Telecomunicazioni italiane.

Punti di forza e di debolezza dell’attuale assetto industriale, in Italia.

La liberalizzazione del mercato, con regole sostanzialmente coerenti con le direttive dell’Unione Europea, non è stata finora sostenuta da una politica “Paese”. I piani e programmi pluriennali di settore sono stati sostituiti dal mercato e dalla borsa, che premia/punisce senza sostanziali ragioni.

Sono prolificate le Autorità, che non hanno come riferimento un quadro “Paese” (che la politica non ha saputo finora disegnare) e il suo posizionamento nel mondo, ma il consumatore (riduzione dei prezzi), il cittadino (privacy), il risparmiatore che investe direttamente o indirettamente in Borsa (che nei fatti è senza difesa per l’assenza di regole sul governo delle imprese), il mercato (con interventi “dimensionali e modulari” che fanno sorridere, paragonandoli alle concentrazioni in atto nel mondo).

La liberalizzazione deve dare libera espressione all’imprenditorialità individuale entro confini che in ogni caso privilegino gli interessi del Paese, e quindi dei suoi cittadini. Per le telecomunicazioni, la Francia e la Germania, ad esempio, procedono con modalità diverse, anche se ciò comporta la presenza dello Stato nel capitale dei rispettivi ex monopolisti.

Il processo di privatizzazione della Stet/Telecom Italia è avvenuto secondo modalità che, nei fatti, hanno generato confusione e tensioni, negli assetti proprietari (lo Stato, il nucleo stabile, i quasi due milioni di piccoli azionisti, i 100 mila dipendenti azionisti) e in quelli manageriali (avvicendamenti continui). Scelte e decisioni avventate hanno, più di una volta, scosso la fiducia del mercato. L’OPA “ostile” di Olivetti-Tecnost ha poi modificato sostanzialmente la situazione. Al posto di una “Public Company” si realizza una società controllata solidamente (55% del capitale in mano a Tecnost), con una presenza “a termine” dello Stato ( con oltre il 3% del capitale) e una frammentata partecipazione di “investitori” istituzionali, italiani ed esteri. Si è persa progressivamente traccia dei piccoli azionisti.

Dopo un avvio incerto, il nuovo management ha saputo riconquistare la fiducia del mercato che si è tradotta in una soddisfacente valutazione di borsa. Sul tavolo, iniziative molto interessanti (es. la confluenza di Seat e Tin.it) e questioni ancora in fase di messa a punto. Punti critici: l’insoddisfacente avanzamento del processo di liberalizzazione, che doveva essere preceduto e accompagnato da precise condizioni (quali il riequilibrio delle tariffe/prezzi, il finanziamento del servizio universale); un piano strategico che presenta ancora molte incognite sulle prospettive internazionali e sull’assetto organizzativo, un piano di esuberi di personale di difficile realizzazione, un clima “interno” non ancora rinfrancato, la poca attenzione verso i dipendenti azionisti (sulla scia di errori fatti in precedenza).

La concorrenza è ormai un dato di fatto. La congruità dell’assetto dell’offerta, rispetto allo sviluppo del mercato, non è facilmente misurabile. La convergenza delle tecnologie e dei servizi offre opportunità di sviluppo impensabili. La telefonia cellulare, ha raggiunto traguardi importanti: la nuova tecnologia UMTS rilancerà il ciclo di vita del servizio, ancora in piena fase di sviluppo. TIM saprà reagire alla nuova situazione competitiva creatasi con la recente fusione Vodafone/Mannesmann?  Internet lascia immaginare una altrettanto prorompente evoluzione, che cambierà radicalmente il modo di vivere e di fare “business”. Vengono poste le basi per il decollo di una nuova società dell’informazione. Il commercio elettronico avrà notevoli ripercussioni sull’economia italiana. E’ già oggi sotto gli occhi di tutti il turbinio di iniziative che si ricollegano alla “New Economy”: è la borsa che riflette il fenomeno con eccessi non facilmente governabili.                              Alessandro Fogliati e.mail pgqffo@tin.it