano loro vicini con l’amicizia e il rispetto, con la preghiera e con la fiducia nella benevolenza e misericordia del Signore, senza giudicare le coscienze, perché amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme (cf FC 79-84; Lett. Congr. Dottrina della fede; il granello di senapa; Direttorio della pastorale familiare).

Gli sposi per le famiglie sofferenti.

Il ministero sacerdotale apre l’amore degli sposi verso  gli sposi e le famiglie che soffrono a causa delle “infermità umane” di un loro membro

Gesù chiama l’amore coniugale, divenuto sacramento, ad un “nuovo” atteggiamento di condivisione verso quelle famiglie che hanno sofferenti entro le mura di casa.  E sono  una moltitudine di uomini e di donne di ogni età. Handicappati fisici e psichici, ciechi, sordomuti, poveri, colpiti da un male congenito o da sofferenze conseguenti ad un incidente stradale, i tossicodipendenti: i vecchi nelle cosiddette case di riposo, che una volta contavano nella casa, nella chiesa, nella società, ora aspettano la morte.

Durante la XVI Festa della famiglia del 1996, il Patriarca, per la prima volta nella storia della nostra Chiesa, ha chiesto espressamente agli sposi e alle famiglie cristiane di impegnarsi in iniziative concrete per promuovere altri sposi e altre famiglie. La richiesta del nostro Vescovo chiama gli sposi a dilatare le dimensioni  della sponsalità fino a coinvolgere altre realtà sponsali e familiari (siano o no persone credenti) che vivono con le difficoltà e con la sofferenza.

Questa iniziativa è stata subito definita “La famiglia per le famiglie”, che finora sta cercando di aprirsi a due realtà umane.

a) la Casa Famiglia S.Pio X (Giudecca), che accoglie  “ragazze madri” e signore in difficoltà con figli minori. Il Patriarca ne ha affidato il governo ad un gruppo di sette coppie di sposi.

b) Le famiglie che hanno parenti malati psichici ospiti presso presso l’Istituto GRIS di Mogliano Veneto, con prospettiva di allargare l’attenzione  nel prossimo futuro alle oltre tremila famiglie distribuite nelle parrocchie della nostra Diocesi, che accudiscono in casa il loro malato.

“La famiglia per le famiglie” è diventato il titolo del ministero sacerdotale-eucaristico-caritativo degli sposi cristiani.

Qui la Commissione riconferma la necessità e l’urgenza di una collaborazione incrociata con il Consiglio e con la Consulta della Caritas diocesana; con la Commissione per la pastorale della Salute.

  AL SOMMARIO

Il ministero coniugale regale-sociale-politico.

La “regalità” di Gesù Cristo va in una direzione diametralmente opposta alla visione che hanno gli uomini della regalità. Gesù, vicino alla Croce, ribadisce che il suo regno è completamente al di fuori degli schemi umani. I re si fanno servire, Gesù pone il servizio al primo posto della scala dei valori. L’unica potenza di Gesù è l’impotenza, ma non l’inerzia bensì lo strumento efficace del suo amore, amore che dona e non possiede, che offre e non pretende, che contesta l’egoismo delle virtù borghesi dell’avere, del potere, del riuscire, che contesta i falsi valori, che propone valori riconoscibili.

  Regalità di Cristo, dunque, per dare il vero “senso” della persona umana, della convivenza fra gli uomini e di tutte le cose: inserendo tutto in un ordine che porta a Dio.

Gesù associa gli sposi al suo stesso ministero di “servizio” a tutti gli uomini. Dio, che ha creato l’uomo e la donna a sua immagine, Dio all’uomo e alla donna consegna il mondo perché lo plasmino e lo umanizzino a propria immagine.

E’ dal sacramento del Matrimonio che nasce la responsabilità degli sposi di dover partecipare alla costruzione della “città degli uomini”, proponendosi e impegnandosi con le loro risorse a favore di tutti gli uomini e di tutte le realtà sociali. Naturalmente essi non devono fermarsi alla sola “testimonianza” e tanto meno accettare la tentazione “corporativa”. In una parola, è lo stesso sacramento del Matrimonio il “luogo” nel quale viene proclamata l’istanza etica dell’impegno politico della coppia e della famiglia. E’ dal sacramento del Matrimonio che deriva il “comandamento” rivolto agli sposi di impegnarsi politicamente. Possiamo parlare di “grazia politica” donata dal sacramento, una grazia che costituisce la risorsa interiore e l’impulso continuo ai coniugi per assumere e vivere la responsabilità sociale.

E’ necessario che gli sposi e le famiglie conoscano e vivano questa grazia del Matrimonio cristiano; in tal modo l’impegno sociale, culturale e politico non deriva agli sposi  da nessuna autorità esterna o da circostanze storiche, ma deriva dal “cuore nuovo” creato dallo Spirito santo, effuso mediante la celebrazione del sacramento del Matrimonio (cf LG 11, FC 47).

A proposito di questo ministero, confermiamo la necessità e l’urgenza, da parte nostra anzitutto, di collaborare in modo speciale con la Commissione per la  pastorale dei Problemi Sociali e del Lavoro, della “Giustizia e Pace”, con la quale un primo approccio positivo abbiamo attuato nella preparazione della X Assemblea nella parrocchia dei Frari il 15 ottobre ’95, sul tema: “Sposi, siate testimoni dell’amore di Dio dentro la storia e darete speranza al mondo”.  Eravamo proprio agli inizi di una pastorale degli sposi “soggetti”, come tali, di un vero e proprio originale loro ministero politico nella comunità umana.

Il ministero regale-politico degli sposi cristiani è anzitutto un impegno culturale per rendere veramente efficaci gli interventi concreti.

La questione della “responsabilità politica” degli sposi e della famiglia e, di conseguenza, dell’intera comunità cristiana, prima che essere questione di iniziative concrete e precise, è questione culturale, di mentalità da educare.

E’ necessario definire un progetto di formazione-coscientizzazione con la cooperazione di altre responsabilità diocesane; perché, come dice il nostro Patriarca, l’impegno ad esempio della carità della comunità cristiana e, in particolare, degli sposi non deve rispondere solo all’emergenza, ma deve divenire sempre più “sapienza”, per far progredire la storia verso forme più umane e solidali: “La carità deve divenire impegno culturale, sociale e politico per spingere le istituzioni, sollecitare i movimenti di opinione e legislativi a far crescere la società e lo Stato in umanità e solidarietà” (Il granello di senapa, 117).

Ogni intervento sociale e politico del ministero coniugale politico ha come obiettivo l’uomo, la persona umana.

Non è senza fondamento, infatti, la preoccupazione del Papa, che nella sua enciclica “Centesimus annus” afferma che il sistema delle economie più avanzate, tra cui anche la nostra quindi, è dominato da una cultura consumistica, da un modello riduttivo di uomo, che non rispetta e non valorizza adeguatamente tutte le dimensioni del suo essere, ma che subordina quelle interiori e spirituali a quelle materiali e istintive (cf CA 36 ss). All’interno di questa cultura è facile che l’uomo venga messo in secondo piano, che venga cioè visto come mezzo di produzione, di consumo, di godimento, piuttosto che come fine.

I sistemi sociali delle economie più avanzate hanno perciò bisogno di un nuovo modello di sviluppo, fondato su una cultura ed uno stile di vita solidaristici che abbiano al centro la persona umana, ma che siano allo stesso tempo aperti al trascendente.

Il primo campo di esercizio del ministero politico degli sposi è la famiglia.

Il ruolo sociale e politico degli sposi può e deve svilupparsi a partire da qualcosa di originale e cioè dalla potenzialità e necessità educativa: dall’educarsi e dall’educare i componenti della famiglia, in particolare i figli, al “senso” della vita, a riconoscere e promuovere l’uomo nella sua integrità.

L’esperienza di comunione e di partecipazione caratteristica della coppia, rappresenta il suo primo e fondamentale contributo alla società; infatti le relazioni tra i coniugi e poi tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della “gratuità” che, rispettando e favorendo in tutti la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza, incontro, dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda.

La famiglia creata dalla coppia non può oggi considerarsi unico luogo di educazione, ma deve riappropriarsi del primo posto nella graduatoria formata dalle agenzie educative formali e non. Questo può e deve essere possibile, in quanto solo nella famiglia si possono trovare delle caratteristiche fondamentali per l’educazione dell’uomo.

La famiglia, proprio perché sistema di relazioni (e quindi di regole e di affetti) stabili e durature, può essere considerata come luogo privilegiato di trasmissione biologica e soprattutto culturale. La famiglia, riunendo nel tempo persone diverse e non solo per sesso e età, diventa di per sé occasione per superare l’individualismo e per ricuperare il passato proiettandosi nel futuro.

Attraverso la famiglia quindi viene trasmessa la cultura, la storia dei singoli individui e della umanità, Proprio oggi che si assiste ad una perdita del senso storico e della dimensione comunitaria, la famiglia deve riacquistare consapevolezza di questa sua caratteristica originale funzione.

Ma nel quotidiano come può tradursi e realizzarsi questa potenzialità educativa al senso sociale e storico?

Nella coppia in primo luogo, e quindi nella famiglia, si possono comporre le diversità da viversi come opportunità di ricchezza e non come handicap, attraverso l’apertura all’altro, al rispetto alla solidarietà. All’interno della famiglia è possibile l’educazione alla uguaglianza, alla giustizia, alla libertà rispettosa dei diritti degli altri. Nella famiglia ciascuno può avere la sua identità che deve essere valorizzata, deve essere possibile per ciascuno imparare ad esprimerla e così poi nel mondo per esempio nella scuola e sul lavoro, senza perdere le occasioni per il confronto.

La politica come scelta di coppia.

Gli sposi cristiani, forti della particolare promozione umana che fanno, devono essere consci anche della necessità di interventi legislativi.

Non si possono  porre solo a livello di testimonianza, ma devono anche porsi come soggetti attivi all’interno di un’esperienza politica diretta, in un pluralismo di scelte ormai riconosciute, senza cadere nella tentazione corporativa.

L’esperienza degli sposi e della loro famiglia può diventare il germe di una politica rinnovata fino ad assumere forme propriamente politiche di partecipazione democratica alla vita della società. E’ possibile adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato sostengano e difendano i diritti e i doveri delle persone. Le coppie e le famiglie quindi come protagoniste della politica e non solo di quella che  oggi viene definita familiare. Ci si assume la responsabilità di trasformare la società e di costruire la storia. Diversamente le famiglie saranno le prime a risentire di quei mali, che si sono limitate ad osservare con un atteggiamento di indifferenza o di delega.

Comportamenti alternativi.

Ne parla Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus”(36-39).

Solo dentro a un contesto e un disegno consapevole di una economia “civile” assumono significato singoli comportamenti, come il risparmio solidale gestito attraverso una banca etica, l’acquisto di “merce” come quella del commercio solidale, l’operazione “bilanci di giustizia” proposta per le famiglie, le varie forme di consumo critico e di boicottaggio  di certi prodotti, le adozioni a distanza, le reti territoriali di aiuto reciproco e le cosiddette “banche del tempo”, ecc.

Che cosa hanno in comune queste forme? essenzialmente tre dimensioni: il coinvolgimento diretto delle persone; la centralità della realtà economica; l’organizzazione dell’azione sociale.

E l’obiettivo operativo è giungere a comportamenti economici alternativi, a scelte di economia leggera che sono alla portata di ogni cittadino.

  E forse questo il modo migliore per avviare un processo che coinvolga un numero più ampio di persone e che sia finalizzato, attraverso azioni sociali, ad introdurre elementi di giustizia, equità e solidarietà nel mondo dell’economia.

É necessario perciò adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi  che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti: un altro oggetto del ministero regale degli sposi.

 

 

Una prima proposta della Commissione diocesana

PREMESSE

1. La PARROCCHIA.  Una delle principali ragioni per cui la parrocchia fatica a recuperare il suo tradizionale ruolo di “formazione” e di  “guida” alla fede, è dovuta principalmente al fatto che il mondo che l’ attornia è cambiato. La novità, maturatasi lungo tutto il ‘900, è che la condizione fondamentale dell’esistenza della Chiesa, cioè la “trasmissione” della fede di generazione in generazione, non è più un fatto favorito dalla stessa tradizione culturale in cui viviamo. La novità, quindi, tocca il punto sorgivo stesso della Chiesa, perché la Chiesa esiste appunto in forza della “comunicazione”  della fede. Questa svolta prende un po’ in contropiede la struttura della parrocchia che, ancor oggi, raramente è investita dell’ “accesso alla fede” dei non credenti e anche di quelli che sono “al di fuori”. La collocazione dell’evangelizzazione al centro come fulcro della vita parrocchiale richiede alcuni rilevanti aggiustamenti della pastorale.

Innanzitutto, la parrocchia deve trasformarsi in una “comunità accogliente”, capace di una pluralità di linguaggi, che crea spazi di accoglienza per tutti. Questo è l’opposto del proselitismo, che mira solo ad allargare il proprio gruppo e comporta la netta rinuncia a quella specie di prestigio sul territorio, che ha caratterizzato la parrocchia della “tradizione”.

In seconda battuta, l’attività pastorale non deve mai ignorare che il credente è inserito in una società secolarizzata. Si pensi alla “Catechesi dei bambini” che esige come ovvia la largamente improbabile collaborazione di famiglie nelle quali la fede spesso non è condivisa.

Oggi la parrocchia ha bisogno di tutti: famiglia, scuola, amministrazione pubblica, enti locali, stato, e in primo luogo deve essere collegata stabilmente con la Diocesi con tutte le sue articolazioni pastorali, movimenti d’ambiente e associazioni comprese, naturalmente. Pertanto, la parrocchia deve mettersi in rete con le altre parrocchie. Si evita così che la parrocchia venga ridotta al luogo del residuo della fede, un elemento irrilevante per la vita della gente.

Questo per ribadire che, in una società secolarizzata, restano “segno” di presenza nella città solo quelle parrocchie di “accoglienza”, dove tutti si sentono a casa propria e dove l’impegno pastorale include l’azione culturale e civile.

E’ noto certamente che, dal Concilio Vaticano II, sono stati numerosissimi gli studi sulla parrocchia (cf. Il Rinnovamento della parrocchia nella Chiesa italiana dal Conc.Vat.II ad oggi”. F.R.Romersa, Mursia Roma, 2000), che ha provocato una fioritura di esperienze, proposte e progetti pastorali per rinnovarla. Forse con una certa fatica si è maturata la necessità di un “progetto pastorale” della parrocchia. Bisognerà insistere soprattutto nella riflessione teologico-pastorale, per incrementare la ricerca di nuovi sentieri per la diffusione del Regno di Dio, per non arrestare quella creatività della comunità parrocchiale, creatività fedele all’ascolto dello Spirito nella sua Parola e nella Storia.

2.  Il PROGETTO PASTORALE. Si dovrebbe puntare non tanto su una modificazione organizzativa della parrocchia, quanto su una conversione delle persone della comunità ecclesiale, in primo luogo di quanti sono chiamati da uno specifico ministero, per progettare una pastorale a partire dalla “fede” nel matrimonio e nella famiglia, “mistero di Dio” (Lettera alle famiglie, Giovanni Paolo II, 19), nella coppia in quanto rivelazione creativa di Dio-Trinità, nell’amore nuziale immagine che Dio ha scelto per manifestarsi, nella coppia cristiana che per il sacramento del matrimonio è coinvolta, assunta, elevata dentro l’amore che unisce Cristo alla sua Chiesa (cf Ef 5,32). Da ciò, la consapevolezza che gli sposi e la famiglia siano una risorsa irrinunciabile per un progetto pastorale, sono un “dono” che Dio ha posto nelle nostre mani.

  3. 3. Certamente occorrerà sempre una continua lettura della realtà della vita coniugale e familiare nel contesto del “territorio” con dati statistici da conoscere e non sottovalutare, con gli elementi positivi da valorizzare e i problemi da risolvere, ma pur con fatica o trepidazione.

Cerchiamo di evidenziare gli aspetti positivi della vita degli sposi e della famiglia: essi corrispondono al disegno di Dio sugli sposi e sulla famiglia, il quale disegno perciò non si sovrappone superficialmente, ma è l’orientamento e l’esaltazione di quanto Dio stesso ha scritto nel creato. Dal punto di vista antropologico si può ripetere con A.Vergote che “la struttura familiare è virtualmte religiosa e, insieme, la religione è fondamentalmente contrassegnata dalla psicologia familiare” (Psicologia religiosa, Roma ’79). Dal punto di vista del cristianesimo: “Il progetto di vita per la famiglia esiste, è l’amore che lega il “Noi” divino alla Trinità, quell’amore stesso che il Verbo ha portato sulla terra: un progetto comunitario” (C.Lubich, Messaggio alle famiglie, ’98).

4.  4. Bisognerà tradurre in un progetto operativo l’enorme potenziale di insegnamenti della Chiesa su matrimonio e famiglia che si impernia sulla Parola di Dio nella Bibbia e nella Storia: Cf Enchiridion della famiglia, 1965-1999, Ed. Devoniane, Bo 2000; “Il granello di senapa”, Patriarca Cè, 1990; “Il Direttorio della Pastorale familiare”, C.E.I.

5.  5. Allora,  si può tentare di abbozzare un progetto pastorale che ha come meta la riscoperta della “dimensione coniugale e familiare della parrocchia” e la “dimensione ecclesiale della coppia e della famiglia”, nella convinzione che per la vita coniugale e familiare passa la frontiera tra Vangelo e Storia.  E’ questo il senso dell’intervento di Giovanni Paolo II dopo il Giubileo del 2000, in occasione della Beatificazione degli sposi Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini: “Alle spinte negative che si manifestano nel mondo, la Chiesa risponde rafforzando l’impegno per annunciare Cristo, speranza dell’uomo e speranza del mondo! In questa missione di speranza, un ruolo di primo piano è affidato alle famiglie. La famiglia, infatti, annuncia il Vangelo della speranza con la sua stessa costituzione, perché si fonda sulla fiducia reciproca e sulla Provvidenza. La famiglia annuncia la speranza, perché è luogo in cui sboccia e cresce la vita, nell’esercizio generoso e responsabile della sponsalità e della paternità e maternità. Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in sé stessa una “buona notizia” per il mondo. Nel nostro tempo, inoltre, sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione, sia nella propria parrocchia e diocesi, sia condividendo la stessa missione ad Gentes. Sì, care famiglie, è maturata nella Chiesa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria”.  E Paolo VI nella esortazione: Evangelii Nuntiandi (1975) così si era espresso: “Se  la grazia e la vocazione propria della Chiesa universale è l’evangelizzazione ed essa esiste per evangelizzare, allora anche la piccola chiesa domestica, che è la famiglia, ha la stessa grazia e la medesima vocazione: esiste per evangelizzare”.

  6. 6. Si giunge al progetto pastorale con l’impegno della comunità ecclesiale, in primo luogo dei presbiteri e degli sposi e famiglie, alla riscoperta della “buona notizia” su Matrimonio e Famiglia. Si tratta di elaborare dei percorsi formativi, secondo le dimensioni dell’azione ecclesiale: l’annuncio della parola e la catechesi,  la celebrazione liturgica, in primo luogo l’Eucaristia e la preghiera, l’esperienza della comunione e la testimonianza della carità, da estendere alla società civile con l’assunzione di responsabilità culturali, sociali e politiche.

7.  Verso un progetto pastorale in prospettiva culturale.

Infatti, la finalità della pastorale è missionaria: annunciare il Vangelo. Per questo obiettivo è necessario recuperare il valore centrale tra fede e cultura, per cui il progetto pastorale non può non essere  un progetto anche culturale. L’intento della pastorale, infatti, è aiutare i credenti e la comunità cristiana a motivare la propria fede cristiana. Convinti che Gesù, oltre all’emotività e alla corporeità,  ha redento anche la nostra intelligenza, la pastorale è giocata sul binomio “libertà- intelligenza” come necessario supporto alla fede: la libertà per una personale adesione a Cristo e l’intelligenza per un’elaborazione approfondita della fede. Il cristiano è chiamato a elaborare l’interazione tra i contenuti essenziali della fede e le caratteristiche essenziali della vita.

In particolare, va specificato che la dimensione culturale del progetto pastorale ruota attorno alla visione cristiana della persona umana: per questo sposi-famiglia sono direttamente chiamati in causa, per la loro innata “vocazione” educativa a far crescere  insieme persone diverse.  

AL SOMMARIO

LE TAPPE VERSO IL PROGETTO PASTORALE

1. Nella tradizione biblica Dio alle origini della creazione si è riconosciuto nella coppia umana che aveva creato. Ha giudicato ogni cosa “buona” trasparente l’impronta di Dio, ma soprattutto ha considerato cosa “molto buona” l’uomo e la donna in reciproca relazione. Dalla Bibbia sappiamo che ad Adamo ed Eva  Dio si “autocomunica” (Rahner) e con loro dialoga passeggiando nell’Eden. E’ come se avesse scelto il modo migliore per autopresentarsi: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. La gloria di Dio è l’uomo vivente perché è ciò che più gli assomiglia. Il plurale: “Facciamo l’uomo a nostra immagine” sottolinea che Dio si vede rispecchiato in una dualità comunicante. Egli è pluralità di persone in comunione e non potrebbe riconoscersi adeguatamente se non in una pluralità di persone destinate alla comunione.

2. Riconoscere nella relazione-amore uomo/donna l’opera più splendente della creazione. Se nell’universo intero c’è una legge di solidarietà tra tutte le creature, nessuna meglio della coppia umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, è vivo riflesso del suo Amore. Infatti, per il cristianesimo matrimonio e famiglia hanno la loro radice nella vocazione dell’uomo all’amore. “Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 1).

Secondo l’antropologia biblica e teologica questa destinazione creaturale  abbraccia tutto l’uomo fino alla sua dimensione corporea. Perciò nel rapporto tra marito e moglie nel matrimonio non vi può essere alcun ambito che rimanga estraneo a tale determinazione. Di conseguenza, già nel suo aspetto umano, il matrimonio non solo è contrassegnato da una destinazione che rimanda i coniugi oltre se stessi: esso vive piuttosto già del dono della fedeltà con cui Dio il Creatore ha accolto l’uomo in modo definitivo e incondizionato.  

3.  Contemplare il Mistero Nuziale di Dio, sorgente di ogni amore umano. Il Mistero di Dio è ineffabile, tuttavia il Figlio di Dio Gesù Cristo ci ha introdotto alla conoscenza del Mistero di Dio Uno e Trino: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”, Gv 14,9; “Io e il Padre siamo una cosa sola”, Gv 10.30; “Il Padre è in me e io nel Padre”, Gv 10,30.38; “In verità, in verità vi dico: Chi accoglie Colui che io manderò (lo Spirito), accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”, Gv 13,20. Noi uomini siamo stati chiamati all’esistenza per entrare nell’Amore infinito, per far parte di quel “tu” che il Padre eternamente pronuncia rivolto al Figlio. Dunque la nuzialità diventa la chiave interpretativa del progetto salvifico del Padre: tutta l’umanità è chiamata in Cristo alle nozze eterne con Dio Uno e Trino.

4.  Con la forza dello Spirito Santo, amarsi come Cristo ama la Chiesa. Gesù Sposo costituisce la Chiesa Sposa, mediante il dono eucaristico del suo Corpo, generandola, nutrendola, purificandola, santificandola nello Spirito Santo e coinvolgendola sponsalmente nella sua missione, Efesini 5,21-33.  In forza del loro sacramento, la vita degli sposi è inserita in questo Amore sponsale di Cristo verso la Chiesa ed è lo Spirito Santo che dona agli sposi un cuore nuovo, rendendoli capaci di amarsi come Cristo ci ha amati, Familiaris Consortio, 13.

5.  Gli sposi e la famiglia, di conseguenza, sono chiamati “a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, proponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere e nel suo agire, in quanto intima comunità di vita e di amore.  Proprio per questo la famiglia è chiamata a giusto titolo ‘ecclesia domestica’ perché incarna il rapporto nuziale di Cristo e della Chiesa. Non ne è solamente un’immagine, ma la sua realizzazione fondata sulla verità del sacramento. Per questo, il sacramento delle nozze può essere visto come il paradigma della Chiesa e della sua vita, che è vita nuziale in riferimento allo Sposo crocifisso e risorto” (Familiaris Consortio, 50.140)..

In questa prospettiva evangelica, il progetto pastorale sarà dunque impegnato a promuovere una risposta concreta all’appello di Giovanni Paolo II: “Famiglia diventa ciò che sei”, FC 17.

 AL SOMMARIO

FONDAMENTALE NEL PROGETTO PASTORALE  È L’AMORE CONIUGALE

Lo conferma da sempre la storia dell’umanità: la quasi totalità degli uomini e delle donne si desiderano, si innamorano, si sposano e danno origine alla famiglia.  

Lo conferma la parola di rivelazione della bibbia, che inizia con l’annuncio: “Da principio Dio li creò maschio e femmina”.

1. Trasmettere la Buona Notizia, parlare di Dio alle donne e agli uomini del terzo millennio non può esulare dal contemplare e far contemplare l’originario modo di presentarsi di Dio attraverso l’amore umano. Se facciamo il parallelo con gli esperti di comunicazione di massa, che fanno di tutto per inventare lo spot più adeguato a rendere un oggetto desiderabile per il cliente o per attrarre consensi e voti su un candidato nel mercato politico,vediamo che nel caso della missione evangelizzatrice che svolge una coppia non si tratta di impacchettare un prodotto  per renderlo appetibile, ma solo di lasciar parlare l’essere stesso dell’uomo e della donna restituendoli al loro originario splendore. Dio non usa la coppia in maniera strumentale, come trappola per la conquista, ma le affida veramente se stesso, soffiando il suo Spirito. L’immagine che Egli dà di sé attraverso un uomo e una donna che si amano è veritiera, vivente e libera.

2. Ogni progetto pastorale (di rievangelizzazione) non può che tornare a reinterpretare questo “principio”, cercando di comprendere sempre meglio il disegno iniziale di Dio. “Unidualità” è il termine che Giovanni Paolo II ha usato (Lettera alle donne, Il Papa scrive, le donne rispondono” EDB, BO ’96), per esprimere in una sola parola il senso del versetto biblico: “A immagine di Dio li creò, maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27). Che questo versetto sia riferimento fondamentale per l’antropologia e la teologia, lo dimostra il fatto che Gesù rimanda ad esso nel passo evangelico sul matrimonio (Mt 19, 3-7). Gesù è venuto a restaurare quel progetto, a redimerlo dal male e perfezionarlo. Al “principio” torna e ritorna nel tempo il cristianesimo che voglia approfondire la comprensione antropologica dell’uomo e della donna nella relazione che li rimanda, ciascuno e insieme, al Creatore, oltre che l’uno all’altra.

3. Non si è buoni evangelizzatori se non si sa apprezzare e valorizzare la realtà umana nella sua laicità, se non si sa fare silenzio e contemplare il mistero di un amore che nasce, eventualmente sostenendo quella aspirazione all’assoluto che è nascosta nei desideri stessi delle coppie. Spesso dimentichiamo questo originario riflettersi di Dio nella creazione, che è anche un ritirarsi, rinunciando a farsi riconoscere presente per affidare tutto ai due sposi. Giustamente la creazione è stata considerata la sua prima kenosi, antecedente l’Incarnazione. “Dio non ha creato la religione, ha creato il mondo”, ha scritto Rosenzweig, un filosofo ebreo del nostro tempo, volendo sottolineare che i riti, le cerimonie. gli abiti, le preghiere, le istituzioni vengono dopo, sono immagini di un secondo livello, che non possono sostituire l’immagine più diretta impressa nella creazione stessa, con al culmine l’amore tra un uomo e una donna. Perciò si è parlato del corpo come “sacramento primordiale”.

4. Per l’intrinseca bontà delle cose create, le prime pagine bibliche ci presentano, per così dire, il “manifesto della laicità” e insieme la “intrinseca” religiosità del creato. Nella creazione Dio si dona realmente, concede l’autonomia e si ritira per affidare alle sue creature, l’uomo e la donna in relazione, la libertà e il gusto di amarsi e sentirsi fecondi e concreatori. Dio si nasconde così bene da sembrare assente, avendo tutto affidato ai due che lo rappresentano. In questo senso una coppia di sposi, in quanto creati da Dio a sua immagine, realizzano la propria felicità e il proprio dover essere, essendo semplicemente quel che sono, quello per cui sono stati creati, ossia vivendo nell’amore reciproco. Vi sono coppie per le quali si potrebbe parlare di “ateismo religioso”, perché da una parte vivono come se Dio non esistesse, ma dall’altra grazie all’amore reciproco, anche senza volerlo sono una trasparenza di Dio. Anche ad esse si attaglia bene quanto Gesù dice del giudizio finale: se hanno custodito tra loro e attorno a loro la fiaccola dell’amore, forse un giorno saranno ringraziate da Colui che è stato nutrito, custodito, amato ogni volta che essi hanno rivolto un pensiero buono al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici. Non sarà chiesto loro se sono stati praticanti ne se hanno accettato le verità della fede. Questa realtà vale per ciascun uomo che nasce sulla terra, senza nulla togliere ai cristiani che partecipano esplicitamente alla Comunione dei Santi. Sostanzialmente è l’amore che rende trasparenti il Creatore, “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio” (Ef 2, 19).

5. Tutto questo richiede da parte dei pastori e delle comunità cristiane forte equilibrio e profonda saggezza. Infatti, tutti sappiamo che il cristianesimo conosce il regime di vita matrimoniale e familiare non solo nella sua realtà creaturale, ma anche come una realtà bisognosa della “salvezza” quella operata da Gesù Cristo. In questa realtà di vita, la dimensione personale e istituzionale, così come le significative esperienze dell’autorealizzazione nella libertà e nell’impegno, della reciprocità nello scambio del Tu, della relazionalità e comunità di vita, della responsabilità sociale e del bisogno di protezione, sono così fittamente intrecciate tra loro dall’amore e dalla sessualità e riguardano i coniugi nella loro concreta realtà storica e sociale. Matrimonio e famiglia non sono perciò meno esposti di altri ambiti esistenziali alla fallibilità della persona umana.

6. Trasmettere la buona notizia significa innanzitutto aprire gli occhi dei fidanzati a questa realtà “divina” del loro amore, aiutarli a prendere atto della meraviglia dell’avvento del loro amore e a prendersene cura fedele. Si può annunciare Dio alle famiglie attraverso annunci, missioni, progetti capillari di evangelizzazione, ma niente è paragonabile al servizio che viene reso loro aiutandole ad essere quello che sono, giorno per giorno, illuminando di senso dal di dentro il loro stesso essere. Bisognerà impegnarsi ad essere fedeli giorno per giorno al “tu” verso il “noi”, che la vita ha messo di fronte per percorrere, volenti o nolenti, il cammino che porta fino in fondo alla sorgente dell’amore. Lo Spirito è così vicino agli sposi che essi potrebbero anche non riconoscerlo, eppure, amandosi, ne trasmetterebbero ugualmente il profumo. Non poche finiscono col riconoscere prima o poi la presenza di Dio nella loro vita, a fargli festa, a rendergli grazie. Come si spiegherebbe diversamente la fedeltà ammirevole, lungo tutto l’arco della vita e in tutte le culture, di coppie di altre fedi o non credenti?

Di conseguenza, vale nella pastorale familiare la raccomandazione a non ritualizzare tutto, cooptare tutti in parrocchia. Si potrebbe correre il rischio di formare coppie clericali, come certe volte accade per malinteso ed eccessivo zelo, perfettamente integrate nella pastorale, ma non in grado di trasmettere il fascino del mistero della sponsalità che sono chiamate a rappresentare.

7. Proprio la prima pagina della Genesi rende comprensibili quei passi evangelici in cui Gesù, invitando ad amare tutti non trasmette solo una regola etica nuova, ma spinge ad imitare il comportamento stesso di Dio il quale, essendo Padre di tutti, distribuisce i suoi doni indiscriminatamente ai buoni e ai cattivi: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 43-45). Ad ogni essere creato lo Spirito distribuisce le risorse per non soccombere seguendo il filo d’oro della sua storia di vita, nella quale agisce un fattore X, apparentemente insignificante e minimo, che entra in gioco però in modo decisivo nell’intreccio degli eventi. Nelle situazioni concrete, tale fattore si rivela favorevole agli sposi, pre-reagisce, lavora a loro vantaggio, traendo il meglio dalle condizioni date.

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GLI SPOSI E LA FAMIGLIA “SOGGETTO” NELLA COMUNITÀ ECCLESIALE E NELLA SOCIETÀ CIVILE.

  Il documento della C.E.I. “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio”, 1975, afferma: “In forza del loro ministero, gli sposi sono il soggetto attivo e responsabile della sollecitudine pastorale della Chiesa… In forza del sacramento, Gesù Cristo associa al suo triplice ministero profetico, sacerdotale e regale gli sposi, consacrati per essere ministri di santificazione e di edificazione” (ESM 44-47.54; cf LG 11; AA 11).

Riportiamo di seguito l’ampia descrizione di questi compiti pastorali degli sposi e della famiglia che si trova in: “Storia ed evoluzione della pastorale diocesana degli sposi e della famiglia”, Venezia 2002, pp.18-26.

 “Oggi il compito è anche annunciare la ministerialità coniugale nella vita familiare e nella pastorale parrocchiale “ (Gds 60-62 e 70), per cui gli sposi “in forza del loro ministero… della sollecitudine pastorale della Chiesa… ne sono il soggetto attivo e responsabile. … In forza del sacramento, Gesù Cristo associa al suo triplice ministero profetico, sacerdotale e regale gli sposi,  “consacrati per essere ministri di santificazione e di edificazione” (ESM 44-47 e 54; cf LG 11; AA 11).

La Commissione diocesana ha iniziato la riflessione sul “ministero coniugale” dal 1986 con i il determinante contributo teologico di don G: Pattaro. Nella XII Assemblea degli Sposi,  che aveva il tema :”Sposi in Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo nella Chiesa e dentro la storia”, a S.Michele di Quarto d’Altino (19 ottobre 1997), è stata in grado di definire alcune concrete linee pastorali per ognuno dei tre ministeri, linee descritte in Atti n.42. Da allora, il tema è ritornato nelle cinque successive Assemblee, che hanno consentito alla Commissione di meglio definire singoli campi di impegno.                             Di questa evoluzione è stata data sempre notizia  personalmente ai responsabili degli  altri Uffici della pastorale diocesana, con l’intenzione di stabilire validi momenti di collaborazione. Lo facciamo con insistenza perché nella Commissione siamo ovviamente convinti che le iniziative pastorali, delle quali qui si parla, è assurdo pensare di realizzarle senza ampia collaborazione.

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IL MINISTERO CONIUGALE PROFETICO-PROCREATIVO-EDUCATIVO.

Il Matrimonio cristiano è rivelazione, profezia, segno dell’amore di Dio per l’uomo, per tutta l’umanità, di quell’amore di Dio che Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, porta a compimento sulla Croce. Il ministero specifico dei coniugi sta precisamente qui: essi stessi sono chiamati ad essere segno che annuncia e proclama – proprio nella loro relazione interpersonale – che Gesù Cristo, quale Figlio che viene dal Padre nello Spirito Santo, si dona tutto e per sempre agli uomini di ogni tempo. Il Papa Giovanni Paolo II, nella lettera alle famiglie, afferma che la storia personale di due sposi è considerata fondamentale nella Parola di Rivelazione della Bibbia: “ Sposi e famiglie, ricordatevi a quale prezzo siete stati comprati (cf 1Cr 6,20)” (18).

Gli sposi e la famiglia e il “discernimento evangelico” della storia.

Il Concilio Vaticano II ha avviato lo spostamento da un’esperienza sociologica della fede (cristianità) ad un’esperienza evangelica della fede. Questo movimento è dovuto, da un lato, alle trasformazioni antropologiche che si manifestano nella civiltà tecnologica in cui viviamo, dall’altro, alla necessità della coscienza cristiana di discernere i “segni” di fecondità del Regno di Dio presenti dentro la storia; un compito di discernimento che è fondamentale, anzi è l’esercizio comunitario della sapienza cristiana, è l’esercizio del compito profetico dei cristiani nella Chiesa. Infatti, oggi noi cristiani stiamo riscoprendo – certamente per l’azione dello Spirito Santo – che il Vangelo, manifestatosi compiutamente in Gesù Cristo, investe la totalità della vita, abbraccia la totalità delle attese umane nella concretezza della quotidianità.

Giovanni Paolo II nella  “Familiaris Consortio” –  a cui fa eco la “Nota Pastorale” dopo Palermo (21) – afferma che  “discernimento evangelico” significa conoscere la situazione socio-culturale da parte della Chiesa e, in particolare, da parte degli sposi cristiani, significa saper cogliere le richieste e gli appelli dello Spirito Santo che risuonano negli stessi avvenimenti della storia (cf FC 4-5). Nel caso degli sposi la competenza profetica è addirittura sorretta da un segno sacramentale, quello del Matrimonio.

La formazione dei fidanzati al Matrimonio, è espressione fondamentale del ministero profetico-educativo (v. Sussidio, 2001).

Rispondere ai problemi che la bioetica pone agli sposi e alla famiglia.

Attorno al tema degli sposi e della famiglia si concentrano i problemi più delicati della bioetica: la contraccezione e la pianificazione familiare; la procreazione artificiale; la diagnosi prenatale, l’ingegneria genetica; l’identità e lo statuto del nascituro, la specificità e la natura dell’atto procreativo; l’assistenza al morente e l’eutanasia, il trapianto degli organi, l’AIDS nell’ambito coniugale, la droga e la prevenzione; il malato tumorale, l’anziano in famiglia. Non c’è  tema della bioetica, dunque, che non tocchi la vita della persona e che, quindi, non riguardi direttamente o indirettamente la famiglia.

E’ tutta una lunga serie di sfide, che richiedono delle risposte. Bisognerà lavorare con coraggio non solo per risolvere i problemi, ma anche per ristabilire e chiarire i fondamenti antropologici del matrimonio e della famiglia, della sessualità e della procreazione.

Ecco lo spazio prezioso per il Centro S.Maria Mater D.ni come conferma il nostro Patriarca.

Nota importante: una particolarissima attenzione si deve dare all’altro tema riguardante la “fecondazione medicalmente assistita”.

La famiglia genitoriale educante.

Nell’opinione comune sembra che si sia veramente famiglia soltanto quando ci sono dei figli. Infatti la famiglia moderna si dice che sia nata anzitutto come “famiglia genitoriale educante”, prima che come “coppia che si ama”; la famiglia moderna, prima che dalle relazioni di coppia, nasce a partire dai figli, perciò i figli diventano il centro affettivo e simbolo dell’attività affettiva stessa.

Ciò ha modificato in modo sostanziale non solo l’esperienza d’essere figli, ma anche quella d’essere genitori; ciò ancora ha modificato l’immagine della sessualità della coppia, la maternità-paternità, la procreazione, le attese costruite attorno al figlio. Ecco, allora, le situazioni “sterili per scelta” e “genitori ad ogni costo”, del figlio “programmato” come un oggetto e non accettato come persona.

Educare, per gli sposi cristiani, è esercitare il loro ministero profetico.

Profeta è colui che parla in nome di Dio e che dice la Parola di Dio. Sappiamo che il primo profeta è Gesù Cristo. E’ lui, Gesù, che ci parla nella maniera più esauriente di Dio, del Padre. Ce lo rivela: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Gesù ci dice tutte le cose che stanno a cuore al Padre. La sua parola ci educa, ci plasma, è luce ai nostri passi, ci indica il cammino da percorrere, che è poi imitazione sua, comunione con lui. Siamo chiamati ad essere figli nel Figlio, formando quasi un tutt’uno con lui.

La Chiesa, nel suo insieme, ha avuto la missione di essere profeta di Dio, annunciando il Vangelo che è Gesù. E nella Chiesa ciascuno di noi, a seconda della propria vocazione, è profeta: è chiamato ad annunciare il Signore, a raccontare le meraviglie del Signore con la vita e la parola. Siamo un popolo di profeti. esistiamo per annunciare il Signore.

Anche gli sposi, prima di tutto gli sposi l’uno all’altro e insieme ai propri figli annunciano Gesù: è quello che chiamiamo ministero profetico-creativo-educativo, parte del più ampio ministero coniugale. Specifico degli sposi è l’essere profeti del Matrimonio e dell’amore coniugale; annunciano che il Matrimonio è un dono di Dio, vivere l’amore fedele, per sempre, l’amore che fa definitivamente dei due una carne sola.

Così, per gli sposi cristiani educare è un ministero profetico. Per educare bisognerà continuare ed educare se stessi.

La scuola per genitori per essere “meglio” genitori.

Non sarà facile, ma cercheremo – con la cooperazione anche di altri organismi pastorali e con l’apporto di esperti qualificati da specifiche conoscenze - di approntare una risposta al diffondersi dell’esigenza di molti sposi-genitori di “aiutarsi fra genitori ed essere meglio genitori educatori o addirittura esperti in Educazione”.

 Lo scopo è offrire ai genitori un servizio per la nascita di una nuova cultura dell’orientamento, valorizzare la funzione educatrice degli sposi e della famiglia.

Conseguenze dirette e indirette in sintesi potrebbero essere: mutamento dell’ottica della relazione familiare, cambiamento del modo di parlarsi e relazionarsi; rafforzamento della propria identità di genitore educatore; sentire l’identità di “gruppo” dei genitori; sentire meglio la responsabilità di membri della società e della comunità cristiana.

La formazione dei genitori, allora, potrà avere una forte valenza educativa sia individuale sia sociale.

Individuale, perché favorisce l’orientamento e la crescita dei genitori e contribuisce a “rinegoziare” le relazioni familiari, per consentire un “distacco” che non significhi rottura dei rapporti, ma evoluzione ed autonomia.

Sociale, perché i genitori imparano a superare una visione isolata del loro ruolo e ad aprirsi alla sfera sociale come soggetti, protagonisti a pieno titolo, non solo rappresentanti formali di una categoria, ma operativi responsabili a pieno titolo.

Internet: un’avventura per tutta la famiglia.

Il mondo sta diventando teatro di una profonda rivoluzione, innescata e alimentata dall’uso delle nuove tecnologie, ma che stanno già trasformando radicalmente il nostro modo di vivere. Si pone ora in termini assolutamente più incisivi e radicali di quanto sia successo sinora, il grossissimo problema della gestione di questa ricchezza e anche i genitori devono essere pronti a far fronte a questi cambiamenti.

Un “progetto educativo” al matrimonio e alla famiglia dentro l’educazione globale.

La formazione al matrimonio e alla famiglia è da situare all’interno dell’educazione generale, in una situazione culturale che privilegia la crisi dei valori, i nuovi modelli di coppia pre-coniugale e coniugale.

Tale educazione dovrà essere attiva dall’infanzia, per proseguire nella preadolescenza e adolescenza, due età in cui i ragazzi hanno bisogno di essere illuminati e sorretti a scoprire la sessualità e i suoi fini, il significato dei primi amori. Va continuata poi nella giovinezza, quando l’amore si fa affettivo, si incentra sulle qualità interiori della persona, che deve decidere in ordine al proprio stato di vita e misurarsi con le qualità da acquisire per attingere una meta positiva.

Matrimonio e famiglia appaiono così non già l’esito di contingenze sociali ed esistenziali, ma piuttosto l’approdo di un lungo “itinerario”, che incomincia da lontano, guida la persona in crescita, attraverso gli specifici stadi evolutivi, alle disposizioni volute per compiere la scelta personale di vita.

I luoghi per tale educazione sono la famiglia d’origine, la comunità ecclesiale, la scuola, le associazioni giovanili, che a loro volta dovranno essere coadiuvate dall’azione della società nel suo complesso.

La Commissione, descrivendo un quadro di queste sue concrete attenzioni “profetiche- procreative-educative”, intende confermare la sua convinzione che già la ricerca di definire delle iniziative di servizi pastorali in ordine a questo complesso  primo ministero coniugale non è pensabile senza una collaborazione incrociata con altre Commissioni per la pastorale. Pensiamo, in primo luogo, alle Commissioni per l’evangelizzazione e la catechesi; per l’educazione e la scuola; per la salute;  Pensiamo all’Ufficio del coordinamento della pastorale giovanile e all’Oders e alla Scuola biblica diocesana.

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Il ministero coniugale sacerdotale-eucaristico-caritativo.

Un’attitudine richiesta, per vocazione, agli sposi è che essi stiano nello stupore gioioso di Dio entrato nel loro cuore e si aprano all’adorazione della sua presenza attiva ed efficace.

E’ proprio questo l’atteggiamento sacerdotale di Gesù, che non è solo “adorazione”, è   perenne “rendimento di grazie”. Per lo stesso motivo, il ministero coniugale sollecita chi è sposato nel Signore ad assumere questo atteggiamento profondo e a farne il filtro dell’intera sua esistenza.

Di conseguenza, gli sposi, quando dialogano tra di loro del loro amore, dialogano con il Signore della loro Alleanza. “Il loro dialogo – diceva don Germano – è un parlarsi a tre. Questa è preghiera “sacerdotale”, perché si realizza nell’apertura radicale del cuore, in modo che l’esistenza intera ne venga avvolta nell’estensione del quotidiano”. E’ la preghiera sacrificio spirituale di cui parla S.Paolo (Rm 12,1).

Il ministero coniugale è fondamentalmente “eucaristico-sacerdotale” perché “l’Eucaristia – così parla il Patriarca agli sposi – sta nel cuore della famiglia. E’ al centro perché l’amore cristiano e l’amore sponsale scaturiscono dalla Pasqua di Cristo di cui è sacramento. L’Eucaristia è la sorgente del nostro vivere quotidiano: dall’Eucaristia celebrata nel giorno del Signore scaturisce una cultura della convivenza umana vissuta da cristiani all’insegna della solidarietà e dell’amore. Dall’Eucaristia scaturisce un sogno, che vuole diventare realtà, di una “Civiltà dell’Amore”, di cui voi siete testimoni, capace di cambiare la storia e di cambiare il mondo.

Noi viviamo una cultura, che marginalizza, estrania sempre più il Matrimonio cristiano. Vivere il Matrimonio cristiano diventa sempre più una testimonianza resa alla Pasqua, non più l’inserirsi in una cultura a cui il Matrimonio cristiano è omogeneo e in qualche modo organico, come poteva essere trenta o quaranta anni fa.

Di fronte a questa situazione, che potrebbe portarci a pensare che vivere la famiglia con al centro l’Eucaristia sia soltanto una utopia, c’è la Parola del Signore: “Io apro i vostri sepolcri e io vi risuscito” (Ez 3,12b). Dio è capace di aprire qualsiasi situazione in cui viviamo e di risuscitarla.

Tutto ciò mette in gioco la fede degli sposi nell’Eucaristia. E’ il “rendimento di grazie” che la Chiesa con Cristo, per Cristo, in Cristo eleva al Padre e, con la Chiesa, tutto l’universo. E’ nel sacrificio eucaristico che i coniugi trovino la sorgente e l’alimento della loro “alleanza” sponsale e sono chiamati a scoprire il “grande mistero”, che in Cristo unico sacerdote del Padre, diventa il loro ministero”  (cf FC 57).

 Di ogni evento di salvezza che l’Eucaristia attualizza, il sacramento del Matrimonio fa memoria ai figli, alla Chiesa e al mondo. E’ negli sposi che il ministero sacerdotale-eucaristico, viene messo in piena evidenza.

Rivelare che l’amore umano è un “dono” di Dio.

Primo compito del ministero sacerdotale degli sposi cristiani è rivelare che l’amore umano è “dono” di Dio.

Gesù chiede agli sposi di rivelare che l’amore umano è retto e sorretto dall’Amore di Dio che si è riversato su di noi.

L’amore di Dio ci precede. Ogni atto di amore non procede dal nulla, ogni persona che ama, non parte da zero. La Bibbia ci rivela che c’è una Carità che ci precede, quella di Dio; non siamo noi che per primi amiamo, bensì veniamo da una lunga catena di Carità.  Siamo amati e perciò possiamo amare.

C’è dunque un cosmo di amore, un universo di doni prodotti dalla Carità di altri che ci hanno preceduto: Dio e le altre generazioni prima di noi.

L’amore di Dio, dunque, è più grande di noi, siamo immersi in esso. Il già donato, il già frutto dell’amore, il cosmo già creato dall’amore, deve diventare punto di partenza, presupposto per la “nuova creatività dell’amore”. Rispetto, dunque, per l’esitente, valorizzazione del dono già costruito e messo a disposizione.

Allora, questo è un compito del ministero sacerdotale degli sposi, credere e annunciare che ogni cosa che esiste essenzialmente è un “dono” di Dio e di altri soggetti che, nel piano di Dio, sono intervenuti da intermediari.

Se pretendessi di amare come se l’amore cominciasse da me e come se io fossi il creatore libero e autonomo di un mio cosmo, dimostrerei di amare solo me stesso.

Questa “rivelazione” sull’amore che ci precede e ci avvolge, da sempre, è oggetto del ministero coniugale.

“La via della carità” verso gli sposi in crisi tra loro.

Altro oggetto del ministero sacerdotale degli sposi è fare proprio l’impegno di S.Paolo: “Ebbene, vi mostrerò io la via più sublime “(1 Cor 12,31), “è la via della carità” (1 Cor 13).

Per Paolo la Carità non si identifica con la donazione dei beni o di se stessi; la carità anima tutta l’esistenza, sta alla radice della fede e della speranza. La carità anticipa nel tempo la piena e definitiva comunione con Dio. Essa rimane per sempre. “Se non ho l’amore, non sono nulla”, in questo passaggio dall’avere all’essere sta la radicalità del discorso di Paolo.  Qui c’è un avere che è un essere e un non avere che è un non essere.

Chi ama è, chi  non ama non esiste.

La testimonianza di amore sincero degli sposi dovrebbe convincere gli uomini, le famiglie, la comunità cristiana e la società, che il vero essere è solo l’amore.

La coppia e la famiglia sono chiamate ad aprirsi e consacrarsi al bene di tutti gli uomini a partire dalle altre coppie e dalle altre famiglie.

I divorziati non risposati, i divorziati risposati, gli sposati solo civilmente, i conviventi. Queste situazioni. certamente le più gravi per cui, coloro che si trovavo in una di esse, non sono in piena comunione con la Chiesa (non sono ammessi alla Riconciliazione e alla Comunione eucaristica).

Però, poiché, in forza del Battesimo, sono membri di essa, possono unirsi alla sua preghiera e alla sua carità, all’ascolto della Parola di Dio e alla celebrazione eucaristica e ad educare cristianamente i figli.

Gli sposi insieme con la loro comunità siano loro vicini con l’amicizia e il rispetto, con la preghiera e con la fiducia nella benevolenza e misericordia del Signore, senza giudicare le coscienze, perché amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme (cf FC 79-84; Lett. Congr. Dottrina della fede; il granello di senapa; Direttorio della pastorale familiare).

Gli sposi per le famiglie sofferenti.

Il ministero sacerdotale apre l’amore degli sposi verso  gli sposi e le famiglie che soffrono a causa delle “infermità umane” di un loro membro

Gesù chiama l’amore coniugale, divenuto sacramento, ad un “nuovo” atteggiamento di condivisione verso quelle famiglie che hanno sofferenti entro le mura di casa.  E sono  una moltitudine di uomini e di donne di ogni età. Handicappati fisici e psichici, ciechi, sordomuti, poveri, colpiti da un male congenito o da sofferenze conseguenti ad un incidente stradale, i tossicodipendenti: i vecchi nelle cosiddette case di riposo, che una volta contavano nella casa, nella chiesa, nella società, ora aspettano la morte.

Durante la XVI Festa della famiglia del 1996, il Patriarca, per la prima volta nella storia della nostra Chiesa, ha chiesto espressamente agli sposi e alle famiglie cristiane di impegnarsi in iniziative concrete per promuovere altri sposi e altre famiglie. La richiesta del nostro Vescovo chiama gli sposi a dilatare le dimensioni  della sponsalità fino a coinvolgere altre realtà sponsali e familiari (siano o no persone credenti) che vivono con le difficoltà e con la sofferenza.

Questa iniziativa è stata subito definita “La famiglia per le famiglie”, che finora sta cercando di aprirsi a due realtà umane.

a)  la Casa Famiglia S.Pio X (Giudecca), che accoglie  “ragazze madri” e signore in difficoltà con figli minori. Il Patriarca ne ha affidato il governo ad un gruppo di sette coppie di sposi.

b)  Le famiglie che hanno parenti malati psichici ospiti presso presso l’Istituto GRIS di Mogliano Veneto, con prospettiva di allargare l’attenzione  nel prossimo futuro alle oltre tremila famiglie distribuite nelle parrocchie della nostra Diocesi, che accudiscono in casa il loro malato.

“La famiglia per le famiglie” è diventato il titolo del ministero sacerdotale-eucaristico-caritativo degli sposi cristiani.

Qui la Commissione riconferma la necessità e l’urgenza di una collaborazione incrociata con il Consiglio e con la Consulta della Caritas diocesana; con la Commissione per la pastorale della Salute.

  AL SOMMARIO

Il ministero coniugale regale-sociale-politico.

La “regalità” di Gesù Cristo va in una direzione diametralmente opposta alla visione che hanno gli uomini della regalità. Gesù, vicino alla Croce, ribadisce che il suo regno è completamente al di fuori degli schemi umani. I re si fanno servire, Gesù pone il servizio al primo posto della scala dei valori. L’unica potenza di Gesù è l’impotenza, ma non l’inerzia bensì lo strumento efficace del suo amore, amore che dona e non possiede, che offre e non pretende, che contesta l’egoismo delle virtù borghesi dell’avere, del potere, del riuscire, che contesta i falsi valori, che propone valori riconoscibili.

  Regalità di Cristo, dunque, per dare il vero “senso” della persona umana, della convivenza fra gli uomini e di tutte le cose: inserendo tutto in un ordine che porta a Dio.

Gesù associa gli sposi al suo stesso ministero di “servizio” a tutti gli uomini. Dio, che ha creato l’uomo e la donna a sua immagine, Dio all’uomo e alla donna consegna il mondo perché lo plasmino e lo umanizzino a propria immagine.

E’ dal sacramento del Matrimonio che nasce la responsabilità degli sposi di dover partecipare alla costruzione della “città degli uomini”, proponendosi e impegnandosi con le loro risorse a favore di tutti gli uomini e di tutte le realtà sociali. Naturalmente essi non devono fermarsi alla sola “testimonianza” e tanto meno accettare la tentazione “corporativa”. In una parola, è lo stesso sacramento del Matrimonio il “luogo” nel quale viene proclamata l’istanza etica dell’impegno politico della coppia e della famiglia. E’ dal sacramento del Matrimonio che deriva il “comandamento” rivolto agli sposi di impegnarsi politicamente. Possiamo parlare di “grazia politica” donata dal sacramento, una grazia che costituisce la risorsa interiore e l’impulso continuo ai coniugi per assumere e vivere la responsabilità sociale.

E’ necessario che gli sposi e le famiglie conoscano e vivano questa grazia del Matrimonio cristiano; in tal modo l’impegno sociale, culturale e politico non deriva agli sposi  da nessuna autorità esterna o da circostanze storiche, ma deriva dal “cuore nuovo” creato dallo Spirito santo, effuso mediante la celebrazione del sacramento del Matrimonio (cf LG 11, FC 47).

A proposito di questo ministero, confermiamo la necessità e l’urgenza, da parte nostra anzitutto, di collaborare in modo speciale con la Commissione per la  pastorale dei Problemi Sociali e del Lavoro, della “Giustizia e Pace”, con la quale un primo approccio positivo abbiamo attuato nella preparazione della X Assemblea nella parrocchia dei Frari il 15 ottobre ’95, sul tema: “Sposi, siate testimoni dell’amore di Dio dentro la storia e darete speranza al mondo”.  Eravamo proprio agli inizi di una pastorale degli sposi “soggetti”, come tali, di un vero e proprio originale loro ministero politico nella comunità umana.

Il ministero regale-politico degli sposi cristiani è anzitutto un impegno culturale per rendere veramente efficaci gli interventi concreti.

La questione della “responsabilità politica” degli sposi e della famiglia e, di conseguenza, dell’intera comunità cristiana, prima che essere questione di iniziative concrete e precise, è questione culturale, di mentalità da educare.

E’ necessario definire un progetto di formazione-coscientizzazione con la cooperazione di altre responsabilità diocesane; perché, come dice il nostro Patriarca, l’impegno ad esempio della carità della comunità cristiana e, in particolare, degli sposi non deve rispondere solo all’emergenza, ma deve divenire sempre più “sapienza”, per far progredire la storia verso forme più umane e solidali: “La carità deve divenire impegno culturale, sociale e politico per spingere le istituzioni, sollecitare i movimenti di opinione e legislativi a far crescere la società e lo Stato in umanità e solidarietà” (Il granello di senapa, 117).

Ogni intervento sociale e politico del ministero coniugale politico ha come obiettivo l’uomo, la persona umana.

Non è senza fondamento, infatti, la preoccupazione del Papa, che nella sua enciclica “Centesimus annus” afferma che il sistema delle economie più avanzate, tra cui anche la nostra quindi, è dominato da una cultura consumistica, da un modello riduttivo di uomo, che non rispetta e non valorizza adeguatamente tutte le dimensioni del suo essere, ma che subordina quelle interiori e spirituali a quelle materiali e istintive (cf CA 36 ss). All’interno di questa cultura è facile che l’uomo venga messo in secondo piano, che venga cioè visto come mezzo di produzione, di consumo, di godimento, piuttosto che come fine.

I sistemi sociali delle economie più avanzate hanno perciò bisogno di un nuovo modello di sviluppo, fondato su una cultura ed uno stile di vita solidaristici che abbiano al centro la persona umana, ma che siano allo stesso tempo aperti al trascendente.

Il primo campo di esercizio del ministero politico degli sposi è la famiglia.

Il ruolo sociale e politico degli sposi può e deve svilupparsi a partire da qualcosa di originale e cioè dalla potenzialità e necessità educativa: dall’educarsi e dall’educare i componenti della famiglia, in particolare i figli, al “senso” della vita, a riconoscere e promuovere l’uomo nella sua integrità.

L’esperienza di comunione e di partecipazione caratteristica della coppia, rappresenta il suo primo e fondamentale contributo alla società; infatti le relazioni tra i coniugi e poi tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della “gratuità” che, rispettando e favorendo in tutti la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza, incontro, dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda.

La famiglia creata dalla coppia non può oggi considerarsi unico luogo di educazione, ma deve riappropriarsi del primo posto nella graduatoria formata dalle agenzie educative formali e non. Questo può e deve essere possibile, in quanto solo nella famiglia si possono trovare delle caratteristiche fondamentali per l’educazione dell’uomo.

La famiglia, proprio perché sistema di relazioni (e quindi di regole e di affetti) stabili e durature, può essere considerata come luogo privilegiato di trasmissione biologica e soprattutto culturale. La famiglia, riunendo nel tempo persone diverse e non solo per sesso e età, diventa di per sé occasione per superare l’individualismo e per ricuperare il passato proiettandosi nel futuro.

Attraverso la famiglia quindi viene trasmessa la cultura, la storia dei singoli individui e della umanità, Proprio oggi che si assiste ad una perdita del senso storico e della dimensione comunitaria, la famiglia deve riacquistare consapevolezza di questa sua caratteristica originale funzione.

Ma nel quotidiano come può tradursi e realizzarsi questa potenzialità educativa al senso sociale e storico?

Nella coppia in primo luogo, e quindi nella famiglia, si possono comporre le diversità da viversi come opportunità di ricchezza e non come handicap, attraverso l’apertura all’altro, al rispetto alla solidarietà. All’interno della famiglia è possibile l’educazione alla uguaglianza, alla giustizia, alla libertà rispettosa dei diritti degli altri. Nella famiglia ciascuno può avere la sua identità che deve essere valorizzata, deve essere possibile per ciascuno imparare ad esprimerla e così poi nel mondo per esempio nella scuola e sul lavoro, senza perdere le occasioni per il confronto.

La politica come scelta di coppia.

Gli sposi cristiani, forti della particolare promozione umana che fanno, devono essere consci anche della necessità di interventi legislativi.

Non si possono  porre solo a livello di testimonianza, ma devono anche porsi come soggetti attivi all’interno di un’esperienza politica diretta, in un pluralismo di scelte ormai riconosciute, senza cadere nella tentazione corporativa.

L’esperienza degli sposi e della loro famiglia può diventare il germe di una politica rinnovata fino ad assumere forme propriamente politiche di partecipazione democratica alla vita della società. E’ possibile adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato sostengano e difendano i diritti e i doveri delle persone. Le coppie e le famiglie quindi come protagoniste della politica e non solo di quella che  oggi viene definita familiare. Ci si assume la responsabilità di trasformare la società e di costruire la storia. Diversamente le famiglie saranno le prime a risentire di quei mali, che si sono limitate ad osservare con un atteggiamento di indifferenza o di delega.

Comportamenti alternativi.

Ne parla Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus”(36-39).

Solo dentro a un contesto e un disegno consapevole di una economia “civile” assumono significato singoli comportamenti, come il risparmio solidale gestito attraverso una banca etica, l’acquisto di “merce” come quella del commercio solidale, l’operazione “bilanci di giustizia” proposta per le famiglie, le varie forme di consumo critico e di boicottaggio  di certi prodotti, le adozioni a distanza, le reti territoriali di aiuto reciproco e le cosiddette “banche del tempo”, ecc.

Che cosa hanno in comune queste forme? essenzialmente tre dimensioni: il coinvolgimento diretto delle persone; la centralità della realtà economica; l’organizzazione dell’azione sociale.

E l’obiettivo operativo è giungere a comportamenti economici alternativi, a scelte di economia leggera che sono alla portata di ogni cittadino.

 E forse questo il modo migliore per avviare un processo che coinvolga un numero più ampio di persone e che sia finalizzato, attraverso azioni sociali, ad introdurre elementi di giustizia, equità e solidarietà nel mondo dell’economia.

É necessario perciò adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi  che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti: un altro oggetto del ministero regale degli sposi.

Note dal dialogo nel Vicariato di Marghera

incontri presbiteri – sposi - commissione dell’1.04., 10.06.,  24.06. 2003

 

Introduzione

(d.Alfredo Basso) Con l’allegato documento: “La famiglia al centro della nostra missione pastorale parrocchiale e vicariale”, desideriamo prepararci all’Assemblea degli Sposi per arrivarci come “attori” e poi continuare con un “progetto pastorale”, che speriamo si ispiri a questa stessa Assemblea.Tutta la Pastorale familiare italiana e mondiale è in crisi. Se si pensa di usare le nostre scarse forze, non raggiungeremo grandi risultati. Siamo convinti che la collaborazione aumenterà le possibilità di realizzare qualcosa di più di quanto abbiamo fatto fino ad oggi. I “gruppi famiglia” non esistono o quasi nelle nostre parrocchie. Se crediamo che la Pastorale familiare sia importante dobbiamo dedicarle più energie.

Sposi e famiglia nella chiesa e nella società oggi

(Silvana) Il nostro problema sono le famiglie “lontane”: prestiamo una certa attenzione ai giovani, non ci si preoccupa affatto delle loro famiglie. E se formassimo un “centro di ascolto” per i genitori in difficoltà? – (Michela) Si dovrebbe cambiare ottica all’interno della parrocchia: si dovrebbe evitare di “giudicare”, si dovrebbe invece “incoraggiare” chi è “lontano” dalla chiesa, è in difficoltà ad avvicinarsi perché teme di essere giudicato; così si allarga sempre più la distanza con queste famiglie. – (Chiara) Quando si parla di famiglie bisogna non averne un’unica immagine: ci sono sposi giovani con figli e senza figli; sposi anziani…Dobbiamo sforzarci di capire i cambiamenti sociali per riuscire a colmare le “distanze”. – (Diego) Ci sono anche sposi “separati”, sposi “di fatto”: quale dialogo è possibile con loro? – (Maria Scalari) Ma ci sono anche coppie “praticanti”, (quasi sempre è uno solo dei membri che partecipa) e sposi che chiedono i sacramenti dell’Iniziazione cristiana per i figli, ma loro non si vedono mai in parrocchia. In questo caso qualcosa si fa, ma è sufficiente? è efficace? - (Sandro Giantin) Non dobbiamo cogliere gli sposi e la famiglia come un “problema”: di per se gli sposi che hanno celebrato il sacramento del matrimonio sono un vero “dono” per la comunità. E proprio questi sposi sono i protagonisti della prossima Assemblea. – (Franco Bonaldi) questa precisazione di Sandro ci impegna affrontare il problema soprattutto dal punto di vista del sacramento e non solo sociologico.

L’amore coniugale è “dono” di Dio per tutti

(d Silvio) Continuando questa importante riflessione sulla “pastorale” e sulle energie che essa richiede, aggiungerei quanto tutti ormai ben sappiamo: il Pastore è il Signore, egli è “attivo”, i cristiani prestano a Lui, nel servizio pastorale, le energie, che poi sono suoi “doni”.

(Riprendendo poi il tema della “famiglia”, è bello ed è giusto che continuiamo ad evidenziare che la famiglia nasce dall’amore uomo-donna. Ogni persona umana, ognuno di noi, nasce da quest’amore. Questa è esperienza storia “universale”, di ogni regione della terra, di ogni epoca. Forse dovremmo impegnarci di più a entrare nella mente e nel cuore di Dio, per capire il suo progetto su questa realtà dell’amore sponsale. Per poter svolgere una Pastorale efficace, continueremo a prendere in mano la Bibbia, nella quale la Trinità ci rivela questo amore. La nuova evangelizzazione su matrimonio e famiglia viene da questa consapevolezza: è necessario scoprire e credere in questo progetto dei Dio. – (Nives) Infatti, la difficoltà è proprio questa: essere consapevoli di questo dono. Noi sposi cristiani dovremmo aiutarci a diventare testimoni del nostro amore coniugale. Bisognerà che riconosciamo che facciamo fatica a vivere il sacramento del matrimonio con il dono di Dio per noi sposi, per i nostri figli, per la chiesa e per il mondo. – (Gino Cintolo) Allora, bisogna che ci impegniamo a mettere l’amore degli sposi al centro della Pastorale, e a diventarne testimoni più veri.

(Franco Bonaldi) E’ vero che dalla consapevolezza vissuta di questo dono nasce l’esigenza di vivere  l’amore come realtà “per sempre”, che “non ha fine” e che di sua natura ha bisogno di dilatarsi nel “servizio” nella chiesa e nel “mondo”. – (Piergiorgio Dri) Di conseguenza, è bene precisare, allora, che il matrimonio non è in difficoltà, o che è un problema, perché bisogna recuperare tutto l’amore degli sposi. E la Pastorale degli sposi avrà l’obiettivo di annunciare che l’amore è un dono di Dio presente nel mondo, proprio attraverso gli stessi sposi, anche non credenti…In Assemblea dovremo riflettere sul grande dono che il Signore ha dato, per comprendere sempre di più cos’è il sacramento del matrimonio all’interno della coppia.

(Gino Cintolo)  Cerchiamo di fare un ponte fra quello che è stato detto e in qualche maniera fatto finora e quello che vorremo per l’Assemblea del 12 ottobre p. Dobbiamo scoprire insieme cosa sta facendo Dio nella realtà coniugale. Il primo che accoglie gli sposi è Dio stesso. Dalla Bibbia sappiamo che Dio ha quasi messo in gioco se stesso. Teniamo sempre presente che il Signore sta già operando fortemente nella storia della coppia e della famiglia. Dobbiamo riaccendere il senso della presenza di Dio e cercare di leggere la vita della comunità cristiana dentro l’amore coniugale, anche se gli sposi non lo sanno. Con la Commissione e come essa dobbiamo individuare quale sia il cambiamento da fare. Cerchiamo di coinvolgere anche altre coppie.

Anche gli sposi non credenti o non cristiani sono un “dono” di Dio per tutti

(Lara) Fino a qualche decina d’anni fa molti matrimoni erano molto condizionati se non “combinati” dalle famiglie. Si poteva dubitare sulla realtà dell’amore uomo/donna e della capacità o verità di scelta. Ma devo aggiungere che conosco tanti coniugi sposati in Municipio che vivono dei valori veramente positivi, anche a loro Dio ha donato l’amore. Allora si deve dire che anche gli sposi non cristiani sono un dono per la società.

(Luca) Sono d’accordo che l’amore sponsale è centrale, però credo che ci sia il rischio di fare un trattato teologico del matrimonio. Per me la vera sfida è confrontare la nostra concreta esperienza di amore cristiano con le realtà di ogni giorno. – (Lara) Bisognerà tener presente, in questo dialogo, che a mio avviso ci sono molte coppie ricche di umanità e spiritualità, pur non essendo inserite nella parrocchia. – (Nicola) Per me l’Assemblea  diocesana o è un punto di “sintesi”, o, se non c’è, bisognerà ripensarci. 

(Nadia) Mi pare, per gli esempi che vedo personalmente nella realtà di Oriago,  che si possa dire che sta diffondendosi l’ “accoglienza”. Certo è una conquista non facile del giorno per giorno, anche fra gli membri della stessa famiglia ed anche nella società. – (Nives) Credo che la difficoltà a vivere nella “fedeltà” e ad aprirsi all’ “accoglienza”, viene in particolare dal clima sociale, che ci circonda. Quest’anno ho conosciuto la separazione in ben 7 nuclei familiari. Ma anche dipende dalla scarsa coscienza del matrimonio cristiano fra gli sposi, anzi addirittura dalla povertà di coerenza di vita come battezzati. – (Claudia) C’è da aggiungere che, dopo le sempre numerose separazioni dei coniugi, dei genitori, ci sono le cosiddette “riunioni”, con le conseguenze negative per i figli. 

Verso una pastorale parrocchiale con gli sposi e la famiglia

(Gino Cintolo) Allora, occorre definire meglio cosa si intende per “Pastorale familiare” e penso che in primo luogo la pastorale familiare abbia il compito di promuovere la realtà e la vita di questo sacramento. Chi è consapevole del proprio battesimo, sa che diventa “soggetto” nella chiesa e della pastorale, quindi, ed anche “soggetto” nella società umana. Senza questi “laici” non ci può essere una vera ed efficace “pastorale”. – (d Roberto Berton) Infatti, la famiglia, fondata sul sacramento del matrimonio,  è depositaria dell’evangelizzazione cristiana. Dobbiamo tutti insieme, preti e sposi, impegnarci perché questa sia la realtà delle nostre parrocchie. Sono, però, convinto che anche il prete, pur non sposato, possa essere in grado di parlare della famiglia a partire dalla sua stessa esperienza umana: anch’egli è nato e vissuto in una famiglia, con i genitori e  i fratelli… - (Daniele) Ma che forze abbiamo per una fare una nuova evangelizzazione? Per es. i “Centri di Ascolto”, che sono una bellissima realtà, certamente hanno bisogno di nuove forze, per affrontare le nuove interessanti esigenze che stanno suscitando, molto spesso nelle coppie e nelle famiglie. – (Michela) Bisognerà poter contare su alcune risorse che pure sono presenti nelle parrocchie, e dato che non sono molte queste risorse, bisognerà metterci d’accordo su come scegliere delle priorità. – (d Roberto) è vero, tuttavia, che i “gruppi di ascolto” stanno facendo emergere nuove forze: il Signore è all’opera.

  (d Ottavio) Dunque, siamo giunti ad una prima conclusione: bisogna impostare una Pastorale che prenda origine dall’amore umano uomo/donna, interrogandoci anche sulle difficoltà degli sposi e delle famiglie oggi. La pastorale familiare è un pronto soccorso della famiglia, quasi che la famiglia sia solo “oggetto” della pastorale? Mi sembra quindi che ci sia la massima convergenza fra la Commissione diocesana e il Vicariato di Marghera. – (Gino) Dobbiamo definire come “soggetto” della pastorale sia gli sposi che la parrocchia, dato che è la parrocchia il soggetto primo. – (Piero Martinengo) Allora, la pastorale degli sposi e della famiglia parte dall’amore che la coppia vive come dono del Signore: quando, cioè, parliamo di pastorale degli sposi, dobbiamo trovare una terminologia adeguata con una certa gerarchia di valori. C’è l’amore di Dio partecipato all’uomo. il messaggio che noi dobbiamo dare al mondo si deve convertire in metodologia. Però il tutto deve essere permeato da questo dono e dalla famiglia, che diventa espressione di questo amore.

La “convivenza”

(d Alfredo) Preparando i fidanzati al matrimonio, vedo che il 30% di loro sono già “conviventi”. Trent’anni fa ci saremmo scandalizzati. Oggi sentiamo il bisogno di capire, di come giudicare questo dato di fatto.Possiamo ancora cogliere e annunciare i valori della esistenza coniugale e familiare in questa realtà? – (Stefania) Il rapporto d’amore è un processo che cambia sempre nelle sue manifestazioni. Per cui bisognerà cercare di capire come è la famiglia di oggi. Credo che, se un uomo e una donna arrivano a sposarsi, lo fanno perché si amano. – (Gino) Noi cristiani dovremmo essere sempre consapevoli che gli sposi e le famiglie portano in sé dei “valori universale” veri: la relazione, il desiderio, il dialogo, l’accoglienza… C’è un progetto di Dio per l’uomo che passa attraverso la coppia, che include anche altre realtà belle e buone, come l’alleanza e la fedeltà, la valorizzazione e la promozione della “persona umana”. Gli sposi e la famiglia cristiana, poi, portano in se le risorse della fede, della preghiera, dei sacramenti.

L’ “indissolubilità”

(Lara) Io ritengo che il matrimonio abbia una valore altissimo, certo, ma in molti giovani l’indissolubilità fa paura. Hanno timore di non avere la forza di realizzarla. – (Gigi) Nella chiesa facciamo spesso fatica ad andare d’accordo, a vivere nella comunione. Noi  cristiani dividiamo, Dio non agisce così; Dio ama e dove c’è amore c’è Dio. Così dovrebbe essere nella famiglia, che viene dall’amore coniugale, dono di Dio, presenza sua in mezzo agli uomini. Quali sono le tappe per giungere a questa realtà di comunione? 

Il “sentimento” è un valore umano

(Gianpaolo Salvador) E’ inevitabile guardare con un senso di smarrimento alle separazioni coniugali, credo però che tutto questo non sminuisca il ruolo centrale che ha la famiglia anche oggi. Oggi ci si sposa per amore. Se non c’è oggi la centralità della fede, c’è però quella del “sentimento”. Credo che questo sia un fatto psico-sociologico, ma che non mette in crisi l’importanza che il sentimento umano ha nella famiglia. E la famiglia è fondamentale nella vita di ogni persona: gran parte della vita sociale, ruota attorno a questa relazione. Il modo di vivere la relazione è diverso oggi. Ci si separa più facilmente, ma anche si sta di più assieme. Le relazioni sociali sono cambiate, ma la famiglia rimane il luogo per eccellenza di “aggregazione”. Il messaggio cristiano dovrebbe dare fiducia all’amore e alla famiglia, che si fonda proprio sull’amore. Il vantaggio dei cristiani è che essi, illuminati dalla Parola, conoscono questi valori e li credono valori “per sempre”, che “non hanno mai fine”. E su questo vogliono porre tutto il loro impegno appunto per sempre. (Nadia) Il sentimento è un evento che si spalanca come dono verso la pienezza dell’amore (stiamo vivendo questa fase dei nostri figli), fase certamente ancora non matura verso l’amore , ma assai preziosa: nei vari processi del sentimento umano c’è Dio!

(d.Alfredo) Qualche volta nella chiesa il “sentimento” viene visto con sospetto. Dovremo ripensare il “sentimento” per rivalutarlo. Se riusciamo a capire la preziosità che c’è anche nei “frammenti” della vita coniugale e cogliamo “pezzi” comunque preziosi come l’amore dei figli, la relazione con le altre persone, ecc., oppure perdiamo cose molto buone e belle, e forse perdiamo anche le persone. – (Gianpaolo) E’ vero questa considerazione: dobbiamo imparare a scoprire e a gioire del bello e del buono sempre presenti anche nelle relazioni coniugali in difficoltà. Lo sappiamo bene che vivere secondo il Vangelo, è avere la capacità e il desiderio di cogliere la bellezza dei sentimenti umani.

Gli sposi “soggetto” dell’assemblea

  (don Roberto Polimeri) Chi è il soggetto dell’assemblea? Che cosa è stato fatto negli ultimi anni, nelle precedenti Assemblee, ad esempio? - (d.Silvio) Saranno gli sposi e la famiglia, appunto fondata sull’amore coniugale, il “soggetto” anche dell’Assemblea, come per il passato naturalmente. E si svolgerà in un dialogo fra le coppie di sposi e le famiglie e con il Patriarca, pastore della nostra Chiesa in Venezia. 

Concludendo

(Martinengo) Ciò che è emerso è molto interessante, è anche affascinante. La presenza dell’amore di Dio ci fa conoscere e apprezzare ciò che esiste anche nelle situazioni precarie, anche di sofferenza. Bisogna cercare di risolvere le difficoltà, testimoniando alle persone questo messaggio dell’amore del Signore, senza posizioni di sufficienza. Se riusciamo a vivere le cose che Dio ci ha donato, riusciamo anche a parteciparle. E si possono anche comporre i diversi pezzi, ben sapendo che stiamo percorrendo il cammino verso il Regno.

Nel corso di questo dialogo, con circa 40 interventi, sono emersi otto interrogativi:

1. Cosa intendiamo per Pastorale degli Sposi e della famiglia? 

2. Quali difficoltà abbiamo nelle Parrocchie per avviare la Pastorale familiare? 

3. Come valorizzare, secondo il carisma e il ruolo specifico, il presbitero e gli sposi in questa Pastorale? 

4. Pastorale coniugale e familiare per le famiglie in difficoltà o per le difficoltà della famiglia? 

5. A quali tipologie di famiglie ci rivolgiamo? 

6. Sposi: da oggetto a Soggetto di pastorale.

7. Quale coinvolgimento e coordinamento tra Pastorale familiare e formazione dei fidanzati al Matrimonio? 

8. Come coinvolgere gli sposi nell’Assemblea diocesana del 12 ottobre.

(d. Ottavio) Se dall’Assemblea fossimo capaci di far emergere tutti i valori che stanno sotto la vita sponsale e familiare, sarebbe un concreto, entusiasmante obiettivo!

 

  Proposta del Consiglio pastorale del Vic. di Marghera

  LA FAMIGLIA

AL CENTRO,DELLA NOSTRA MISSIONE PASTORALE

parrocchiale e vicariale

PREMESSA

Mettere al centro della programmazione pastorale la famiglia sembra essere diventato, oggi. per molte parrocchie un dato dì assoluta e indiscutibile priorità. La crisi sempre crescente della società è attribuita, generalmente alla crisi della famiglia, cellula centrale della struttura sociale, la cui stabilità ed il cui ruolo educativo sono troppo spesso incerti o addirittura inesistenti

-Chi, allora, meglio della parrocchia può svolgere nei suoi confronti una funzione di sostegno e di recupero, per consolidarne i valori e l'identità?

Su questo punto esiste una convergenza più o meno unanime di consensi. Ciò che appare più problematico e di non sempre facile soluzione è il "come". Come arrivare alle famiglie che si allontanano inesorabilmente dalla Chiesa? Come ricostruire le basi umane e cristiane? Siamo, spesso, capaci dì analizzare i problemi e individuare gli obiettivi pastorali da raggiungere. Ma, quando si tratta di passare al "come", e di inventare vie nuove da percorrere e strumenti più adeguati da adottare, misuriamo tutta la fragilità e la debolezza della nostra pastorale.

Come si può pensare, ad esempio, di farsi carico della pastorale familiare invitando tutte le famiglie della parrocchia a mettere al centro della loro vita la preghiera, quando la maggior parte di esse non conosce ancora Dio o non lo ha ancora incontrato? Come si può pensare di coltivare la coscienza morale della famiglia invitando tutti a una conferenza o alla proiezione di una videocassetta, quando la maggior parte delle famiglie separa nettamente la fede dalla vita, il credo  dai principi etici e dai comportamenti sociali? Non basta organizzare conferenze sui temi inerenti alla vita familiare, o all'educazione dei figli, o alla paternità - maternità responsabile, e nemmeno proporre incontri di preghiera in parrocchia.

Sono tutte esperienze senz'altro preziose, ma che rischiano di essere sciupate e di non lasciare nessuna traccia di sé se non sono programmate all'interno di un  cammino permanente di formazione e, soprattutto, se non nascono dalla testimonianza viva di una Comunità che annuncia, che va incontro e che accoglie i lontani.

Si tratta, allora, di reimpostare la pastorale in una prospettiva nuova; che tenga conto, innanzitutto, dì un cammino di pre - evangelizzazione e di prima evangelizzazione, in cui coinvolgere la famiglia in tutte le sue componenti.

Ciò sarà possibile solo se esiste all'interno della parrocchia una Comunità viva, che diventa il vero soggetto di questa nuova evangelizzazione.

Il problema della pastorale familiare è, allora, il problema della Chiesa. Raggiungere le famiglie vuol dire ricostruire e vivificare il tessuto delle nostre Comunità ecclesiali.

 

PER INIZIARE A RIFLETTERE

1.    Si può puntare sulla famiglia più di quanto non facciamo.già? É percorribile la strada di unire le forze e coordinare le proposte a livello di Vicariato? Come si può esprimere questa collaborazione?

2.    La voce dei preti non è più molto ascoltata: "parla così perché è prete"! Diventa, allora, primario il ruolo dei laici per contattare i vicini, informare, invitare, convocare… per vivere occasioni di autentica famiglia. I laici, in particolare , sono disponibili a farsi "missionari" della famiglia? 

3.    Ha detto Gesù: "Vai e non peccare più”. Senza tradire i principi di verità, come noi possiamo essere testimoni della misericordia di Dio e dare un messaggio di accoglienza di fronte alle situazioni matrimoniali difficili e sempre più numerose, che spingono tante persone ad allontanarsi dalla Chiesa e dalla pratica religiosa? Quali "parole" dire a una persona che si trova a vivere l'esperienza della separazione o dei divorzio?

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