PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

Home ] Su ] PROGRAMMA ] Gli Uffici ] La Commissione ] Formazione al Matrimonio ] Le Assemblee ] Assemblea animatori ] La festa della Famiglia ] I  Fidanzati a S. Marco ] Ass. Centro S. Maria M. Domini ]

 

 

 

 

Venezia - Giudecca,  2005

 

  INDICE

 

Presentazione

Come gli sposi tentano di attuare l’invito del Patriarca

La Storia: il 26 maggio 1999, il Patriarca Marco Cè affida Casa Famiglia agli sposi

La Storia:  gli sposi avevano già dichiarato al Patriarca la loro disponibilità

Il “segreto” di questa Famiglia (d.G.Nicolini)

Lo Statuto  

Il Fondo Casa-Lavoro

La struttura di Casa Famiglia

 

 

PRESENTAZIONE

 Il 26 maggio 2002, si concludevano i primi tre anni della nuova conduzione di Casa Famiglia S.Pio X alla Giudecca affidata nel 1999 dal Patriarca Card. Marco Cé ad un gruppo di sposi della nostra Chiesa. Per la verità, sono ormai più di quattro gli anni di questo servizio, tenendo conto del periodo “quasi di prova”,  dopo gli otto anni di preziosissimo servizio della Comunità di Sanmartini di Bologna, guidata dall’amico don Giovanni Nicolini.  

In un posto  molto bello di Venezia, in prossimità della chiesa parrocchiale di S.Eufemia alla Giudecca, di fronte alle Zattere con una vista che spazia dal Porto Marittimo all’Isola di S.Giorgio, è situata Casa Famiglia, sorta a Venezia nel 1910 per volontà di Papa Pio X per accogliere gestanti, ragazze madri e donne in difficoltà con bambini piccoli.  

Una scelta pastorale di sostegno e aiuto alla vita, di amore alla vita dono di Dio!

La Casa è stata sempre oggetto di grande attenzione dei Patriarchi e si è avvalsa sempre della collaborazione “femminile” costante e intensa. Ricordiamo per tutte Emilia Nordio. Negli anni 60/90 la Casa è stata sostenuta e avviata ad una ristrutturazione più adeguata dai Patriarchi Giovanni Urbani, Albino Luciani – Papa Giovanni Paolo I – e Marco Cé, i quali trovarono valida e preziosa direzione “femminile” in Francesca Ghetti, Paola Vian e Cecilia Ghezzi insieme con le Suore Dorotee di Vicenza per oltre un decennio e, infine, con le consacrate della Comunità di Sanmartini.

É una  casa luminosa e spaziosa, dispone di appartamentini singoli con servizi in modo da ospitare insieme mamma e bambino, un grande soggiorno e sala da pranzo, sala giochi, ampio giardino, ambulatorio e Cappella.

Annesso alla Casa è l’Asilo Nido dotato di diversi ambienti luminosi, sala pranzo, sala giochi, stanza per riposo dei bambini, servizi, ambulatorio e ampio giardino. L’Asilo ospita i bambini delle mamme della nostra Casa ed è aperto anche ai bambini delle famiglie dell’isola della Giudecca e della Città.  

La Casa - immobile, arredi, attrezzature - è un bene appartenente alla Chiesa veneziana e costituisce un concreto segno della carità di questa Comunità, che in buona parte ne sostiene anche l’onere economico. Attualmente accoglie 7 mamme e nove bambini; dal 1999 ad oggi, sono passate venti mamme e 24 bambini. Sempre in questo periodo abbiamo avuto quattro Battesimi e la Cresima di una mamma, celebrati nella parrocchia di S.Eufemia, nel cui territorio è inserita la nostra Casa.

In queste pagine, bene curate dall’amico Roberto Scarpa, trovate alcuni “pensieri” dei Familiari della Casa Famiglia rivolti alla nostra Chiesa per la quale, per invito del Patriarca, prestano il loro ministero di “sposi” nel Signore.

Sono riflessioni nelle quali essi cercano di narrare soprattutto quanto questo “servizio” d’amore coniugale e familiare a favore di tante Mamme e Bambini, sia un “dono” del Signore prima di tutto per gli sposi stessi e per la loro famiglia,  

Meglio dire che si tratta di riflessioni fatte “insieme” sul vissuto concreto quotidiano della Casa durante questi quattro anni ed ora registrate per offrire a tutti, in primo luogo agli sposi, una testimonianza di quanto Gesù Cristo opera nella nostra Chiesa anche dentro la realtà umana di tante mamme e bambini, mai privi di sofferenze e di  problemi spesso gravi, e anche di ferite talvolta difficilmente rimarginabili.

L’ispirazione evangelica di questo servizio, non può che motivare sempre di più i familiari (è ciò che avviene in ogni famiglia per l’amore di sposi e genitori) a curare con diligenza anche questi aspetti umani delle Mamme e dei Bambini, con puntuali interventi specialistici: ecco, allora, la loro richiesta, fin dal primo giorno, di presenze quotidiane di figure professionali come lo psicologo, il pedagogista, il medico, l’assistente sociale. Va letta così la collaborazione delle “operatrici” di cui si parla in questa relazione. Ma va sottolineato che alcuni degli stessi familiari, provvisti di queste competenze professionali, collaborano volentieri anch’essi a questo titolo. E, comunque,  pur in questo positivo contesto, viene considerata la prevista cooperazione, soprattutto di “supervisione”, del Consultorio diocesano S.Maria Mater Domini.

Casa Famiglia, allora, si presenta come una realtà tutta dedita al bene della “persona”, ad ogni singola persona, realtà molto delicata e, al tempo stesso, complessa anche dal punto di vista dell’organizzazione, ragion per cui essa fa chiaro riferimento ad una figura di Responsabile, espressione della comunità dei familiari.

La seconda parte di queste pagine descrive le “radice ecclesiale” dell’esperienza in atto alla Giudecca. Storicamente viene da molti decenni addietro per volontà del Papa Pio X.

Qui però si narra dell’inizio di quest’ultima esperienza, voluta decisamente dal Patriarca Marco Cé: potrete rileggere nelle sue parole il cuore del Vescovo, che vede nella Casa Famiglia un “segno” particolare della presenza dello Spirito nella nostra Chiesa e prevede nell’assunzione da parte di sposi, in particolare, della responsabilità della Casa un segno profetico, da cogliere e da  meditare insieme nel breve resoconto.  

I familiari di Casa Famiglia confidano nella comprensione dei  lettori mentre scorrono queste righe, cercando di cogliervi quanto del servizio coniugale nella Casa sta realmente emergendo. È quasi inevitabile narrarlo  come in prospettiva, come oggetto del desideri del cuore, meglio dire, della speranza cristiana. Il linguaggio forse te lo fa subito capire. Chissà che, leggendoci con questa benevolenza, qualcuno di voi si sorprenda a pensare che il Signore lo stia chiamando a prendere parte a questa straordinaria avventura.

E insieme rendiamo grazie e gloria al Dio  dell’Amore!

                        don Silvio Zardon

  All'indice

 

   

COME GLI SPOSI  TENTANO DI ATTUARE L’INVITO DEL PATRIARCA

CASA FAMIGLIA S.PIO X

 

E’ un’opportunità che il Signore offre a tutti, familiari, operatori, volontari, mamme e bambini, di far conoscere e vivere  il suo Amore. Un riflesso dell’Amore di Dio come “dono” accolto, vissuto, offerto gratuitamente.

Chi entra a Casa Famiglia non lo fa per “dare” qualcosa di proprio (familiari, operatrici e volontari) e poi “avere” qualcosa dagli altri (mamme e bambini), ma unicamente per ricevere questo dono di Dio.

La Cappella, all’ingresso dell’edificio, è invito a rinnovare e alimentare continuamente alla sorgente questo dono .

Non una casa qualsiasi, né un istituto di assistenza, dunque, né un’azienda da amministrare, avendo ovviamente attenzione al bilancio, ma una Casa che accoglie persone adulte e bambini, dove con l’apporto di tutti – familiari, operatrici, volontari, mamme e bambini - si tenta di realizzare un’espressione della “Civiltà dell’Amore” proposta da Paolo VI e raccomandata da Giovanni Paolo II.

E’ una comunità decisa a vivere e a organizzarsi secondo lo stile di una famiglia, nella quale vengono intessute relazioni umane significative e dove viene messa al centro l’unicità e l’irripetibilità della persona umana.

In Casa Famiglia si cerca di proporre una testimonianza cristiana secondo i molteplici significati dell’amore sponsale e familiare, che per sua natura rende presente l’Amore stesso di Dio.  Testimonianza di profonda unione, condivisione, dono di sé all’altro, accettazione delle diversità, disponibilità a  perdonare e ad aprire possibilità sempre nuove: fedeltà, gratuità, gioia, splendore e dilatazione dell’amore anche di fronte alla sofferenza, forza creativa e rigeneratrice di nuova vita.

In breve, è proprio questa la grande meta: proporre una testimonianza del Signore Gesù Cristo Crocifisso, Morto e Risorto, che ha dato la vita per l’umanità. Testimonianza umile concreta di un gruppo di sposi in prevalenza, che, accogliendo la chiamata del Patriarca a prendersi cura di Casa Famiglia, formano e animano la "Comunità dei familiari".

In tale modo Casa Famiglia può diventare sempre più una realtà ecclesiale dove si trovano a vivere “insieme” il Vangelo nella quotidianità, unite dall’unico Spirito, persone dalle più diverse vocazioni, carismi ed esperienze.  

Nella consapevolezza che Casa Famiglia necessita anche di alcune professionalità specifiche, i familiari scelgono di avvalersi della collaborazione di operatrici alle quali, pur nella condizione di lavoratrici dipendenti, viene chiesto di ispirare la loro attività professionale alle caratteristiche della Casa, collaborando a tutte le esigenze di una normale vita di famiglia.

L’intreccio e l’integrazione tra l’esperienza di vita dei familiari e la professionalità delle operatrici costituiscono i punti di forza e le risorse del delicato lavoro di Casa Famiglia. Ad esse i familiari possono affidare il compito di Coordinatrici di attività specifiche più avanti precisate. Perciò le operatrici non agiranno separatamente, ma sempre d’intesa con i familiari e sempre con riferimento al Responsabile.  

I familiari, inoltre, ritengono di poter  avvalersi  dell’opera di “volontari”   che, dopo previa presentazione ai familiari stessi, dovranno essere forniti di formazione/informazioni necessarie per svolgere il loro servizio secondo le finalità e lo stile di Casa Famiglia.  

La Casa, intesa come immobile, mobili, arredi, attrezzature e materiali, è un bene appartenente all’Istituto Casa Famiglia S.Pio X.

E’ un concreto segno della carità della Chiesa di Venezia che ne sostiene, in buona parte, anche il peso economico.

Attenzione quotidiana deve essere posta da tutti (familiari, operatrici, volontari, mamme e bambini) al rispetto delle persone e delle cose, all’economia, alla tutela di quanto la carità ci ha dato in consegna e di cui tutti sono responsabili.  

È importante fattore educativo nei confronti delle mamme orientarle al rispetto della Casa anche se non tutto può essere ricondotto alla loro responsabilità.

Il significato di casa e di famiglia indica chiaramente che tutti devono attivarsi per l’ordine, il decoro e la  pulizia di ciascun ambiente della Casa, con particolare riferimento ai locali adibiti alla vita in comune, ai singoli appartamentini ed agli uffici.

 

 

LA COMUNITA’ DI CASA FAMIGLIA

 I familiari .

Il Patriarca Marco Cè il 26 maggio 1999 ha affidato ad alcune coppie di sposi Casa Famiglia S.Pio X alla Giudecca affinché, come dilatazione del loro amore sponsale, si dedichino, in un atteggiamento di condivisione e di comunione, alle mamme ed ai bambini secondo l’indicazione molto semplice: ”Vi raccomando di voler bene a queste donne e ai loro bambini”.

Il fascicolo “Il Patriarca affida ad un gruppo di sposi la Casa Famiglia S.Pio X della Giudecca”, già pubblicato e riportato nelle prossime pagine, ne è il documento fondante.

Questo affidamento racchiude in sé l’ottica missionaria, pastorale, formativa, di una Chiesa, che fa propri la vita e i problemi della persona umana.

E gli sposi sono consapevoli di compiere un servizio evangelico per conto  della comunità ecclesiale in Venezia, guidata dal suo Vescovo e, in concreto, per conto della loro parrocchia e del relativo gruppo di sposi, come dilatazione dell’amore creativo coniugale e familiare, amore assunto da Cristo nel sacramento del matrimonio e alimentato quotidianamente dall’Eucaristia e dalla Parola di Dio.

Il luogo dove si realizza l’affido è Casa Famiglia S.Pio X alla Giudecca.

“Allora – continua il Patriarca – per me questa Casa può diventare un luogo simbolico, non puramente idealistico, bensì una realtà fatta di persone concrete, con le loro qualità e i loro difetti, una realtà vera, che è anche il simbolo di un’umanità che vuole rigenerarsi, che vuole riprendere a camminare”.

Una bella struttura che consente l’accoglienza delle mamme con i bambini in una situazione proprio come quella vissuta in una famiglia.

E’ in questa realtà che gli sposi vivono il loro amore sponsale in condivisione e comunione con le mamme e i bambini  presenti al fine di far scoprire e sperimentare loro, nella quotidianità della Casa, l’amore umano fino possibilmente ad avvertire che è l’Amore di Dio.

  “Quelli che ricevono il seme sul terreno buono sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno” (Mc 4,20).

E questo soprattutto a Casa Famiglia.

Non c’è discriminazione tra chi, dei familiari, dà il trenta e chi dà il cento,. Anzi, chi dà cento dovrà avere anche la consapevolezza che l’altro sta compiendo un proprio cammino, magari faticoso, e dovrà aiutarlo in questo affinché quel trenta aumenti nel rispetto dei tempi  personali di maturazione. E chi dà trenta, con umiltà, accetterà l’aiuto di giungere a camminare “insieme”, verso la meta di una “comunità” di familiari. 

In concreto, poi, si può individuare nella modalità collegiale lo strumento della ricerca – approfondimento -   discussione – decisione, che coinvolge e impegna tutti.

Seguendo questa regola la comunità dei familiari ha scelto, evidentemente, la strada più difficile e faticosa. Molto più agevole, ma deresponsabilizzante, sarebbe stato istituire una gerarchia con rapporti di subordinazione.

In questo modo, invece, le scelte e l’applicazione delle decisioni sono di tutti. Si è deciso di procedere tutti insieme utilizzando l’apporto di tutti.

La comunità , come precedentemente rilevato, è espressione della Chiesa in Venezia e ciascuno dei familiari rende presente la propria famiglia e la propria comunità parrocchiale nella quale, fra l’altro. è impegnato a rendere viva Casa Famiglia non solo come “scelta”, ma come “segno” tangibile ed unificante dell’amore-carità del popolo di Dio.

La comunità dei familiari non vive semplicemente questa esperienza (nei rapporti con gli ospiti e tra i familiari stessi) in un atteggiamento di volontariato (formulazione in se stessa non negativa ma che presuppone un impegno “a ore”), di condivisione (dividere con) e di comunione (partecipare profondamente a), per cui tutti (e ciascuno) sono coinvolti personalmente nelle attività allo stesso titolo in un piano di assoluta parità.

Si deve prendere atto con realismo e senso di responsabilità delle diversità delle persone, dei diversi percorsi di fede, delle esperienze di vita, degli atteggiamenti educativi, dei tempi ed anche dello spirito di servizio che le anima.

Sono le diversità presenti nella Chiesa, sono il pluralismo, sono i famosi talenti di cui parla il Vangelo; ma possono essere anche la trave, la pagliuzza.

Ma principalmente sono la “diversità” nell’”unità”; ed è questa l’essenziale testimonianza della “carità”.

Pertanto, confermare che la comunità dei familiari è formata prevalentemente da coppie di sposi, vuol dire puntare decisamente ad una realtà “ecclesiale”, che si realizza sempre più compiutamente con la partecipazione di altri carismi – presbiteri e consacrati/e - secondo il progetto dello Spirito Santo.

Dunque, è seppur difficile, necessario che le figure, che nei vari ruoli rappresentano “pro-tempore” i riferimenti nella gestione della casa, abbiano grande attenzione e sensibilità all’ascolto, alla comprensione, per poter oggettivamente interpretare sentimenti, idee, atteggiamenti, carismi diversi. 

La comunità dei familiari gestisce Casa Famiglia avvalendosi dell’apporto degli operatori e di altre persone che prestano la loro attività con modalità diverse.

La funzione di coordinatore è svolta da persona o coppia che, a nome della comunità e vivendo quanto più possibile costantemente in casa, si assume il compito di coordinare le diverse attività. Potrà così individuare le esigenze e le possibili soluzioni, utilizzare al meglio le risorse umane disponibili, consapevole che la Casa cresce se cresce la comunità dei familiari.

La conoscenza, la stima, la fiducia reciproche sono alla base di un lavoro di gruppo. Pertanto si dovrà facilitare la ricerca di qualsiasi occasione che indirizzi su questa strada.

L’eventuale disponibilità di due/tre coppie ad essere presenti in Casa quotidianamente renderebbe concreta la totale responsabilità dei familiari e ciò potrà essere raggiunto non immediatamente, ma e con gradualità.

Si è già ricordato che i familiari sono presenti per rispondere ad una “chiamata” del Signore, attraverso la comunità ecclesiale, nella persona del pastore, il Vescovo. Il loro “eccomi” è un vivere la vita di Casa Famiglia con coerenza e fiducia nell’aiuto del Signore, certi che il loro operare in questo modo porterà frutti per le mamme e i loro bambini, anche se non prontamente riscontrabili.

Con la loro semplice, umile, normalissima vita di coppia testimoniano che al mondo c’è ancora amore, serenità, rispetto, impegno, gioia di vivere e di donarsi e non solo male di cui le mamme hanno spesso fatto amara esperienza.

Le coppie, vivendo la comunità ecclesiale, sono portatrici di esperienze coniugali diverse; questo comporta l’opportunità di una ricerca di sintonie specificatamente utili alla finalizzazione desiderata.

La Comunità dei Familiari è approvata dal Patriarca su proposta del Delegato patriarcale.

I membri si propongono di prestare la loro collaborazione di tre anni in tre anni.

La Comunità dei Familiari è formata in primo luogo da coppie di sposi già inserite nella vita ecclesiale o attraverso le comunità parrocchiali  oppure attraverso i movimenti  ecclesiali. È dagli sposi  vivamente auspicato anche l’apporto di carismi ecclesiali di speciale consacrazione, perché la Comunità dei familiari sia sempre di più “ecclesiale”.

Comunità dei familiari, come sopra detto, è affidata la responsabilità e la gestione di Casa Famiglia.

Il principio fondante della Comunità dei familiari è la corresponsabilità e di conseguenza ognuno dei familiari metterà le sue capacità a servizio di tutti assumendo gli incarichi specifici più avanti descritti.

Il familiare è chiamato a custodire e guidare l’insieme delle relazioni che vengono a crearsi nella Casa, perché il loro spessore qualitativo si  mantenga sempre alto e finalizzato alla promozione appassionata e disinteressata delle mamme e dei loro bambini.

Ciò significa che per il familiare lo strumento operativo primario è la modalità collegiale che coinvolge ed impegna tutta la Comunità, al di là del tempo dedicato, in un piano di assoluta parità.

Per tale motivo risulta fondamentale l’incontro settimanale del Coordinamento, cui ogni familiare è tenuto a partecipare come momento conoscitivo, formativo e decisionale per il buon andamento della Casa e come verifica del percorso delle mamme e dei bambini. Al Coordinamento partecipano le Operatrici professionali.

Il gruppo potrà avvalersi anche di una supervisione da parte del Consultorio diocesano S.Maria Mater Domini ed anche di professionisti esterni quale ulteriore verifica del lavoro dei familiari e degli operatrici. Ecco perché le decisioni determinate nel contesto del Coordinamento sono vincolanti anche per questi aspetti.

In caso di impedimenti, ogni familiare avrà cura di informarsi di quanto deciso in sua assenza.

 

Le operatrici professionali

  La gestione della Casa necessita anche di alcune caratteristiche professionali specifiche, accomunate con la capacità, esperienza, attitudine ad espletare anche tutte le mansioni normali nella vita di Casa.

Pertanto, nello spirito della Casa Famiglia, i familiari scelgono di avvalersi della collaborazione di un certo numero di operatrici, a orario da definirsi, che porteranno il proprio prezioso contributo professionale nell’individuazione-analisi delle situazioni e nelle proposte d’intervento nelle situazioni di difficoltà e di disagio in sintonia con l’impostazione responsabile dei familiari.

Ciò non dev’essere letto come una delega delle responsabilità e compiti dei familiari, ma come un’integrazione tra esperienza di vita e professionalità.

A loro volta, le operatrici potranno avvalersi delle esperienze di vita dei coniugi e dei familiari. Non agiscono autonomamente ma sempre d’intesa con i familiari.

Tutte le iniziative sono concordate negli specifici incontri previsti con i familiari, in emergenza, con il Coordinatore che nei casi previsti si farà autorizzare dal Presidente e dal Delegato patriarcale.

Anche le operatrici, pur nella condizione di lavoratori dipendenti, devono uniformare il loro comportamento alle caratteristiche della Casa adottando un atteggiamento, con le persone ospiti e con i familiari, espressivo di un rapporto d’amore.

 

i volontari e le altre persone che lavorano in Casa

Dei volontari abbiamo già scritto in questo contesto. Particolare attenzione è posta nella scelta di persone che, a qualsiasi titolo, di giorno o di notte, svolgono una qualche attività in Casa.

Pertanto, sono ammesse le persone – anche volontari – conosciute dai familiari e adeguatamente presentate. Le decisioni sulle candidature proposte sono assunte dalla comunità dei familiari.

 

Le mamme e i bambini

Riassumiamo quanto detto sopra: le mamme e i bambini sono persone provate e spesso ferite, che nella Casa trovano – lo speriamo, lo vogliamo con tutto il cuore -  la possibilità di riscoprire la propria dignità umana di figli di Dio.

Sono persone da incontrare come misteriosa presenza del Signore che, nella quotidianità e fuori dai consueti  nostri recinti, ci interpella.

E’ proprio sulle Mamme e i Bambini che il Signore indugia e si piega.  

 

OBIETTIVI DI CASA FAMIGLIA

 

Gli obiettivi di Casa Famiglia sono così descritti  nell’art. 2 dello Statuto:

a)       “L'accoglienza delle giovani e delle donne in difficoltà, con speciale riguardo e alle gestanti e alle madri nubili e madri separate con un figlio minore a carico.

b)       La proposta di una visione di vita umana nei suoi molteplici aspetti, con attenzione alla cura e all'educazione dei propri figli, per i quali viene anche offerto il sussidio di un Asilo Nido all'interno dell'Opera stessa.

c)       La preparazione di queste giovani ad una nuova vita autonoma, orientandole al conseguimento di un titolo di studio e ad un impegno di lavoro, in vista di una adeguata presenza nella vita sociale".

  In concreto, vengono accolte in Casa Famiglia donne in gravidanza e donne con figlio minore, in situazioni di disagio sia psicologico che materiale, che possono essere  segnalate anche dai Servizi Sociali e da altri Enti riconosciuti, situazioni caratterizzate da una femminilità e da una maternità a disagio e spesso in qualche modo ferite, e comunque a grave rischio.

Tale storia personale viene assunta pienamente e amorevolmente dai familiari, dalle operatrici e dai volontari con grande attenzione e rispetto, in quanto carica di complessità e segnata da profonde sofferenze che non sempre sono quelle immediatamente visibili.

  In quest’ottica Casa Famiglia vuole essere:

  1.       il luogo dell’accoglienza, del rifugio, dell’ascolto, della tenerezza nuziale e materna e paterna vissuta nella quotidianità;

  2.       il luogo del recupero dei nodi problematici e della ricollocazione nella storia per la rigenerazione e ricostruzione della persona;

  3.       il luogo in cui si stende il “progetto personale”, fatto anche d’intesa con i servizi invianti e sempre condiviso dalla persona interessata. Ciò avviene in seguito alla individuazione di risorse sociali, culturali, economiche e, soprattutto, in seguito alla scoperta e valorizzazione delle potenzialità personali delle mamme e dei bambini.

  4.       il luogo, dunque, dove le persone sono aiutate a fare continua chiarezza dentro di sé e ad impegnarsi alla progressiva attuazione del “progetto personale”, puntando con speranza ad un graduale “cambiamento” verso la riappropriazione della dignità, fiducia, stima e verso la riscoperta di essere ormai in grado di educare i propri figli.

  5.       il luogo, di conseguenza, dove deve apparire fondante la “dimensione” della tutela e della promozione della persona, ma soprattutto quella educatvo-formativa delle mamme e dei loro bambini, le quali più precisamente scopriranno di trovarsi impegnate su un duplice fronte: auto-educativo ed etero-educativo in quanto mamme.

I valori fondamentali della vita e della genitorialità responsabile e l’essenzialità della quotidianità saranno, pertanto, l’obiettivo educativo principale. Il bambino, dunque, in Casa Famiglia, insieme con la sua mamma, è la persona su cui si riverserà tutta l’attenzione d’amore. 

  6.       Il luogo dove scoprire, nel rapporto quotidiano con la realtà di Casa Famiglia (persone e ambienti), quell’amore e quell’attenzione necessari per acquistare sicurezza e fiducia in se stesse e nei confronti degli altri, prendendo coscienza della propria dignità di persone capaci di intessere relazioni interpersonali e sociali anche e soprattutto in vista del momento dell’uscita dalla Casa.

  7.       Il luogo, infine, nel quale tutto e tutti sono impegnati ad aiutare le mamme al raggiungimento della piena autonomia personale e al reinserimento sociale, che si concretizza in un lavoro e in una soluzione abitativa: il sogno delle mamme non può essere che quello di uscire presto dalla Casa Famiglia.  

IL METODO

  Le  mamme  ed  i  bambini,  presenti  in  Casa  Famiglia S.Pio X, costituiscono un fatto evangelico: sono compagni di viaggio in qualche modo trovati, incontrati, sono di più un “dono” gratuito del Signore.

I familiari, le operatrici e i volontari cercheranno di costruire tutta la loro azione su una serie di atteggiamenti segnati  dalla gratuità e dal pieno accoglimento della persona.

Al centro è posta la dimensione della relazione, la cui qualità traspare dal livello di fiducia,  di confidenza, di libertà comunicativa ed espressiva, dal desiderio condiviso di progettualità, ma soprattutto dal rispetto e dalla capacità di ascolto dell’altro.

  Dev’essere messa in atto una sorta di tensione e attesa paziente per i ritmi di crescita delle persone, di per sè “diverse”, che non vengono meno neanche quando si rendono necessari interventi di tipo direttivo-correttivo oppure proposte, suggerimenti, consigli, nella ricerca costante di scoprire e portare alla luce il meglio dell’altro.

  Elemento essenziale della relazione è la reciprocità, nella quale ognuno esige di manifestarsi con libertà anche per quanto riguarda i tempi, le modalità, l’intensità, ma che non deve in alcun modo dar luogo alla confusione o alla minimizzazione dei ruoli distinti che le persone rivestono per il bene di Casa Famiglia. I familiari, pertanto, svolgono un ruolo essenziale perché, avvalendosi dell’aiuto e della competenza delle operatrici, devono gestire la Casa come gruppo forte, coeso e omogeneo.

Il lavoro della Casa è improntato sullo sviluppo del “progetto Casa Famiglia” inteso in termini più generali e, più specificatamente, sul “progetto personale” che è la formulazione di un percorso possibile e concretamente attuabile per la mamma ed il suo bambino.

Alcune considerazioni sui metodi relativi a questi progetti sono state, in parte, precedentemente specificate e saranno ulteriormente sviluppate e riprese nei punti successivi.  Non è fatta nessuna discriminazione religiosa, etnica, razziale.

  I primi elementi richiesti sono il rispetto delle norme che regolano Casa Famiglia (v. “Regolamento”) e l’impegno di vivere un’esperienza che prevede momenti in comune. Concretamente il metodo è costituito da un approccio rispettoso e promovente nei confronti delle mamme e dei bambini, che non devono subire imposizioni ingiustificate ma condividere le decisioni, accogliere i suggerimenti. Nei rapporti interpersonali l’approccio, pertanto, sarà sereno, mai mortificante, con i bambini sarà sempre promovente e gioioso. Se ci sono dei comportamenti da correggere, è necessario che i familiari e le operatrici intervengano sollecitamente senza delegare ad altri il compito; con modi fermi ma rispettosi; collegialmente, se riguarda più persone presenti, o singolarmente. Si deve far percepire che non c’è malanimo, né espressione di mero autoritarismo. Non prescindendo, comunque, dalla capacità di ascolto e di osservazione e dall’informazione preventiva per valutare correttamente il problema specifico di quel momento, per evitare errori di valutazione che in alcuni casi potrebbero rivelarsi non positivi o dirompenti.

  Il tema del metodo è, ovviamente, la parte più difficile.

E’ la continua “scommessa” di Casa Famiglia dove il raggiungimento degli obiettivi, secondo le modalità proprie della Casa, può realizzarsi soltanto con l’apporto di tutte le persone coinvolte: familiari, operatrici, volontari, mamme e bambini.

Tra le persone ci deve essere un interscambio continuo di informazioni ed esperienze che, utilizzando il meglio delle componenti – familiari ed operatrici –, nell’apprezzamento e nell’ascolto vicendevoli, senza sclerotizzazioni nei ruoli, ispiri e attui gli interventi via via necessari con tempestività ed efficacia.

  In particolare, i familiari tenderanno a stabilire con le mamme ed i bambini un rapporto di condivisione familiare, di reciproca e sincera accettazione, stima e fiducia anche nella corresponsabilità dello svolgersi della vita della casa.

Questo si realizza anche promovendo momenti di incontro nella casa, concretizzando la disponibilità all’ascolto, all’accoglienza, facilitando l’inserimento nel tessuto sociale, nel rispetto delle diversità e dei progetti educativi individuali, testimoniando lo stile cristiano di “famiglia aperta”.

La “buona novella dell’Amore di Dio per il suo popolo” si esprime, infatti, mediante il comportamento concreto di tutti.

La gestione giornaliera della Casa e delle sue risorse è improntata sui principi di una corretta economia domestica, che prevede la collaborazione educante anche delle mamme.

In questo contesto, è bene che l’utilizzo delle risorse “alimentari” sia commisurato ad una sana crescita in relazione alle future disponibilità delle singole mamme.

L’attività lavorativa delle mamme dovrà gradualmente responsabilizzarle nella gestione dei propri figli e della Casa, anche negli aspetti dell’economia.

Il tempo di presenza in Casa delle mamme non sia vuoto ma destinato alla acquisizione di capacità lavorative e di socializzazione in funzione di un’autonomia futura.  

All'indice

LA STORIA: IL 26 MAGGIO 1999 IL PATRIARCA MARCO CÈ AFFIDA  CASA FAMIGLIA AGLI SPOSI

    «Io credo che la strada qui intrapresa da voi sia la “strada giusta”, quella cioè di far crescere all’interno della stessa nostra Diocesi una presenza che sostenga questa Casa. Questo mi pare un punto di arrivo molto importante. Ed è una strada, un sentiero bene avviato».

    «Secondo me adesso “la pastorale coniugale e familiare” dovrà continuare ad insistere perché questa realtà sia sentita proprio così.

E’ un punto di arrivo, quindi, ma anche una strada aperta, perché è un lavoro che andrà programmato: per crescere sia nella solidarietà sia nell’aiuto.

La diocesi certo non può fare tutto. Ma, secondo me, l’esser arrivati a questo punto, rivela che non è difficile.

Occorre però un’opera di sensibilizzazione, perché si maturi e si diffonda questa mentalità».  

  «Affiancare anche concretamente famiglie in difficoltà è importante, è una grande ricchezza.

Io vi sono molto grato di questo, perché sono convinto che oggi è un “segno”. Pensiamo al disastro che sta facendo questa guerra nella vicina ex Jugoslavia, non soltanto per quello che distrugge e per le vittime che fa, ma per la voragine di odio che sta scavando. Ci vorranno secoli per poter ricuperare la pace.

In questo momento per me quanto stiamo vivendo qui è un segno forte, un segno certamente di pace. Mentre là si distruggono delle vite, qui si raccolgono le vite e si salvano. E’ arrivato il buon samaritano sulla strada, egli si piega e raccoglie. Mentre là le vite si distruggono, qui le vite si raccolgono con amore».

  «E, allora, la mia spinta  è proprio quella di approfondire “i motivi spirituali”.

So che allo spirituale corrisponde sempre il “materiale”. So che c’è una dimensione concreta. Ma questo deve diventare un luogo rigeneratore della vita della Chiesa.

Allora, dev’essere il Vangelo che genera tutta questa realtà. Il Vangelo è la radice che genera la pianta, una pianta che porterà tutti i suoi frutti. Vediamo la comunità apostolica: è una comunità di carattere spirituale, ma anche una comunità che genera una cultura nuova anche nella convivenza civile, a partire dalla Parola di Dio, a partire dalla comunione e dalla frazione del pane nell’Eucaristia e a partire dall’amore fraterno.

Allora, per me questa Casa può diventare un luogo simbolico, ma non nel senso puramente idealistico, bensì un luogo che è una realtà fatta di persone concrete, con le loro qualità e i loro difetti, una realtà vera, ma che però è anche il simbolo di un'umanità che vuole rigenerarsi, che vuol riprendere a camminare».

  «E, quindi, la nostra comunità cristiana deve amare Casa Famiglia S. Pio X.

Il nostro sforzo è di deprivatizzarla questa Casa.

Vi dico questo perché c’è stata una storia per questa Casa. Voi sapete che si incomincia a parlarne pubblicamente solo da pochi anni. Una volta io ne ho parlato a S. Marco, ho destato stupore. Poi ne ho parlato anche alla Festa del Redentore proprio qui alla Giudecca. Nell’omelia, in questa circostanza, qualche anno fa ho parlato di tre cose: del carcere, di questa Casa, e delle monache Clarisse.

Ecco, per me questo è un cammino da continuare!

Che ci sia anche questa realtà, molto concreta, molto umana, dove una creatura nasce, che avrebbe anche non potuto nascere. Si gioisce. Questa è una grande cosa. Questo è un grande “segno”.

Giustamente abbiamo prima pregato per la pace. Ma pure questo è un grande segno di pace!».

  «Allora, non mi resta adesso che dirvi grazie.

Ma voglio dirvi ancora due cose: la prima, sono contento che questa Casa abbia trovato il suo sbocco, è l’inizio di un cammino che deve crescere, dobbiamo farlo crescere e deve crescere in una condivisione sempre più larga, e sempre più sentita, ma bisognerà sempre di più sollecitarla. Comunque, secondo me questa è una strada: siccome “la coppia e la famiglia” si manifestano nella vita concreta, questo è un segno della verità, di quello che è il cuore generatore di una spiritualità autenticamente cristiana per una vita umana “nuova”.

Detto questo, vi dico grazie perché so che questa Casa poteva anche chiudersi, invece grazie a voi continua. Vi ringrazio personalmente e anche a nome della nostra Chiesa».

«Ci terrei proprio che questa Casa continuasse e crescesse. Per me questa è un’eredità che io sono contento di lasciare alla gente di Venezia, a questa Chiesa.

Grazie per l’amore che avete voluto a questa Casa. per l’amore che avete voluto a Giulia e alla sua mamma. Grazie per l’interpretazione che avete voluto dare a questa bella notizia.

Sapete che il Vangelo è la bella notizia. E sapete che il Vangelo diventa Vangelo quando diventa concreto. Oggi abbiamo goduto di una bella notizia: è nata Giulia, è nata in un contesto di amore.

Ringraziamo insieme il Signore!».

 All'indice

LA STORIA:  GLI SPOSI AVEVANO GIÁ DICHIARATO AL PATRIARCA LA LORO DISPONIBILITÀ

 

Un gruppo di sposi, dopo oltre un anno di un percorso e di servizio alla Giudecca, annuncia al Patriarca, per la sua approvazione, di essere disponibile ad assumere la responsabilità della Casa Famiglia S. Pio X.

 

Il gruppo, che praticamente gestisce da oltre un anno Casa Famiglia S. Pio X alla Giudecca, è formato da sette coppie di sposi, provenienti da alcune parrocchie della nostra diocesi: Antonia e Mario Spezzamonte dei Frari; Olga e Gianni Belloni di S. Elena; Anna e Libero Majer di S.Trovaso e della Comm. pastorale sposi e famiglia; Luciana e Gianni Michieli di S. M. Elisabetta del Lido; Gina e Pietro Martinengo di Carpenedo e della Comm. pastorale sposi e famiglia; Rina e Sergio Trevisanello dell’Angelo Raffaele; Maria e Sandro Sibilla di S. Elena. Don Silvio Zardon è in rappresentanza del Patriarca in quanto responsabile di questa pastorale diocesana degli sposi e della famiglia.

  Per la prima volta, nella sua storia, potrebbe essere affidata a degli sposi la responsabilità di questa Casa.

Quando, due anni fa, don Giovanni Nicolini annunciò al Patriarca, card. Marco C’è, che le Consacrate di Sanmartini, dopo otto anni di preziosissimo servizio, dovevano rientrare per assumere, per invito di quell’Arcivescovo, un nuovo servizio nella diocesi di Bologna, ci siamo proposti di proseguire il cammino della comunità di don Nicolini, cioè, far partecipi dell’esperienza familiare le mamme e i loro bimbi ospiti nella Casa della Giudecca. Questa finalità, ci siamo sempre detti, è secondo i disegni dello Spirito.

E questo fine chi lo potrà garantire meglio di una coppia di sposi?, ci siamo chiesti.

Per la verità, allora ci auguravamo di poter scoprire - sempre in fedeltà al Signore e magari nell’ambito della stessa nostra diocesi - una o due coppie di sposi cui affidare direttamente questo “servizio”.

Potemmo allora contattare seriamente almeno sei coppie in poco tempo. Ma la cosa si è rivelata di difficile concretizzazione, almeno per ora. Però, le difficoltà non ci hanno scoraggiato.

  Ed oggi, sette coppie di sposi, dopo oltre un anno di personale, e non sempre facile esperienza all’interno della Casa, di condivisione e di preghiera, con semplicità annunciano al Patriarca, per la sua approvazione, di essere disponibili ad assolvere la responsabilità della Casa Famiglia.

La responsabilità del gruppo degli sposi abbraccia tutti gli aspetti della vita della Casa: formativi, educativi, umani, religiosi e gestionali; in ordine, quindi, alle sue finalità generali e alla realizzazione del clima e dello stile di famiglia, nel quale accogliere e far vivere, promuovere e maturare le ospiti e i loro bambini.

Questi sposi stanno via via maturando la convinzione di muoversi proprio nell’esperienza del dono del Signore, che è il loro amore coniugale, consacrato e vissuto nel sacramento del Matrimonio nell’ambito della loro famiglia e della comunità ecclesiale e civile. La logica del dono fa aprire la propria casa ad altre famiglie, alle situazioni di sofferenza personali e familiari, che richiedono l’attenzione del loro amore.

Il loro impegno in questo “luogo” del Signore - qui, lo dice sempre il Patriarca, c’è la presenza del Signore nel volto delle mamme e dei figlioli, come nell’Eucaristia e nella Parola spesso celebrate nella Cappella, cuore sempre di questa Casa - è fare sì che “la coppia degli sposi sia sempre di più la sua realtà nuova educante e edificante”.

  In realtà, il loro intento è che la guida di Casa Famiglia si realizzi sempre più a “dimensione ecclesiale”, in cui le “coppie di sposi” dovranno avere la loro responsabilità peculiare, ma svolta possibilmente nell’incontro, nel confronto e nella collaborazione con i diversi “carismi” dello Spirito sotto lo stesso tetto. Ciò è più di un semplice auspicio già da ora. C’è da ringraziare lo Spirito del Padre e del Figlio.

  Il gruppo degli sposi ravvisa la necessità di avvalersi di “competenze professionali”,

soprattutto per l’esercizio dei suoi compiti educativi e per i necessari rapporti tecnico-amministrativi con i responsabili degli Enti pubblici, i quali chiedano, come spesso avviene, le prestazioni della nostra Casa.

Provvede per questi scopi con le collaboratrici: Avagliano Loredana, Spinola Simonetta, Gioia Greifenberg.

Così lo stesso gruppo degli sposi costituisce un’équipe, formata anzitutto da suoi membri: Olga Belloni, Anna Majer e Piero Martinengo, e dalle tre nominate collaboratrici e ne affida la direzione a Olga Belloni. All’équipe il gruppo delega l’attuazione operativa delle finalità, e delle scelte educative e gestionali.

Per il gruppo il Consiglio d’Amministrazione, presieduto da Mario Spezzamonte provvede, secondo lo Statuto, agli aspetti amministrativi.

Inoltre, la nostra Casa può contare anche sui servizi di un gruppo di volontari e sull’apporto della competenza del Consultorio diocesano S. Maria Mater Domini.

Infine, questi sposi, aperti agli apporti di altri carismi ecclesiali e di competenze professionali, si propongono di perseguire, “in rappresentanza della nostra Chiesa Locale” e in continuità con l’esperienza della Comunità di don Giovanni Nicolini e sempre secondo lo Statuto, le finalità della Casa Famiglia S. Pio X.

  Qualche nota di carattere economico-amministrativa.

La Casa è proprietaria solo dell’immobile, non ha alcun reddito, vive del buon cuore della gente.

Da qualche anno si svolge un programma di sensibilizzazione presso le parrocchie, soprattutto in occasione della Festa della Famiglia l’ultima domenica di gennaio in S.Marco.

Una buona cerchia di amici periodicamente dona alla Casa  aiuti per l’ordinaria amministrazione. L’edificio ha bisogno di urgenti interventi straordinari. La situazione può diventare critica. Intanto, stiamo operando diligentemente perché gli Enti pubblici, che ci chiedono delle prestazioni, siano solleciti ai versamenti delle rette convenute. E, allora, la Casa confida nell’attenzione concreta della  Chiesa diocesana.                                                                                                         

In questo contesto, è stato costituito il “Fondo Casa-lavoro”, a favore delle ospiti di Casa Famiglia. Finora ha raggiunto la cifra di 80 milioni di entrate, donate da un buon numero di famiglie della nostra Chiesa. Le uscite sono state più di 70 milioni. Così sono stati finanziati 12 progetti a vantaggio delle ospiti uscite a conclusione del percorso proposto loro all’interno della nostra Casa con l’aiuto del Centro S. M. Mater Domini. Il maggior onere è stato per gli affitti; ma buoni contributi alle ospiti sono stati elargiti anche per sostenere le spese di partecipazione a corsi di formazione al lavoro.  

All'indice

IL”SEGRETO” DI QUESTA FAMIGLIA

don Giovanni Nicolini

Il criterio che guida queste considerazioni è il nome della Casa alla Giudecca: Casa Famiglia. L’attenzione va dunque portata sulla parola Famiglia, confidando che la riscoperta e la proposta del volto e della vita della Famiglia sia l’ipotesi più forte e più efficace per venire incontro ai problemi e alle speranze non solo della Casa della Giudecca ma della nostra società in generale.

Il segreto di questa “famiglia” della Giudecca, che per la grande diversità di origine, cultura, pensiero, storia e sensibilità di coloro che la compongono, potrebbe sembrare razionalmente impossibile, è l’ascolto orante e l’umile atteggiamento di conversione personale attraverso l’assidua e amorosa meditazione della Parola del Signore e attraverso la centralità assegnata alla celebrazione quotidiana dei Santi Misteri da parte delle sorelle-madri.

 Le fatiche, le paure, le fughe e tutte le debolezze delle nostre giovani sorelle che ci chiedono di essere ospitate saranno affrontate con vera esperienza e competenza proprio perché le sorelle e madri, che le accolgono, saranno consapevoli di essere loro stesse per prime bisognose di perdono, di salvezza, di illuminazione e di forza e accoglieranno le giovani e i loro bambini in un cuore consapevole di essere ogni giorno gratuitamente visitato e salvato dall’amore di Dio.

 Il centro, il cuore della vita della Casa è necessariamente la Mensa, che per le sorelle-madri è il fiorire e il dilatarsi della Mensa Eucaristica e per tutti, adulti e bambini, è la celebrazione forte di quel “pasto” preparato perché ognuno possa esservi accolto per il riposo e il rinnovamento della sua vita.

Il cibo di quella Mensa esprime la sapienza che guida la Casa Famiglia ed è segno di una comunione fraterna che sempre tende ad essere comunione di beni. Ad essa ognuno darà il suo prezioso apporto o con il suo lavoro in Casa o con il segno prezioso della sua piccolezza o della sua infermità.

Nel grande pellegrinaggio della vita è giusto pensare che per diverse persone che passano per qualche tempo attraverso la vita e l’affetto della nostra Casa, sia poi desiderabile e vero un cammino più personale e più adatto ai doni ricevuti: sarà importante sperare che il vincolo di comunione stabilito dalla permanenza alla Giudecca nel cuore delle persone resti come memorie preziose e grate e come possibilità permanente per trovare riparo e riposo in ogni momento e in ogni prova.

La tenda è piazzata in mezzo alle altre, e la Casa è situata tra le altre case e nel cuore della splendente e santa Chiesa di Venezia. Questa Casa ha sue note di povertà e ricchezza che ne fanno un luogo di attenzione privilegiata tra le altre case, insieme ad ogni altro ambito ove il Signore faccia fiorire con particolare esuberanza il segno della sua passione d’amore e l’annuncio della nuova familiarità universale creta dalla sua Pasqua.

Per questo la Casa vivrà un suo costante affidamento a Maria sia per il Mistero di una Visita portata ad altri cuori e ad altri luoghi per comunicare il dono ricevuto.

 All'indice

LO  S T A T U T O

Art. 1.     Nel Patriarcato di Venezia, in base ai Canoni nn. 114 e 116 del Diritto Canonico è istitutita in persona giuridica, con finalità di religione, l’Opera “Istituto Casa – Famiglia S. Pio X°”, con sede in Venezia, Giudecca n. 668.

Detta Opera ottenne il riconoscimento civile con decreto del Presidente della Repubblica n. 693 in data 20 giugno 1961, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 3 agosto 1961.

Art. 2.      Scopo dell’Opera è:

a)       l’accoglienza delle giovani e delle donne in difficoltà, con speciale riguardo a quelle gestanti, madri nubili e madri separate.

b)       La proposta di una visione cristiana di vita nei suoi molteplici aspetti, con attenzione alla cura e all’educazione dei propri figli, per i quali viene anche offerto il sussidio di un Asilo Nido all’interno dell’Opera stessa.

c)       La preparazione di queste giovani ad una nuova vita autonoma, orientandole al conseguimento di un titolo di studio e ad un impegno di lavoro, in vista di una adeguata presenza nella vita sociale.

Art. 3      Il Patrimonio iniziale dell’Ente è costituito della somma di L. 1.000.000 (un milione) (titoli di Stato rendita 5%) depositata presso l’Ufficio Amministrativo Diocesano, con rendita annua di L. 50.000 (Cinquantamila).

Art. 4      Per i fini suaccennati, l’Ente raccoglie offerte, accetta sovvenzioni, elemosine, donazioni di eredità, sempre in dipendenza dalla Autorità Ecclesiastica ed in conformità alle Leggi civili.

Art. 5.     In caso di cessazione dell’Ente, per qualsiasi motivo, il patrimonio passerà al Seminario Patriarcale di Venezia o ad altro Ente che abbia finalità analoghe, secondo il prudente giudizio dell’Ordinario, sentito il parere delle persone preposte all’Opera.

Art. 6.      L’Ente è retto da un Consiglio di Amministrazione il cui Presidente è nominato dall’Ordinario Diocesano.

Art. 7.     Il Presidente ha la rappresentanza giuridica dell’Ente a tutti gli effetti.

Art. 8.     Con il Presidente formano il Consiglio di Amministrazione quattro Consiglieri nominati dall’Ordinario Diocesano su proposta del Presidente stesso, tre dei quali sono scelti tra coloro che si dedicano all’attività dell’Opera, il quarto al di fuori dei membri dell’Opera stessa. Il Presidente e i Consiglieri restano in carica tre anni e possono essere riconfermati.

Art. 9.      L’esercizio finanziario ha inizio il 1° gennaio e termina il 31 dicembre, ed il Consiglio presenta annualmente all’Ordinario, con la relazione morale dell’Opera, il bilancio consuntivo, entro il 31 marzo, con i relativi allegati, a norma del Codice di Diritto Canonico, e il bilancio preventivo entro il mese di ottobre.

Art. 10.   Per quanto non espressamente previsto nel presente Statuto, si applicano le norme canoniche e civili per gli Enti di Culto.  

Venezia, 14 aprile 1986

                                                                                    MARCO Card. CE’

                                                                                            Patriarca

 All'indice

IL FONDO CASA-LAVORO

Il progetto

Tra i gravi problemi che spesso impediscono di iniziare un percorso di autonomia fuori da Casa Famiglia, anche quando ne sono maturati i presupposti personali, è rilevante quello della difficoltà di reperire una casa e sostenere il costo di affitti molto elevati da parte delle ospiti.

La Commissione per la Pastorale degli Sposi e della Famiglia della Diocesi di Venezia ha promosso l’iniziativa “Mettere un posto in più a tavola” volta alla costituzione di un fondo da utilizzare ad integrazione temporanea delle spese che le ospiti si troveranno ad affrontare.

Tale iniziativa, per il momento limitata all’esercizio 1995, non vuole essere un intervento di tipo meramente assistenzialistico, quanto educativo, poiché si prefigge di promuovere l’inserimento sociale delle ospiti che dovranno comunque attivare le loro risorse e competenze per rendersi totalmente autonome.

I destinatari

Sono ospiti di Casa Famiglia per le quali sia stata valutata l’opportunità di uscire dalla comunità e, nello stesso tempo, la necessità di un contributo - spese ad integrazione del reddito derivante da un’attività lavorativa.

La valutazione deve essere effettuata dai responsabili della Casa e dai servizi sociali territoriali competenti insieme all’ospite.

Gli obiettivi

·       Fornire un sostegno economico utilizzabile per il pagamento dell’affitto.

·       Qualora se ne verificasse la necessità può essere previsto un contributo sia per la frequenza a corsi di formazione di base e professionale sia un servizio di assistenza per i figli (baby–sitter, asili nido, ecc.) per permettere maggior tranquillità e libertà nel lavoro.

Modalità e tempi

·     Il sostegno economico deve essere considerato solo uno degli strumenti da utilizzare in un progetto volto a promuovere in modo globale l’autonomia personale e la responsabilizzazione per questo deve essere personalizzato a seconda della specifica situazione e non deve sostituire altre fonti di assistenza che le ospiti potrebbero comunque avere in base ai piani sociali.

Ha una valenza educativa nel momento in cui si prevede una durata definita nel tempo (massimo un anno) e momenti di verifica trimestrali.

Qualora venissero a mutare le condizioni di necessità, di impegno o possibilità della destinataria, l’erogazione verrà interrotta o modificata.

·     Responsabili della realizzazione del progetto sono, oltre alla diretta interessata:

à     i Responsabili di Casa Famiglia

à     Gli operatori dei servizi sociali territoriali competenti per la situazione che, in base agli elementi da loro rilevati, dovranno valutare l’esistenza delle condizioni necessarie per avviare il progetto e procedere alle verifiche periodiche da documentare tramite relazioni.

    La coordinazione del progetto prevede anche la partecipazione di una o più coppie della Commissione Diocesana nominate dalla Commissione stessa che, oltre ad impegnarsi nel dare continuità all’iniziativa, si fanno carico dell’amministrazione del fondo e, insieme ai responsabili della Casa, della gestione del rapporto con i proprietari degli immobili presi in affitto (valutazione delle condizioni d’affitto, delle caratteristiche dei locali, ecc.).

   à     Strumento fondamentale per l’attuazione del progetto è la stesura di un documento nel quale devono essere formulate con chiarezza le competenze e gli impegni che le persone coinvolte andranno a sottoscrivere.

  Informazioni

Il Consiglio d’Amministrazione di Casa Famiglia e la Commissione Diocesana per la Pastorale degli Sposi e della Famiglia verranno informati sull’utilizzo del fondo, senza entrare nello specifico delle singole situazioni.

Note informative sull’utilizzo del fondo verranno periodicamente inviate anche ai singoli finanziatori.

   All'indice

LA STRUTTURA DI CASA FAMIGLIA

 

Il Presidente.

Il Presidente, come da Statuto, è nominato dal Patriarca di Venezia ed ha la rappresentanza giuridico-legale a tutti gli effetti dell’Istituto Casa Famiglia S.Pio X con annesso l'Asilo Nido.

Al Presidente spettano la firma e la rappresentanza legale dell’Istituto di fronte ai terzi ed in giudizio.

Il Presidente è sempre coinvolto negli atti di straordinaria amministrazione come ad esempio: le spese non ordinarie, le assunzioni degli operatori ed il loro trattamento, le misure di sicurezza ed i pericoli di infortunio, le richieste di accoglienza urgenti, la tutela dell’immobile, ecc.

Il Presidente può delegare, nei limiti di legge, alcune funzioni proprie, previo assenso della Comunità dei Familiari.

Il Presidente dura in carica tre anni e può essere riconfermato.

Il Presidente è operativamente impegnato in Casa Famiglia, nello spirito della Comunità dei Familiari.

 

Il Delegato patriarcale.

Il Delegato patriarcale rappresenta il Patriarca di Venezia.

É, in concreto, il padre spirituale della Casa.

Può essere punto di riferimento per tutte le persone che in essa vivono e operano e per coloro che -  provenienti dalle parrocchie o dai movimenti ecclesiali  -, vogliano conoscere questa realtà e collaborarvi. 

Egli interviene negli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione della Casa.

 

Il Responsabile di Casa Famiglia.

Il Responsabile è nominato dal Patriarca su proposta della Comunità dei Familiari di cui è parte integrante.

Il Responsabile rappresenta Casa Famiglia nei confronti dei Servizi invianti e degli Enti pubblici con cui Casa Famiglia si relaziona.

Il Responsabile deve essere sempre coinvolto anche negli atti di straordinaria amministrazione.

Segue le nuove leggi che in qualche modo possono riguardare l’attività della Casa, mantenendola, in questo senso, sempre aggiornata.

Il Responsabile supervisiona il lavoro dei Coordinatori, coordina il lavoro delle operatrici, rappresenta nei confronti di queste ultime la Comunità dei Familiari; è punto di riferimento delle ospiti  per gli aspetti educativi, verifica i “progetti personali” delle mamme relazionandone la Comunità dei familiari.

Il Responsabile, d’intesa con la Comunità dei Familiari ed il Presidente, può delegare parte degli incarichi sopra descritti.   

 

Le Operatrici professional i

guidate da Paola FATTOR CADAMURO (vedi)

 

Coordinatori di attività.

Nella lunga esperienza di Casa Famiglia, si è giunti a precisare alcune attività, sulle quali  si impernia la continuità e l’organizzazione della vita stessa di chi abita e opera nella Casa. Così che a queste attività o servizi “permanenti” è necessario preporre dei Coordinatori.

I Coordinatori, pertanto, delle attività sono espressi dalla Comunità dei Familiari ed hanno un ruolo ed un incarico operativo.

Il Coordinatore di attività risponde in prima battuta al Responsabile e successivamente alla Comunità dei Familiari.Il ruolo di Coordinatore di attività è individuato per rendere più snella la struttura e l’operatività di Casa Famiglia.

Le Operatrici potranno essere nominate Coordinatore di attività.

Il compito del Coordinatore di attività sarà innanzitutto quello di confrontarsi con il Responsabile, con gli altri Coordinatori, con le operatrici e con la Comunità dei Familiari affinché rimanga immutato il principio della corresponsabilità descritto nel paragrafo precedente.

Lo svolgimento del ruolo di Coordinatore di attività, quindi, sarà tanto più efficace quanto più questi saprà rapportarsi con tutti per arrivare ad uno slancio sinergico che miri alla perfetta organizzazione di Casa Famiglia.

I vari incarichi di Coordinatori di attività andranno, invece, considerati l’uno complementare all’altro, come intrecciati.

 

Le attività e i servizi permanenti, cui sono preposti i Coordinatori, sono per: la formulazione dei progetti educativi; la formazione dei Volontari e l’organizzazione del loro servizio; la cura e la manutenzione dell’immobile (struttura e suppellettili);  la circolazione delle “informazioni” tra i familiari; il provvedere e disporre dei i beni di prima necessità e di sostentamento; la prima “accoglienza” e “uscita” dalla Casa; la pulizia e l’igiene; la gestione del “fondo Casa-lavoro”.

 

La comunità dei familiari di Casa Famiglia è oggi così costituita:

Antonia e Mario SPEZZAMONTE, presidente; mons. Silvio ZARDON, responsabile della pastorale degli Sposi e della Famiglia, delegato patriarcale per Casa Famiglia; Pietro MARTINENGO, responsabile; Lidia e Francesco DONA’; Chiara FAZZINI; Anna e Libero MAJER; Luciana e Gianni MICHIELI; Dina e Bruno ROMANELLI; Paola e Roberto SCARPA; Maria Grazia SELLE; Rina e Sergio TREVISANELLO.

Paola FATTOR CADAMURO, A.S., responsabile dei percorsi educativi.         

  Venezia-Giudecca, 2005

 All'indice