I Ciclopi
Nella primitiva mitologia greca i tre Ciclopi Monocoli, Bronte (tuono), Sterope (fulmine) e Arge (lampo), erano figli di Urano e Gea, Cielo Stellato e Madre Terra. Costruttori di mura e fabbri divini, i Ciclopi fabbricarono le potenti folgori grazie alle quali Zeus poté ottenere la vittoria contro i Titani.
Così Esiodo, nel suo
poema "Teogonia",
descrive i Ciclopi:
"Ed i Ciclopi poi generava dal cuore superbo,
Stèrope, Bronte, ed Arge dal cuore fierissimo: il tuono
diedero questi a Giove, foggiarono il
folgore. In tutto
erano simili essi agli altri Celesti Immortali,
ma solamente un occhio avevano in mezzo alla fronte...
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In molti miti i Ciclopi vengono descritti come aiutanti di Efesto-Vulcano, dio del fuoco e fabbro degli dei, il quale aveva le sue fucine nelle viscere dell' Etna e nelle isole Eolie, a Vulcano e Lipari.
Skylight,
alla base del "Levantino" :
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Nello splendido "Inno
ad Artemide", Callimaco così descrive la scena:
"Poi andò dai Ciclopi. Li raggiunse nell'isola di Lipari, che intorno alle incudini
di Efesto stavan ritti davanti alle masse di ferro ... Sbigottirono le Ninfe come videro
quegli esseri prodigiosi ... e come udirono il frastuono dell'incudine, echeggiante fin
lontano, e l'enorme soffio dei mantici, e dei Ciclopi stessi il profondo ansimare.
Ne risuonava l' Etna,
ne risuonava la
Trinacria, dimora dei Siculi, ne risuonava la vicina
Italia, ..., quando quelli, i martelli levando alti sopra le spalle, tremendamente
faticavano battendo con colpi alterni il bronzo o il ferro che ribolliva dalla fucina
..." .
Di natura completamente differente dai Ciclopi Uranidi sono i Ciclopi Omerici, il cui rappresentante più famoso è Polifemo, figlio di Poseidone.
Nell' "Odissea" Omero racconta che Ulisse incontrò in Sicilia i barbari Ciclopi: giganti dediti alla pastorizia, particolarmente rozzi, incuranti delle divinità e, addirittura, dediti all'antropofagia.
La loro localizzazione è incerta: qualcuno sostiene che vivessero in Sicilia, altri in Campania, altri ancora in altre isole del Mediterraneo. Il fatto però che fossero sempre associati a zone vulcaniche ha portato a identificare questi giganti estremamente violenti con l'attività vulcanica stessa.
Euripide localizzò la "Terra dei Ciclopi" nella fascia costiera che separa l'Etna dal mare. Qui, i Ciclopi, scordata ormai l'arte degli avi che lavoravano come fabbri per Zeus, vivevano dediti alla pastorizia e isolati l'uno dall'altro nelle caverne dell'Etna.
Nel dramma satiresco
"Ciclope",così Euripide fa parlare il fauno Sileno:
"Eravamo all'altezza del promontorio
Malea quando un vento di levante investe la nave e ci butta su questa rupe
rocciosa dell'Etna, dove i figli del dio del mare, i Ciclopi, abitano in caverne
solitarie: hanno un occhio solo e sono degli assassini. Uno di loro ci cattura e
viviamo da schiavi in casa sua: lo chiamano, il nostro padrone, Polifemo. Sono
finiti i tripudi dei baccanali: adesso ci occupiamo delle greggi dell'empio
Ciclope."
E ancora Sileno, rivolto ad Odisseo:
"Davanti a te c'è
l'Etna, il monte più alto della Sicilia."
Odisseo pure, rivolto al Ciclope Polifemo ribadisce:
"Un cantuccio della Grecia abiti nelle caverne dell' Etna vomitante
fuoco..."
E sempre Sileno, riferendosi a Polifemo:
"No, è fuori con i cani,
sull'Etna, a caccia di bestie feroci".
E ancora, nel finale, il Coro dei Satiri
definisce Polifemo "pecoraio dell' Etna ..."
La leggenda dei barbari Ciclopi passò poi nella letteratura romana e venne ripresa da Virgilio nell' "Eneide". Nel libro III Virgilio fa approdare Enea, durante il suo viaggio da Troia verso il Lazio, in Sicilia vicino all' Etna, nella "terra dei Ciclopi".
"Indi ne la Trinacria al
mar discosto
d' Etna il monte vedemmo,
... Eravam lassi; e 'l vento e 'l sole insieme
ne mancar sí, che del viaggio incerti
disavvedutamente a le contrade
de' Ciclopi approdammo. È per se stesso
a' vènti inaccessibile e capace
di molti legni il porto ove giugnemmo;
ma sí d'Etna vicino,
che i suoi tuoni
e le sue spaventevoli ruine
lo tempestano ognora.
Esce talvolta da questo monte a l'aura un'atra nube mista di nero fumo e di roventi faville, che di cenere e di pece fan turbi e groppi....
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Qui Enea incontra il greco Achemenide, che gli rivela di essere stato abbandonato sull'isola da Ulisse e di aver vissuto sino allora come in stato ferino. Dopo aver appreso da Achemenide il racconto dell'accecamento del Ciclope (secondo la versione omerica), all'arrivo di Polifemo, Enea impaurito si mette di nuovo in mare, conducendo anche il greco con sè.
"... e chetamente
sciolte le funi, a remigar ne demmo
piú che di furia. Udí 'l Ciclopo il suono
e 'l trambusto de' remi; e vòlti i passi
vèr quella parte e 'l suo gran pino a cerco,
poiché lungi sentinne, e lungamente
pensò seguirne per l'Ionio in vano,
trasse un mugghio, che 'l mare e i liti intorno
ne tremar tutti; ne sentí spavento
fino a l'Italia; ne tonaron quanti
la Sicania avea seni, Etna caverne".
Nelle "Metamorfosi" Ovidio narra della passione violenta di Polifemo per la Nereide Galatea. Mentre il Ciclope innamorato andava vagando per i boschi dell'Etna, dimentico delle sue greggi e delle sue caverne, così si lamentava:
"Brucio, sì, brucio, e la mia passione offesa divampa con furia ancora maggiore, mi sento come se l'Etna con tutta la sua potenza si fosse trasferito nel petto mio! Tu intanto, Galatea, non ti scomponi!"
E quando poi il Ciclope sorprese Galatea tra
le braccia del suo amato Aci, figlio di una ninfa del
Simeto, infuriato urlò con voce così potente che
" ... a quel clamore l' Etna rabbrividì ..."
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Lo stesso episodio viene ripreso in chiave ironica da Luciano di Samosata, nei "Dialoghi":
A Doride che la canzona dicendole:
"Bell'innamorato, Galatea, questo pastore
siciliano che dicono pazzo di te!",
Galatea di
rimando risponde:
"... ma codesto vostro star sempre a criticare non lo sopporto e mi
pare che lo fate per invidia, perchè il giorno che, mentre era al pascolo, dalla sua
vedetta ci scorse a giocare sulla spiaggia alle falde dell'Etna, là dove l'arenile si stende tra monte e mare, voi, non vi degnò
neppure di uno sguardo, mentre io gli apparvi la più bella e su di me posò quel suo
occhio ..."
Anche Teocrito, in un suo celebre idillio, riprende il mito di Polifemo innamorato di Galatea:
"Vieni dunque da me, lascia che il mare azzurro si franga sulla riva:
nell'antro insieme a me più dolce passerai la notte.
Ci sono allori, qui, cipressi snelli,
l'edera oscura, l'uva dal dolce frutto
e l'acqua fresca, divina ambrosia che il boscoso
Etna
fa scorrere per me dalla sua neve candida."
Si narra, infine, che le ombre dei Ciclopi vaghino nelle caverne del Vulcano Etna da quando Apollo-Febo, dio del Sole, li uccise con una freccia per vendicare la morte di suo figlio Asclepio-Esculapio, dio della medicina. Asclepio, infatti, avendo osato tentare di resuscitare i morti (tra i quali Orione) era stato fulminato da Zeus con una delle folgori forgiate dai Ciclopi.
L'immagine di Asclepio sarà quindi posta in cielo da Zeus-Giove nella costellazione dell' Ofiuco, il Serpentario.
Zeus-Giove pose in cielo, nella costellazione del Sagittario, anche il saggio Centauro Chirone, dal quale Asclepio aveva imparato i segreti della medicina.
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Anche la freccia con cui Apollo uccise i Ciclopi sarà posta in cielo nella costellazione della Sagitta.
Un'ultima curiosità :
Vuole la leggenda che la cittadina
etnea di Bronte sia stata fondata proprio dal
Ciclope Bronte (che vuol dire "tuono").
Versante nord-orientale dell’Etna,
tra Bronte, Maletto e Randazzo.
Resti di una tipica costruzione in muratura a secco di pietrame lavico.
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Anche lo storico
Tucidide, nel Libro VI di "La guerra del Peloponneso",
ci tramanda fossero proprio i Ciclopi i più antichi abitanti
dell'isola di Sicilia:
"Già in tempi lontani fu sede di popoli, ed ecco il complessivo registro
delle genti che ospitò. L'insediamento
umano più antico che la tradizione ricordi fu quello dei Ciclopi
e dei Lestrigoni, che occuparono una fascia limitata del paese. Ma sul loro
ceppo non posso pronunciarmi, né sulla loro terra d'origine o su quale zona del
mondo abbiano poi scelto per emigrarvi. Si stia contenti delle memorie poetiche
e dell'opinione che ciascuno, chi da una fonte, chi da un'altra, ha concepito su
quelle genti. Subito dopo quelli devono essersi stabiliti sull'isola i Sicani.
Costoro anzi, a quanto affermano, avrebbero preceduto i Ciclopi e i Lestrigoni
in quanto originari della Sicilia."
" Etna
e Mito " Copyright : Valeria Perin
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