Ovidio e i fenomeni vulcanici dell'Etna

Ovidio (43-17 a.C.), che non è certo un filosofo, nell'ultimo libro (XV) delle Metamorfosi pone in bocca a Pitagora un discorso che è un vero e proprio conciso De rerum Natura, il cui tema è il mutare del Tutto.

Nei versi 340 - 355, elenca le varie teorie esistenti sui vulcani, e cita anche quella del vento che soffia in antri interni (che è anche in Lucrezio VI  680-702), ma senza prendere posizione: ciò che gli interessa dire è soltanto che un giorno l'Etna diventerà un vulcano spento (mutamento...).

Infatti mentre Lucrezio mira a dare una spiegazione razionale dei fenomeni vulcanici, Ovidio, il poeta delle trasformazioni, pone in luce solo il fattore *mutamento*, lasciando aperto uno spiraglio al mito, cioè all'irrazionale.

"E l' Etna, che butta fuoco dalle sue fornaci sulfuree, non sarà sempre fiammeggiante, e infatti non è stato sempre fiammeggiante.

Questo perché, se la terra è animata e vive, e in molti punti ha sfiatatoi che esalano fiamme, ...

 

 

 

 

 ... può ben mutare le vie da cui emette il suo fiato e, ...  

 

 

 

 

...  ogni volta che si muove, può chiudere delle caverne di qua e aprirne di là...

 

 

 

 

Se, altra ipotesi, vi sono dei venti imprigionati nei profondi recessi della terra e questa s'infuoca per l'attrito quando il loro turbinìo sbatacchia sassi contro sassi e materia contenente germi del fuoco, detti recessi torneranno ad essere freddi, una volta che i venti si saranno placati.

Se poi sono sostanze bituminose a incendiarsi, o è zolfo giallo ad ardere con fili di fumo

è chiaro che quando la terra, consumate nel corso dei secoli queste energie, smetterà di dar cibo e alimenti grassi alle fiamme, 

la natura vorace, venendole a mancare il nutrimento, non reggerà alla fame e,

lasciata a digiuno, lascerà a digiuno i fuochi."

 

 

 


" Etna e Mito " Copyright : Valeria Perin
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