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Ripasso di Fisica per il Biennio delle Superiori
 
Unità 6.
Le proprietà dei fluidi
 
DEFINIZIONI E TABELLE Esercizi svolti, esperienze e attività Questionario
 
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D1. I fluidi, cioè i liquidi e gli aeriformi, hanno molte proprietà in comune, a cominciare dalla loro capacità di fluire, di scorrere, che li differenzia dai solidi (vedi le definizioni D9 e D12 dell’Unità 4).

D2. Questa proprietà dei fluidi viene valutata tramite la viscosità, o attrito interno, una grandezza che esprime la resistenza incontrata dalle porzioni di un fluido nello scorrere una sull'altra, o su altri corpi (vedi la definizione D20 dell’Unità 9).

D3. A differenza dei solidi, i fluidi non possono esercitare una forza in un punto, né si può applicare una forza a un fluido in un punto di esso. Nella trattazione dei fluidi, le forze sono sempre distribuite sulle superfici dei recipienti che li contengono o dei corpi immersi.

D4. Si definisce pressione P il rapporto tra la forza F applicata su una superficie in direzione perpendicolare ad essa e l'area A della superficie stessa:

P = F / A

Se la forza non è perpendicolare alla superficie, conta solo la sua componente perpendicolare (vedi Nota 2 dell’Unità 3).

D5. La pressione è una grandezza derivata da forza e superficie, e si misura in kgp/m², oppure (nel SI) in pascal (simbolo Pa), che corrisponde a 1 N/m². Pertanto, la formula di conversione è:

1 kgp/m² = 9,8 Pa

Per esempio, una forza di 50 kgp su una superficie di 4 m² produce una pressione:

P = 50 kgp / 4 m² = 12,5 kgp/m²

che equivalgono a: 12,5 kgp/m² • 9,8 = 122,5 Pa.

D6. Il peso specifico ps di un corpo è dato dal rapporto tra il suo peso e il suo volume. Se il peso è misurato in kgp, l'unità di misura del peso specifico è il kgp/m3 (e risulta numericamente uguale alla densità). Se invece il peso è misurato in newton, l'unità di misura del peso specifico è il N/m3 e risulta: ps = d • 9,8 (per la densità, vedi la definizione D8 dell’Unità 2).

D7. Tutti i corpi esercitano una pressione verso il basso per effetto del proprio peso. La pressione P che esercita un fluido in quiete di peso specifico ps alla profondità h è detta pressione idrostatica (nei liquidi) e aerostatica (negli aeriformi), e il suo valore è dato da:

P = h • ps

Questa formula, che si ricava calcolando la pressione esercitata su una superficie immersa dal volume di fluido sovrastante, esprime la legge di Stevin. Facendo riferimento, per esempio, a un parallelepipedo di base A e altezza h, si ha:

P = F / A = V • ps / A = A • h • ps / A = h • ps

D8. Grazie alle simmetrie esistenti nelle relazioni intermolecolari, nei fluidi vale il principio di Pascal, secondo il quale la pressione esercitata in un fluido in quiete si trasmette con la stessa intensità in tutte le direzioni.

D9. Per il principio di Pascal, un corpo immerso in un fluido è sottoposto a pressioni da tutti i lati, ma per la legge di Stevin si ha che P3 > P1. Quindi, il corpo immerso riceve una spinta verso l'alto, detta forza archimedea.
Si può dimostrare il principio di Archimede, secondo il quale la forza archimedea Fa è pari al peso del volume di fluido spostato dal corpo immerso. Quindi, per la definizione di peso specifico:

Fa = psf • Vc

con psf = peso specifico del fluido e Vc = volume del corpo immerso

D10. Il galleggiamento di un corpo si ha quando il suo peso è inferiore a Fa, quindi se (vedi la definizione D6):

psc • Vc < psf • Vc

da cui, semplificando, si ha:

dc < df

con psc = peso specifico del corpo, dc = densità del fluido, df = densità del corpo. Quando un corpo galleggia, il peso totale del corpo uguaglia la spinta archimedea provocata dalla sola parte immersa.
Se dc > df si ha l'affondamento del corpo, mentre se dc = df il corpo può trovarsi in equilibrio indifferente in qualsiasi punto del fluido. E' per questo motivo che, per esempio, il legno galleggia sull'acqua, mentre il ferro affonda (vedi la
Tabella 6 nell’Unità 2).

D11. Dal principio di Pascal e dalla legge di Stevin deriva inoltre che la superficie di un liquido in quiete si trova tutta allo stesso livello. In particolare, il liquido posto in più recipienti collegati fra loro raggiunge la stessa altezza in tutti i recipienti (principio dei vasi comunicanti). Infatti, se il liquido è in quiete, si ha:

Pa = Pb ® ha = hb.

D12. Il principio dei vasi comunicanti non è valido nei vasi capillari, tubicini di diametro inferiore ai 2 mm, in cui le forze intermolecolari (vedi la definizione D5 dell’Unità 4) prevalgono rispetto al peso, a causa della ridotta quantità di materia su cui agiscono.

D13. Nei vasi capillari si verificano i fenomeni di capillarità: se le forze di adesione sono maggiori di quelle di coesione (caso dell'acqua), il liquido bagna le pareti, la sua superficie assume la forma di un menisco concavo, e il suo livello sale rispetto a quanto previsto dal principio dei vasi comunicanti. Se prevalgono le forze di coesione (caso del mercurio) il liquido non bagna le pareti, la sua superficie è un menisco convesso, e il livello è inferiore rispetto a quanto previsto.

D14. L'atmosfera terrestre è formata da una miscela di gas (principalmente azoto e ossigeno) detta aria, che produce con il suo peso una pressione sulla superficie terrestre e su tutti i corpi vi si trovano. A livello del mare, la pressione atmosferica è:

Patm = 10.339 kgp/m² ( = 1,013•105 Pa)

Questo valore viene spesso usato come unità di misura della pressione, ed è chiamato atmosfera (simbolo atm).

D15. Il valore della pressione atmosferica diminuisce all'aumentare della quota, poiché diminuisce il peso dell'aria sovrastante (legge di Stevin) e diminuisce la sua densità. Inoltre, la pressione atmosferica dipende dalla temperatura e dalle condizioni meteorologiche.

D16. La pressione atmosferica viene misurata con i barometri. Nel barometro a mercurio, (inventato da E. Torricelli), la pressione atmosferica viene equilibrata da una colonna di mercurio contenuta in un tubo di vetro (sopra il mercurio ci deve essere il vuoto). A livello del mare e in condizioni normali, l'equilibrio si ottiene quando h = 760 mm. Tramite la legge di Stevin, si può risalire da questa misura al valore della pressione.

D17. A differenza dei liquidi e dei solidi, gli aeriformi non hanno volume proprio (vedi l’Unità 4), quindi il loro volume può essere variato, modificando le dimensioni del recipiente che li contiene. Però, ad una variazione di volume corrisponde anche una variazione della pressione, che è determinata dagli urti delle molecole dell'aeriforme contro le pareti del recipiente. Le variazioni di pressione (da P1 a P2 ) sono legate a quelle di volume (da V1 a V2 ) da una proporzionalità inversa:

P1V1 = P2V2

Questa è la legge di Boyle-Mariotte, che è valida se la temperatura si mantiene costante, cioè se la trasformazione cui è sottoposto l'aeriforme è isotermica.

D18. La pressione di un aeriforme si può misurare con un manometro a U, costituito da un tubo di vetro a forma di U contenente mercurio. Per il principio dei vasi comunicanti, il livello del mercurio nei due bracci del manometro è uguale quando su di essi agisce la stessa pressione, ma se un braccio viene messo in comunicazione con il recipiente contenente l'aeriforme, si verificherà una differenza Dh tra i livelli del mercurio nei due bracci. Questo dislivello consente di calcolare la pressione P dell’aeriforme, applicando la legge di Stevin:

P = Patm + Dh • ps

dove Patm = pressione atmosferica e ps = peso specifico del mercurio.

D19. I barometri e i manometri metallici, di uso più pratico ma meno preciso di quelli a mercurio, valutano la pressione in base alla misura della flessione di una lamina metallica che chiude un recipiente in cui viene fatto il vuoto. La pressione esterna, non equilibrata da quella interna, fa flettere la lamina a misura della sua intensità.

D20. Sul principio dei barometri e manometri metallici sono realizzati gli altimetri, strumenti che consentono una misura della quota basandosi sulla dipendenza della pressione atmosferica da quest'ultima (vedi la definizione D15), e gli sfigmomanometri, che servono per la misurazione della pressione sanguigna.

D21. La pressione ambientale influenza i cambiamenti di stato, i cui dati riportati nella Tabella 8 dell’Unità 5 sono validi nell'ipotesi di una pressione pari a una atmosfera (vedi definizione D14). La fusione comporta in genere un aumento di volume, per cui è favorita da una diminuzione di pressione, che abbassa quindi il valore della temperatura di fusione Tf.

D22. Un’eccezione a questa regola è costituita dal ghiaccio; infatti, nel suo caso Tf diminuisce con un aumento di pressione, a causa del suo comportamento peculiare intorno al punto di fusione (vedi la definizione D12 dell’Unità 5).

D23. Per motivi analoghi a quelli esposti nella definizione D21, una diminuzione di pressione favorisce anche l'ebollizione, abbassando il valore della temperatura di ebollizione Teb , mentre un aumento di pressione alza il valore di Teb.

D24. Per quanto detto nella definizione precedente, la legge di Boyle ha dei limiti; infatti, la compressione di un aeriforme può comportare l'insorgere delle forze di coesione e quindi la liquefazione del gas. Tuttavia, questo può avvenire solo se la temperatura dell'aeriforme è minore di un determinato valore, caratteristico di ogni sostanza, detto temperatura critica (Tc ). Per esempio, la temperatura critica dell'acqua è 365°C.

D25. Si chiamano vapori gli aeriformi che si trovano a temperature inferiori a quella critica, mentre si chiamano gas gli aeriformi a temperature superiori ad essa: questi ultimi non possono essere trasformati in liquidi per sola compressione, ma devono essere anche raffreddati.

D26. La legge di Boyle si mantiene valida se si conviene di applicarla al modello semplificato del gas perfetto, un gas totalmente privo di forze di coesione e con un volume proprio nullo delle sue molecole. Questo modello teorico approssima in modo soddisfacente il comportamento dei gas reali a temperature e pressioni lontane da quelle critiche.

D27. Volume e pressione nel gas perfetto dipendono in modo molto semplice anche dalla temperatura, quindi dagli urti molecolari determinati dalla agitazione termica. Poiché questa è nulla allo zero assoluto (vedi la definizione D5 dell’Unità 5), per lo studio dei gas è opportuno utilizzare una scala termometrica che pone il suo zero in corrispondenza dello zero assoluto: si tratta della scala Kelvin o assoluta delle temperature. Essa è divisa in kelvin (simbolo K), i quali hanno la stessa ampiezza dei gradi Celsius (vedi la definizione D3 dell’Unità 5) e sono una delle unità di misura fondamentali del SI.

D28. La temperatura T della scala Kelvin (o temperatura assoluta) si determina dalla temperatura t della scala Celsius aggiungendo il valore 273:

T(K) = t(°C) + 273

Per esempio, 100°C corrispondono a 100 + 273 = 373 K.

D29. Modificando la temperatura di un gas, se la sua pressione viene mantenuta costante, la trasformazione si dice isobara, e il volume del gas è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. Quindi, una variazione di temperatura da T1 a T2 è legata alla corrispondente variazione di volume da V1 a V2 tramite la relazione:

V1 / T1 = V2 / T2

Questa è la legge della dilatazione termica dei gas, o prima legge di Gay Lussac.

D30. Se viene mantenuto costante il volume del gas, la trasformazione si dice isocora, e la pressione del gas è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta:

P1 / T1 = P2 / T2

Questa è la seconda legge di Gay Lussac. E' stato proprio lo studio di questa relazione che ha permesso la scoperta dello zero assoluto (vedi Nota 1).

D31. Le tre leggi che legano la pressione, il volume e la temperatura di un gas (vedi le definizioni D17, D29, D30) sono unificate nella equazione di stato del gas perfetto:

P • V = N • k • T

dove N = numero di molecole contenute nel gas, e k = costante di Boltzmann = 1,381•10-23 J/K.


NOTA 1

La proporzionalità diretta tra la pressione e la temperatura di un gas a volume costante comporta che il grafico della relazione tra queste due grandezze è rettilineo.

Il valore dello zero assoluto si può trovare per via teorica grazie a questa relazione, che si ricava sperimentalmente in base a misure effettuate a temperature ordinarie. Bisogna prolungare nel piano cartesiano la linea che congiunge i punti sperimentali fino ad incontrare l'asse delle temperature (in figura questo prolungamento è rappresentato con un tratteggio). L'incontro con l'asse (quindi la situazione teorica di pressione nulla) avviene in corrispondenza di t = -273°C.
In linguaggio matematico, una operazione di questo genere è detta estrapolazione. Si tratta di una operazione rischiosa, benché spesso utilizzata nella pratica, poiché si basa su una pretesa estensione delle caratteristiche di una relazione oltre i limiti conosciuti per via sperimentale.
In effetti, proprio nel caso considerato si sa che il comportamento dei gas reali si discosta da questa descrizione teorica avvicinandosi allo zero assoluto (vedi la definizione
D24).


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