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I colori del buio

Carmine

Plotone d'Esecuzione

Il Segreto del Mare

A mio padre

Ricordo

 

 

I Colori del  Buio


Un tocco lieve, quasi impercettibile, quasi come fosse la mano di un fantasma.
Michele si ritrae, per un attimo, poi i suoi muscoli si rilassano.
Un nugolo di ricordi, dolorosi, come aghi conficcati nella pelle, come piaghe sotto i piedi. 
I bimbi che ridono, che lo spingono e lui con le braccia protese in avanti, per cercare di difendersi da quelle voci.
Quando era piccolo non capiva. 
" Perché ? Perché fanno così ?. Quale è  il motivo della loro malvagità ?"
Interrogativi eterni, che si erano ripetuti per anni, e che diventarono via via più insistenti,  continui, terribili.
Lui non conosceva la luce.
Era nato cieco, in un mondo strano ma colorato. Era difficile a spiegarsi.
Lui il suo mondo lo vedeva, era quello esterno che gli era vietato.
Non sapeva cosa volesse dire "non vedere", per lui era naturale essere così.
E quando gli raccontarono del sole e delle stelle lui se li immaginò e li vide, sì, li vide perfettamente, e loro avevano la forma ed i colori che lui gli  aveva assegnato , ed ogni cosa era al suo posto.
Però la gente non capiva, e continuava a trattarlo come se fosse diverso.
Cosa voleva dire non avere la vista ?
Per lui voleva dire semplicemente non possedere uno strumento, utile sì, ma non necessario.
Se coloro che la possedevano erano come quei bimbi, che poi sarebbero diventati  ragazzi ed infine uomini, voleva dire che non serviva a maturare.
La sua vista erano le mani, così sensibili, ma  soprattutto lo era la sua mente.
Gli bastava sentire una voce per darle una forma, gli bastava un profumo per vedere un sentimento, gli bastava una mano per capire l'amore.
Cosa vi era di così diverso da tutti gli altri ?
Era poi così terribile non potere usare gli occhi ?
La risposta era "no", semplicemente.
Un altro tocco. Questa volta più lieve, dietro all'orecchio.
Ed i ricordi affioravano dallo stretto velo della mente.
Michele aveva viaggiato, aveva girato il mondo.
Era stato in mezzo a uomini e a donne disperate, aveva visto l'odore della guerra, aveva provato le carestie, aveva vissuto con tribù disperse nella foresta che vivono semplicemente di quelle poche cose che aveva dato loro la natura.
Però una cosa aveva intuito : con loro non si sentiva cieco, lui non era diverso , e soprattutto loro non lo trattavano da tale.
E qui Michele cominciò a capire.
Era la gente semplice che capiva ciò che lui provava , perché solo la gente semplice è capace di dare amore , amore vero.
 Loro erano esattamente come lui. Erano considerati diversi dall'umanità solamente perché alcuni avevano un colore diverso della pelle, o perché vivevano semplicemente di quello che la natura offriva a loro.
" E se tutti fossimo ciechi ? " pensava
" Sicuramente non esisterebbe razzismo, perché non vedendola la pelle diventa uguale per tutti. Le persone sarebbero più  felici perché nessuno sarebbe brutto, e gli specchi , finalmente, sarebbero aboliti... Come sarebbe bello questo mondo!".
Una mano ora, sulla sua.
E la mente tornò a quando trovò il paradiso.
Stava camminando quando inciampo` e cadde per terra.
Due braccia lo sollevarono delicatamente, ed un profumo pervase l'aria intorno a lui.
Era profumo di donna, non vi era dubbio , ma vi era qualcosa in più
- Ti sei fatto male ?-
Non era una voce qualsiasi. Le diede subito una forma, e capì che davanti a lui non vi era una persona qualunque, ma colei che lo avrebbe sorretto per tutta la sua vita , questa era la voce dell'amore.
E fu così. 
Stefania era dolce, e quello fu un momento incredibilmente magico anche per lei. 
Il destino aveva fatto scoccare la scintilla e ben presto i due sarebbero diventati amanti, fatti l'uno per l'altro.
E qui Michele cominciò a vedere veramente i colori. Stefania era sensibile, ed aveva un metodo molto particolare per fargli vedere la luce .
Il sole era Giallo, ed il giallo era un colore caldo, per cui faceva  toccare a Michele un oggetto caldo. La neve era bianca, ed il bianco era un colore freddo, per cui gli faceva toccare un cubetto di ghiaccio.
E quando facevano l'amore lei gli diceva che quello era il colore rosso, il colore della passione.
Il dolore era nero, e la felicità azzurra , la speranza era l'arcobaleno. 
Michele era entusiasta. Nessuno mai nella sua vita gli aveva mostrato così semplicemente ciò che , in teoria , lui non poteva vedere. 
Sì , in teoria , perché ora lui era veramente come tutti gli altri e ciò lo riempiva di gioia.
Fu così che , finalmente , Michele rivide tutto ciò che la natura gli aveva negato. E questo non per merito di medicine figlie della super scienza moderna, ma tramite l'amore e le cure di un altro essere umano.
Le mani ora si uniscono, e Michele e Stefania si appresteranno a fare all'amore in un giardino incantato pieno di fiori di mille e più colori...




Carmine


Quinto scaglione 1988.
Non scorderò mai questo anno così travagliato e soprattutto insignificante.
Ma non è dell'inutile servizio militare che vorrei parlarvi , ma della storia di un ragazzo che ho conosciuto tra le mura di una caserma . 
Carmine , nativo di Torre Annunziata . Un ragazzo duro ,con il coltello nascosto nella mimetica , un delinquente , a detta di tutti , ma soprattutto un uomo sfortunato che non ha avuto quelle possibilità che avrebbero potuto farlo diventare una persona con un'esistenza normale ...
Ebbene , la nostra storia inizia quel giorno di primavera in cui ci ritrovammo nella  infermeria dopo avere marcato visita.
Io ero armiere , per cui conoscevo tutti i soldati della caserma. E conoscevo pure lui. Mi incuteva timore , quel suo sguardo deciso , il fisico tozzo ma possente , quel suo dialetto napoletano che si faceva appena fatica a capire. Il nostro rapporto non era mai andato in là del fucile da consegnare o della maschera antigas da pulire , ma quel mattino in quella infermeria maleodorante  e asettica qualcosa nell'aria si accese. 
Me lo ritrovai di fianco , seduto su di una branda. Mi guardò ed io gli sorrisi 
- Meccariè (era il suo diminutivo) anche tu qui ? -
- Certo , stasera devo montare di guardia , ma non ne ho voglia... -
Sorrisi , avevo di già capito. Quello di marcare visita il giorno della guardia era un espediente valido ma se venivi sorpreso a barare...
Gli offrii una pasticca , forse alla menta , non ricordo bene , e allora lui fece un gesto che in quei mesi di buia caserma non gli avevo visto mai fare ; mi sorrise.
- Lo sai Pellò (così lui mi chiamava ) , tu sei un buono guaglione , non sei come gli altri. Tu mi hai sempre trattato come chiunque e non come un diverso . -
Io rimasi  allibito. 
- Beh , non vedo perché avrei dovuto ... - arrossii , perché purtroppo questa era una bugia. Io temevo quel ragazzo perché aveva la nomina di delinquente , ed io , almeno fino a quel giorno , lo ritenevo tale. E fu qui che la mia bocca si mosse in maniera inaspettata ...
- Dimmi, Meccariè , dimmi perché ti trattano così , qual è la tua storia , vuoi raccontarmela ? -
Fu così che in quel giorno buio e piovoso in quell'infermeria capii molte cose.
Carmine aveva la mia età , aveva una sorella e tre fratelli , tutti più piccoli.
Il padre era in galera da anni , per una rapina a mano armata finita male , e la madre si prostituiva.
Mi raccontò di quando lui era piccolo e suo padre aveva un lavoro presso una ditta meccanica di Napoli , e di quando sua madre aveva il tempo per prendersi cura di loro. 
Erano una famiglia normale , non certo ricca ma con una vita dignitosa. 
Ma il futuro si sarebbe rivelato un inferno , e così quando suo padre perse il lavoro per una "ristrutturazione" aziendale  le cose iniziarono a complicarsi. 
Prima il lavoro nero , sottopagato , poi la disperazione dei figli che non avevano nulla da mangiare poi quella rapina. 
Carmine parlava piano , e nei suoi occhi vi erano lacrime che avrebbero voluto uscire indisturbate , ma che la sua scorza non glielo avrebbero permesso. 
Io ascoltavo , ora annuivo , ora sorridevo , e mi rendevo sempre più conto di quanto stronza può essere la vita.
Carmine , che era il più grande dei fratelli all'età di soli nove anni cercò lavoro e fece di tutto pur di tirare avanti. Quando scoprì che la madre si prostituiva per dare da mangiare a tutti loro mi confessò che avrebbe voluto  ucciderla. Ma lei era solamente disperata. Una madre per i propri figli  è capace di farsi anche uccidere, e questa era ben peggio di una morte. 
- Beh , Pellò , tu pensi che io non abbia provato a campare onestamente ? Lo sai che c'è gente che aspetta proprio chi è disperato per mettergli un laccio al collo e tirare ?  Ho fatto di tutto , dal garzone al meccanico ,dal cameriere all'idraulico. Ma io era un "piccirillo" per cui il più delle volte non mi pagavano , o lo facevano imbrogliandomi e così ho chiesto aiuto alle persone sbagliate . Sapevo a cosa andavo incontro , ma cos'altro avrei potuto fare ? Voi qui , al nord , potete rivolgervi alla polizia , là se tu fai qualcosa del genere diventi cibo per cani . 
Ho cominciato a contrabbandare sigarette , a rubare , poi ho spacciato . Me ne vergogno , ho venduto la morte ad altri giovani come me ... - 
Giuro che in quei incredibili momenti passati in quell'infermeria io mi sentii una nullità . Pensavo ai miei genitori , alla macchina nuova , al piccolo appartamento e pensavo alla fortuna che avevo avuto e che fino a quel momento non avevo apprezzato fino in fondo .
Poi , come aveva cominciato , smise di parlare . Aveva detto tutto , si era svuotato di quel pesante fardello . 
Carmine ora era più sollevato . Mi guardava soddisfatto , molto probabilmente ero l'unico essere umano che lo aveva semplicemente ascoltato senza giudicare o appellarsi a  falsi moralismi .
Alla fine mi disse una frase che ora a distanza di quasi dieci anni ricordo ancora. 
- Pellò , se tu vieni a Napule , chiedi di Meccariello Carmine , ed io ti farò visitare la mia città volentieri . - 
Io annuii , con entusiasmo , ed in quel momento credetti veramente che ci sarebbe stato un futuro per entrambi. 
Un giorno arrivò il tenente con un elmetto ed una maschera antigas. Prima ancora che aprisse bocca avevo già capito di chi erano .
- Pelloni , tieni , questa è la roba di Meccariello. Non lo rivedrai , è stato arrestato ieri sera nel centro città ; stava rubando un'autoradio da una macchina. Lo giudicherà il tribunale militare , quel delinquente ! -
Rimasi a fissare quegli oggetti con sguardo vacuo . Vi giuro che avrei steso il tenente con un cazzotto.
" quel delinquente " aveva detto ,eppure anche lui era un uomo del Sud , avrebbe dovuto  capire...
Bene , qui finisce la mia storia. 
In questi anni ho pensato spesso a quelle parole che sono scorse tra quei muri. Io sono cambiato , molto , e sono sempre più convinto che le parole possano aiutare molto , e che , a volte , scorrendo liberamente possano salvare tutti i Carmine che vi sono nella nostra bella e disgraziata Italia.
  


Plotone d'Esecuzione


Il mio cuore ha accelerato i battiti , solo lievemente.
Non sento mancarmi il fiato , come pensavo che sarebbe successo.
Le mani legate dietro alla schiena si contorcono nel vano tentativo di liberarsi.
E loro ?
Eccoli là che mi scrutano.
Sono in nove, cinque in piedi e quattro accucciati.
Nove giovani , come me.
Nove uomini con lo stesso mio sguardo , lo sguardo di chi non ha scelta ed aspetta che il proprio destino si compia.
Li vedo , li vedo bene. Cercano di evitare i miei occhi .
Certo , anche loro sono uomini , e stanno eseguendo solamente un ordine , un comando. E` sottile la differenza che sta fra l'essere da questa parte con i fucili puntati addosso , e l'esserne dall'altra : è un nulla la differenza tra condannato e carnefice.

Tremo.

Sì , il mio corpo ha iniziato prima con un lieve fremito , ora con un tremito vero e proprio.
Pero` , io sento che sono ancora in me.
Mi sento tranquillo anche se so che da qui a pochi istanti la mia vita porrà la parola fine sulla sua ultima pagina.
E` triste pensare a ciò ora che sono ancora giovane , ma d'altronde la vita deve pure finire , o no ?
Ed e` sicuramente meglio che finisca in difesa di un ideale , piuttosto che per una lunga malattia.
Certo che e` piuttosto duro dovere pensare a certe cose per dare un senso a tutto ciò ,e per togliere il peso di questa fine così poco dignitosa.
Eccoli, hanno alzato i fucili , ora.
Posso vedere i buchi lucidi delle canne, il punto esatto da dove usciranno i proiettili che mi crivelleranno.
Chi mi colpirà al cuore ?
Lui , quel biondino con quello sguardo spaurito , o quello moro , alto , con aria dura e decisa ?
E chi mi colpirà alla testa ?
Il pallido ed emaciato posto alla mia sinistra , o il meticcio che sembra stare in piedi solamente per puro miracolo ?
Vedrò i proiettili arrivare , o saranno troppo veloci anche per i miei occhi ?
Il vento soffia impetuoso.
Non un rumore che non sia quello di uccelli lontani e degli ordini secchi del capitano che sta impartendo al piccolo plotone.
Ho chiesto , come ultimo desiderio , che non mi colpissero negli occhi, e loro mi hanno promesso che lì non mireranno. Non voglio che l'ultima immagine della mia vita sia un proiettile , ma voglio vedere cadendo per terra il blu immenso del cielo.
Sì , quel cielo che non mi ha mai dato tanto , ma che fino ad ora mi ha fatto respirare e vivere.
E Dio ?
No , lui non c'entra.
Dio non c'è , punto e basta.
Ecco , stanno caricando i fucili.
Ancora pochi attimi.
Ora cerco gli sguardi. Sono obbligati a guardarmi ed io li cerco , uno ad uno.
Lo vedete ?
State uccidendo un uomo , non in un campo di battaglia dove chi combatte è ad armi pari , ma un uomo davanti ad un muro sporco di sangue , un uomo immobilizzato.
Lo so , lo vedo dai vostri sguardi che mi capite ma che non avete scelta , ed infatti io non vi invidio.
Non vorrei mai trovarmi al vostro posto in un futuro...
Ah , "futuro" , e` incredibile che io possa formulare parole così quando vedo la clessidra della mia vita irrimediabilmente capovolta e ormai priva di tutti i granelli di sabbia.

La sciabola del capitano si e` alzata.

Il mio corpo continua a muoversi ed i miei muscoli si sono di già irrigiditi.
Sono forse già morto ?
No , sono vivo , e lo sarò ancora per pochi attimi.
Ma cosa sono gli attimi se non infinitesimi spezzoni della nostra vita ? E cosa è la vita se non un insieme spropositato di questi attimi ?
Vedo come al rallentatore la sciabola abbassarsi e sento finalmente , gli spari echeggiare nell'aria . Sì , finalmente , l'attesa era stata fin troppo lunga , ed ora sento fuggire dal mio cuore i miei ultimi palpiti.
Vedo il fumo e le fiamme uscire dalle canne e , sì , sì , è incredibile , vedo i proiettili avvicinarsi a me !
Ecco , un metro , due metri , sono sempre più vicini.
Alzo un poco lo sguardo.
Vedo , vedo gli occhi degli uomini.
Non vedo odio , rabbia , ferocia , ma vedo angoscia, incredulità , pietà , dolore .
Dolore, uccidere un uomo a sangue freddo e` come sparare ad una lepre azzoppata ; ti senti carnefice , non cacciatore.
Ma , ora , vedo qual cos'altro in quegli sguardi.
Più i proiettili si avvicinano e più gli occhi mi sorridono.
Ma come , mi domando , come e` possibile tutto ciò ?
Li vedo bene ora , gli occhi di quegli uomini un attimo prima disperati , ora ridono chiaramente.
Allora , e` stata solo un'illusione la mia ?
Vedevo in loro degli uomini ed invece sono delle bestie immonde ?
No , non posso essermi sbagliato. Non ora che sto morendo.
Pochi centimetri ormai , ed il mio corpo sarà lacerato.
Volgo lo sguardo al cielo azzurro e chiudo gli occhi.
Sento i colpi sfiorarmi , ma non sento dolore.
Non cado , sono ancora in piedi e sento il rimbombo dello sparo già lontano.
Apro gli occhi e vedo quegli uomini davanti a me che sorridono.
Mi guardo intorno e mi accorgo dei proiettili conficcati nel muro al mio fianco.
Immediatamente capisco.
Il capitano assiste incredulo alla scena poi infierisce sui poveri soldati .
Li guardo in faccia uno ad uno .
Li vedo sollevati , sorridenti , ed allora comincio a ridere , prima sommessamente , poi sempre più forte .
Non riesco a fermare la mia ilarità.
Mi fermo , e con lo sguardo , solo con gli occhi , li ringrazio.
Dopo anni di angherie , crudeltà e soprusi ho finalmente trovato degli uomini degni di portare questo nome : UOMINI .
Capisco che non sarà sempre cosi` , ma comprendo che forse un domani l'uomo sarà finalmente cacciatore e non carnefice.
Sorrido e cado a terra felice , mentre il proiettile uscito dalla canna della pistola da ufficiale mi penetra nella tempia.


 


Il Segreto del Mare



Non so se mi crederete o no.
La mia storia potrà risultarvi assurda, o comunque troppo incredibile per essere reale ma io voglio raccontarvela ugualmente. Sono ormai vecchia, e la morte già mi sta sorridendo, e non vorrei che i miei pensieri si perdessero come fumo nell'aria.

Mi chiamo Maria, e sono nata nel lontano 1915 a Genova.
Vivo sola, da sempre, e non ho più nessuno che possa farmi compagnia... quasi nessuno.
Ma andiamo per gradi.
Ciò che sto per narrarvi si perde nel buio dei miei ricordi, e per farlo dovrò fare mente locale.
Eravamo nel lontano 1938 e l'Europa stava scendendo nel baratro della guerra.
La Germania già da anni faceva paura a tutti, per via di quel fanatico di Hitler.
I pareri contrastanti su di lui fecero sì che non ci si rendesse conto fino in fondo di cosa sarebbe potuto accadere.
Purtroppo tutti sappiamo ciò che in seguito è successo, ma io non vi voglio parlare di questo, ma di ben altro.
Io allora avevo la bellezza di ventitré anni ed ero in cinta di otto mesi.
Ero sposata da due anni con Adelmo, un ragazzo forte ed allo stesso tempo dolce, qualità che allora era rara in un uomo, soprattutto in un uomo di mare come lui.
Era ,infatti , un pescatore, e come lui tutti gli uomini delle nostre rispettive famiglie.
Il mare non era mai stato avaro con noi, e nonostante la non facile situazione italiana, non avevamo mai avuto problemi gravi.
Ma con il precipitare della situazione ben presto ci trovammo su di un bastimento in fuga dal nostro paese con destinazione New York.
I nostri genitori erano sopra la banchina che piangevano e che ci salutavano con i fazzoletti in mano e con gli occhi rossi. I loro soldi erano bastati solamente per noi , e , nonostante la nostra riluttanza , ci convinsero a partire.
- Voi siete giovani, e là troverete pace e serenità. Noi ormai siamo vecchi, cosa volete mai che ci succeda...-
E fu così che quel mare che ci era sempre stato amico ora ci accoglieva come fuggiaschi, ed a noi pareva ostile e serio.
Ci vollero parecchi giorni prima di arrivare all'Oceano.
Il nostro Mediterraneo ci pareva tanto grande, ma quando varcammo le colonne d'Ercole rimanemmo senza fiato. Davanti a noi avevamo migliaia di chilometri di acque profonde e gelide, ed una terra sconosciuta che ci aspettava.
Ricordo che premetti la testa sul petto del mio uomo e che scoppiai a piangere.
Le sue braccia muscolose mi strinsero per darmi forza, ed io mi sentii subito meglio.
I giorni di navigazione passarono lenti mentre il tempo ogni giorno si faceva sempre più cupo, finche` una notte ci ritrovammo nel mezzo di una tempesta.
Eravamo terrorizzati.
Onde alte come montagne si ergevano davanti a noi, e la nave sembrava un piccolo guscio di noce all'interno di una vasca gigantesca.
I fulmini crepitavano nel cielo, illuminando a tratti questo scenario da inferno dantesco.
Non scorderò mai quel momento in cui si sentì un forte boato e la nave si inclinò da un lato. Mi ritrovai con il viso contro ad un boccaporto ed il mio primo pensiero fu rivolto alla piccola creatura che portavo in grembo. La mia mano era stretta a quella del mio uomo, ma un'ondata improvvisa spezzò questo ultimo appiglio.
Cosa successe in seguito non lo ricordo, perché svenni mentre urla lancinanti provenivano da ogni dove.

Dopo un tempo che poteva essere infinito riaprii gli occhi.
Ero profondamente stordita ed istintivamente portai la mano sul mio ventre.
La mia creatura era ancora li`, palpitante, in attesa di venire al mondo da li` a pochi giorni.
Mi doleva forte la testa e pensai a ciò che stava succedendo nel momento in cui persi conoscenza.
Mi torno` alla mente la tempesta, le onde, la gente impazzita.
Sbarrai gli occhi e mi misi a sedere.
Rimasi sconvolta.
Davanti ad i miei occhi passo` un pesciolino inseguito da uno più grosso ed io in un solo attimo mi ritrovai a testa all'ingiù.
Ero immersa nell'acqua ma respiravo !
Lì per lì pensai che doveva essere un sogno, ma la certezza di essere cosa vera era più che reale.
Mi guardai intorno e mi accorsi che mi trovavo in una caverna sottomarina. Tutt'intorno acqua, ma le rocce erano lavorate e da esse erano state ricavate delle nicchie che potevano fungere da rudimentali sedie e ripostigli.
La mia mente vacillava.
Cosa ci facevo lì io e come facevo a respirare in tutta quell'acqua ?
Certo che come sogno era veramente strano, sembrava cosi` reale.
Sentii un rumore e, all'improvviso, sbucò un uomo anziano dall'ingresso della caverna.
Era vecchio, con una barba lunga ed incolta, la quale ospitava piccoli pesciolini come fosse una pianta sottomarina. Gli occhi erano azzurri ed alle orecchie portava due grosse anelle.
I vestiti erano macilenti e sotto di essi si intravedeva la pelle grinzosa e scura.
Portava in cintura una piccola spada arrugginita e piena di tacche.
Ai piedi aveva due stivali ricoperti completamente da alghe e piccoli crostacei.
Mi sorrise mostrando un'accozzaglia di denti gialli e macilenti, ma il sorriso era comunque bello, affabile.
- E così la nostra ospite si è svegliata. Benvenuta nel regno dei mari.-
Io non sapevo se urlare o mettermi a ridere. Ero troppo confusa, e non capivo assolutamente ciò che mi succedeva.
- Dove sono ? E come mai non sto morendo annegata ? E lei, chi è ?-
L'uomo sorrise e si mise a sedere su di un masso.
- Quante domande !
Bene, lei si trova a circa cinque miglia sotto l'Oceano Atlantico, non sta morendo annegata perché ora fa parte di questo mondo, almeno momentaneamente, ed io sono un buon vecchio pirata che da secoli vive in pace completa in questa zona. Soddisfatta ora ?-
Era chiaro che io sapevo di sognare, non poteva essere altrimenti, aspettavo solamente di svegliarmi.
- Sì , in parte. E la nave su cui ero ? Le persone, mio...mio marito ?-
Il sorriso scomparve dal viso del vecchio.
- La nave è affondata: sono morti tutti.-
Ebbi un tuffo al cuore.
- ...Anche mio marito...-
- Sì , anche lui.-
Per un attimo pensai di impazzire, poi scoppiai in un pianto dirotto.
Il vecchio mi si avvicino` e mi strinse con le braccia. Sentii che era forte, e per un attimo pensai di avere di fianco il mio uomo.
- Però tu e il tuo figlioletto siete vivi... ed io vi aiuterò .-
Non capivo come mai quel sogno potesse durare cosi` a lungo ma per mantenere intatta la mia integrità mentale pensai che dovevo fare finta che ciò che stavo vivendo fosse normale.
- Tu, come puoi aiutarmi ?-
- Ti aiuterò ad avere il tuo figlio, dopodiché potrai tornare nuovamente tra i tuoi simili.-
Io non capivo.
- Cosa vuoi dire, "tornerai". Vorrai dire "torneremo".-
- No, non è possibile. Se il tuo figlio nascerà qui dovrà rimanere per sempre nel mare perché nascendo tra le acque sarà creatura marina.-
Il mio istinto di madre mi fece urlare...
- No, non mi staccherà mai da mio figlio, lei non può dirmi questo.-
Il vecchio sorrise ed alzò le mani.
- Calma, calma, ora le racconterò tutto.
Il mio nome è Morgan, Sir Francis Morgan. Sono nato nel 1680 e sono... ecco , sono morto nel 1725.
Il mio mestiere era fare il pirata e ciò mi recava piaceri e gioie. Ero un assassino di prima categoria, ed ammazzavo senza scrupoli pur di ottenere donne e ricchezze. Nessuno osava tenermi testa, ed io ero padrone incontrastato di queste rotte.
Ma una notte, il cielo si oscurò ed una tempesta di immane violenza si abbatté sulla mia nave. Uno alla volta i miei uomini furono scaraventati in mare ed io rimasto ormai solo mi legai al timone nella speranza di potere salvarmi.
Raccomandai la mia anima a Dio e dissi che avrei fatto qualunque cosa pur di avere salva la vita. Cominciai a pregare a voce alta e vidi con orrore che la mia nave stava imbarcando acqua, e che ad ogni attimo che passava il livello di galleggiamento andava alzandosi.
La nave stava chiaramente affondando.
Chiamai allora il Dio dei mari e gli chiesi di rendermi salva la vita.
Ed allora, fu proprio allora che vidi l'acqua ribollire intorno a me, e vidi un'ombra gigantesca alzarsi dalle acque. Era Nettuno, il quale mi guardava con uno sguardo pieno d'odio.
Mi disse.
- Tu, misero mortale come osi disturbarmi in questo modo. Io ti conosco, tu hai messo a ferro e fuoco questo specchio d'acqua, ed hai pure il coraggio di chiedermi pietà .-
Io scoppiai a piangere.
- Ti prego, ti prego, lasciami vivere, farò qualsiasi cosa pur di espiare le mie colpe.-
Il Dio dei mari mi guardò accigliato e tuonò .
- Va bene, così sarà, avrai salva la vita, ma non potrai più tornare al tuo mondo; vivrai in eterno fra queste acque finché un giorno non ti meriterai la mia riconoscenza e potrai finalmente morire da uomo.-
Fu così che mi inabissai e questa grotta divenne la mia nuova casa.-

Io lo guardai esterrefatta. Era una storia incredibile, e se non fosse stato che era sicuramente un sogno, sarei impazzita.
Lui ricominciò .
- Vedi, io sono ormai stanco. Vorrei morire ma ciò non mi è possibile. E così quando l'altro giorno ho visto il tuo corpo scendere lungo gli abissi ho deciso di salvare te e la tua creatura per avere la riconoscenza di Nettuno... Mi dispiace, ma non ho potuto fare nulla per tutti gli altri...-
Il mio cuore accelerò forte i battiti e riuscii ad aprire a malapena la bocca.
Non sapevo che dire.
Avevo mille e più domande da porgli ma non ce la facevo.
Come faceva a farmi respirare ? Quale era il suo potere lì fra quelle acque.
Venni tolta da i miei pensieri, perché un dolore lancinante mi attanagliò il ventre.
Mi ero quasi dimenticata che avrei dovuto partorire di lì a pochi giorni e con ciò che mi era successo era possibile che potessi farlo proprio ora.
Il vecchio si alzò di scatto.
- Ecco, ci siamo !-
Non so bene cosa successe in seguito.
I miei ricordi qui sono confusi.
Partorii un bimbo bellissimo senza sentire nessun dolore. Feci appena in tempo a vederlo quando si
trasformò in un delfino e nuotò via felice.
Persi nuovamente i sensi.

Ripresi conoscenza.
Ero sdraiata su di una spiaggia. Il vento mi accarezzava la pelle.
Sentivo il sole che batteva forte sul mio corpo ed il calore mi dava una sensazione di benessere. Avevo paura di aprire gli occhi, perché l'intensità della luce poteva essere troppo forte.
Ero salva !
Molto probabilmente ero inconsciamente rimasta aggrappata ad un relitto, e la corrente mi aveva portato su di un'isola, in salvo.
Ripensai al sogno che avevo fatto e sorrisi.
Vi era pero` qualcosa di strano.
Non mi sentivo me stessa. Mi sentivo stranamente ... vuota.
Mi portai la mano sul ventre e inorridendo mi accorsi che non avevo più il pancione.
Mi alzai in piedi ed aprii gli occhi.
La luce del sole era veramente forte come avevo immaginato, e dopo un momento di totale cecità cominciai ad intravedere le prime forme.
A fatica mi guardai le punte dei piedi.
Era vero, non ero più una donna incinta.
Mi guardai intorno, smarrita e sentii un richiamo dal mare.
Là , dove l'acqua era alta solamente poche decine di centimetri vi era un delfino.
Corsi verso di lui e lo abbracciai.
Teneva in bocca una vecchia spada arrugginita e piena di tacche ed io scoppiai a piangere.

Qui finisce la mia storia.
Io da allora non sono più andata via da quel posto.
Vivo qui alle Azzorre, sull'isola di Graciosa.
In realtà non so cosa mi sia capitato in quel lontano giorno, ma qui, dagli indigeni, vengo chiamata la "Donna del delfino" perché ogni mattina un delfino viene fino a riva e piange finche` non lo raggiungo e lo accarezzo.

Ah, dimenticavo.
Qui, a pochi passi dalla riva dentro alla fitta boscaglia vi è una piccola tomba.
Su di un sasso vi è scolpito un nome:
"Sir Francis Morgan".

 


 

A mio padre

E fu il buio

e fu la fredda morte

a strapparmi colui che

era così importante.

E’ bastato un solo momento

per trasformare la felicità

in dolore,

i sogni

in castelli di sabbia,

il presente

in passato.

Destino crudele

ti sei avventato su chi

sperava di essere finalmente arrivato

alla felicità , alla tranquillità.

Ti sei avventato su chi

aveva saputo amare.

Ti sei avventato su chi

poteva ancora sperare.

Vita beffarda

ti prendi gioco di noi,

e quando sei stanca

ci schiacci con disprezzo.

Ed ora

solo un grande freddo

regna nei nostri cuori,

unito ad una rabbia

che sfogarsi non riesce.

E non vogliamo crederci,

e ti vediamo , papà,

in ogni luogo.

E ti sentiamo

come pochi giorni fa.

Comunque sia,

tu papà sarai sempre nel mio cuore,

nella mia mente.

E nulla e nessuno

potrà mai farti male

perché la morte

può cancellare il corpo di un uomo

ma non può cancellarne il ricordo.

E perciò tu vivrai,

con lo spirito,

e mi consiglierai,

e mi sgriderai.

Tu sarai con me,

in me.


 

Ricordo

 

Ricordo rumore di motori , grida di gente , spari.

Ricordo sguardi impauriti , pianti , tramestio , persone che corrono.

Qualcuno mi ha spostato velocemente sotto un letto , poi la solitudine.

Un paio di stivali neri e lucidi erano comparsi davanti a me e poco dopo sentii un rumore che mi fece rabbrividire ; una serie di schiocchi forti , un poco come quando mio padre schiacciava le noci.

Un bagliore innaturale illuminò la stanza e mi parve di sentire qualche urlo , ma non ne ero sicuro.

Un attimo dopo un viso al mio fianco mi faceva compagnia.

Lo sguardo sbarrato e il sorriso digrignante di chi è stato sorpreso mi spaventarono a morte.

Urlai e cominciai a piangere.

Di nuovo i due stivali.

Due braccia sbucarono dal nulla e venni trasportato in alto.

Due occhi azzurri e vivaci mi stavano scrutando ed un sorriso diverso da quello precedente cercava di accattivarsi il mio.

Suoni dolci uscivano dalle labbra , ma non capivo nulla di ciò che diceva.

Le braccia mi serravano forte e io mi tranquillizzai .

Non riuscivo ad afferrare ciò che succedeva e , solitamente , con gli adulti era sempre così.

Ero abituato a vedere persone diverse , ma questa che vedevo ora mi inquietava.

Quel sorriso aveva qualcosa di strano , di diverso .

E il vestito ?

Grigio scuro o forse nero , e quell’oggetto di metallo luccicante che pendeva dalla spalla mi faceva pensare a qualcosa di brutto.

Le braccia ora mi dondolavano , e i miei occhi videro tutti coloro che ero solito vedere, stesi per terra.

No , non dormivano , le posizioni in cui erano messi non potevano permettere loro di dormire ; stavano giocando ?

Tutto era colorato di rosso , e non riuscivo a comprendere cosa fosse successo , come funzionasse questo nuovo gioco.

Era bello passare di braccio in braccio , sentivo risa e parole sconosciute e guardavo man mano tutti quegli occhi azzurri e quei capelli biondi divertito.

Come un fulmine arrivò una voce secca , imponente .

Mi spaventai e iniziai nuovamente a piangere.

Le braccia mi tenevano ancora , ed ora , davanti a me un uomo che prima non c’era .

Stessi occhi , stesso viso , ma un odore diverso .

Il teschio luccicante che aveva sulla spallina e davanti alla visiera del cappello mi intimorì .

Lui mi guardò a lungo , ed io vidi nei suoi occhi non l’azzurro del cielo , ma il buio delle tenebre .

Ero troppo piccolo per capire ciò che stava succedendo , ma avevo comunque intuito che quello era l’uomo nero dei miei incubi.

Allungò la mano verso di me e vidi che teneva in pugno qualcosa : un gioco ?

Un lampo mi accecò .

Fu l’ultima cosa che vidi , da vivo.

 

Ora sono in compagnia.

Siamo tanti , una moltitudine di bambini.

Non siamo ancora in grado di parlare , di camminare , e sappiamo che mai lo faremo , ma siamo felici qua insieme.

Ogni giorno qualche bimbo nuovo ci raggiunge , ognuno con la sua storia , ognuno con i suoi ricordi , ognuno con un colore diverso di pelle , ma tutti con le stesse paure...

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