PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

Home ] Su ] PROGRAMMA ] Gli Uffici ] La Commissione ] Formazione al Matrimonio ] Le Assemblee ] Assemblea animatori ] La festa della Famiglia ] I  Fidanzati a S. Marco ] Ass. Centro S. Maria M. Domini ]

SCUOLA GRANDE

SAN GIOVANNI EVANGELISTA

6 MAGGIO 2005

ATTI DEL CONVEGNO

promosso da Casa Famiglia

 

 

Programma

 

Apertura dei lavori

Mario Spezzamonte – Presidente Istituto Casa Famiglia San Pio X

Giuseppe Caccia – Assessore alle Politiche Sociali e Rapporti con il Volontariato

 

Casa Famiglia San Pio X

 

Piero Martinengo – Responsabile Istituto Casa Famiglia San Pio X

“L’evoluzione nei mutamenti sociali”

 

Paola Fattor – Assistente sociale, responsabile dei percorsi educativi

“Obiettivi – Metodologia – Organizzazione”

 

Annalisa Davanzo – Psicologa, psicoanalista, supervisore esterno

“Le intuizioni e le specificità di Casa Famiglia”

 

Un’esperienza in Lombardia: le famiglie d’appoggio

 

Costanza Marzotto – Psicologa, Responsabile Formazione, Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia Università Cattolica Milano

 

Dibattito

 

Vittorino Andreoli – Psichiatra e scrittore  

Società del successo e frammentazione del clima familiare

 

Maria Teresa Mutalipassi – psicologa, componente dello staff di dirigenza dei Servizi dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Venezia

Le emergenze sociali nel territorio veneziano

  

Tavola Rotonda

Riflessioni ed ipotesi di lavoro

Gioia Greifenberg – Pedagogista, educatrice Casa Famiglia San Pio X

Lucia Trivellato – Assistente sociale del Comune di Venezia

Anna Del Bel Belluz – Direttore Consultorio Familiare S.M.Materdomini

Patrizia Marcuzzo – Assistente sociale Centro Antiviolenza di Venezia

Nicoletta De Lorenzi – Presidente Associazione Mater Vitae di Lecco

Maria Teresa Mutalipassi - Moderatrice

 

Libero Majer – Coordinatore del Convegno, “Familiare” di Casa Famiglia San Pio X

 

Presentazione

 

Il convegno promosso da Casa Famiglia San Pio X aveva due  obiettivi: da un lato far conoscere la Casa che da ben 95 anni è  radicata nella città di Venezia dove ha svolto (e svolge) la sua  attività di accoglienza ed aiuto a donne gestanti o con bambini, i  criteri ispiratori e le modalità operative con cui si cerca di dare  una risposta alle situazioni di disagio esistenti, dall’altro interrogarsi,  organizzatori e pubblico, sulle condizioni necessarie affinché  il nucleo familiare, esaurita la sua permanenza in Casa,  possa mantenersi in autonomia nel contesto sociale. 

 

I temi da svolgere sono costituiti, ovviamente, dalla donna, dalla  famiglia e dalla personalizzazione dei rapporti dove vanno ad  insediarsi questi piccoli nuclei.

 

  Le donne e i bambini accolti sono, ordinariamente, persone ferite  da situazioni di grave disagio. Per le donne è determinato da:  violenza, abbandono, sfruttamento o labilità derivanti da famiglie  multiproblematiche. La famiglia, come luogo degli affetti,  cellula primaria di relazioni interpersonali e di solidarietà diffusa  di fatto è poco presente od ostile nel vissuto di queste persone.  Casa Famiglia si propone, nelle modalità che verranno  espresse, di far sperimentare, nella dimensione comunitaria, una  condizione di “famiglia estesa” che si fonda sulla tolleranza  nella accettazione delle diversità, ovviamente con tutte le parzialità  esistenti: la non scelta dei partner, la convivenza fra culture  diverse con tutte le varietà esistenti delle concrete espressioni di  vita, cercando, contemporaneamente, di aiutare le mamme a sviluppare  le loro potenzialità, genitoriali, di relazione, di promozione,  sociale nel vissuto di tutti giorni. Un ruolo importante a  questo riguardo viene svolto dall’èquipe delle operatrici, con competenze interdisciplinari, e da un gruppo di sposi ai quali è  stata affidata la responsabilità della Casa. L’integrazione delle  conoscenze scientifiche con l’esperienza di “famiglia concretamente  vissuta” (non ultimo la presenza maschile fattivamente  inserita) consentono di proporre, senza presunzione, per le  mamme e i loro bambini un futuro possibile. 

 

Mentre il reperimento di un lavoro non costituisce un problema,  considerate le comuni aspettative medio-basse, utilizzando anche  gli strumenti che gli attuali Uffici Provinciali del Lavoro propongono,  cruciale è invece il rinvenimento dell’alloggio in una città  particolarissima come Venezia, senza provvidenze, per il caso in  specie, dell’Ente Pubblico. Rimane molto vago pertanto e sempre  affidato ad iniziative improvvisate da parte della Casa il problema  del reinserimento dopo le dimissioni. L’alloggio, appunto,  con un canone di affitto compatibile, le necessità del “primo  impatto” e della non atomizzazione del nucleo con conseguente  pericolo di emarginazione sono problemi aperti che devono essere  affrontati congiuntamente dalle strutture di accoglienza e dai  Servizi invianti pena l’inevitabile assistenzialismo o la cronicizzazione  nelle strutture con costi, anche economici, rilevanti per  la collettività.

 

Il Convegno ha avuto una introduzione significativa nella celebrazione  eucaristica di S.Em.Card. Angelo Scola Patriarca di  Venezia, la sera precedente a Casa Famiglia, di cui si riporta  l’omelia.  

 

VISITA A CASA FAMIGLIA SAN PIO X

  Venezia, 5 maggio 2005

 

 

OMELIA DEL PATRIARCA CARD. ANGELO SCOLA*

Letture: At 18, 1-8; Gv 16, 16-20

 

Trascrizione da nastro – non rivista dall’autore.

 

Carissimi amici, mamme che siete in questa casa, papà e mamme che,  insieme a tutte le ospiti, animate questa Casa per il bene vostro e di questi nostri piccoli,

 

  in un momento di riflessione all’interno di un gesto come quello che stiamo  vivendo e con cui rendiamo grazie a Dio per questa vostra Opera, così profonda  nel significato e nell’azione, credo che non ci sia parola più appropriata  di quella che ci ha fatto dire l’Orazione di Colletta: 

«Tu, o Padre (in questo contesto la parola Padre è decisiva), che ci hai  reso partecipi dei doni della salvezza, fa che professiamo con la fede e testimoniamo  con le opere la gioia della risurrezione». 

La vostra è un’opera che testimonia la gioia della Risurrezione! 

Che cos’è, infatti, quest’opera? È una sovrabbondanza di affetto, di  amore che trabocca e in qualche modo “contagia” la ferita, il bisogno, la prova.  E lentamente, pazientemente, la trasforma in qualcosa di fecondo, perfino  liberandola, come succede a noi uomini che siamo tutti peccatori, dalle eventuali  scorie di peccato che l’hanno segnata.

Qui l’amore del Risorto vince. E la sua risurrezione si documenta nella  Sua forza di guarigione, di risanamento, di rigenerazione del nostro io. L’opera  di amore che qui si attua testimonia, quindi, la potenza della risurrezione generando  in mezzo a noi letizia.

Basta vedere la letizia con cui i bambini hanno accolto gli ospiti e il  Patriarca questa sera!

Loro stessi, infatti, percepiscono la festa. Partecipano al clima di festa che  emana dalla gioia grata per i novantacinque anni di vita di questa Casa.Una  gioia che sgorga dal vostro cuore e dal cuore magnanimo di tutti coloro che vi  hanno preceduto. 

Penso anzitutto al nostro San Pio X che tanto ha dato a quest’opera; poi  alla schiera immensa di persone che hanno lavorato qui dentro, fino alla geniale  trasformazione che nel ’99 il Patriarca Marco Cè, con l’aiuto di don Silvio  e con l’aiuto vostro, ha voluto dare a questo luogo rendendolo veramente una  famiglia. 

A documento e a testimonianza che il rapporto con Dio, che è un Padre,  è un rapporto familiare, quello di una nuova famiglia. E che nella Chiesa di  Cristo tutti - indistintamente - trovano l’autentica parentela. Trovano padri,  madri, fratelli e sorelle perché Lui per primo ha dato la vita perché fossimo  figli del Padre celeste. Egli infatti, chiamandoci a divenire figli nel Figlio suo  Gesù Cristo, ha voluto che tutti noi fossimo gli uni per gli altri fratelli, sorelle  e madri. 

Le parole dell’Orazione di Colletta sono poi documentate in maniera  impressionante dal Santo Evangelo di oggi (Gv 16, 16-20) nel quale San  Giovanni ci presenta l’esperienza degli Apostoli smarriti di fronte al precipitare  degli eventi nella vita di Gesù; e Gesù stesso - Lui che in prima persona  stava per subire la grande prova – che, con grande magnanimità, in un certo  senso anticipa questo loro smarrimento, come per prepararli a sostenerlo. 

«Ancora un poco e non mi vedrete, un po’ ancora e mi rivedrete». Con  questa famosa espressione “un poco”, Gesù si riferiva ovviamente alla sua  Passione e alla sua Morte («ancora un poco e non mi vedrete») e alla sua  Risurrezione («un altro poco e mi rivedrete»). In seguito la comunità primitiva  riferirà tutto questo alla Parusia, cioè alla venuta finale di Gesù. 

Anche noi facciamo l’esperienza di questo «ancora un poco». Non lo  vediamo direttamente ma fra poco, quando Lui si manifesterà definitivamente,  lo rivedremo faccia a faccia; come i nostri cari che ci hanno preceduto  all’altra riva già, se sono nella gloria, lo vedono faccia a faccia. 

Così gli Apostoli, smarriti, sono educati alla legge della vita, che - come  dice il grande poeta Claudel che io cito spesso - «sempre in parti uguali di  gioia e dolore è fatta» (da “L’annuncio a Maria” di Paul Claudel). 

E qui, tra voi, dove si respira un clima di così intensa affezione in Gesù -  giacché l’affezione in Gesù è una affezione carica di gratuità - si capisce bene  che la vita è fatta di gioie e di dolori. 

Siamo qui perché ognuno di noi, in grado e in maniera diversi, ha fatto  esperienza del dolore, della ferita, della prova; ma - in forza della potenza della  Risurrezione di Gesù - ha anche trovato uomini segnati dalla fede che gli hanno ridato la gioia.

Hanno rigenerato la gioia.  Allora anche noi, come gli apostoli, possiamo fare l’affascinante esperienza  proposta da Gesù e cominciare a capire: «Non piangete, non vi rattristate  perché sarete afflitti, ma temporaneamente, e la vostra afflizione si cambierà  in gioia». 

Queste parole dicono qualcosa di molto reale che tutti noi abbiamo sperimentato,  che le nostre mamme hanno sperimentato in maniera cogente nella  loro vita. 

È molto importante offrire ora a questi bambini una esperienza di gioia  intensa perché, quando verrà anche per loro il tempo della prova e della ferita,  possano ricordare questa Casa come il luogo della gioia del Risorto. Il  luogo in cui non viene mai meno la speranza del riscatto, della rigenerazione. 

Da qui sgorga la conseguenza indicataci dalla Prima Lettura (At 18, 1-8).  Essa si riferisce al desiderio che vediamo ardere in Paolo che tutti i nostri fratelli  uomini (ogni uomo e ogni donna) possano fare questa esperienza profonda  dell’amore del Risorto. Così che anche l’uomo di oggi (il cosiddetto uomo  post moderno), segnato appunto dal travaglio del parto [nel Santo Evangelo  (Gv 16, 21) Gesù utilizzerà proprio questo esempio], possa pregustare la speranza  certa dell’esito buono di ogni sua fatica, anche la più lacerante e dolorosa. 

Noi vorremmo che da un luogo come questo irradiasse per i tutti i nostri  fratelli uomini e donne che vivono a Venezia la stessa esperienza. Non c’è  dolore che non possa essere trasformato in gioia, se incontra l’amore. Se  incontra persone che amano gratuitamente, cioè vogliono il bene dell’altro. Il  suo vero bene, cioè un bene che libera, non un bene che lega. Non il bene che  chiude su di sé, ma che apre. Un bene che spalanca la famiglia cristiana, alla  generazione dei figli, a rapporti dal volto umano tra uomini e donne dello stesso  quartiere, a parentele risanate, a città in cui la vita buona possa vivere sostenuta  dal buon governo delle sue autorità. 

Ecco, la società cambia in questo modo. Così come la Chiesa cresce  quando in essa ci sono modelli come questi in cui l’amore vince l’afflizione.  L’amore vince il dolore.

Perciò stiamo nella gioia, stiamo nella letizia! Lo ripeto a tutti voi, uno  per uno, - a cominciare da don Silvio, al Presidente, ai Consiglieri, agli operatori,  a tutti gli ospiti e soprattutto con una carezza lo dico ai nostri bimbi – state  nella gioia e abbiate la gratitudine del Patriarca e di tutta la nostra Chiesa diocesana  per quest’opera splendida perché, nei tempi e nei modi che il Signore  vuole (il bene, infatti, è silente ma diffusivo: nessuno lo può fermare. È come  un’acqua selvaggia: se tu cerchi di arginarla da una parte riemergerà dall’altra  e avanzerà sempre…) possa segnare ed irrigare i terreni aridi della nostra Venezia. E ridare speranza, ridare fisionomia, ridare volto a ciascun uomo, a  ciascuna donna, soprattutto ai bambini che vivono nella nostra terra. 

Rendiamo grazie di cuore al Signore per tutto questo, continuando la  celebrazione eucaristica e portando sull’altare della nostra offerta tutto ciò – di  buono e di meno buono, di gioia e di dolore… - che ci preme sul cuore in questo  momento. Tutto offriamo al Signore che, come agli apostoli, ha detto anche  a noi: «Ora siete afflitti, ma la Vostra afflizione si cambierà in gioia».

  Segue>